Riforma e Organismi di gestione della crisi: anomalie possibili e conseguenze sulle negoziazioni con i creditori

17 Aprile 2018

Il tema di cui ci occuperemo – gli Organismi di Composizione della Crisi di Impresa così come delineati nella Legge Delega di riforma concorsuale e parzialmente disciplinati nelle bozze dei decreti di attuazione della stessa – non può essere trattato senza preliminarmente esaminare gli strumenti di allerta, all'esito dei quali infatti essi sono attivati. Il legislatore ha inteso modificare l'assetto normativo previgente, ipotizzando la necessità del concorso di altri soggetti – oltre all'imprenditore, beninteso – alla rilevazione degli indizi di crisi di impresa e soprattutto alla adozione sollecita di misure idonee.
Premessa

Il tema di cui ci occuperemo – gli Organismi di Composizione della Crisi di Impresa così come delineati nella Legge Delega di riforma concorsuale e parzialmente disciplinati nelle bozze dei decreti di attuazione della stessa – non può essere trattato senza preliminarmente esaminare gli strumenti di allerta, all'esito dei quali infatti essi sono attivati.

Il legislatore ha inteso modificare l'assetto normativo previgente, ipotizzando la necessità del concorso di altri soggetti – oltre all'imprenditore, beninteso – alla rilevazione degli indizi di crisi di impresa e soprattutto alla adozione sollecita di misure idonee.

La legge delega infatti amplia il novero dei soggetti preposti alla sorveglianza della salute dell'azienda, e lo fa introducendo innanzitutto una modifica al Codice Civile laddove nell'art. 2086 si prevede proprio il dovere per l'imprenditore di istituire un assetto organizzativo amministrativo e contabile anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi di impresa e della perdita di continuità aziendale, e di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

La Legge delega di riforma

E' molto interessante approfondire il tenore della norma: il legislatore delegato, da un lato, punta alla tempestività (sia di rilevazione della crisi, sia della attivazione per approcciarla), dall'altro fa riferimento “a uno degli strumenti previsti dall'ordinamento”, e quindi pare dimenticarsi della possibilità che, proprio perché tempestivamente colta, la crisi aziendale (che ancora non è insolvenza) sia affrontata tramite una negoziazione priva del ricorso al Tribunale o agli OCC. Cioè risolta, come si direbbe, alla vecchia maniera, dialogando con gli stakeholders, presentando loro un Piano e ottenendo un consenso sufficiente. Si tratta di una annotazione molto interessante, perché denota la forte tendenza alla normazione di tutto il processo di soluzione della crisi di impresa.

Molto si è scritto e soprattutto si scriverà riguardo agli early warnings, al loro impatto sia internamente all'azienda che rispetto ai vari soggetti coinvolti (si fa in particolare riferimento agli artt. 15 – Strumenti di Allerta, 16 – Indicatori di Crisi, 17 – Obbligo di segnalazione degli Organi di controllo societari, 18 – Obbligo di segnalazione di creditori pubblici qualificati). Non vi è dubbio che estendere la platea degli obbligati abbia una propria genesi, ma occorre anche riportare alla fisiologia dei ruoli, alla ripartizione tra controlli di primo e di secondo livello, e alla separazione tra soggetto controllato e soggetto controllante. Solo al primo compete il monitoraggio e la gestione dell'impresa, il secondo ha compiti di controllo.

La “fisiologia” della crisi di impresa presuppone infatti che sia in primis l'imprenditore – e qui la norma delegata, modificando il 2086 Codice Civile, ha colto nel segno – a monitorare, prima, e a gestire, poi, la propria crisi di impresa. E che egli lo faccia identificandone le cause, eventualmente insieme ai propri managers interni ovvero a consulenti che si è scelto autonomamente, i quali siano portatori di quelle competenze specifiche in materia di crisi di impresa (giuridiche, economiche, finanziarie, manageriali, giuslavoristiche, tributarie, ecc.), identificate in base alle sintomatologie che si sono colte in quella specifica crisi, professionalità che lo mettano in grado di predisporre un Piano per risanare l'azienda prima che quest'ultima generi non dico irreparabili e insanabili insolvenze, ma anche crisi conclamate (dove per conclamate si intendono crisi che hanno dato luogo a inadempimenti esterni manifesti: ritardi nei pagamenti, in primis).

Non va dimenticato che la mancanza di puntualità nei pagamenti e in particolare la generazione di scaduti rilevanti determina tre conseguenze molto pesanti: riduzione della capacità di credito bancario (riferimento a past due 90 e npl), genesi dell'obbligo di segnalazione in capo al creditore pubblico qualificato (v. l'art. 18 in particolare) e pericoloso avvicinamento alle soglie rilevanti ai fini della perdita dei meccanismi premiali.

Facciamo una analisi retrospettiva sul funzionamento di questo “fisiologico” meccanismo sino ad oggi?

In tutta franchezza, si è assistito a parecchia “patologia”, ad imprenditori che hanno vissuto tutte le fasi psicologiche di coloro che vivono un enorme evento traumatico inatteso (sotto il profilo psicologico la gestione di crisi di impresa drammatiche in capo all'imprenditore che ha creato dal nulla l'impresa sconta l'organicità tra questa e l'imprenditore stesso, e quindi sono assimilabili tutti gli stati emozionali e gli approcci terapeutici che si rinvengono nella cura delle malattie di estrema gravità), a volte attorniati da consulenti che hanno preferito assecondare l'imprenditore, somministrando aspirine invece di antibiotici, con il risultato di gravi ritardi nella gestione sia della crisi in se' stessa (mancata adozione di seri provvedimenti di turnaround) sia della inevitabile negoziazione con i terzi, cui si è costretti quando la crisi ha già generato inadempimenti gravi.

Se si aggiunge che spesso e volentieri si è finito per fare pagare (specialmente nei concordati preventivi) il costo di queste ristrutturazioni ai creditori, sotto forma di maggior stralcio per i chirografari, è chiaro che il quadro che ne è uscito non è stato esaltante per il legislatore, il quale ha deciso di intervenire con un forte “affiancamento” all'imprenditore nello scegliere sia i tempi di gestione della crisi (attraverso gli early warnings ed i necessari assetti organizzativi) sia – e questa è una novità più radicale – anche i professionisti che se ne sarebbero dovuti occupare.

Si sono introdotti gli indicatori di allerta, accanto alla estensione dell'obbligo di nomina del Collegio Sindacale: questo significa che si è desiderato rendere individuabile il dies a quo in cui attivarsi, ma anche estendere la platea dei soggetti obbligati alla segnalazione della crisi (alla luce dell'atteggiamento spesso procrastinante dell'imprenditore).

Non solo, ma mediante i c.d. meccanismi premiali, si sono anche indicati i periodi massimi di tempo dal superamento delle soglie decorsi i quali, senza attivare una procedura o rivolgersi agli OCC, si perdono numerosi vantaggi sia per l'impresa che per l'imprenditore e gli Organi di Controllo Segnalanti (Collegio Sindacale, revisore contabile, società di revisione).

L'approccio dell'imprenditore alla crisi

Tutto va nella direzione, quindi, di accelerare la emersione della crisi: molto bene, dovrebbe dirsi.

Ma spingiamoci più in dettaglio ed analizziamo più che il “quando”, il “come e con chi” l'imprenditore dovrebbe approcciare la crisi.

Ipotizziamo, più in particolare, che sia l'imprenditore stesso a convenire con l'Organo Segnalante (tenuto cioè alla segnalazione agli OCC, sia esso Collegio Sindacale, revisore contabile, società di revisione) che ci si trovi effettivamente di fronte a indicatori di allerta che impongono di attivarsi per risolvere la crisi. È la situazione ideale, sembrerebbe.

Eppure, emerge qui la prima forte contraddizione. Gli interessi in gioco non sono omogenei.

Da una parte l'imprenditore vorrebbe il “miglior team” (secondo la sua personale visione) per risanare la propria azienda, dall'altra parte l'Organo Segnalante teme anche per le proprie responsabilità in caso di mancata segnalazione agli OCC.

Entriamo in maggiore dettaglio.

L'imprenditore diligente, che vorrebbe attivarsi per tempo, deve selezionare un team di advisors di propria fiducia (negoziando con loro l'oggetto dell'incarico, scenari, obiettivi, tempistiche, e valutando anche l'armonia e il track record individuale e collettivo del team, e tentare in questo modo di convincere l'Organo Segnalante che ha imboccato la strada giusta, a non segnalare agli OCC. Se non vi riesce, probabilmente gli conviene rivolgersi agli OCC in proprio, prima che lo faccia l'Organo Segnalante, e vedere cosa succede in quella sede. Ma gli OCC sono veramente, per come concepiti oggi, un buon luogo per risolvere la crisi di impresa? L'imprenditore diligente ha realmente interesse ad attivarsi in autonomia o piuttosto a convincere l'Organo Segnalante che il proprio percorso (evidentemente alternativo) ha pari dignità quanto alla loro tutela personale.

In questo scenario, la scelta dell'imprenditore (mi doto di un mio team oppure mi attivo direttamente verso gli OCC) non è priva di conseguenze, perché l' Organo Segnalante, laddove – frequentemente, in futuro – fosse nominato, verrebbe chiamato a esprimere una propria opinione sulla scelta fatta (chiaramente nel caso di un team autonomo), ed è una opinione determinante sulle sorti della ristrutturazione.

Immaginiamo la scena: il tempo corre, gli advisors scelti dall'imprenditore devono trovare una soluzione, e l'Organo Segnalante valuta se si stanno creando già indicatori conclamati di crisi (cioè gli inadempimenti che rilevano anche per i sistemi premiali) e inizia a guardare preoccupato l'orologio come il Bianconiglio…

Sì, perché il termine per l‘Organo Segnalante è di soli trenta giorni per valutare se sono già state individuate le soluzioni (!!!) ovvero di successivi sessanta giorni per verificare se le misure applicative necessarie individuate nelle soluzioni di cui sopra sono state applicate (!!).

Ripetiamo: dal momento in cui sorgono indizi di crisi l'imprenditore deve individuare un team di professionisti dotato delle professionalità necessarie (magari ne vede più di uno, comprensibilmente), contrattualizzare il rapporto e far svolgere un minimo di diagnosi della crisi e dell'esistente, farsi consegnare i deliverables da questo team, dare feedback e poi consegnare all'Organo Segnalante una relazione sulle soluzioni individuate e sulle iniziative intraprese. Poi deve iniziare subito la manovra correttiva, e se entro i sessanta giorni successivi le misure non sono state adottate, l'Organo Segnalante ha l'obbligo di attivare l'OCC. Ci paiono tempi mai visti nelle ristrutturazioni, anche le più serie.

Peraltro l'Organo Segnalante deve operare questa valutazione ben sapendo che solo una tempestiva segnalazione agli OCC costituisce causa di esonero dalla responsabilità solidale per le conseguenze pregiudizievoli di quanto accadrà successivamente.

Prima facie, è difficile immaginare che l'imprenditore sia così fortunato da riuscire in 90 giorni non solo a fare un diagnostico della crisi, non solo a predisporre un piano, non solo ad attivare le relative misure, ma anche a dotare l'Organo Segnalante di quella tranquillità sugli esiti della ristrutturazione che consenta a quest'ultimo di evitare la (pare inevitabile) segnalazione agli OCC a propria discarica di responsabilità.

Osservazioni

Il legislatore sembra purtroppo essersi dimenticato delle dinamiche negoziali che comportano la revisione dei costi fissi di una azienda (dalle relazioni sindacali alle negoziazioni con i fornitori) o un riposizionamento strategico, o anche solamente la tempistica tecnica che richiede la predisposizione di elaborati credibili. Basta leggere le indicazioni del CNDCEC per rendersi conto che un Piano non si predispone da zero in quei tempi, e anche riuscendoci, non si può certo pretendere che siano anche già state realizzate le relative misure.

I tempi della norma sono troppo ristretti e se non vengono modificati porteranno – per effetto della praticamente obbligatoria denuncia agli OCC da parte dell'Organo Segnalante – la maggior parte delle imprese agli OCC.

Chiediamoci quindi più in dettaglio cosa accade nel momento in cui l'imprenditore – che si è attivato con i propri mandati e i propri professionisti – si confronta con un Organo Segnalante che (anche a propria tutela) dissente (magari per eccesso di prudenza) rispetto al piano e alla manovra che vengono ipotizzati, o che magari stanno già cominciando ad essere eseguiti.

L'imprenditore diligente si troverà di fronte alla scelta se proseguire l'attività iniziata con i propri professionisti di fiducia e recarsi insieme a loro agli OCC (per incontrare per la prima volta altri professionisti etero-nominati, di cui parleremo tra poco) oppure risolvere i relativi incarichi professionali e affidarsi totalmente a soggetti da lui non scelti per la prosecuzione del risanamento.

Negli OCC infatti, a parte ricevere le segnalazioni dei soggetti qualificati o dell'imprenditore stesso, interviene la nomina un collegio di esperti (vedremo dopo in che modo e con quali criticità irrisolte) i quali, oltre a sentire il debitore e verificare se la crisi sussista veramente (una specie di vero e proprio triage dove rimandano a casa i “codici bianchi”) devono “individuare” insieme al debitore le misure idonee a porre rimedio alla crisi e fissare un termine per la loro attuazione. Attenzione: il collegio non deve “prendere contezza” del Piano dell'imprenditore e dei suoi advisors, ma deve “individuare le misure rimedio della crisi”, cioè deve fare il piano. Mi pare evidente la differenza che esiste tra vigilare sull'attività svolta dall'imprenditore mediante i suoi advisors (ruolo che la legge demanda agli Organi di Segnalazione) e svolgere in prima persona attività di risanamento e negoziale.

Cerchiamo quindi di capire meglio come nasce questo collegio, che ha compiti in affiancamento (o sostitutivi?) agli advisors, e di comprendere le differenze rispetto agli attuali team di advisors (che vedono al loro interno tipicamente molte diverse figure: finanziario, contabile, legale, aziendalista, attestatore, appraisor e giuslavorista).

Non appena giunta alla CCIAA la segnalazione, il Referente nominato dalla CCIAA (Segretario o altro delegato) dovrà con la massima velocità inviare a Tribunale, Presidente della CCIAA e “esponenti locali delle associazioni imprenditoriali di categoria” (a questo riguardo è dubbio se si tratti di associazioni simili alle territoriali di Confindustria, ovvero API, LAPAM, ecc. ovvero alle delegazioni locali delle associazioni dei settori industriali) una richiesta di designazione di un candidato ciascuna. Questi ultimi, al massimo in tre giorni lavorativi, dovranno rispettivamente far pervenire al Segretario della CCIAA un proprio nominativo (tranne le associazioni imprenditoriali, le quali inviano annualmente un elenco, e sarà il referente a sceglierlo).

Questi soggetti devono nominare un professionista che andrà a far parte di un team come sopra descritto, di cui persino il legislatore si è accorto che devono far parte soggetti con competenze aziendalistiche, contabili e legali, ma nel fornire la propria indicazione non sanno chi nomineranno gli altri enti, non sanno se stanno nominando tutte e tre un legale o tutte e tre un commercialista, e soprattutto a parte - il settore industriale, il fatturato ultimo disponibile e il numero degli addetti - non sanno nulla dell'azienda e della sua salute.

Non sanno, in particolare, se ha ancora accesso al credito bancario, se i fornitori stanno regolarmente consegnando, se il personale è senza stipendio o sciopera, se va ridotto di numero o vanno chiusi stabilimenti, se ci sono trattative magari per affitti in corso con controparti straniere. Tutte informazioni che l'imprenditore invece ben conosce e di cui tiene ben conto quando va a scegliersi gli advisors, in quanto chiede prima loro i track record per capire se in quel tipo specifico di situazione si sono già trovati e come risolverebbero la propria. Ed è esattamente in base alle risposte che si forniscono in questi primi delicatissimi colloqui che si ottengono o si perdono gli incarichi professionali.

Purtroppo, se l'imprenditore finisce agli OCC, si ritrova una terna di professionisti che non solo non si conoscono tra loro (con evidenti rischi anche di rapporti interpersonali magari non fluidi, o di difficoltà ad individuare un team leader o differenze enormi di seniority), ma non conoscono né lui né l'azienda.

Eppure il referente della CCIAA deve curare che nel collegio siano presenti le professionalità “in concreto” (quindi esattamente per quell'azienda) necessarie per la gestione della crisi. E lo fa individuando egli stesso l'esperto nella lista delle associazioni imprenditoriali. Se qualcosa tuttavia non va (e deve saperlo entro pochi giorni), l'unica cosa che può fare è nominare un esperto al posto di quello nominato dal Presidente della CCIAA. Null'altro gli compete.

Ovviamente, poiché questo interviene a porte chiuse, senza presenza del debitore, può anche accadere che vengano nominati professionisti sgraditi (per mille ragioni) all'imprenditore stesso (o ai suoi professionisti, che a volte sono ancora presenti).

Entro 15 giorni lavorativi dalla ricezione della segnalazione non solo si deve essere già costituito il Collegio dell'OCC e il referente aver già fatto i controlli ed eventualmente vagliate le incompatibilità, ma Il collegio di professionisti dell'OCC deve convocare il debitore e l'Organo Segnalante e successivamente fissare un termine per risolvere la crisi non superiore a tre mesi (prorogabile fino a un massimo di sei mesi a fronte di positivi riscontri delle trattative), incaricando un relatore che segua le trattative.

Pare evidente che quindi le trattative siano seguite direttamente dal relatore degli OCC: ciò rende assai improbabile che da questa fase in poi sopravvivano più pool di professionisti – vi sarebbe oltre che un evidente problema di costi anche un tema di legittimazione all'intervento.

Su questo ultimo aspetto, sulla contrattualizzazione degli incarichi dei membri del Collegio dell'OCC, sulla natura del loro rapporto con l'imprenditore, è lecito porsi delle domande. Si tratta di professionisti del debitore etero-nominati? Devono rendere conto a una committenza? E se sì, sino a quale punto sono sottoposti alle indicazioni del debitore in termini di direttive sulla esecuzione del mandato.

Dopo l'avvio delle trattative il collegio acquisisce dal debitore (che ha altri suoi professionisti interni o una struttura efficiente) ovvero predispone (si sostituisce in modo totale agli advisors finanziari) una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria, con l'elenco dei creditori e dei titolari dei diritti reali o personali, con indicazione dei rispettivi crediti e delle eventuali cause di prelazione.

E' di tutta evidenza che il collegio degli OCC inizia a svolgere una attività che è anche propedeutica alla eventuale presentazione di un concordato in bianco o di un accordo di ristrutturazione dei debiti – e infatti, il legislatore gli consente addirittura di attestare la veridicità dei dati in tale sede eventuale.

È l'unico caso in Italia in cui chi predispone i dati li attesta anche.

La trattativa presso gli OCC quindi, lungi dall'essere un percorso squisitamente interno, se è svolta in presenza di inadempimenti esterni conclamati, può divenire un vero e proprio processo negoziale esterno, con istituti bancari, fornitori, sindacati, azionisti di minoranza, ecc.

Un contesto che potrebbe risultare assai difficile in mancanza di un legame fiduciario con l'imprenditore mandante.

Normalmente, gli advisors dividono il mandato in due parti, una prima parte diagnostica, a basso costo, che consente di capire la reale situazione dell'azienda, quali soluzioni sono possibili, quali strumenti, quali professionalità da coinvolgere, poi formano un team, e sottopongono all'imprenditore dei nuovi mandati che contengono milestones e success fee ad esse ancorate. Tutto questo tecnicamente manca nella norma ed è ben poco negoziabile quando i professionisti ti vengono imposti, senza parlare dei dubbi giuridici sopra esposti, che impattano ovviamente moltissimo sulla conduzione della trattativa.

Dovrebbe essere precisato che è l'imprenditore a scegliere come e quando approcciare i diversi stakeholders, e l'ordine esatto ed i contenuti delle comunicazioni. Chi ha la rappresentanza dell'imprenditore? Chi sceglie strumenti, metodi e situazioni?

Lasciare queste scelte vitali (anche solo di tempi) in mano al relatore degli OCC può significare convocare un tavolo con banche o fornitori in tempi sbagliati, troppo presto, o troppo tardi, o addirittura insieme, insomma chi ha gestito tavoli per decenni sa quanto sia delicata la comunicazione riguardo a tempi, contenuti e regia.

Basta pensare a quanto dirompente possa essere per le linee di credito dell'azienda l'apertura di un tavolo banche, ancorché presso un OCC (per la maggior parte delle banche saremo di fronte a un evento di stageing grave, con immediato impatto sulla filiera e sul credito disponibile).

Le situazioni di crisi aziendale possono infine essere intercettate in fasi molto diverse.

Se la norma a regime funziona correttamente, e gli OCC intervengono su iniziativa interna (imprenditore stesso o Organo Segnalante) nella fase in cui vi sono rilevanti evidenze di inadempimento prospettico (ma non attuale), significa che l'azienda si è dotata di adeguati presidi i quali, monitorando la capacità di adempiere nei sei mesi successivi, mostrano una incapacità a cinque o sei mesi di coprire i flussi.

In questo caso non sarebbe probabilmente nemmeno necessario attribuire al Collegio presso gli OCC una capacità di rappresentanza dell'imprenditore o di comunicazione esterna. La ristrutturazione infatti interverrebbe sicuramente con tempi e contenuti rispettivamente molto più brevi e interni all'azienda.

Se la segnalazione agli OCC interviene invece in presenza già di scaduti rilevanti ai fini dei sistemi premiali (salari e stipendi scaduti da oltre 60 giorni per almeno la metà del monte salari, fornitori scaduti da almeno 120 giorni per importo superiore al non scaduto), ciò significa che il sistema di early warning interno e gli assetti di prevenzione della crisi non hanno funzionato. La società non ha intercettato i flussi di cassa preventivamente e ora ci sono persone cui spiegare come e quando (a volte anche “se”) la società rientrerà dallo scaduto. Casi come questi impongono già la creazione di tavoli, rivolti inizialmente proprio ai soggetti in questione.

Comprendiamo bene quindi che gli OCC possono dover affrontare problematiche assai diverse tra loro, e non necessariamente devono intervenire nello stesso modo. Nella fattispecie “virtuosa” esaminata prima, dovrebbero solo vigilare; in quella “negativa” esposta dopo, si pongono forti temi di rappresentanza dell'imprenditore.

Non dimentichiamo che gli inadempimenti verso i fornitori sono immediatamente visibili alle banche che hanno anticipato il relativo portafoglio, e le voci corrono velocissime al gestore banca dell'impresa da parte del collega che segue il fornitore. Gli stipendi non pagati per due mesi sono già sui quotidiani. E le banche in più hanno la Centrale Rischi e i propri sistemi interni di early warning.

Quindi tavoli multipli sono senz'altro da preventivare.

Con quale preparazione, con quale coesione, con quale tempestività si gestiranno questi tavoli negoziali, sono tutti problemi dell'imprenditore e dei suoi advisors.

Saranno sopravvissuti gli incarichi originari del team di advisors inizialmente individuato dall'imprenditore? C'è legittimamente da dubitarne.

Ne deriva che questo genere di trattative sarà gestito da team non affiatati, sulle cui capacità, track, record e grado di traslabilità ai terzi delle proposte sarà la storia a dirci se le scelte del referente della CCIAA sono state corrette.

Certamente, la norma che pone in capo al referente la responsabilità che nel collegio degli OCC siano rappresentate le professionalità in concreto necessarie per la gestione della crisi, peraltro dandogli anche (almeno formalmente) quelle che secondo il legislatore sono le leve correttive sufficienti per evitarlo, pone legittimi dubbi su cosa potrà accadere laddove, manifestandosi un default e la procedura liquidatoria, emerga una eventuale crisi non sia ben gestita e si possano nutrire dubbi sulla esistenza o meno di ricadute anche su organi pubblici.

La mancanza di chiarezza sugli apparati contrattuali e sui mandati, sulle manleve, sulle lettere di ripresa, sui rapporti che in generale intervengono tra il soggetto nel cui interesse viene svolta l'attività professionale (che – non può esservi dubbio – è l'imprenditore) e i soggetti che vengono nominati non con un interesse pubblicistico (come i commissari giudiziali) ma con un interesse privatistico, da parte di terzi che hanno responsabilità su questa nomina, rappresenta certamente uno degli snodi cruciali per il corretto funzionamento degli OCC.

In conclusione

Probabilmente servono interventi correttivi a un sistema così nuovo: un intervento di accettazione iniziale da parte dell'imprenditore rispetto alle nomine, che comporti anche il diritto da parte sua di sostituire almeno uno dei tre professionisti, potrebbe eliminare ogni dubbio sulle responsabilità e recuperare quel rapporto fiduciario che almeno inizialmente pare latitare. Identicamente può dirsi per il diritto per l'imprenditore (fermi restando i tempi di processo) di richiedere al referente CCIAA la sostituzione motivata di uno o più dei membri del Collegio degli OCC e la nomina di un nuovo membro.

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