Principio di definitiva acquisizione al processo delle prove e opposizione allo stato passivo

19 Aprile 2018

Poiché il procedimento di opposizione allo stato passivo esecutivo può essere considerato unitariamente alla fase di verifica avanti al Giudice delegato, per il principio di acquisizione al processo delle prove è consentito al creditore di chiedere l'acquisizione dei documenti già prodotti nel fascicolo dell'ammissione senza necessità di una nuova produzione e senza perciò incorrere nelle preclusioni di cui all'art. 99 l.fall..
Massima

Poiché il procedimento di opposizione allo stato passivo esecutivo può essere considerato unitariamente alla fase di verifica avanti al Giudice delegato, per il principio di acquisizione al processo delle prove è consentito al creditore di chiedere l'acquisizione dei documenti già prodotti nel fascicolo dell'ammissione senza necessità di una nuova produzione e senza perciò incorrere nelle preclusioni di cui all'art. 99 l.fall..

Il caso

La decisione in commento conferma un orientamento evolutivo nella giurisprudenza della Suprema Corte, già espresso da alcune recenti pronunzie che potrebbe porre fine ad una problematica non infrequente nell'ambito delle cause di opposizione a stato passivo, in merito agli obblighi probatori del creditore opponente.

Come è noto, infatti, l'art. 99 l.fall. detta per il procedimento di opposizione una preclusione processuale severa, laddove prescrive che l'opponente debba indicare sin dall'atto introduttivo i mezzi di prova di cui vuole valersi ed i documenti prodotti; quest'ultima espressione viene da taluno interpretata nel senso che sia onere del creditore anche di effettivamente depositare tutti i documenti con l'atto introduttivo dell'opposizione, ivi compresi quelli già prodotti con la domanda di ammissione inviata al curatore a mezzo posta elettronica certificata e da questi inserita nel fascicolo fallimentare (secondo quanto prevede la normativa vigente).

Nella fattispecie, appunto, nell'ambito del giudizio di merito, celebrato avanti il Tribunale di Taranto, l'opposizione del creditore era stata ritenuta inammissibile in mancanza della produzione dei documenti già a suo tempo trasmessi alla curatela ai fini dell'ammissione. La Suprema Corte ha cassato tale decisione, sancendo che il creditore non è tenuto a produrre nuovamente la documentazione già allegata alla domanda di ammissione, che potrà essere comunque utilizzata dal Tribunale ai fini della decisione sull'opposizione, in quanto quel materiale probatorio deve intendersi acquisito al processo, stante la natura unitaria del procedimento di verifica del passivo rispetto alla fase di opposizione.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Come ricorda anche la sentenza in commento, la norma che disciplina le preclusioni istruttorie è stata oggetto di plurime interpretazioni. Ed invero, dalla stessa frequenza con la quale la Suprema Corte è dovuta intervenire (anche in quanto il ricorso al Giudice di legittimità è attualmente l'unica via di impugnazione della pronunzia tribunalizia sull'opposizione allo stato passivo) – talora appunto per rimettere gli atti al giudice di merito che aveva negato accesso alle prove contenute nel fascicolo della verifica, ma in altri casi con conferma dell'inammissibilità dell'opposizione (rectius della produzione non tempestivamente depositata: v. Cass., Sez. I, 14 ottobre 2015, n. 20746) – emerge come i Tribunali spesso abbiano privilegiato una prima lettura più severa della disposizione contenuta nell'art. 99 l.fall.; tale approccio muove dalla ipotizzata totale autonomia dell'opposizione rispetto alla fase di verifica, per concludere che il creditore, onerato non solo della indicazione, ma altresì anche della produzione dei mezzi di prova nel termine indicato nella norma, risulterà soccombente qualora non provveda a depositare ex novo anche la documentazione già prodotta con la domanda di ammissione e questa interpretazione ha trovato talora conferma in sede di legittimità (cfr. Cass., Sez. VI, 21 aprile 2016, n. 8109; Cass., Sez. VI, 1 settembre 2015, n. 17414; Cass., Sez. VI, 16 gennaio 2012, n. 493).

Secondo tale corrente più rigida, l'onere probatorio non potrebbe neppure essere surrogato dalla mera richiesta di esibizione di quei documenti (in tal senso, per tutte: Cass., Sez. I, 28 luglio 2016, n. 15697; Cass., Sez. I, 11 maggio 2016, n. 1569; Cass., Sez. I, 24 luglio 2015, n. 15563); altre pronunzie, tuttavia, già temperavano quella severità, ritenendo che non incorresse nella decadenza il creditore che in sede di opposizione avesse comunque richiamato con precisione i documenti prodotti con la domanda di ammissione al passivo ed avesse precipuamente instato per l'acquisizione di quei documenti al fascicolo (per questa tesi “intermedia” si vedano Cass., Sez. I, 27 settembre 2016, n. 18938; le ordinanze Cass., Sez. VI, 7 marzo 2017, n. 5737 e Cass., Sez. VI, 21 dicembre 2016, n. 26639 e Cass., Sez. VI, 14 luglio 2014, n. 16101), con la precisazione che l'istanza potrà valere ai fini dell'autorizzazione a ritirare il fascicolo, che peraltro sarà poi comunque onere dell'opponente depositare (Cass., Sez. I, 12 giugno 2015, n. 12258).

La sentenza in commento, per contro, considera la questione sotto un profilo più ampio, ritenendo che la problematica possa essere risolta in virtù del principio generale di conservazione della prova. Lo stesso orientamento del resto è stato espresso da altre sentenze recenti (Cass., Sez. I, 18 maggio 2017, n. 12548 e Cass., Sez. I, 18 maggio 2017, n. 12549) e conduce ad una soluzione ancor più favorevole al creditore opponente che non solo non dovrà produrre nuovamente i documenti inviati al curatore con la domanda di ammissione, ma potrà sic et simpliciter fare ad essi riferimento, dando per scontato che gli stessi siano nella disponibilità e sottoposti al riesame del Tribunale che deciderà l'opposizione.

I giudici di legittimità, in tal senso, concludono ritenendo che il giudizio di opposizione, non configurando un vero e proprio gravame, costituisca comunque una fase di un procedimento unitario che prende le mosse dal deposito della domanda di ammissione al passivo (pervero, la domanda viene inviata al curatore che poi provvede al deposito nel fascicolo telematico, ma l'aspetto pratico non assume qui rilevanza) e del resto, come già le pronunzie 12548/2017 e 12549/2017 sopra richiamate sottolineano, anche sotto il profilo “documentale” le produzioni del creditore che insta per l'ammissione del credito di fatto confluiscono in un fascicolo telematico unico, di modo che viene a mancare la presenza di un “fascicolo di parte” che quest'ultima possa ritirare.

Osservazioni

La soluzione oggi adottata dalla Suprema Corte appare condivisibile ed ispirata non solo al buon senso, ma anche ai principi generali del processo che ad avviso di chi scrive valgono anche a rifuggere da soluzioni interpretative che impongano ad una parte duplicazioni di attività processuali a pena di decadenza.

A dire il vero, per giungere a condividere l'approccio proposto dalla sentenza in commento, occorre superare un rilievo formale: non sarebbe, infatti, corretto affermare che il giudizio di opposizione allo stato passivo esecutivo possa essere considerato tecnicamente un gravame rispetto alla fase di verifica, come del resto la giurisprudenza ha da sempre precisato, anche al fine di escludere che esistano nel procedimento avviato ai sensi dell'art. 98 l.fall. preclusioni assimilabili a quelle previste dell'art. 345 c.p.c. per il giudizio di appello (cfr. Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24160; Cass.; Sez. I, 1 aprile 2016, n. 6368 nonché Cass., Sez. I, 15 marzo 2016, n. 5087 e Cass., Sez. I, 6 novembre 2013, n. 24972); e, del resto, basti considerare che nella fase di verifica le parti non sono (il curatore mai ed il creditore non necessariamente) assistite da un legale per concludere che non sarebbe possibile configurare la verifica come un vero e proprio giudizio di primo grado.

Tuttavia, non si può negare che anche la fase di verifica si inserisca in quel più ampio “processo” che è il fallimento, tant'è che dalle statuizioni emesse in quella sede derivano rilevanti preclusioni endo-concorsuali (si pensi agli effetti dell'ammissione di un credito privilegiato sulla successiva possibilità di esperire azioni revocatorie: cfr. Cass, Sez. I, 26 luglio 2012, n. 13289). Se così è, pare apprezzabile alla luce dei più antichi principi di economia processuale che si eviti di disperdere l'attività istruttoria già svolta. Se vogliamo, dallo stesso principio deriva – anche se in apparenza in senso opposto – la tesi che ammette la produzione e considera utilizzabili (superando quindi le preclusioni tipiche del gravame), nell'ambito del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, i documenti tratti dalla verifica del passivo (per tutte Cass., Sez. VI, 21 luglio 2017, n. 18131 e Cass., Sez. I, 6 aprile 2017, n. 8903): anche in quel caso – a prescindere dall'interesse generale che legittima un riesame così esteso “d'ufficio” – è anche l'unitarietà del “processo di fallimento” a prevalere sulla rigidità formale.

Le questioni aperte

Più che dal punto di vista giuridico, la soluzione prospettata dal recente orientamento della Suprema Corte potrebbe sollevare una questione pratica con riguardo alle modalità di acquisizione del fascicolo della fase di verifica: come già esposto, le domande di ammissione vengono trasmesse a mezzo posta elettronica certificata al curatore, che provvede poi al loro deposito telematico nel fascicolo fallimentare; ci si chiede, in tal senso, se l'acquisizione debba avvenire solo con modalità informatiche e se in tal caso l'acquisizione implichi una duplicazione del fascicolo informatico della verifica.

Sul punto, da una pronunzia della Suprema Corte (pervero più dalla massima ufficiale che dalla motivazione di Cass., Sez. I, 18 maggio 2017, n. 12548, citata) sembra evincersi la traslazione del fascicolo informatico, anziché la duplicazione del medesimo. Personalmente, ritengo invece preferibile quest'ultima soluzione: poiché proprio le sentenze recenti insistono sull'unicità del fascicolo telematico della procedura, riterrei preferibile che quello della verifica rimanesse intatto senza essere smembrato per destinare le produzioni delle singole domande al fascicolo contenzioso dell'opposizione.

In linea teorica, ci si potrebbe chiedere, infine, che cosa avverrà nelle ipotesi in cui il curatore non abbia depositato la documentazione nel fascicolo telematico (si tratta di una situazione che astrattamente dovrebbe essere rilevata già prima dell'udienza di verifica, ma – specie in caso di verifica con numerose domande e con allegati “pesanti” che comporta la creazione di plurime "buste" di deposito – non si può escludere che fallisca l'invio telematico anche solo per una parte dei documenti prodotti dal creditore): in tal caso, pare preferibile che il creditore si faccia parte diligente producendo nuovamente i documenti e comunque sarà opportuno che egli proponga in questo caso specifica istanza di esibizione in capo al curatore.

Conclusioni

Alla luce delle considerazioni ora proposte, pare quindi di poter concludere che la sentenza in commento costituisce un pregevole passo avanti per superare un rigore formale che penalizzerebbe una parte oltre i suoi demeriti. Ed invero, depone in tal senso anche una considerazione più generale sulla diligenza delle parti: posto che il creditore ha tempestivamente adempiuto al proprio dovere processuale depositando sin dalla domanda di ammissione la documentazione a supporto della prova del proprio diritto, non pare conforme ai principi sanzionarlo sol perché non si è onerato di duplicare tale produzione in sede di opposizione.

Guida all'approfondimento

In dottrina, sulla natura del procedimento di opposizione allo stato passivo e sulle preclusioni dettate dall'art. 99 l.fall., si vedano F. Lamanna, Il nuovo procedimento di accertamento del passivo, Milano, 2006, 625; M. Montanari, Articolo 99. Procedimento, in A. Iorio (a cura di), Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2006,1520; R. Amatore, Lo stato passivo nel fallimento, Milano, 2013, 213 ss.; D. Turroni, Sulla migrazione dei documenti dal fascicolo del fallimento a quello dell'opposizione allo stato passivo, in DF, 2015, II, 431; F. Cossignani, Note sui nova nei giudizi di impugnazione dello stato passivo e su altri elementi del ricorso introduttivo, in DF, 2013, II, 476; L. D'Orazio, L'acquisizione d'ufficio della domanda di ammissione al passivo da parte del tribunale in sede di reclamo ex art. 99 l.fall., in Fall., 2014, 655; M.C. Giorgetti, Procedimento (art. 99 l.fall.), in A. Iorio (a cura di) Trattato delle procedure concorsuali - Il fallimento, Milano, 2014, 1083; V. Salvato, Opposizione allo stato passivo e acquisizione dei documenti prodotti con la domanda di ammissione, in DF, 2015, II, 442; L. Baccaglini, Due criticabili decisioni che escludono l'operare del principio di conservazione della prova documentale nell'opposizione allo stato passivo, in DF, 2016, II, 1302; G. Fauceglia, L'accertamento del passivo, in in O. Cagnasso – L. Panzani (a cura di), Crisi d'impresa e procedure concorsuali, Torino, 2016, 1749; L. Baccaglini, Il principio di non dispersione della prova opera nel passaggio da un grado all'altro del giudizio di accertamento dello stato passivo: un atteso e benvenuto revirement della Cassazione, in CorG, 2017, 1392; R. Donzelli, Acquisizione ed onere di riproduzione dei documenti nel giudizio di opposizione allo stato passivo, in Fall., 2017, 1151;

La giurisprudenza di merito ha spesso seguito la tesi più rigida; sulla perentorietà del termine di deposito dei documenti previsto all'art. 99 l.fall., si vedano per tutte Trib. Padova, 10 maggio 2017; Trib. Napoli, 25 settembre 2014, in DF, 2015, II, 431; posizione alla quale, peraltro, si contrappone – sul presupposto, cui accennavamo che l'opposizione non costituisce gravame - la concessione all'opponente della facoltà di modificare le argomentazioni e di attuare senza limitazioni nuove produzioni e deduzioni istruttorie, purchè appunto l'attività venga tempestivamente svolta col ricorso in opposizione (per tutte: Trib. Latina, 10 ottobre 2012; Trib. Mantova, 17 maggio 2011; Trib. Napoli 17 novembre 2010, in Fall., 2011, 249; App. Sulmona, 30 giugno 2010, in Fall., 2011, 55; Trib. Pescara, 10 febbraio 2009, in Fall., 2009, 741; Trib. Milano, 9 gennaio 2009, in Fall., 2009, 694 con nota di Cavallini).

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