Il disconoscimento dell'autenticità della sottoscrizione in presenza di più documenti riferibili alla parte
23 Aprile 2018
Massima
Il disconoscimento di una scrittura privata, ai sensi dell'art. 214 c.p.c., pur non richiedendo formule sacramentali o vincolate, deve, comunque, rivestire i caratteri della specificità e della determinatezza e non risolversi in espressioni di stile, con la conseguenza che colui il quale vuole negare l'autenticità della propria sottoscrizione è tenuto a specificare, ove più siano i documenti prodotti, se siffatta negazione si riferisca a tutti o ad alcuni soltanto di essi. Il caso
Tizio e Caio avevano convenuto dinanzi al tribunale Sempronia per sentir accertare la comproprietà di alcuni immobili e, conseguentemente, dichiarare l'illegittimità dell'accatastamento effettuato (in difetto di alcun valido titolo di trasferimento) a nome esclusivo della convenuta, ordinando al responsabile della competente Conservatoria di volturare, a nome di essi attori, la proprietà degli anzidetti immobili in ragione della dedotta percentuale proprietaria. Il tribunale adito dichiarava la cessazione della materia del contendere in ordine al rapporto processuale instauratosi tra Tizio e la convenuta (per rinuncia agli atti del giudizio) e rigettava la domanda principale così come reiterata dagli eredi dell'altro attore Caio ed accoglieva, invece, la domanda riconvenzionale di usucapione avanzata da Sempronia. Nei confronti della sentenza di primo grado formulavano appello le parti soccombenti. Il gravame era rigettato dalla Corte d'appello che confermava l'impugnata sentenza. Avverso la suddetta sentenza di secondo grado veniva proposto ricorso per cassazione adducendo, tra l'altro, la violazione e falsa applicazione dell'art. 214, comma 2, c.p.c. e l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il punto decisivo della controversia riguardante la genericità della dichiarazione di disconoscimento di una scrittura privata. La questione
La questione esaminata dalla Cassazione afferisce all'onere incombente sul soggetto che intende disconoscere l'autenticità della sottoscrizione quando in atti siano presenti più documenti recanti sottoscrizioni allo stesso riferibili. Le soluzioni giuridiche
Com'è noto, colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla onde inficiarne la valenza probatoria, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione. Il disconoscimento deve avvenire, secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, in modo formale e inequivoco, risultando inidonea a tal fine una contestazione generica oppure implicita, perché frammista ad altre difese o meramente sottintesa in una diversa versione dei fatti (cfr. Cass. civ., sez. III, 19 luglio 2012, n. 12448). Il disconoscimento, infatti, pur non richiedendo formule sacramentali o vincolate, deve comunque rivestire i caratteri della specificità e della determinatezza e non risolversi in espressioni di stile (cfr. Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2011 n. 24456). Pertanto, la parte contro la quale la scrittura è prodotta in giudizio deve impugnare chiaramente l'autenticità della stessa, nella sua interezza o limitatamente alla sottoscrizione, contestando formalmente tale autenticità, ove egli sia l'autore apparente del documento prodotto, ovvero, nel caso di erede o avente causa dall'apparente sottoscrittore, dichiarando di non riconoscere la scrittura o la sottoscrizione di quest'ultimo (cfr. Cass. civ., sez. II, 27 maggio 2016, n. 11048). La valutazione dell'idoneità delle espressioni utilizzate dalla parte a configurare un valido disconoscimento di una scrittura privata prodotta contro di essa costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato (cfr. Cass. civ., sez. lav., 20 agosto 2014, n. 18042). Nella pronuncia in esame la Suprema Corte ha, in particolare, delineato l'onere incombente sul soggetto che intende procedere al disconoscimento dell'autenticità della sottoscrizione in presenza di più documenti a lui riferibili. I Giudici di legittimità hanno all'uopo rimarcato che, poiché l'impugnazione del documento deve essere chiara e univoca anche in ordine all'oggetto della sottoscrizione di cui si nega l'autenticità, colui che figura firmatario di una scrittura deve negare l'autenticità della propria sottoscrizione, specificando, ove più siano i documenti prodotti, se siffatta negazione si riferisca a tutti o ad alcuni soltanto di essi (cfr. Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2011, n. 24456; Cass. civ., sez. II, 13 febbraio 2008, n. 3474; Cass. civ., sez. lav., 7 agosto 2003, n. 11911). Osservazioni
Il disconoscimento della scrittura privata costituisce un onere per la parte contro cui tale scrittura venga prodotta, atteso che l'effetto del mancato adempimento di questo onere è il riconoscimento tacito della scrittura: pertanto, il termine della prima udienza o della prima risposta successiva alla produzione, entro cui il disconoscimento può essere effettuato a norma dell'art. 215, n. 2), ha carattere perentorio e non è, quindi, prorogabile da parte del giudice (cfr. Cass. civ., sez. III, 24 giugno 2002, n. 9159). La Suprema Corte ha recentemente chiarito che il convenuto contro il quale l'attore, in sede di costituzione in giudizio, abbia prodotto una scrittura privata, non è onerato di disconoscerla nel termine di venti giorni prima dell'udienza di comparizione, alla stessa stregua delle eccezioni non rilevabili d'ufficio, essendo sufficiente che il disconoscimento venga effettuato nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione (cfr. Cass. civ., sez. III, 10 ottobre 2017, n. 23669). L'eccezione di tardività del disconoscimento è in ogni caso rimessa alla disponibilità della parte che ha prodotto il documento, in quanto unica ad avere interesse a valutare l'utilità di un accertamento positivo della provenienza della scrittura. Essa, di conseguenza, è logicamente incompatibile con l'istanza di verificazione che ne costituisce implicita rinuncia (cfr. Cass. civ., sez. II, 9 maggio 2011, n. 10147; Cass. civ., sez. II, 24 giugno 2003, n. 9994).
|