Si può convertire un prestito obbligazionario semplice in prestito convertibile in azioni?

Giancarlo Maniglio
24 Aprile 2018

Si chiede se, dato un prestito obbligazionario semplice, sia possibile trasformarlo parzialmente (limitatamente ad un dato importo) in un prestito obbligazionario “convertendo” prevedendo alla scadenza la possibilità per l'emittente di rimborsare l'obbligazionista ovvero di convertire le obbligazioni in azioni speciali.

Si chiede se, dato un prestito obbligazionario semplice, sia possibile trasformarlo parzialmente (limitatamente ad un dato importo) in un prestito obbligazionario “convertendo” prevedendo alla scadenza la possibilità per l'emittente di rimborsare l'obbligazionista ovvero di convertire le obbligazioni in azioni speciali.

La società per azioni emittente intende novare parzialmente il prestito obbligazionario semplice in un prestito obbligazionario convertibile in azioni prive del diritto di voto, prevedendo la possibilità, a favore della società emittente di optare alternativamente:

a) per il rimborso in favore dell'obbligazionista alla scadenza del POS oppure

b) per l'esercizio del diritto di conversione qualora si sia verificato un determinato evento

La soluzione al quesito impone di considerare:

  • la possibilità di “trasformare” (parzialmente) il prestito obbligazionario semplice in un prestito obbligazionario convertibile e la relativa modalità operativa;
  • la possibilità di riconoscere a favore della società emittente il diritto di opzione alla conversione al verificarsi di un determinato evento;
  • la necessità di rispettare il limite previsto dall'art. 2351 c.c., con riferimento alla circostanza che “il valore di tali azioni (i.e.: senza diritto di voto) non può complessivamente superare la metà del capitale sociale”.

In merito al primo tema si ritiene possibile, con il consenso uti singuli degli obbligazionisti, “novare” parzialmente il prestito obbligazionario semplice in un prestito obbligazionario convertibile. A tal fine si dovrà procedere mediante la redazione di un verbale di assemblea straordinaria con il quale si delibererà la proposta di novazione parziale del prestito obbligazionario semplice in prestito obbligazionario convertibile con l'indicazione delle caratteristiche generali (rapporto di cambio, eventuale rimborso anticipato etc.), l'aumento del capitale sociale a servizio (con riferimento alla necessità di aumentare contestualmente il capitale sociale a servizio della conversione è stato osservato che ogni qualvolta la conversione dipende da una manifestazione di volontà della società emittente la delibera di aumento di capitale potrebbe essere assunta anche in un momento successivo all'emissione del prestito, quale conditio sine qua non per l'esercizio del diritti di conversione da parte dell'emittente), in via scindibile e con esclusione del diritto di opzione, mediante emissione di azioni prive del diritto di voto, la modifica dell'articolo dello statuto riferito al capitale sociale e l'approvazione del nuovo testo del Regolamento del prestito.

Sul presupposto, infine, che medio tempore non siano stati deliberati aumenti di capitale sociale sottoscritti e non interamente versati, non sussisterà l'impedimento previsto dall'art. 2420-bis c.c. ove si afferma che “la deliberazione non può essere adottata se il capitale sociale non sia stato interamente versato”.

Tale “proposta” di modifica dovrà successivamente (anche contemporaneamente alla redazione del verbale di assemblea straordinaria) essere “accettata” dai sottoscrittori il prestito obbligazionario mediante delibera di approvazione dell'assemblea degli obbligazionisti; delibera che produrrà immediatamente i suoi effetti senza necessità che venga iscritta al registro delle imprese. Per il procedimento di modifica del regolamento del prestito obbligazionario si veda anche l'orientamento H.K.7 del Comitato Triveneto dei Notai ove si afferma che: “Le modifiche alle condizioni di un prestito obbligazionario devono necessariamente essere approvate sia dalla società, tramite l'organo legalmente o statutariamente competente, sia dall'assemblea degli obbligazionisti, senza che assuma alcun rilievo l'ordine di adozione delle due deliberazioni. Le modifiche saranno efficaci solo dopo che sarà stata iscritta nel registro imprese la delibera della società ex art. 2436 c.c. (richiamato dall'art. 2410, comma 2, c.c.) e sia stata adottata la conforme delibera dell'assemblea degli obbligazionisti, ancorché non iscritta. Tale ultima delibera, infatti, pur essendo soggetta a iscrizione nel registro imprese, acquista efficacia immediata, non potendosi ad essa applicare il disposto dell'art. 2436 c.c. per assenza di richiamo”.

Si potrà, pertanto,

a) modificare l'attuale regolamento del prestito obbligazionario, che rimarrà “semplice”, prevedendo una apposita clausola che riconosca in favore della società emittente il diritto, alternativo, al rimborso ovvero alla conversione in azioni prive del diritto di voto qualora si sia verificato l'evento condizionale;

b) “dividere” il prestito obbligazionario vigente in due parti. Una parte “semplice” e una parte “convertibile” (rectius: convertendo) dotandolo di un proprio regolamento.

In merito alla possibilità di riconoscere il diritto di conversione alla società emittente si fa riferimento ai prestiti cc.dd. “convertendi” (si veda, da ultimo, l'autorevole contributo di Giannelli, Obbligazioni convertibili, convertende e a conversione automatica, in, Riv. Soc., 2016, 689 ss.). Con tale espressione si può intendere:

1) il prestito che è destinato alla conversione automatica alla scadenza ovvero, anteriormente, al verificarsi di un dato evento;

2) il prestito che prevede l'opzione di conversione a favore della società emittente anziché agli obbligazionisti i quali accettano che l'emittente possa decidere per la consegna delle azioni in compendio in alternativa al rimborso in denaro.

Nel caso di specie si tratterrà di attribuire alla società emittente, per un importo determinato, la facoltà alternativa di rimborsare il prestito ovvero, verificatosi un determinato evento di esercitare il diritto di conversione in azioni senza diritto di voto.

In generale, per tali prestiti si ritiene non applicabile il limite previsto dall'art. 2412, comma 5, c.c. stante l'assenza di un obbligo di rimborso e come anche precisato dalla massima n. 139 della Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano (la massima così recita: “l'esenzione dal limite quantitativo all'emissione di obbligazioni contemplata dall'art. 2412, comma 5, secondo periodo, c.c. è applicabile a tutte le seguenti fattispecie […] obbligazioni c.d. convertende", tali intendendosi le obbligazioni che attribuiscono alla società emittente (e/o a soggetti diversi dagli obbligazionisti) il diritto di convertire le obbligazioni in azioni oppure che prevedono la conversione delle obbligazioni in azioni al verificarsi di eventi o situazioni predeterminate, sia che la conversione possa avvenire: (i) in azioni di nuova emissione o in azioni già emesse; ovvero (ii) in azioni della stessa società emittente o in azioni di altra società”).

Da ultimo, occorre considerare che la previsione della conversione di un prestito obbligazionario convertibile in azioni di nuova categoria senza diritto di voto impone di rispettare il limite previsto dall'art. 2351 c.c. a mente del quale “[…] il valore di tali azioni non può complessivamente superare la metà del capitale sociale”.

Prevedendo un rapporto di cambio alla pari si rispetterà, pertanto, il limite imposto dalla legge.

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