Tardiva iscrizione a ruolo e improcedibilità dell'opposizione all'esecuzione

Francesco Bartolini
26 Aprile 2018

Nella pronuncia in esame, la Suprema Corte affronta la questione relativa alle conseguenze della tardiva iscrizione a ruolo della causa dinanzi al giudice competente, nell'opposizione all'esecuzione forzata già iniziata.
Massima

La tardiva iscrizione a ruolo della causa dinanzi al giudice competente, nell'opposizione all'esecuzione forzata già iniziata, determina l'improcedibilità dell'opposizione e non anche l'applicazione degli artt. 181 e 307 c.p.c. per il caso di tardiva costituzione in giudizio.

Il caso

Nel corso di una procedura esecutiva mobiliare, l'esecutato propose opposizione all'esecuzione: il giudice respinse l'istanza di sospensione e fissò il termine entro il quale dare avvio al giudizio di cognizione. A fronte dell'inattività dell'opponente, il creditore esecutante notificò al debitore, nei termini, un atto difensivo (indicato come “atto di opposizione”) finalizzato a far dichiarare insussistenti le ragioni dell'opponente. L'atto di citazione, poi regolarmente notificato, venne iscritto a ruolo fuori termine, il settimo giorno, in difformità dalla previsione contenuta nell'art. 616 c.p.c., che abbrevia alla metà il termine per iscrivere le opposizioni all'esecuzione. L'opponente si costituì in giudizio tardivamente, direttamente all'udienza di comparizione. Il giudice di primo grado, con pronuncia confermata in appello, ha dichiarato improcedibile l'opposizione perché l'iscrizione a ruolo non aveva rispettato il termine perentorio fissato dall'art. 616 c.p.c.: così individuando, nella improcedibilità, la conseguenza del mancato rispetto della perentorietà del termine.

La questione

Con il ricorso per cassazione, il creditore opposto sostiene che la Corte d'appello ha disatteso gli artt. 181 e 307 c.p.c. in quanto la conseguenza della ritardata costituzione di controparte in giudizio avrebbe dovuto essere la cancellazione della causa dal ruolo, con facoltà di riassumerla nel termine di tre mesi.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha disatteso il motivo di doglianza e ha rigettato il ricorso (con accollo al ricorrente del pagamento di una somma pari al contributo unificato già dovuto). Si afferma, nella decisione, che nella specie non si trattava di dare rilievo alla tardiva costituzione di una delle parti, di per sé sanabile qualora l'altra parte si costituisca tempestivamente (secondo il principio espresso da Cass. civ., n. 3626/2014), ma di tener conto della tardività con cui fu eseguita l'iscrizione della causa a ruolo e della violazione per tal modo avvenuta di un termine espressamente indicato come perentorio. La conseguenza del mancato rispetto di un termine perentorio (e come tale è espressamente indicato il termine per l'iscrizione della causa a ruolo, previsto dall'art. 616 c.p.c.) è costituita dall'improcedibilità, che non ammette sanatorie. I termini perentori, ha ricordato la Corte, non sono prorogabili né soggetti a sospensione o interruzione se non nei casi previsti dalla legge; sicchè resta a carico di chi non lo rispetti il rischio delle conseguenze pregiudizievoli o della decadenza conseguenti all'inosservanza del termine stesso.

Osservazioni

Se il debitore esecutato propone opposizione avverso l'esecuzione forzata pendente nei suoi confronti, il giudice dell'esecuzione dispone la comparizione delle parti e, quando la causa rientra nella competenza dell'ufficio giudiziario cui egli appartiene, fissa ad esse un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito. Ove, a tale scopo, la procedura richieda l'atto di citazione, questa deve essere notificata con il rispetto dei termini di cui all'art. 163-bis c.p.c. ridotti della metà. Spetta, poi, alla parte interessata provvedere all'iscrizione della causa a ruolo; è scelta di parte, secondo il reciproco interesse, costituirsi nel processo, omettere la costituzione, effettuarla nei termini oppure tardivamente.

Per quanto concerne la ritardata costituzione delle parti, o la loro mancata comparizione, provvedono a disciplinare queste situazioni gli artt. 171 e 181 c.p.c. con diretto riferimento al giudizio ordinario di cognizione. La Corte di cassazione ha indicato l'applicabilità di principi diversi da quelli dettati da queste norme con riferimento alla specifica situazione in cui, tenutasi l'udienza di comparizione davanti al giudice dell'esecuzione, si debba passare alla fase di cognizione sul merito a seguito dell'opposizione all'esecuzione forzata.

In relazione a questa fattispecie, gli oneri di iniziativa e di attivazione delle parti devono essere adempiuti nell'osservanza di regole che assicurano un ordinato collegamento tra la procedura di esecuzione e l'opposizione che ne ha ostacolato il percorso: il giudice dell'esecuzione impone agli interessati di compiere gli atti necessari a dar corso alla causa entro tempi che stabilisce con termini perentori. Dispone, infatti, l'art. 616 c.p.c. che il giudice dell'esecuzione fissa un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito, da effettuarsi secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo: i termini in proposito sono ridotti della metà. Nel complessivo procedimento sono, di conseguenza, distinguibili due fasi e questa situazione fornisce la ragione della diversità che deve farsi tra la fattispecie ordinaria di cui ai ricordati artt. 171 e 181 c.p.c. e quella cui dà luogo l'inserzione dell'opposizione nella procedura di esecuzione forzata. Alla prima fase, che si svolge davanti al giudice dell'esecuzione, si attribuisce, per opinione generalmente condivisa, natura camerale e sommaria, sulla base del chiaro disposto di cui all'art. 185 disp. att. c.p.c. che dichiara applicabili gli artt. 737 e ss. c.p.c.; alla seconda fase si riconosce natura di vera e propria causa di ordinaria cognizione sul merito. La distinzione tra le due fasi è talmente netta da far affermare che la pronuncia con la quale il giudice dell'esecuzione fissa il termine per il prosieguo implica necessariamente una decisione sulla competenza (sebbene non suscettibile di regolamento ma, se dispone sull'istanza di sospensione, soltanto di reclamo: Cass. civ., n. 7923/2007); e da giustificare l'asserzione secondo cui l'interesse all'azione, che deve essere concreto ed attuale, va valutato al momento in cui avviene la proposizione della causa di merito (Cass. civ., n. 5684/2006).

Nonostante la distinzione, non solo teorica, tra le due fasi vada indubbiamente riconosciuta, la fase di merito non è autonoma, nei suoi presupposti. Essa deve essere introdotta entro limiti temporali aventi la finalità di contemperare l'indagine sui motivi di opposizione con i tempi di un procedimento che in conseguenza di questa opposizione vede impedito il proprio corso e vede messo in discussione il diritto del creditore portato da un titolo esecutivo. Risponde a questa esigenza la fissazione di un termine perentorio ad opera del giudice (tanto nel caso di competenza del suo ufficio quanto nel caso di competenza di un ufficio diverso): in modo che la situazione di incertezza non si protragga indefinitamente. Chi ha interesse a contrastare l'azione esecutiva deve attivarsi tempestivamente; le ragioni creditorie incorporate dal titolo esecutivo devono essere tutelate anche contro il pericolo di un protratto trascorrere del tempo.

La Corte di cassazione ha interpretato il disposto dell'art. 616 c.p.c. nel senso di attribuire rilevanza al momento in cui la causa di merito viene iscritta a ruolo. Questo adempimento è indispensabile a creare il collegamento tra la parte istante e il giudice chiamato a conoscere della domanda. E nella speciale situazione cui dà luogo l'opposizione all'esecuzione già iniziata, esso rappresenta il punto di riferimento al quale far capo per stabilire se il termine perentorio fissato dal giudice è stato osservato. La notifica della citazione costituisce il rapporto processuale con la controparte. Ma la fissazione di un termine perentorio per l'introduzione della causa che costituisce ostacolo alla prosecuzione del procedimento esecutivo induce a riferire tale introduzione al momento in cui la causa è iscritta sul ruolo del giudice e l'iscrizione crea il suo obbligo di conoscere della domanda. La disposizione dettata dall'art. 616 c.p.c., per la quale i termini perentori sono ridotti della metà, concerne anche il termine per l'iscrizione a ruolo indicato dall'art. 165, che pertanto resta determinato in cinque giorni.

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