Le misure cautelari e protettive nella riforma concorsuale

Valentino Lenoci
27 Aprile 2018

Una delle novità più interessanti della riforma concorsuale in atto riguarda l'introduzione di un procedimento unitario per la regolazione delle situazioni di crisi e di insolvenza. L'art. 2, comma 1, lett. d), della legge delega prevede infatti...
Premessa

Una delle novità più interessanti della riforma concorsuale in atto riguarda l'introduzione di un procedimento unitario per la regolazione delle situazioni di crisi e di insolvenza.

L'art. 2, comma 1, lett. d), della legge delega (L. 19 ottobre 2017, n. 155, in G.U. 30 ottobre 2017, n. 254), prevede, infatti, l'adozione di “un unico modello processuale per l'accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore, in conformità all'art. 15 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, e con caratteristiche di particolare celerità, anche in fase di reclamo, prevedendo la legittimazione ad agire dei soggetti con funzioni di controllo e di vigilanza sull'impresa, ammettendo l'iniziativa del pubblico ministero in ogni caso in cui egli abbia notizia dell'esistenza di uno stato di insolvenza, specificando la disciplina delle misure cautelari, con attribuzione della relativa competenza anche alla Corte di appello, e armonizzando il regime delle impugnazioni, con particolare riguardo all'efficacia delle pronunce rese avverso i provvedimento di apertura della procedura di liquidazione giudiziale ovvero di omologazione del concordato”.

Si tratta di una decisa inversione di tendenza rispetto al sistema della legge fallimentare del 1942, come riformata negli anni 2005, 2006 e 2007, in cui il procedimento per la dichiarazione di fallimento (riguardante le sole situazioni di insolvenza), ed il procedimento per l'ammissione e l'omologazione del concordato preventivo erano nettamente distinti.

La distinzione tra i due procedimenti riguardava, tra l'altro, anche l'applicazione di misure protettive e cautelari finalizzate a garantire il buon esito della procedura.

Come è noto, nel concordato preventivo l'effetto protettivo del patrimonio del debitore rispetto ad eventuali iniziative dei creditori era pressoché automatico, essendo legato unicamente alla pubblicazione del ricorso (anche con riserva ex art. 161, comma 6, l. fall.) nel registro delle imprese (art. 168 l. fall.).

Il procedimento prefallimentare, invece, non prevede misure protettive rispetto alle iniziative dei creditori, ma la possibilità di disporre, unicamente, su istanza di parte, misure cautelari o conservative contro eventuali atti dispositivi del debitore, destinate ad essere “assorbite” nella sentenza di fallimento, ovvero ad essere revocate nel caso di rigetto della relativa istanza.

L'unificazione del procedimento per la regolazione della crisi determina, invece, la possibilità dell'adozione di misure cautelari e protettive sia nel caso di liquidazione giudiziale che nell'ipotesi di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti, pur con i relativi adattamenti in relazione alle differenti esigenze di tutela collegate all'una o all'altra procedura.

La definizione di misure protettive

In linea generale, le misure protettive sono quelle misure temporanee adottate dal giudice e finalizzate ad evitare che le azioni dei creditori possano pregiudicare la soluzione della situazione di crisi.

Le misure cautelari, invece, sono quelle misure adottate dal giudice competente per la tutela del patrimonio del debitore, e che siano idonee a garantire gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento.

Il campo di elezione delle misure protettive è quello delle procedure finalizzate al superamento della crisi d'impresa, e quindi, essenzialmente, quello del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti. Attraverso l'applicazione di tali misure, infatti, si garantisce la “protezione” del patrimonio del debitore e dell'impresa contro eventuali azioni esecutive e cautelari promosse dai creditori in corso di procedura, al fine di garantire il buon esito della stessa procedura, la realizzazione della sua “causa concreta” e, alla fine, la salvaguardia della par condicio creditorum.

Il sistema attuale, come è noto, almeno per il concordato preventivo, si fonda sul principio dell'automatic stay, in quanto, a far data dalla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo (anche con riserva ex art. 161, comma 6, l. fall.), e fino al momento del passaggio in giudicato del decreto di omologazione del concordato preventivo, i creditori per titolo o causa anteriore “non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano. I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall'articolo precedente. Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato” (art. 168 l. fall.)

La possibilità, per il debitore che abbia presentato domanda di concordato con riserva, di presentare, alla scadenza del termine, ricorso per omologazione di accordo di ristrutturazione dei debiti ha, di fatto, esteso tale misura protettiva anche al settore di tali accordi, per i quali, in ogni caso, il legislatore ha previsto una ulteriore misura protettiva, non automatica, disciplinata dall'art. 182-sexies, comma 6, l. fall., norma che, tuttavia, è divenuta di scarsa applicazione proprio per la non automaticità dell'effetto protettivo, rispetto alla misura prevista dall'art. 168 l. fall.

La legge delega non contiene una definizione specifica di misure protettive, limitandosi a prevedere, all'art. 6 relativo al concordato preventivo, la “revisione della disciplina delle misure protettive, specialmente quanto alla durata e agli effetti, prevedendone la revocabilità, su ricorso degli interessati, ove non arrechino beneficio al buon esito della procedura” [art. 6, comma 1, lett. b), l. n. 155/2017]. La possibilità di adozione di misure protettive è stata prevista anche per la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, destinata ai soggetti non assoggettabili a concordato preventivo o a liquidazione giudiziale, con modalità “simili a quelle previste nel concordato preventivo”, misure che potranno essere “revocabili su istanze dei creditori, o anche d'ufficio in caso di atti in frode ai creditori” [art. 9, comma 1, lett. g), l. n. 155/2017].

Per gli accordi di ristrutturazione dei debiti, invece, è stata prevista l'assimilazione alla disciplina prevista per la procedura di concordato preventivo, in quanto compatibile [art. 5, comma 1, lett. c), l. n. 155/2017].

Tale articolato sistema previsto dalla legge delega è stato tradotto, nello schema di decreto delegato denominato “codice della crisi e dell'insolvenza”, consegnato il 22.12.2017, in un complesso normativo dettagliato e organico, applicabile a tutte le procedure.

In particolare, sotto il profilo definitorio, l'art. 2, n. 16), della bozza di decreto definisce come misure protettive “le misure temporanee disposte dal giudice competente per evitare che determinazioni azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza, e che consistono, in particolare: a) nella inammissibilità di azioni esecutive o cautelari individuali sul patrimonio o l'impresa del debitore; b) nella sospensione dei processi esecutivi o cautelari pendenti; c) nel divieto per i creditori di acquisire titoli di prelazione se non concordati; in tali casi, le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano”.

Trattasi, come si può ben vedere, di misure che ricalcano, sostanzialmente, quelle previste dall'art. 168 l. fall., e tuttavia la loro applicazione non è più automatica, occorrendo, comunque, una richiesta in tal senso.

In particolare, l'art. 58, comma 2, della schema di decreto delegato prevede che, nel corso del procedimento unitario per l'accesso alle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza, “su richiesta del debitore o di coloro che hanno funzioni di vigilanza sull'impresa o dei creditori il tribunale può disporre anche il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore e dell'impresa, indicandone la durata. Entro il medesimo termine i creditori non possono acquisire titoli di prelazione se non concordati. Le prescrizioni che sarebbero state interrotti dagli atti predetti rimangono sospese e le decadenze non si verificano”.

Viene meno, quindi, l'odierno automatic stay, in ciò anticipando quello che dovrebbe essere previsto nella direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio europeo in tema di ristrutturazione dei debiti, ma la possibilità di applicare le misure protettive si estende anche al procedimento per l'apertura della liquidazione giudiziale, omologo, sostanzialmente, all'attuale procedimento prefallimentare.

La possibilità di applicare misure protettive viene altresì prevista per la fase delle trattative che precedono il deposito dell'accordo di ristrutturazione dei debiti (anche per quelli “ad efficacia estesa”, e cioè quegli accordi i cui effetti, a determinate condizioni, si estendono anche ai creditori non aderenti che appartengono alla medesima classe), attraverso il deposito di una “proposta di accordo”, corredata dall'attestazione, da parte di un professionista indipendente, che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e che la proposta, se accettata, è idonea ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare (art. 58, comma 3, dello schema di decreto delegato).

L'esigenza dell'adozione di misure protettive, finalizzate a garantire l'effettività della procedura ed il buon esito della procedura di regolazione della crisi, si pone anche per la fase di allerta e prevenzione, in particolare nell'ipotesi di richiesta di composizione assistita della crisi.

L'art. 23 della bozza di decreto delegato “codice della crisi e dell'insolvenza” prevede, infatti, che, dopo l'audizione dinanzi all'organismo di composizione della crisi (art. 21 dello stesso codice), il debitore che abbia presentato istanza di assistenza per la composizione della crisi “può chiedere al tribunale concorsuale di cui all'art. 31, comma 3, lett. c) competente le misure protettive necessarie per condurre a termine le trattative in corso”.

A tal proposito, occorre comunque precisare che il procedimento di composizione assistita della crisi ha natura “aperta”, nel senso che esso ha la funzione di assistere il debitore nella ricerca di un accordo stragiudiziale parificato al piano attestato di risanamento, ovvero di agevolare la presentazione di una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o di concordato preventivo.

Le misure protettive previste per tale procedimento, dunque, riguardano unicamente la fase della procedura di assistenza in senso stretto (e cioè destinata a sfociare in un accordo stragiudiziale), mentre, nel caso di presentazione successiva di una domanda di omologazione di accordo di ristrutturazione dei debiti o di ammissione alla procedura di concordato preventivo, si applicheranno le misure protettive previste per tali procedure.

Ovviamente, trattandosi di misure destinate ad una fase di trattative tra il debitore ed i creditori, le stesse non potranno che avere una durata limitata, che è stata prevista in 60 giorni, prorogabile fino a 180 giorni, “a condizione che siano stati compiuti progressi significativi nella trattative tali da rendere probabile il raggiungimento dell'accordo, su conforme attestazione resa dal collegio di cui all'art. 20” (art. 23, comma 3, della bozza di decreto delegato). E' previsto, quindi, in sostanza, un controllo effettivo, da parte del tribunale, in merito ai progressi nelle trattative, e quindi sulla serietà ed effettività delle stesse.

Tra le misure protettive concedibili in questa fase – sempre al fine di agevolare la soluzione concordata della crisi attraverso un accordo stragiudiziale con i creditori - vengono fatte rientrare anche le esenzioni in materia di obblighi societari, e cioè gli obblighi previsti dagli artt. 2446, commi 2 e 3 c.c. (riduzioni del capitale sociale per perdite nelle s.p.a.), 2447 c.c. (obbligo di aumento del capitale sociale in caso di riduzione al di sotto del limite legale), 2482-bis, commi 4, 5 e 6, c.c. (riduzione del capitale sociale per perdite nelle s.r.l.), 2482-ter c.c. (riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale nelle s.r.l.)

E' stato previsto altresì che in questi casi non operino le cause di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, n. 4) e 2545-duodecies c.c.

Il mantenimento di tali misure protettive, tuttavia, per il loro effetto comprimente nei confronti dei creditori, è comunque collegato all'effettivo svolgimento delle trattative, ragion per cui, se, in qualunque momento, il collegio nominato per la composizione della crisi segnala che non vi è possibilità di addivenire ad una soluzione concordata, o che non vi sono significativi progressi nella realizzazione di misure idonee a superare la crisi, oppure, ancora, se risultano commessi atti di frode nei confronti dei creditori, le misure protettive concesse dal tribunale possono essere revocate, anche d'ufficio.

Il procedimento per la concessione delle misure protettive

Nel sistema disegnato dalla legge delega e dalla bozza di decreto delegato, ai fini dell'ammissione ad una delle procedure principali (liquidazione giudiziale, concordato preventivo, accordo di ristrutturazione dei debiti) è stato previsto un procedimento unificato, definito “procedimento unitario per l'accesso alle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza”.

Nell'àmbito di tale procedimento, è stata quindi prevista la possibilità di richiedere l'applicazione di misure protettive, attraverso un sub-procedimento incidentale di competenza monocratica.

In particolare, nel caso in cui venga richiesta l'applicazione di una misura protettiva, il presidente del tribunale dovrà designare un magistrato per la trattazione del procedimento, salvo che non sia già stato designato un giudice relatore per l'audizione delle parti, nel qual caso sarà quest'ultimo a decidere sull'applicazione della misura (art. 59, comma 1, della bozza di decreto delegato).

Il procedimento è quindi modellato sull'archetipo del procedimento cautelare uniforme disciplinato dal codice di procedura civile: il giudice, infatti, “sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione alla misura richiesta e, quando la convocazione potrebbe pregiudicare l'attuazione del provvedimento, provvede con decreto motiva, assunte sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l'udienza di convocazione delle parti avanti a sé, ove già non disposta ai sensi dell'art. 45, assegnando all'istante un termine perentorio non superiore a otto giorni per la notifica del ricorso e del decreto alle altre parti. All'udienza il giudice con ordinanza conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto” (art. 58, comma 3, della bozza di decreto delegato).

Le misure disposte hanno, ovviamente, una efficacia limitata alla durata del procedimento, e devono essere confermate o revocate dal provvedimento che dichiara l'apertura della liquidazione giudiziale o pronuncia sull'omologazione del concordato preventivo o dell'accordo di ristrutturazione.

Nel caso in cui emergano atti di frode da parte del debitore, su istanza del commissario giudiziale, delle parti del procedimento o del pubblico ministero il tribunale può revocare o modificare le misure.

Si pone, a questo punto, un serio problema di coordinamento tra il procedimento per la regolazione della crisi e le procedure esecutive individuali promosse nei confronti del debitore, ovvero le iniziative volte ad acquisire, nei confronti di quest'ultimo, eventuali titoli di prelazione. In sostanza, nel caso di mancata richiesta o di mancata concessione delle misure protettive, i creditori potranno proseguire nelle loro iniziative individuali, pur in pendenza del procedimento unitario per la regolazione della crisi e dell'insolvenza, e quindi anche nelle ipotesi di apertura della procedura di concordato preventivo o di ricorso per l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, con ovvie conseguenze, tuttavia, sulla fattibilità del piano, la cui attuazione potrebbe essere pregiudicata proprio dalla prosecuzione delle iniziative individuali dei creditori.

Occorrerà, quindi, da parte dei consulenti del debitore grande professionalità nell'apprestare tempestivamente una richiesta di applicazione di misure protettive, e da parte del giudice grande attenzione nell'applicazione, in relazione al programma concordatario prospettato.

Le misure cautelari

L'art 58, comma 1, dello schema di decreto delegato prevede che, “nel corso del procedimento previsto dall'art. 45, su istanza di parte, il tribunale può emettere i provvedimenti cautelari, inclusa la nomina di un custode dell'azienda o del patrimonio, che appaiano, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente l'attuazione della sentenza che dichiara l'apertura della liquidazione giudiziale o che omologa il concordato preventivo o l'accordo di ristrutturazione dei debiti”.

La norma ricalca, in linea di massima, l'attuale art. 15, comma 8, l. fall., che peraltro è limitato al procedimento prefallimentare.

La novità rilevante è quella dell'estensione della possibilità di disporre misure cautelari anche alla procedura di concordato preventivo ed al procedimento per l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti.

In effetti, stante l'unitarietà del procedimento, ormai definito “procedimento per l'accesso alle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza”, non v'era motivo di escludere la possibilità di adottare misure cautelari anche nelle ipotesi di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti, ben potendosi porre, anche in questi casi, esigenze conservative del patrimonio aziendale in vista dell'attuazione effettiva del programma concordatario o del piano di ristrutturazione dei debiti.

Il procedimento, in questi casi, è analogo a quello previsto per le misure protettive, rispetto alle quali le misure cautelari differiscono, in quanto tendono a preservare il patrimonio del debitore rispetto ad eventuali atti dispositivi da parte dello stesso debitore.

Anche in questo caso, ovviamente, la durata delle misure è funzionale alla finalità da esse perseguita, e quindi tali misure verranno meno con la sentenza che dichiara l'apertura della liquidazione giudiziale, o con la sentenza che pronuncia sull'omologazione del concordato preventivo o dell'accordo di ristrutturazione dei debiti.

Le misure cautelari, così come le misure protettive, potranno essere disposte anche dalla corte d'appello, in sede di reclamo avverso il provvedimento di rigetto della domanda di apertura della liquidazione giudiziale.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.