La competenza delle procedure concorsuali nello schema del decreto delegato

02 Maggio 2018

La L. n. 155 del 19 ottobre 2017 “Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi d'impresa e dell'insolvenza” detta all'art. 2, in tema di competenza, principi volti a garantire la specializzazione dei giudici addetti alla materia concorsuale e ad ampliare la competenza degli uffici giudiziari che presentino determinati indicatori ivi elencati (art. 2 co. 1 lett. n) n. 3) l. n. 155/2017).
Premessa

La L. n. 155 del 19 ottobre 2017 “Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi d'impresa e dell'insolvenza” detta all'art. 2, in tema di competenza, principi volti a garantire la specializzazione dei giudici addetti alla materia concorsuale e ad ampliare la competenza degli uffici giudiziari che presentino determinati indicatori ivi elencati (art. 2, comma 1, lett. n) n. 3) L. n. 155/2017).

La ratio sottesa alla scelta legislativa è chiaramente la concentrazione dei procedimenti concernenti la materia concorsuale nei principali Tribunali di ciascun Distretto di Corte d'Appello, al fine di garantire un congruo numero di giudici specializzati ed evitare parcellizzazioni di procedure concorsuali per raggiungere gli obiettivi di efficacia ed efficienza necessari ad un settore molto importante per la vita socioeconomica della realtà territoriale in cui si trova l'impresa.

La L. n. 155/2017 s'inserisce in una complessa rivisitazione europea della disciplina dell'insolvenza volta a garantire il buon funzionamento del mercato interno nella prospettiva della cooperazione giudiziaria in materia civile (art. 81 TFUE).

Lo schema di decreto delegato prevede una regolamentazione dettagliata della giurisdizione italiana in materia di procedure concorsuali e della competenza disciplinando altresì le ipotesi di conflitto di competenza, di salvezza degli effetti degli atti compiuti dal giudice incompetente e di attrazione di tutte le cause derivanti dall'apertura della procedura di liquidazione, o meglio, di regolazione della crisi d'impresa.

Centro d'interessi

Il principio cardine sul quale si assesta la disciplina della giurisdizione, prima, e della competenza, poi, in materia concorsuale, riguarda l'accezione di centro d'interessi principali dell'impresa sottoposta alla procedura.

Il legislatore della legge delega ha sancito un concetto più stringente di quello di "sede principale dell'impresa" contenuto nell'art. 9 l.fall., volendo positivizzare quell'orientamento giurisprudenziale, di matrice europea, che si è formato in sede di procedure transfrontaliere e di trasferimenti fittizi della sede legale (art. 2, comma 1, lett. f) L. n. 155/2017).

Invero, già la Suprema Corte di Cassazione aveva ritenuto che la sede principale dell'impresa non potesse essere intesa come luogo di svolgimento dell'attività di produzione - la quale può essere svolta in diversi stabilimenti collocati in vari luoghi - bensì come centro di direzione e gestione dell'impresa societaria (Cass., sez. I, ordinanza, 11 marzo 2005, n. 5391; Cass., sez. I, 7 maggio 1999, n. 4560; Cass., sez. I, 24 aprile 1996, n. 3878).

Ciò emerge chiaramente dall'esame della disciplina di rilievo comunitario, in particolare l'art. 3 e il 13 considerando del Regolamento UE n. 1346/2000 il quale precisa, infatti, che "centro degli interessi principali si dovrebbe intendere il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale e pertanto riconoscibile dai terzi, la gestione dei suoi interessi" con ciò individuando come sede principale il "center of main interests (COMI)”.

Sul punto, la Corte di Giustizia ha statuito che "Occorre tener conto del luogo di amministrazione principale della società: se esso si trova presso la sede statutaria, la presunzione a favore di quest'ultima non è superabile." (Corte Giustizia CE, 1° sezione, 20.10.2011 procedimento C 396/09, Interedil).

In sintesi, la Corte di Giustizia ha enucleato il principio secondo il quale la coincidenza tra sede statutaria della società e sede effettiva può essere superata solo da elementi obiettivi e verificabili da parte di terzi, che consentano di determinate l'esistenza di una situazione reale diversa da quella formale (Corte di Giustizia n. 341 del 2 maggio 2006, Eurofood IFSC Ltd.).

Il concetto di individuazione della sede principale dell'impresa, dunque, deve essere coniugato con il sistema della pubblicità legale dell'iscrizione al Registro delle Imprese e con il relativo onere che potrebbe incombere sui terzi di accertamento della realtà fattuale con quella evincibile dal sistema di pubblicità legale.

Si ritiene, infatti, che l'intento del legislatore comunitario s'inveri nel dissuadere le parti dal trasferire i procedimenti giudiziari per ottenere una migliore situazione giuridica ovvero per fini dilatori, specificando, altresì, che il trasferimento di competenza contrasta anche con gli obiettivi di realizzare un funzionamento celere ed efficace delle procedure allungandone inevitabilmente i tempi (Corte di Giustizia sentenza del 17.1.2006 Staubitz –Schreiber; Trib. Napoli 27 aprile 2011).

Su tali basi, si è consolidato un orientamento giurisprudenziale costante che ritiene la presunzione fino a prova contraria della coincidenza tra sede legale e sede effettiva dell'impresa, nel senso che la coincidenza tra sede legale e sede effettiva può essere vinta solo dalla prova che la prima sia una sede meramente fittizia e formale (ex multis: Cass., sez. I, 24 aprile 1996, n. 3878 cit.; Cass., sez. I, ordinanza, 21 marzo 2003, n. 4206; Cass., sez. I, ordinanza, 11 marzo 2005, n. 5391 cit.; Cass., sez. I, ordinanza, 18 maggio 2006, n. 11732; Cass., sez. I, ordinanza, 7 maggio 2012, n. 6886; Cass., sez. I, 23 marzo 2017, n. 7470; Trib. Mondovì 6.3.2008; Trib. S. Maria Capua Vetere 25.2.2005) e che sancisce, così, la competenza della sede principale dell'impresa del luogo dove effettivamente si svolge l'attività direttiva ed amministrativa e dove vengono individuate e decise le scelte c.d. strategiche (Cass., 23 marzo 2017, n. 7470, cit.; Corte App. Venezia 10 dicembre 2017), soprattutto nel caso di impresa con centri operativi dislocati su varie zone del territorio (Cass., sez. I, 22 febbraio n. 1981). In tal caso, dunque, l'ubicazione della sede effettiva deve prevalere e costituire il criterio determinante la giurisdizione/competenza (Cass., sez. un., 6 febbraio 2015, n. 2243).

Si rileva, invece, che lo svolgimento dell'attività di produzione nelle unità locali dislocate sul territorio non incide sulla competenza territoriale del Tribunale adito dovendo, invece, intendersi per sede effettiva il centro motore dell'impresa cioè l'organo che prende le decisioni (Cass., sez. I, ordinanza, 7 maggio 2012, n. 6886: “per sede effettiva deve intendersi il centro dell'attività direttiva, amministrativa, organizzativa dell'impresa e di coordinamento dei fattori produttivi, senza che rilevi il luogo in cui l'impresa svolge l'attività di produzione, qualora non coincida con quello in cui si svolge l'attività organizzativa…omissis…generica appare la semplice affermazione che in…la società ha la sola sede legale, tanto più che dalle circostanze di fatto specificamente indicate dal Tribunale di … emerge come l'attività di direzione e organizzazione dell'impresa sociale si svolga in tale luogo, nel quale si è tenuta l'assemblea sociale che ha deliberato lo scioglimento volontario della società, e dal quale proviene ed è indirizzata tutta la corrispondenza intrattenuta dal liquidatore – dal medesimo prodotta - con i creditori in ordine al soddisfacimento delle loro ragioni.”; Cass., sez. I, 12 dicembre 2012, n. 26518; Cass., sez. un. Ordinanza, 20 luglio 2011, n. 15880; Cass., sez. un., 17 febbraio 2016, n. 3059).

La Suprema Corte di Cassazione, in materia di trasferimenti della sede legale all'estero, ha enucleato degli indicatori della non coincidenza tra sede legale e sede effettiva alla presenza dei quali si radica, in ogni caso, la giurisdizione italiana: quali la discontinuità di attività economica tra l'attività d'impresa svolta in Italia e quella svolta all'estero, la permanenza in Italia del centro direttivo e amministrativo, considerando anche i collegamenti dell'organo amministrativo con il Paese estero.

Non assume, invece, alcun rilievo ai fini della competenza territoriale, la residenza anagrafica dell'imprenditore, in quanto occorre aver riguardo all'attività imprenditoriale (Trib. Milano 11.4.2011).

Non è, inoltre, sufficiente a superare la presunzione legale di corrispondenza tra sede legale e sede effettiva la dichiarazione dell'attività di liquidazione, posto che per spostare la competenza territoriale in tal senso occorre fornire la prova dell'effettivo esercizio dell'attività liquidatoria in tale diverso luogo (Trib. Mondovì 10.1.2008).

La legge delega e lo schema del decreto delegato hanno, dunque, positivizzato tale principio recependo la nozione di “centro degli interessi principali del debitore” (art. 2, comma 1, lett. f), L. n. 155/2017) ivi incardinando la giurisdizione italiana e la competenza territoriale delle procedure concorsuali.

E' chiaro che la scelta legislativa è nel senso di privilegiare il luogo in cui effettivamente l'imprenditore ha collocato il nucleo direzionale e amministrativo della propria impresa per rendere più agevole la procedura di risoluzione della crisi d'impresa ed evitare “la scelta” del Tribunale competente.

Competenza per materia e per territorio

La competenza delle procedure concorsuali, intesa come frazione di giurisdizione che spetta a un determinato giudice, è attribuita secondo il criterio della materia e del territorio.

Si tratta di competenza inderogabile di tipo funzionale, in quanto consegue alla funzione del giudice specializzato ed è imprescindibile.

Per tali motivi, il rilievo dell'incompetenza deve essere eccepito o rilevato alla prima difesa utile o nella prima udienza mutuando i principi sottesi all'art. 38 c.p.c.

La competenza territoriale inderogabile viene individuata nel luogo di interessi principali del debitore (cfr. § supra).

La competenza per materia riguarda il procedimento per l'accertamento dello stato di crisi e di insolvenza e tutte le cause da tali procedure derivanti, senza limiti di valore.

Per quanto concerne la competenza territoriale, nell'ottica della specializzazione dei giudici addetti alla materia concorsuale, la legge delega prevede un ampliamento della competenza territoriale per gli uffici giudiziari che avranno la sezione specializzata secondo determinati indicatori concentrando le procedure medio grandi nei principali Tribunali del distretto e mantenendo, invece, invariata la competenza territoriale del Tribunale di riferimento per le procedure minori.

All'art. 2, comma 1, lett. n), L. n. 155/2017 il Legislatore ha, dunque, dettato i nuovi criteri direttivi in tema di competenza territoriale attribuendo ai Tribunali, sede delle sezioni specializzate in materia di impresa, la competenza sulle procedure concorsuali e sulle cause da esse derivanti per le imprese in amministrazione straordinaria e i gruppi d'imprese di rilevante dimensione. Per le procedure di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista e del piccolo imprenditore da intendersi “l'imprenditore che dimostri di rivestire un profilo dimensionale inferiore a parametri predeterminati, ai sensi dell'articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, a quello riservato ai debitori civili, professionisti o consumatori, di cui all'articolo 9 della presente legge” (art. 2, comma 1, lett. e), l. n. 155/2017) ha mantenuto la competenza territoriale del Tribunale sede del centro d'interessi principali. Infine, per le procedure concorsuali relative alle imprese che superano le soglie di cui all'art. 1 l.fall. e che non rientrano nelle imprese soggette ad amministrazione straordinaria o nei grandi gruppi di imprese di cui all'art. 2, comma 1, lett. n), n. 1 L. n. 155/2017, la competenza territoriale viene individuata e concentrata in quei tribunali del distretto che potranno garantire la specializzazione dei giudici in base anche agli indicatori previsti dalla stessa legge delega.

Imprese in amministrazione straordinaria e gruppi di imprese di rilevante dimensione

Imprese che esercitano un'attività commerciale e che possiedono un attivo patrimoniale annuo superiore a 300.000,00 euro; ricavi lordi annui superiori a 200.000,00 euro e debiti anche non scaduti superiori a 500.000,00 euro

Procedure di regolamentazione della crisi e dell'insolvenza del consumatore e del professionista e relative all'imprese sotto-soglia

Tribunale sede delle sezioni specializzate in materia d'impresa

Tribunale individuato secondo i criteri di cui all'art. 2 comma 1, lett. n), n. 3 L. n. 155/2017

Tribunale del distretto territorialmente competente secondo i criteri previsti dall'art. 2, comma 1, lett. n), n. 3.1 e ss. L. n. 155/2017

Criteri di individuazione

La legge delega prevede dettagliati criteri volti a individuare il Tribunale territorialmente competente per le procedure concorsuali relative alle imprese diverse da quelle previste dall'art. 2, comma 1, lett. n), nn. 1 e 2 L. n. 155/2017.

Gli indicatori sono sostanzialmente sette e possono essere divisi in due gruppi: quelli semplici che fanno riferimento a dati statistici e quelli combinati che richiedano il dato emergente dal rapporto tra gli indicatori semplici.

  • Il primo indicatore semplice riguarda “il numero dei giudici professionali previsti nella pianta organica di ciascun tribunale, da valutare in relazione ai limiti dimensionali previsti ai fini della costituzione di una sezione che si occupi in via esclusiva della materia” (art. 2 co. 1, lett. n), n. 3.1 l. n. 155/2017). Tale indicatore è l'estrinsecazione del principio di specializzazione dei giudici addetti alla materia concorsuale prevista dal legislatore, nell'ottica di creare delle sezioni a materia esclusiva. Il principio, di valenza ordinamentale (cfr. delibera Plenum CSM del 25.1.2017 mod. in data 19.7.2017 relativa alla formazione delle tabelle di organizzazione degli Uffici giudicanti per il triennio 2017- -2019), è quello di favorire l'affinamento di competenze specialistiche per materie omogenee, rappresentando la costituzione di sezioni specializzate il modello organizzativo più adeguato non solo per la professionalità del magistrato, ma per rendere efficace e celere la risposta alla domanda giustizia. Tale disposizione deve essere interpretata nel senso di creare sezioni specializzate di regola composte da 4 magistrati e un Presidente o, in ogni caso, settori di specializzazione ai quali adibire un numero di giudici anche inferiore. Ciò implica necessariamente la verifica delle piante organiche dei Tribunali e l'eventuale adeguamento della stessa laddove si tratti di un Tribunale che presenti una realtà socio – economica di rilievo, come evincibile dagli indicatori sub. 3.2, 3.3, 3.6 e 3.7.

  • Il secondo, il terzo e il quarto indicatore riguardano i dati statistici afferenti a ciascun Tribunale e concernenti le procedure concorsuali sopravvenute, quelle definite e i tempi di durata delle stesse. In realtà, tali indicatori devono essere visti alla luce di quello previsto sub 3.5, in quanto soltanto la relazione tra tali dati statistici permette una visione complessiva della situazione di ciascun tribunale e del suo circondario. La valutazione deve, quindi, partire dal rapporto tra sopravvenienze e definizioni negli ultimi 5 anni che determina la capacità di quel Tribunale di esaurire i procedimenti rispetto ai sopravvenuti (c.d. indice di ricambio). Di regola, se tale indice è superiore a 1 l'ufficio riesce ad esaurire un numero di procedimenti superiore ai sopravvenuti, se è tra 0.5 e inferiore a 1 l'ufficio riesce ad esaurire un numero di procedimenti compreso tra il 50% e il 99% dei sopravvenuti e se, invece, è inferiore a 0,5 l'ufficio riesce ad esaurire un numero di procedimenti inferiore al 50% dei sopravvenuti. L'altro indice sub. 3.4 relativo alla durata delle procedure negli ultimi 5 anni implica la chiusura delle stesse e deve essere valutato in considerazione della peculiarità di tali procedure la cui definizione spesso dipende da cause esterne all'Ufficio (vedi ad esempio la difficoltà di liquidazione dell'attivo laddove si tratti di beni immobili). Il legislatore ha opportunamente previsto un lasso temporale di analisi di 5 anni considerando i termini massimi di definizione previsti dalla Legge Pinto (l. n. 89/2001, mod. D.L. n. 83/12, conv. L. n. 134/2012 che ha stabilito il termine di ragionevole durate del procedimento in anni 6). Il dato statistico emergente da tali rilevazioni deve poi essere vagliato in rapporto al corrispondente dato medio nazionale per le procedure concorsuali, al fine di avere una fotografia obiettiva della situazione di ciascun Tribunale e di individuare quelli nei quali radicare la competenza per le procedure concorsuali relative alle imprese non rientranti nell'art. 2 co. 1, lett. n), nn. 1 e 2 l. n. 155/2017. L'indicatore sub 3.6 relativo al numero di imprese iscritte nel registro delle imprese deve, invece, essere opportunamente valutato in rapporto alla popolazione residente nel territorio compreso nel circondario del Tribunale previsto nell'indicatore sub 3.7, anche in considerazione del principio testé esposto in cui la competenza territoriale si radica nel luogo in cui l'impresa ha il centro principale degli affari che può divergere dalla sede legale.

E' chiaro che tali indicatori devono essere valutati congiuntamente al fine di avere una fotografia chiara dei Tribunali nazionali e della realtà socio-economica in cui sono situati.

Incompetenza

La competenza è un presupposto processuale per l'emanazione del provvedimento finale.

La competenza sancita in materia concorsuale riveste i caratteri dell'inderogabilità, pertanto, è una competenza funzionale che non può essere modificata neanche su accordo delle parti.

E' chiaro, dunque, che se il procedimento è incardinato innanzi a un giudice incompetente devono essere applicati i principi generali previsti dall'art. 38 c.p.c.

In tal caso l'incompetenza deve essere eccepita o rilevata nella prima difesa utile o non oltre la prima udienza con l'indicazione del giudice che si ritiene competente.

La statuizione sull'incompetenza viene pronunciata con ordinanza e la causa deve essere riassunta davanti al giudice dichiarato competente ex art. 50 c.p.c.

La statuizione sulla competenza può essere impugnata in appello, in quanto motivo di nullità della sentenza, oppure può essere oggetto di regolamento di competenza ex artt. 42 ss. c.p.c.

In tal caso, viene immediatamente posto in essere il giudizio innanzi alla Corte di Cassazione che definisce insindacabilmente la questione relativa alla competenza.

Il regolamento di competenza è un mezzo di impugnazione ordinario la cui proponibilità condiziona il passaggio in giudicato del provvedimento e può essere necessario o facoltativo.

È necessario (art. 42 c.p.c.) quando è l'unico strumento per impugnare quei provvedimenti che si pronunciano esclusivamente sulla competenza. In questa ipotesi, la Corte di Cassazione statuisce esclusivamente sulla competenza accogliendo o rigettando il ricorso. In caso di mancata proposizione si determina la non impugnabilità di quel provvedimento radicando, dunque, la competenza davanti a quel giudice che si era dichiarato tale. Rientrano nell'accezione di questioni relative alla competenza anche quelle riguardanti la violazione delle regole processuali per far valere l'incompetenza (Cass. Sez. un., 19 ottobre 2007, n. 21858).

Invece, il regolamento di competenza facoltativo (art. 43 c.p.c.) riguarda quei provvedimenti che si sono pronunciati sulla competenza e sulle questioni di merito poiché, essendo possibile ricorrere in appello, non è più l'unico mezzo di impugnazione proponibile.

Non è, invece, un mezzo d'impugnazione il c.d. regolamento di competenza d'ufficio nel caso di conflitto di competenza quando il giudice indicato come competente e davanti al quale viene riassunta la causa si ritiene a sua volta incompetente (art. 45 c.p.c.).

In questa ipotesi è, infatti, il giudice che con ordinanza richiede alla Corte di Cassazione il regolamento d'ufficio, rimettendo il fascicolo. Ciò vale solo per i casi di incompetenza per materia e territoriale inderogabile (funzionale), in quanto, negli altri casi, il giudice indicato come competente non può dichiararsi a sua volta incompetente se la pronuncia non è stata impugnata ed è divenuta definitiva.

Nello schema di decreto delegato in materia di risoluzione della crisi d'impresa, il legislatore ha disciplinato i casi di incompetenza o conflitto di competenza per le procedure concorsuali richiamando i principi generali ora esposti ed evidenziando che le domande di accesso alla procedura di regolamentazione delle crisi di impresa proposte davanti a tribunali diversi da quello competente devono essere dichiarate improcedibili e se risultano pendenti più procedimenti nei confronti del medesimo debitore, prosegue quello aperto per primo al quale verranno attratti tutti gli altri.

Lo schema di decreto delegato prevede, poi, il principio di salvezza degli effetti a seguito di trasferimento del procedimento da un tribunale divenuto incompetente ad altro divenuto competente, con relativo termine per la riassunzione anche delle altre cause derivanti dalle procedure di liquidazione.

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