Notifica PEC fallita per malfunzionamento della casella del destinatario e decorrenza del termine per impugnare
03 Maggio 2018
Massima
È imputabile al destinatario della notificazione a mezzo PEC la circostanza che la casella dell'utente non sia in grado di accettare il messaggio, trattandosi di evento che dipende dallo stato della casella del destinatario ed è, quindi, oggettivamente riferibile alla sfera di controllo dell'avvocato, il quale deve preoccuparsi di scongiurare un tale accadimento. Il caso
Opposizione, proposta dal lavoratore ai sensi dell'art. 1, comma 51, della legge Fornero, avverso ordinanza che aveva pronunciato sul licenziamento. Il tribunale ne dichiara l'inammissibilità per tardività. Ritiene il giudice che il termine a quo per il computo dei trenta giorni previsti per l'opposizione debba essere condotto a far data dalla comunicazione telematica dell'ordinanza effettuata con esito negativo, seguita da deposito dell'atto in cancelleria. Il lavoratore propone reclamo, ai sensi del comma 58 della stessa disposizione, e sostiene che la cancelleria avrebbe dovuto effettuare la notificazione dell'ordinanza al numero di fax del difensore indicato nel ricorso introduttivo e solo in subordine all'indirizzo PEC e che, comunque, l'esito negativo della notificazione telematica doveva addebitarsi ad un «disguido tecnico». La Corte d'appello respinge il reclamo. La questione
Il tema è di grandissima importanza pratica. Vi sono infatti molteplici casi in cui, oggi, la comunicazione da parte della cancelleria di un provvedimento adottato dal giudice comporta il decorso del termine per l'impugnativa di volta in volta prevista: il caso forse più rilevante, sul piano quantitativo, è quello dell'appello contro l'ordinanza pronunciata a chiusura del rito sommario di cognizione, ai sensi dell'art. 702-quater c.p.c.. Ma — questo è il punto qui rilevante — che cosa accade se il cancelliere effettua la comunicazione ma questa rimane senza buon fine? Le soluzioni giuridiche
I Giudici di legittimità continuano a confrontarsi con la nuova disciplina degli atti telematici così fornendo punti di approdo per le molteplici incertezze che il processo telematico ha determinato sin dalle prime battute di avvio. Tra le ultime pronunce intervenute, quella in commento, si occupa in particolare della comunicazione dell'ordinanza resa in sede di procedimento speciale in materia di licenziamento (ai sensi dell'art. 1, commi 47 ss., l. n. 92/2012), effettuata presso la stessa cancelleria del tribunale a seguito dell'esito negativo della notifica telematica. Il quesito sulla regolarità della modalità adottata dall'Ufficio di merito, giunge dinanzi al Giudice di legittimità quale violazione ed erronea applicazione della legge n. 183/2011, art. 25, comma 1, n. 2, nonché dell'art. 136 c.p.c.. La questione posta riguarda le modalità di comunicazione e notificazione cui è tenuto l'ufficio giudiziario nel caso in cui la modalità telematica non abbia consentito il perfezionarsi dell'atto. Occorre allora ricordare che «a seguito delle modifiche al processo civile apportate dall'art. 16, comma 4, del d.l. n. 179/2012, conv. con modif. dalla l. n. 221/2012, le comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria si effettuano, per via telematica, all'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) del destinatario e la trasmissione del documento informatico, equivalente alla notificazione a mezzo posta, si intende perfezionata, con riferimento alla data ed all'ora della sua ricezione, quando la stessa sia avvenuta in conformità alle disposizioni di cui al d.P.R. n. 68/2005, il cui art. 6 stabilisce che il gestore della PEC utilizzata dal destinatario deve fornire al mittente, presso il suo indirizzo elettronico, la cd. ricevuta di avvenuta consegna (Rac), che costituisce, quindi, il documento idoneo a dimostrare, fino a prova del contrario, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario» (Cass. civ., 22 dicembre 2016, n. 26773; Cass. civ., 13 marzo 2017, n. 6369; Cass. civ., 15 settembre 2017, n. 21375). Il principio enunciato disegna il procedimento ordinario individuato dalla disciplina del 2012, a seguito del quale può ritenersi perfezionato il processo notificatorio e di comunicazione. I problemi sorgono quando, all'invio telematico, non segua la generazione, da parte del sistema, della Rac, ovvero della ricevuta attestativa dell'effettiva consegna del documento inviato alla casella di posta elettronica, o, ancora, nel caso in cui il soggetto cui la legge impone di munirsi di indirizzo di posta elettronica certificata, (comma 6 del predetto art. 16), non lo abbia fatto. In tali casi (assimilati quanto a trattamento conseguente) la stessa disposizione prevede che il deposito avvenga in cancelleria. Si tratta di una modalità destinata ad operare in tutte le ipotesi in cui il mancato perfezionamento o la mancata consegna sia stata determinata da un comportamento ostativo o poco collaborativo o comunque disinteressato, del soggetto tenuto, come detto, alla adozione di una PEC. In ipotesi diversa, e cioè quando sia invece dimostrato che la mancata realizzazione dell'invio telematico o del suo perfezionamento, sia conseguenza di causa non imputabile al soggetto destinatario, troveranno applicazione le disposizioni di cui all'art. 136, comma 3 e degli artt. 137 e ss. c.p.c., come espressamente disposto dal comma 8 dell'art. 16. Solo in quest'ultima ipotesi, torneranno ad adottarsi le modalità «pre-telematico» con conseguente comunicazione via fax (come richiesto dal ricorrente nel caso esaminato). Chiarisce in proposito la sentenza che la disposizione codicistica aprendo con l'incipit «salvo che la legge disponga diversamente», si pone comunque come norma residuale che entra in gioco solo ove non siano presenti discipline legali specifiche, quali, nel caso in esame, la disciplina degli atti telematici. Quest'ultima (art. 16 d.l. n. 179/2012), dopo aver disposto l'omogeneo regime per le notificazioni e comunicazioni (in tal senso si veda Cass. civ., Sez. Un. n. 11383/2016), ha richiamato le modalità di cui all'art. 136 ss. c.p.c., per le sole situazioni in cui il destinatario non sia responsabile della impossibilità di procedere con inoltro via PEC. Osservazioni
La sentenza in commento evidenzia come nel sistema di gradualità delle modalità di comunicazione e notificazione, secondo una scala di priorità diretta a soddisfare effettività del diritto di difesa e ragionevole durata del processo, l'assoluto primato sia riconosciuto alla posta certificata; ciò, peraltro, presuppone l'assolvimento dell'onere per il destinatario di assumere un indirizzo di PEC e di gestirlo costantemente per assicurarne il funzionamento (a riguardo Cass. civ., n. 25968/2016). L'inadempimento colpevole di siffatto onere, nella volontà del legislatore del «telematico» e nella coerente applicazione della norma data dalla decisione in esame, non determina la possibilità di adottare l'invio con fax (che nella decisione delle Sezioni Unite n. 11383/2016 era individuata come preferita rispetto al deposito in cancelleria), ma consente il perfezionamento delle comunicazioni e notificazioni di cancelleria con il solo deposito presso di essa. L'invio via fax, come visto, è limitato al solo caso in cui sia dimostrato che la causa del mancato invio via PEC non sia imputabile al destinatario. Si tratta di una scelta con finalità fortemente incentivanti verso l'adozione di indirizzi di posta certificata, giustificata dalla necessità di rendere veloce il passaggio verso il perfezionamento totale del processo telematico. La decisione della Corte, in coerenza con le finalità delle nuove disposizioni, sottolinea l'importanza della collaborazione di tutti gli attori nel processo anche testimoniata dalla tempestiva adozione di strumenti tecnici e telematici utili a consentire e garantire la tempestività delle informazioni e, in sostanza, a coniugare al meglio il diritto di difesa con le esigenze funzionali del servizio giustizia. |