Sicurezza delle cure e rischio clinico: la funzione del risk management nella legge Gelli-Bianco
04 Maggio 2018
Sicurezza delle cure e rischio clinico
La complessa evoluzione tecnologica e scientifica e, soprattutto, le attuali esigenze economico - finanziarie hanno condotto l'attuale sistema sanitario di fronte alla necessità di una radicale rivisitazione, con la conseguente messa in crisi dei modelli organizzativi e clinici tradizionali e del passato. Attualmente, non sussiste alcun dubbio sulla circostanza di fatto che la qualità dell'assistenza sia uno dei problemi principali per i servizi ed i sistemi sanitari, necessariamente orientati all'efficienza ed all'efficacia delle prestazioni erogate. Nella pratica corrente, spesso accade che il paziente, che si rivolge ad una struttura ospedaliera per avere una risposta ai propri bisogni assistenziali, affinché migliori il suo grado di salute, si ritrovi vittima di un danno sanitario, tale da mettere in discussione non soltanto la singola prestazione, ma anche la garanzia che offre il sistema. È per tale motivazione che il generale concetto di sicurezza va riletto come un elemento del sistema e l'evento avverso come un accadimento, alla cui realizzazione hanno interagito fattori tecnici, organizzativi e di processo, non dipendenti dal singolo errore umano. Il tema della qualità delle prestazioni sanitarie è fortemente intrecciato con quello dell'accessibilità dei servizi e, quindi, con la definizione di quali siano i bisogni assistenziali da garantire, intervenendo tempestivamente laddove sono presenti e sono più acuti, dando la risposta giusta al momento giusto. Infine, tutto questo deve essere realizzato facendo i conti con gli inevitabili vincoli imposti dalle finite risorse disponibili e, quindi, mantenendo la sostenibilità del sistema. La qualità dell'assistenza è il risultato finale di un complesso intreccio di fattori, che riassumono le capacità di governo di un sistema sanitario, il grado di razionalità nell'uso delle risorse disponibili, le sue capacità di controllo delle innovazioni biomediche e, infine, la sua capacità di indirizzare i comportamenti professionali verso scelte diagnostico-terapeutiche efficaci ed appropriate. La realtà sanitaria, contrassegnata dall'impiego di sofisticate tecnologie, richiede attualmente articolati modelli organizzativi che la sostengano, nonché necessita dell'integrazione e dell'interazione di più competenze professionali. Questi i presupposti del c.d. governo clinico, termine mutuato direttamente dall'inglese, clinical governance, e, definito come «il contesto in cui i servizi sanitari si rendono responsabili del miglioramento continuo della qualità dell'assistenza e mantengono elevati livelli di prestazioni, creando un ambiente che favorisce l'espressione dell'eccellenza clinica» (cfr.: A first class service: Quality in the new national health service”, Londra, Department of Health, 1998). Il governo clinico mira ad attribuire la direzione generale e la responsabilità della qualità clinica dei servizi, nel senso di non interferire con l'autonomia professionale degli operatori sanitari, ma di orientarli, governarli, affinché mettano in atto attività sistemiche di valutazione e miglioramento della qualità professionale. La costante attenzione al tema della qualità dell'assistenza ha prodotto scelte di politica sanitaria, ma anche approcci metodologici differenti. Volendo ricorrere ad una necessaria classificazione, in un primo gruppo si può riconoscere un approccio organizzativo - manageriale, variamente rappresentato dalle metodologie ascrivibili al total quality management ed al continuous quality improvement. Pur nelle differenze, spesso alquanto sottili, che contraddistinguono i diversi approcci, essi hanno in comune l'avere come unità di osservazione e di intervento l'insieme degli assetti organizzativi dei servizi. Da tale punto di vista, si tratta di metodologie che hanno, in generale, un approccio sistemico al problema della qualità dell'assistenza e, proprio in questa capacità di cogliere la qualità come risultato finale dell'insieme dei processi che caratterizzano un'organizzazione sanitaria, risiede probabilmente il loro merito principale. Il limite principale, invece, è stata la scarsa attenzione prestata al contenuto clinico in senso stretto delle prestazioni sanitarie, con conseguente relativa disattenzione nei confronti dell'efficacia ed appropriatezza clinica degli interventi. L'attenzione agli assetti organizzativi aziendali ed alle loro implicazioni si è spesso tradotta in una loro ridefinizione ispirata principalmente da criteri di efficienza operativa, ma non sempre altrettanto da criteri di efficacia ed appropriatezza. Nell'ambito degli ulteriori approcci al miglioramento della qualità dell'assistenza vi è anche il c.d. “pay for performance”, ovvero la capacità di collegare direttamente i meccanismi di remunerazione dei servizi e dei professionisti ad indicatori di qualità e di risultato, metodologia mutuata dall'industria e dalla conseguente introduzione della c.d. retribuzione flessibile e/o ad incentivi. In realtà, l'utilizzo di tale strumento è reso particolarmente arduo nella sua applicazione pratica e, problematico nei suoi effetti, dalle caratteristiche stesse dell'attività e delle prestazioni sanitarie, che inevitabilmente continuano ad essere beni ontologicamente di limitata osservabilità nelle loro modalità di impiego, incerte negli effetti e di difficile valutazione quanto a risultati. È di palmare evidenza che, trovare il giusto equilibrio tra tutti questi elementi e superare le difficoltà non appare affatto semplice. La seconda tipologia di approccio è del tipo medico-tecnico, rappresentato principalmente dal movimento culturale della medicina basata sulle prove di efficacia, finalizzato ad intervenire sulle decisioni critiche, al fine di orientarle verso una maggiore razionalità in termini di efficacia ed appropriatezza. Il merito principale del suddetto orientamento è certamente quello di avere posto l'accento sulla sostanza dei processi che caratterizzano i servizi sanitari, più che sulla loro forma, ovvero sulla reale capacità di produrre prestazioni ed interventi clinicamente, in grado di incidere in modo positivo sulla salute dei pazienti. Il limite dell'approccio è, invece, determinato dalla sostanziale disattenzione nei confronti degli aspetti organizzativi e gestionali che caratterizzano i servizi sanitari e che ne condizionano inevitabilmente le decisioni cliniche. In questo contesto, il governo clinico (clinical governance) rappresenta un nuovo approccio, integrato al problema della qualità dell'assistenza, tale da intervenire non soltanto sulle singole decisioni cliniche, al fine di orientarle verso una migliore appropriatezza, ma anche sugli stessi sistemi assistenziali. In questo senso, si tratta di costruire le condizioni che rendano possibile un agire in modo coordinato e coerente sull'insieme dei fattori determinanti della pratica clinica e, quindi, della qualità di quest'ultima, attraverso la formazione dei professionisti (lifelong learning), il monitoraggio dei processi assistenziali e dei loro risultati (audit clinico), la gestione dei rischi, anche clinici implicati dall'assistenza sanitaria (risk management). Il governo clinico è, quindi, composto da una serie di scelte di politica sanitaria su temi specifici, che devono essere assunte dai diversi livelli di governo del sistema, regionale e aziendale, che hanno come presupposto il fatto che la qualità dei servizi sanitari e delle prestazioni da essi erogate, venga assunta come parte integrante delle scelte operate sul piano del governo amministrativo del sistema, della organizzazione dei servizi e della formazione dei professionisti, che vi operano. In questo senso, la qualità cessa di essere una sorta di dimensione separata per acquistare la funzione di parte integrante del processo di identificazione degli obiettivi del sistema e delle singole aziende, dei meccanismi di definizione dei processi organizzativi, come pure di quelli che presiedono alla definizione dell'allocazione delle risorse, oltre che degli strumenti di valutazione delle attività delle singole unità operative e dei percorsi formativi offerti ai professionisti. Pertanto, il governo clinico esige la realizzazione di ambiti di stabile coordinamento tra i vari responsabili delle unità operative, al fine di conseguire effettivamente una realtà integrata dell'assistenza, centrata sul paziente e sull'insieme del suo percorso assistenziale. Sul terreno della capacità di documentare la qualità delle prestazioni erogate, individuando le eventuali aree problematiche e definendo i conseguenti interventi migliorativi, si articola il tipo di responsabilizzazione esplicita, verso la qualità come dovere istituzionale, che il governo clinico richiede ai professionisti. Nell'ambito del governo clinico, centrale è la gestione del c.d. rischio clinico, definito come la possibilità che un paziente subisca un danno o disagio involontario, imputabile alle cure sanitarie, che causa un prolungamento del periodo di degenza, un peggioramento delle condizioni di salute e/o la morte. Le conseguenze del rischio clinico non sono soltanto rappresentate dai danni e dalle condanne, ma anche e, forse in maniera maggiore, dall'impatto che la gestione dei rischi (e dei risarcimenti per i danni subiti a causa delle cure mediche) ha sulla funzione delle strutture sanitarie. L'errore, classificato in varie forme, può causare un evento avverso, ovvero un evento indesiderabile che comporta un danno al paziente non dovuto dalle sue condizioni cliniche, ma correlato al processo assistenziale. Un corretto sistema di governo clinico impone una identificazione delle misure di prevenzione da attuare, con la conseguente analisi degli eventi avversi e, allo stesso tempo, dei quasi - eventi (c.d. near miss), In tal senso, il rischio sarà rappresentato non solo dalla probabilità di occorrenza dell'evento avverso, ma anche dal possibile danno per il paziente. I fattori che concorrono alla definizione del grado di rischio in sanità possono essere di varia natura da strutturali e tecnologici, umani, esterni, sino ad essere rappresentati da fattori organizzativo - gestionali e condizioni di lavoro. Pertanto, l'analisi e la gestione del rischio clinico rispondono perfettamente alla finalità della clinical governance nel senso in cui è necessario “governare la domanda”, non tendendo semplicemente a razionalizzare o contenere la spesa, ma indagando i bisogni autentici di salute della popolazione, anche quelli non espressi, valutando la migliore risposta clinico - terapeutica, in termini di efficacia e di appropriatezza, scegliendo il percorso assistenziale più conveniente in rapporto ai costi ed ai risultati.
Uno strumento per la gestione dei rischi ospedalieri: il risk management
La sensibilità per il tema oggetto di riflessione risulta determinata dal peculiare tipo di bene in gioco: la salute, ovvero il più importante tra i diritti fondamentali della persona. Secondo Charles Vincent (2011) per sicurezza delle cure si intende quel processo che porta a evitare, prevenire e mitigare effetti avversi o danni derivanti dal processo di assistenza sanitaria. La sicurezza delle cure riguarda gli errori e le deviazioni dalle regole che sono causa di incidenti. Alla luce di questa definizione, essa non può quindi non considerarsi parte costitutiva del diritto alla salute. La sicurezza del paziente costituisce la base per una buona assistenza sanitaria. Il fatto che un trattamento medico e sanitario possa causare un danno, anziché guarire o curare, è il motivo per ritenere la sicurezza del paziente il fondamento della qualità delle cure. L'erogazione di cure sicure che non causino danni al cittadino, in accordo con quanto stabiliscono i codici deontologici del medico e dell'infermiere, rappresenta un principio fondamentale del diritto alla salute. La legge 24/2017, all'art. 1 assume i principi della Raccomandazione del Consiglio d'Europa del 9 giugno 2009 sulla sicurezza dei pazienti, comprese la prevenzione e il controllo delle infezioni associate all'assistenza sanitaria. Tale raccomandazione prende atto che la sicurezza dei pazienti rappresenta questione fondamentale per la sanità pubblica e un elevato onere economico per la collettività e stabilisce una serie di misure per la prevenzione e controllo del rischio. Il clinical risk management è definibile come «un approccio al miglioramento della qualità delle cure dedicato all'identificazione delle circostanze che mettono il paziente a rischio di danno e al controllo di queste circostanze». Si è già dimostrato come all'interno delle organizzazioni sanitarie, in quanto organizzazioni di tipo complesso, spesso al loro interno l'errore è multifattoriale, venendo generato dalla interazione tra diverse componenti del sistema: tecnologica, umana ed organizzativa. Il primo passo della prevenzione è costituito dall'analisi della rischiosità di una sistema. La stessa legge Gelli - Bianco, all'art. 3, laddove prevede l'istituzione dell'Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanitàha inteso istituzionalizzare un organo appositamente finalizzato al recupero, verifica ed analisi dei sinistri derivanti dalla responsabilità medica, in un'ottica di miglioramento della qualità dell'assistenza, nonché nella riduzione del contenzioso in materia. Con l'art. 3 la legge istituisce un unico Osservatorio in Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) che raccoglie in sé le funzioni dei due Osservatori attualmente esistenti: l'Osservatorio Buone Pratiche per la Sicurezza dei Pazienti e l'Osservatorio Nazionale Sinistri e Polizze Assicurative. L'Osservatorio Buone Pratiche per la Sicurezza dei Pazienti è stato istituito nel febbraio 2008 per l'esercizio della funzione di monitoraggio delle buone pratiche e istituito presso l'Agenas da una Intesa tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome. Finalità principale dell'Osservatorio è favorire il trasferimento delle esperienze e conoscenze fra le organizzazioni del sistema sanitario nazionale e promuovere l'integrazione e l'interazione tra le Regioni, le Organizzazioni Sanitarie e i Professionisti. L'Osservatorio nazionale sinistri elabora i dati del SIMES (Monitoraggio errori in sanità) ed ha la funzione di effettuare un monitoraggio costante delle denunce, al fine di fornire dati attendibili sulla sinistrosità delle strutture sanitarie e migliorare la gestione del contenzioso. Oltre a confermare e assumere in sé le funzioni di questi due osservatori già esistenti, il nuovo Osservatorio assume in sé nuove funzioni. La prima nuova funzione riguarda la raccolta dei dati regionali relativi ai rischi ed eventi avversi. Per quanto riguarda gli eventi avversi possiamo considerare che essi includono tutti quegli eventi che provocano un danno al paziente e che non possono essere ricollegati alla condizione clinica o patologica del paziente, ma alla cura prestatagli. Sono esclusi quindi i quasi eventi o near miss, mentre si ricomprendono gli eventi sentinella, eventi avversi particolarmente gravi la cui raccolta avviene tramite flusso ministeriale e sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (SIMES). Il Sistema Informativo per il Monitoraggio degli errori in sanità si pone l'obiettivo di raccogliere le informazioni relative agli eventi sentinella e alle denunce dei sinistri su tutto il territorio nazionale consentendo la valutazione dei rischi e il monitoraggio completo degli eventi avversi. Tale processo costituisce un momento fondamentale di riflessione costruttiva e l'analisi dei processi organizzativi aziendali legati alla qualità dell'assistenza e sicurezza delle cure. L'Agenas, nella qualità di ente pubblico non economico di rilievo nazionale, diventa quindi il nodo nevralgico della rete dei Centri del rischio sanitario regionale per i quali raccoglie e analizza non più solo le informazioni relative a ciò che di positivo è realizzato in ogni Regione per migliorare la sicurezza del paziente, ma anche tutti i dati che riguardano gli aspetti negativi della sicurezza, ovvero rischi ed eventi avversi. |