Ricostruzione dello stabile e diritti della minoranza

04 Maggio 2018

In maniera opposta alla fattispecie della divisione, ma perfettamente speculare ad essa, si mostra l'ipotesi di ricostruzione dell'edificio ad opera della totalità degli ex condomini; si ribadisce così la ratio, sostanzialmente economica, della norma codicistica la quale, nel caso di perimento totale o di parte rilevante (almeno tre quarti) dello stabile condominiale, ritiene non imponibile, al singolo, la ricostruzione dell'immobile, in quanto...
Il quadro normativo

Si èritenuto, in proposito, che non si possa deliberare a maggioranza la ricostruzione dell'edificio perito in toto o in una parte rilevante, in quanto l'eventuale decisione di ricostruire l'immobile perito non potrebbe essere presa in base al procedimento assembleare, sia perché il condominio si è estinto, sia perché una delibera basata sul principio maggioritario non è lo strumento idoneo per pervenire all'unanimità dei consensi (tra le pronunce di merito, v. Trib. Napoli 9 luglio 1987, ad avviso del quale, poiché la ricostruzione di un edificio totalmente perito, a causa di evento sismico, implica necessariamente un'ingerenza sulle cose di proprietà esclusiva dei singoli, non è applicabile l'art. 1136 c.c., non potendo essere decisa, né tanto meno imposta, dalla volontà del condominio la ricostruzione dell'appartamento del condomino, sicché la delibera eventualmente adottata è viziata da eccesso di potere o, quanto meno, vincola i soli condomini consenzienti, salva la possibilità di ricorrere al giudice per costringere i dissenzienti a cedere i loro diritti).

Riguardo alla qualificazione dell'invalidità di una delibera di ricostruzione non unanime, si ritiene che qualora, in caso di perimento totale dell'edificio, l'assemblea ne decida la ricostruzione nonostante il dissenso di uno dei condomini, la relativa statuizione va considerata radicalmente nulla, ma, a ben vedere, tale decisione non configura affatto una delibera assembleare - per il motivo già esplicitato - consistendo, invece, in un ordinario atto negoziale vincolante per i soli dichiaranti/stipulanti, sicché, a stretto rigore, non sarebbe necessaria nemmeno una rituale impugnazione da parte dei condomini dissenzienti (Cass. civ., sez. II, 5 giugno 1987, n. 4900; Cass. civ., sez. II, 21 ottobre 1974, n. 2988). La normativa sul perimento e sulla ricostruzione - come sopra accennata - non può, tuttavia, essere compresa appieno se non effettuando un collegamento (ed un coordinamento) con il diritto, pacificamente riconosciuto a ciascun condomino, di ricostruire la propria porzione esclusiva.

La cessione delle quote

A tale proposito, va rilevato, innanzitutto, che un'analisi della disciplina dell'art. 1128 c.c. porta ad affermare che il diritto di ricostruire è prevalente rispetto a qualsiasi altro diritto o interesse: esso va ritenuto preponderante sia nei confronti della facoltà di chiedere la vendita all'asta sia rispetto a qualsiasi comportamento di opposizione.

Il dato testuale su cui si basa tale impostazione è costituito dall'ultimo comma della suddetta norma - in base al quale “il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione dell'edificio è tenuto a cedere agli altri condomini i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà…” - sicché, qualora il singolo voglia effettuare la ricostruzione del condominio (per quanto riguarda i beni comuni e quelli di proprietà esclusiva), può farlo prevalendo sia su coloro tra i condomini che chiedano la vendita all'asta dell'area e dei materiali, sia su coloro che frappongano comportamenti di inerzia, imponendo, a questi ultimi, la cessione coattiva dei lori diritti, in seguito al crollo consolidatisi solo in una quota di comproprietà del suolo e dei materiali medesimi (Cass. civ., sez. II, 15 ottobre 1977, n. 4414).

A ciò va aggiunto che il diritto di ricostruire comprende non solo la ricostruzione della porzione di piano esclusiva, ma anche di tutte quelle strutture comuni (beni e impianti) che siano necessari all'esistenza ed alla fruizione delle unità immobiliari private (Cass. civ., sez. II, 2 ottobre 1980, n. 5762); ne consegue, pertanto, che la disciplina della riedificazione non può non tenere conto della sussistenza di tale prevalente diritto e, soprattutto, della sua interferenza sugli aspetti operativi dell'effettiva ricostruzione dell'immobile.

La prescrizione del diritto

Una volta acquisito il riconoscimento, in capo al singolo condomino, di tale diritto alla ricostruzione, si pone il problema della sua natura giuridica, ovvero della sua qualificazione al fine di determinarne i concreti effetti, dal medesimo spiegati, nei rapporti tra i soggetti interessati.

Al riguardo, si afferma che il diritto a ricostruire costituisca esplicazione della situazione conseguente al crollo e, in particolare, della situazione di comunione pro indiviso sull'area (e sui materiali di risulta); si ritiene che il medesimo diritto rappresenti una facoltà compresa del diritto di comproprietà sull'area e, in quanto tale, non soggetta ad autonoma prescrizione, secondo il principio generale per cui in facultativis non datur praescriptio (v., ex plurimis, Cass. civ., sez. II, 14 settembre 2012, n. 15482; Cass. civ., sez. II, 5 marzo 1979, n. 1375).

Pertanto, se l'edificio condominiale perisce interamente o per una parte che rappresenti i tre quarti del suo valore, senza che nessun condomino richieda la vendita all'asta del suolo e dei materiali, a norma dell'art. 1128 c.c., il diritto di ciascun condomino alla ricostruzione dell'edificio non viene meno per mancato esercizio, non potendosi estendere, all'ipotesi in esame, la prescrizione ventennale per non uso prevista dall'art. 954 c.c. per il diverso diritto di costruire un edificio su suolo altrui.

Un'eventuale estinzione di tale facoltà (di ricostruzione) non potrebbe avvenire che unitamente all'estinzione del diritto soggettivo di cui costituisce manifestazione, ossia del diritto di comproprietà.

La ricostruzione dell'edificio, pertanto, non avviene quale esplicazione di un diritto di superficie, ossia del diritto di realizzare una costruzione su suolo altrui, previsto dall'art. 952 c.c.: il suolo, infatti, non appartiene a soggetti estranei ma agli stessi soggetti ricostruenti (ex condomini).

Diversamente potrebbe dirsi qualora l'area sulla quale sorgeva l'edificio risultasse, per apposita convenzione, di proprietà di un soggetto diverso dagli ex condomini: in tal caso, l'esercizio del diritto di ricostruire, piuttosto che esplicazione di una facoltà compresa nel diritto di comproprietà (e, per questo, imprescrittibile), costituirebbe esplicazione di un diritto di superficie, il quale, in quanto tale, è sottoposto all'estinzione a causa del non uso protratto per vent'anni; peraltro, il fenomeno dell'estinzione per non uso corrisponde ad una normale caratteristica dei diritti reali gravanti su bene in proprietà altrui, per i quali, appunto, è previsto come regola generale (v., ad esempio, l'art. 954, ultimo comma, c.c. nel caso del diritto di superficie, nonché gli artt. 970, 1014, 1026 e 1073 c.c., per quanto riguarda gli altri diritti reali in re aliena, ossia il diritto di enfiteusi, il diritto di usufrutto, i diritti di uso e abitazione nonché il diritto di servitù).

La “reviviscenza” del condominio

Considerato che la ricostruzione non può avvenire se non con il consenso dei condomini e che, inoltre, ben può essere limitata ai soli condomini consenzienti, l'ordine con il quale effettuare la ricostruzione dei vari piani (o porzioni di piano) non può che discendere dall'effettiva composizione della compagine dei condomini ricostruenti.

In pratica, quanti e quali piani ricostruire, e con quale ordine, dipende direttamente dal numero e dalla qualità dei condomini disposti ad effettuare l'operazione; ne consegue che la costruzione dovrà essere possibilmente realizzata con le stesse originarie caratteristiche, fatta salva l'impossibilità derivante dalla mancata adesione di taluni aventi diritto (per una fattispecie particolare, v. Cass. civ., sez. II, 7 luglio 1956, n. 2516).

Qualora, poi, l'intera compagine condominiale disponga, all'unanimità, la ricostruzione dell'edificio, il condominio rivive con la medesima conformazione giuridica, di diritti e di obblighi (di recente, v. Cass. civ., sez. II, 16 marzo 2011, n. 6198; tra le pronunce di merito, si segnala App. Firenze 24 ottobre 1960).

Gli effetti giuridici della ricostruzione, tuttavia, sono diversi a seconda che lo stabile venga riedificato con la medesima struttura oppure si proceda a modifiche o innovazioni.

Nel primo caso, siamo di fronte ad una vera e propria “reviviscenza” del condominio con redistribuzione delle unità immobiliari in proprietà esclusiva agli originali proprietari, in base agli stessi diritti e quantità in precedenza possedute - in buona sostanza, salvo la sua contraria volontà, ciascun partecipante acquisterebbe la medesima proprietà che gli apparteneva nell'edificio distrutto - mentre, nel secondo, l'esito della reviviscenza viene impedito, invece, dallo spiegarsi degli effetti dell'accessione la quale, al contrario, produce il nascere di una comunione pro indiviso sulla nuova costruzione.

In quest'ordine di concetti, si è precisato (Cass. civ., sez. II, 22 settembre 1989, n. 3933) che, in caso di ricostruzione dell'edificio, anche se di volumetria superiore a quella del precedente - nella specie, per realizzazione di una sopraelevazione - per il principio dell'accessione di cui all'art. 934 c.c., ciascuno dei comunisti acquista la proprietà di una quota ideale di esso corrispondente a quella spettantegli sul suolo, a meno che gli effetti dell'accessione, prima del loro verificarsi, non siano esclusi o modificati in conseguenza di accordo tra le parti (il principio è stato, poi, confermato da Cass. civ., sez. II, 3 ottobre 1991, n. 10314; ancora più di recente, Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 1999, n. 1543).

In linea con i principi generali, l'edificio, ricostruito in maniera difforme dall'originario stabile in condominio, costituendo - come sopra rilevato - l'oggetto di una comunione ordinaria pro indiviso tra i comproprietari dell'area, ben può tornare a configurare un edificio in condominio in conseguenza della stipulazione di un negozio di divisione il quale assegni in proprietà separata i piani (o le porzioni di piano).

L'ipotesi di reviviscenza del condominio, tuttavia, non è pacifica in giurisprudenza.

Secondo un orientamento (Cass. n. 3933/1989, cit.), l'edificio ricostruito - a prescindere dalla corrispondenza, o meno, della sua struttura attuale con quella dell'edificio originario - entrerebbe a far parte dell'oggetto della comunione pro indiviso sull'area, in esplicazione del principio generale di accessione (art. 934 c.c.), in base a cui una proprietà preesistente (il suolo) attira nella sua orbita altri beni (l'edificio ricostruito), i quali, in precedenza, ne erano estranei.

La Suprema Corte ha, più recentemente, confermato tale preferenza per lo spiegarsi degli effetti della comunione, precisando che il condominio nasce solo quando i comunisti individuano gli appartamenti di proprietà esclusiva di ciascuno di essi, con un'operazione negoziale che assume la portata di una vera e propria divisione; ne consegue che la nuova costruzione sarà soggetta esclusivamente alla disciplina dell'accessione e la sua proprietà apparterrà ai comproprietari dell'area di risulta in proporzione delle rispettive quote (Cass. civ., sez. II, 20 maggio 2008, n. 12775; Cass. civ., sez. I, 16 dicembre 1996, n. 11201, sia pure con riferimento alle conseguenze fiscali; nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Nocera Inferiore 6 marzo 2005).

Appare, invece, alquanto macchinosa la tesi sostenuta da una pronuncia di merito (Trib. Genova 19 gennaio 1959), secondo la quale, con la ricostruzione del nuovo edificio, non si ricostituirebbero condominio e proprietà separata, ma una “quota ideale”, per ciascun condomino, di tutto l'edificio, corrispondente ai millesimi di proprietà sull'immobile distrutto, con la conseguenza che, per sciogliere tale comunione e far risorgere il condominio, sarebbe necessario un atto sottoscritto da tutti i condomini.

Le facoltà del condomino dissenziente

In conseguenza di quanto sopra, il condomino che non intende ricostruire non può porre in essere comportamenti ostruzionistici, utilizzando strumentalmente le caratteristiche strutturali dell'edificio e la posizione in esso della sua porzione di piano esclusiva perita (di contro, Cass. civ., sez. II, 20 luglio 1952, n. 2277, ha puntualizzato che un condomino può legittimamente intraprendere la ricostruzione dell'edificio, ivi compresi i muri maestri del piano sottostante, senza preventiva delibera dell'assemblea o autorizzazione del proprietario del piano inferiore, sicché quest'ultimo non può ostacolare la ricostruzione dell'edificio, ma solo cedere i propri diritti ad altri condomini).

In quest'ottica, è stato reputato ricadente nel divieto di atti emulativi ex art. 833 c.c., l'atto di opposizione alla ricostruzione posto in essere da un condomino senza una sua, pur minima, utilità, in considerazione, tra l'altro, della funzione sociale della proprietà ex art. 42 Cost. (App. Napoli 23 ottobre 1985, aggiungendo che l'utilizzazione dei beni non è un fatto che riguarda solo l'individuo, sicché il limite generale ex art. 833 c.c. comporta la negazione di tutela degli atti di esercizio della proprietà, quando, da un lato, rileva il danno di chi subisce l'atto e, dall'altro, è manifesta l'assenza di utilità dell'autore del medesimo).

In accordo con l'inquadramento della disciplina come sopra delineato, il condomino, che non vuole partecipare alla ricostruzione dell'edificio in condominio, è obbligato a cedere i suoi diritti ai condomini, i quali, al contrario, intendono procedere alla ricostruzione sopportandone integralmente i costi: dunque, per un verso, si persegue l'esigenza di costruire, con delibera a maggioranza, seppur qualificata, che vincola tutti i condomini, e, per altro verso, si tutela la posizione del singolo dissenziente, il quale non è tenuto alle spese di ricostruzione (v., al riguardo, le recenti puntualizzazioni di Cass. civ., sez. II, 17 luglio 2007, n. 15928; sul versante della giurisprudenza di merito, v. Trib. Napoli, 20 giugno 1987; App. Palermo 31 ottobre 1980).

La suddetta cessione obbligatoria riguarda i diritti che il singolo condomino (non ricostruente) vanta sui beni risultanti dal crollo, vale a dire sull'area e sui materiali: in altri termini, il condomino che non ricostruisce è tenuto a cedere la sua quota-parte sul bene attuale, e di tale obbligo costituisce diretta e speculare conseguenza l'onere imposto ai condomini ricostruenti di acquistare i corrispondenti diritti.

La fattispecie rientra nel classico schema giuridico dell'onere, che si configura quando l'esercizio di un potere (di ricostruire) attribuito ad un soggetto (i condomini ricostruenti) è condizionato all'adempimento di un obbligo (l'acquisto della quota-parte dei diritti): in buona sostanza, sussiste l'onere per gli altri condomini di ricevere i diritti sulla proprietà del rinunciante, pagandone il valore, precisandosi che tale facoltà spetta solo ai condomini dissenzienti o assenti all'assemblea che hanno deliberato la ricostruzione e non a quelli che l'hanno approvata.

Si ritiene che l'operazione di ricostruzione/cessione sia liberamente conformabile da parte degli aventi diritto, con la conseguenza che sarebbe pienamente lecito, per il proprietario di più unità immobiliari, procedere ad una ricostruzione parziale, alienando solo una parte dei suoi diritti (cessione parziale), ossia cedere anche uno solo, rimanendo così liberato dalle spese di ricostruzione della parte ceduta (una parte della dottrina, stante che il condomino fosse proprietario di un solo piano, sarebbe liberato con la cessione del suo diritto, si chiede allora perché imporre al proprietario di più piani la cessione di tutti i suoi diritti, potendo valutare opportuna la partecipazione alla ricostruzione con una quota più limitata).

In conclusione

A questo punto, è opportuno interrogarsi se sia possibile che la cessione dei diritti, da parte del condomino che non intende ricostruire, possa avvenire a favore di soggetti terzi.

La giurisprudenza ha dato risposta affermativa, nel senso che la cessione dei diritti, da parte del condomino che non intende ricostruire, possa avvenire sia a favore di soggetti terzi - ad esempio, qualora la compagine condominiale non sia interessata all'acquisto - sia a favore di alcuni soltanto dei condomini, con facoltà di scelta attribuita al soggetto cedente (Cass. civ., sez. II, 24 maggio 1949, n. 1328, precisando che i successori del condomino, a titolo particolare o universale, sarebbero obbligati alla cessione, a meno che intendano partecipare alla ricostruzione; riconosce, in capo al condomino cedente, la facoltà di preferire taluni tra i possibili cessionari anche Cass. n. 4900/1987 cit.).

In dottrina, solo una voce minoritaria esclude la possibilità della cessione a terzi, sostenendo che gli altri condomini potrebbero far annullare l'atto di vendita, evidentemente considerando il diritto di natura reale; l'opinione maggioritaria è, invece, nel senso che sussiste un'obbligazione propter rem, sicché il cedente è tenuto solidalmente con il cessionario a contribuire alle spese della ricostruzione già deliberata, in parziale deroga al regime di cui all'attuale art. 63 disp. att. c.c. (aggiungendo che se, pur non essendo i condomini interessati all'acquisto, il dissenziente non potesse o non volesse vendere ad un terzo, si ammette la rinuncia al proprio diritto, sicché la maggioranza dovrebbe provvedere alla ricostruzione ed il rinunciante non sarebbe più costretto a contribuirvi).

Tuttavia, qualora alcuni condomini avessero già richiesto di acquistare i diritti del condomino dissenziente, l'alienazione sarebbe inefficace nei loro confronti, ma se nessun condomino fosse intenzionato all'acquisto, allora il dissenziente potrebbe vendere ad un terzo, liberandosi della sua obbligazione, ed il terzo, entrando nel condominio, sarebbe obbligato a contribuire alle spese della suddetta ricostruzione.

Va precisato, inoltre, che, nonostante la norma preveda che il condomino dissenziente “è tenuto” a cedere i suoi diritti, inducendo a configurare una cessione coattiva, l'obbligazione di cedere (e il corrispondente onere di acquistare) non spiegano i loro effetti automaticamente; al fine di attuare effettivamente la cessione, quindi, sarà necessario, essendosi in presenza di atti dispositivi di diritti reali, procedere alla stipulazione di un atto scritto, nelle alternative forme della scrittura privata, della scrittura privata autenticata o dell'atto pubblico, occorrendo comunque un documento ad hoc in cui le parti manifestino per iscritto la relativa volontà di cessione (non essendo sufficiente all'uopo che, nel progetto di ricostruzione o nel contratto di appalto, il diritto del condomino risultasse attribuito ad altri).

Attesa tale sua natura, l'obbligazione di cedere appare, altresì, pienamente attuabile in maniera coattiva in base all'art. 2932 c.c., per cui, in tal caso, la cessione sarà posta in essere a mezzo di una sentenza costitutiva che dia esecuzione all'obbligo di vendere imposto dalla legge al condomino dissenziente (tra le prime pronunce, Cass. n. 1328/1949 cit. e, più di recente, Cass. civ., sez. II, 23 ottobre 1978, n. 4777; sulla particolare cessione dei diritti da parte di un minore e della conseguente necessità dell'intervento autorizzativo del giudice, v. Cass. civ., sez. II, 19 aprile 1962, n. 782).

La cessione dovrà avvenire “secondo la stima che ne sarà fatta”, come espressamente recita l'ultimo comma dell'art. 1128 c.c.; la mancanza di ulteriori specificazioni in ordine alla stima dell'oggetto della cessione, autorizza ad opinare che i condomini, nella qualità di cedenti e di cessionari, godono della massima libertà possibile relativamente alle modalità di effettuazione della stima stessa: pertanto, si potrà procedere a stima consensuale tra le parti o a perizia contrattuale ai sensi dell'art. 1349 c.c., oppure si potrà compromettere la questione in arbitri o, infine, chiedere l'intervento dell'autorità giudiziaria.

Guida all'approfondimento

Palombella, Fabbricato demolito e ricostruito? Il nuovo immobile si divide in proporzione ai millesimi posseduti, in Dirittoegiustizia.it, 2011;

De Tilla, Sulla ricostruzione dell'edificio in condominio, in Arch. loc. e cond., 1999, 817;

Basile, Condominio negli edifici, perimento totale dell'edificio e delibera di ricostruzione, in Nuova giur. civ. comm., 1988, I, 8;

Garutti, Edificio condominiale ricostruito e diritti dei condomini originari, in Giur. it., 1980, I, 1, 808;

Salis, Aventi diritto a partecipare alla divisione di edificio demolito e ricostruito con cubatura minore di quella precedente, in Riv. giur. edil., 1980, I, 537;

Salis, Demolizione consensuale di edificio e diritto alla ricostruzione, in Riv. giur. edil., 1978, I, 469;

Visco, La ricostruzione degli edifici condominiali distrutti da eventi bellici, in Nuovo dir., 1968, 321;

Salis, Ricostruzione di un edificio in condominio interamente distrutto e diritti del condomino che non ha partecipato alla ricostruzione, in Riv. giur. edil., 1961, I, 253;

Peretti Griva, Un caso elegante di ricostruzione del condominio, in Riv. dir. comm., 1959, I, 159;

Grosso, Condominio, ricostruzione e diritto di superficie, in Foro pad., 1956, I, 1219.

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