La notifica della cartella esattoriale al debitore principale impedisce la decadenza anche nei confronti del coobbligato in solido

Gustavo Danise
07 Maggio 2018

Nella sentenza in commento la Suprema Corte si è occupata di stabilire se l'orientamento consolidato in giurisprudenza di legittimità secondo cui la notifica dell'atto impositivo al debitore principale impedisce la decadenza anche nei confronti del coobbligato in solido si estende anche alla notifica della cartella esattoriale.
Massima

Alla stregua della disciplina dettata dal codice civile con riguardo alla solidarietà fra coobbligati, applicabile - in mancanza di specifiche deroghe di legge - anche alla solidarietà tra debitori d'imposta, la cartella esattoriale validamente notificata solo ad alcuni condebitori spiega, nei loro confronti, tutti gli effetti che gli sono propri, mentre, nei rapporti tra l'Amministrazione finanziaria e gli altri condebitori, cui non sia stato notificato o sia stato invalidamente notificata, la stessa, benché inidonea a produrre effetti che possano comportare pregiudizio di posizioni soggettive dei contribuenti, quali il decorso dei termini di decadenza per insorgere avverso l'accertamento medesimo, determina pur sempre l'effetto conservativo d'impedire la decadenza per l'Amministrazione dal diritto all'accertamento, consentendole di procedere alla notifica, o alla sua rinnovazione, anche dopo lo spirare del termine all'uopo stabilito.

Il caso

La società Alfa aveva accumulato debiti di diversa natura con l'Ag. Entrate, che, formato il ruolo, lo aveva trasmesso ad Equitalia per la riscossione. Il concessionario aveva provveduto a notificare la cartella esattoriale entro i termini di decadenza dell'art. 25 d.P.R. n. 602/73 alla società Alfa che successivamente aveva ceduto l'attività alla società Beta. Appurata tale cessione, Equitalia provvedeva a notificare la cartella esattoriale nei confronti di Beta, che per effetto della cessione, era divenuta condebitrice in solido per i debiti pregressi maturati dalla cedente. Tale seconda notifica era tuttavia avvenuta oltre il termine di decadenza stabilito dall'art. 25 d.P.R. n. 602/73. La società Beta aveva quindi proposto ricorso innanzi alla CTP di Napoli che lo dichiarava inammissibile. Sull'appello presentato dalla società Beta, la CTR riteneva, diversamente, ammissibile il ricorso ma lo rigettava nel merito adducendo che la notifica della cartella esattoriale nei confronti del debitore principale avesse impedito la decadenza ex art. 25 d.P.R. n. 602/73 anche nei riguardi del coobbligato in solido. Avverso tale sentenza, la società Beta presentava ricorso in Cassazione, che veniva rigettato dalla Sesta Sezione sulla base del principio di diritto espresso nella massima sopra citata.

La questione

Le questioni affrontate dalla Corte di cassazione nell'ordinanza in commento sono le seguenti:

- l'orientamento consolidato in giurisprudenza di legittimità secondo cui la notifica dell'atto impositivo al debitore principale impedisce la decadenza anche nei confronti del coobbligato in solido si estende anche alla notifica della cartella esattoriale?

- la disposizione dell'art. 1310 c.c. dettata in tema di prescrizione del credito nei confronti di condebitori solidali si applica anche alla decadenza di crediti erariali?

Le soluzioni giuridiche

Nell'ordinanza in commento la Suprema Corte di cassazione ha richiamato il proprio precedente orientamento secondo cui «Alla stregua della disciplina dettata dal codice civile con riguardo alla solidarietà fra coobbligati, applicabile - in mancanza di specifiche deroghe di legge - anche alla solidarietà tra debitori d'imposta, l'avviso di accertamento validamente notificato solo ad alcuni condebitori spiega, nei loro confronti, tutti gli effetti che gli sono propri, mentre, nei rapporti tra l'Amministrazione finanziaria e gli altri condebitori, cui non sia stato notificato o sia stato invalidamente notificato, lo stesso, benché inidoneo a produrre effetti che possano comportare pregiudizio di posizioni soggettive dei contribuenti, quali il decorso dei termini di decadenza per insorgere avverso l'accertamento medesimo, determina pur sempre l'effetto conservativo d'impedire la decadenza per l'Amministrazione dal diritto all'accertamento, consentendole di procedere alla notifica, o alla sua rinnovazione, anche dopo lo spirare del termine all'uopo stabilito» (Cass. civ., sez. VI, ord., n. 13248/2017; ed in precedenza Cassazione sezione sesta, ordinanza n. 6729/95), per poi sostenere che tale principio di diritto, pur riferendosi all'ipotesi dell'emanazione di un atto impositivo, è estensibile anche alla diversa ipotesi del termine decadenziale previsto per l'emissione e la notifica della cartella esattoriale dall'art. 25, d.P.R. n. 602/1973, essendone identica l'eadem ratio legis et juris. D'altra parte, si ricorda che anche in ipotesi di debiti erariali contratti tra coniugi in regime di comunione legale, la notifica dell'atto di accertamento nei confronti di uno dei coniugi impedisce la decadenza anche nei confronti dell'altro, ancorchè si tratti di decadenza e non di prescrizione (v. Cass. civ., sez. V, n. 27005/2007 e n. 1463/2016). Chiarito ciò, nella motivazione dell'ordinanza si affronta poi il punto focale della questione: pur ammettendo la Suprema Corte che «in tema di solidarietà tra coobbligati, il primo comma dell'art. 1310 c.c., dettato in materia di prescrizione, non è applicabile anche in tema di decadenza, non solo per la chiarezza del testo normativo, riferito solo alla prescrizione, ma anche per la profonda diversità dei due istituti, fondandosi la prescrizione sull'estinzione del diritto che, per l'inerzia del titolare, si presume abbandonato e fondandosi, invece, la decadenza sulla necessità obiettiva di compiere un determinato atto entro un termine perentorio stabilito dalla legge, oltre il quale l'atto è inefficace, senza che abbiano rilievo le situazioni soggettive che hanno determinato l'inutile decorso del termine o l'inerzia del titolare e senza possibilità di applicare alla decadenza le norme relative all'interruzione e/o alla sospensione della prescrizione contemplate dall'articolo indicato» (Cass. civ., sez. II, sent., n. 16945/2008; conforme, Cass. civ., sez. II, sent., n. 8288/2000), e pur tenendo conto del dato normativo riveniente dall'art. 2964, c.c., secondo il quale «Quando un diritto deve esercitarsi entro un determinato termine sotto pena di decadenza non si applicano le norme relative all'interruzione della prescrizione. Del pari non si applicano le norme che si riferiscono alla sospensione, salvo che sia disposto altrimenti», il Collegio rimarca la specialità della disciplina tributaria, in particolare procedimentale, trattandosi di attività di diritto pubblico regolata da sue proprie norme, tra le quali l'art. 25, comma 1, d.P.R. n. 602/1973, applicabile al caso di specie. Per tale motivo, la Corte conclude per il rigetto del ricorso ritenendo irrilevante la seconda notifica al coobbligato in solido, essendo stata la decadenza impedita già dalla notifica nei confronti del debitore principale.

Osservazioni

L'ordinanza in commento è corretta ed ineccepibile nella decisione, ma desta qualche perplessità nell'iter motivazionale seguito. Appaiono inutili, superflui e irresoluti i richiami all'art. 1310 c.c.. Infatti, quest'ultima disposizione si riferisce esplicitamente e soltanto alla interruzione della prescrizione tra condebitori solidali; la stessa Cassazione sottolinea in motivazione la distinzione tra gli istituti della prescrizione e della decadenza ed evoca il disposto dell'art. 2964 c.c. che vieta l'estensione ai termini di decadenza delle norme relative all'interruzione della prescrizione; rimarca, infine, che le disposizioni civilistiche non si estendono ai crediti pubblici, rette da norme imperative, anche sotto il profilo procedimentale. Questo percorso motivazionale non è del tutto convincente: se la lex specialis pubblicistica richiama istituti civilistici, giocoforza devono trovare applicazione le disposizioni del codice civile che governano detti istituti, se non è disposto altrimenti; pertanto, dal momento che l'art. 25 d.P.R. n. 602/73 prevede un termine di decadenza per la notifica della cartella esattoriale, si riferisce all'istituto regolato dall'art. 2964 ss. c.c., la cui disciplina codicistica necessariamente soccorre in mancanza di deroghe espresse. Ne consegue che stante il disposto dell'art. 2964 c.c. appare dubbioso il richiamo all'art. 1310 c.c., dettato in materia di interruzione della prescrizione, ad una disposizione che prevede un termine di decadenza. Detto ciò, come anticipato, la decisione è senz'altro corretta sulla base della disciplina dell'art. 25, comma 1, d.P.R. n. 602/73 che prevede «Il concessionario notifica la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, a pena di decadenza, …»; poiché nel caso di specie il concessionario per la riscossione aveva già tempestivamente notificato la cartella esattoriale alla società Alfa, debitore originario, detta notifica aveva già impedito la decadenza, restando così irrilevante la seconda notifica al coobligato in solido, la cessionaria Società Beta. La Suprema Corte di cassazione ha evidenziato in motivazione quest'aspetto; desta perplessità, pertanto, il richiamo all'art. 1310 c.c., in quanto la soluzione alla questione controversa era facilmente rinvenibile nel dettato dell'art. 25 d.P.R. n. 602/73 senza la necessità di scomodare disposizioni codicistiche dettate per istituti giuridici differenti, la cui applicabilità al caso di specie contrasterebbe con il dato normativo. In termini conclusivi, laddove nella motivazione dell'ordinanza si afferma testualmente «Vi è però da tener conto della diversità e della specialità della disciplina tributaria, in particolare procedimentale, trattandosi di attività di diritto pubblico (dunque ben diversa da quella di diritto privato sicuramente de-procedimentalizzata) regolata da sue proprie norme, quali appunto quella che risulta applicabile nel caso di specie (art. 25, comma 1, d.P.R. n. 602/1973)», ci si chiede per quale motivo la Cassazione nella prima parte della motivazione abbia richiamato l'art. 1310 c.c. dal momento che la chiave per la decisione della controversia era rinvenibile direttamente nel testo dell'art. 25 d.P.R. in commento; il richiamo operato alle disposizioni codicistiche tradisce e contrasta con la premessa della Suprema Corte secondo cui l'attività di diritto pubblico è regolata da norme sue proprie.

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