La natura giuridica degli accordi di ristrutturazione dei debiti

Chiara Ravina
09 Maggio 2018

L'accordo di ristrutturazione di cui all'art. 182-bis appartiene agli istituti del diritto concorsuale, come è dato desumere dalla disciplina alla quale nel tempo è stato assoggettato dal legislatore; disciplina che, in punto di condizioni di ammissibilità, deposito presso il tribunale competente, pubblicazione nel registro delle imprese e necessità di omologazione, da un lato, e meccanismi di protezione temporanea, esonero dalla revocabilità di atti, pagamenti e garanzie posti in essere in sua esecuzione, dall'altro lato suppone realizzate, nel pur rilevante spazio di autonomia privata accordato alle parti, forme di controllo e pubblicità sulla composizione negoziata ed effetti protettivi, coerenti con le caratteristiche delle procedure concorsuali.
Massima

L'accordo di ristrutturazione di cui all'art. 182-bis appartiene agli istituti del diritto concorsuale, come è dato desumere dalla disciplina alla quale nel tempo è stato assoggettato dal legislatore; disciplina che, in punto di condizioni di ammissibilità, deposito presso il tribunale competente, pubblicazione nel registro delle imprese e necessità di omologazione, da un lato, e meccanismi di protezione temporanea, esonero dalla revocabilità di atti, pagamenti e garanzie posti in essere in sua esecuzione, dall'altro lato (v. art. 182-bis l. fall. nei suoi vari commi e l'art. 67, terzo comma, lett. e) l.fall.) suppone realizzate, nel pur rilevante spazio di autonomia privata accordato alle parti, forme di controllo e pubblicità sulla composizione negoziata ed effetti protettivi, coerenti con le caratteristiche delle procedure concorsuali.

Non può escludersi la “funzionalità” della prestazione del professionista che abbia svolto assistenza e consulenza giudiziale e stragiudiziale ai fini dell'omologazione di un accordo ex art. 182-bis l.fall., per gli effetti dell'art. 111 legge fall., per il semplice fatto che all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione sia conseguito il fallimento. Le prestazioni del professionista vanno correlate al segno della funzionalità di accesso alla procedura minore per la quale sono state svolte. Se è possibile che l'opera intellettuale prestata dal difensore sia valutata di nessuna utilità per la massa dei creditori poiché prestata in condizioni che sin dall'inizio non consentivano nessun salvataggio dell'impresa, tuttavia, salvo questo caso, l'utilità concreta per la massa dei creditori, ove poi consegua il fallimento, non è richiesta ai fini della prededuzione, atteso che i concetti – di funzionalità ed utilità concreta – non possono essere sovrapposti e men che meno confusi tra loro.

Il caso

Con il provvedimento in oggetto la Corte di Cassazione affronta per la prima volta il tema relativo all' “atteggiarsi del rapporto tra l'art. 111 l.fall. e l'istituto dell'accordo di ristrutturazione” precisando al riguardo che tale analisi “non ha precedenti nella giurisprudenza della Corte”.

La fattispecie concreta da cui prende le mosse la pronuncia in esame ha ad oggetto la domanda di ammissione al passivo in prededuzione del credito di tre professionisti (avvocati) che avevano prestato la propria assistenza e consulenza giudiziale e stragiudiziale ad una società (poi fallita) funzionale all'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall. L'accordo era stato omologato dal tribunale, ma dopo pochi mesi dal decreto di omologa la società era stata dichiarata fallita.

In sede di verifica del passivo, il Giudice Delegato aveva ammesso al passivo il credito dei tre professionisti in privilegio ex art. 2751-bis n. 2 cod. civ.

In sede di giudizio di opposizione ex art. 98 l. fall. il Tribunale (di Verona) aveva respinto l'opposizione dei tre creditori sulla base di due motivazioni: (i) l'estraneità dell'istituto dell'accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l. fall. al novero delle procedure concorsuali, per il carattere privatistico dello stesso, e conseguente impossibilità di ammettere il credito in questione al passivo in prededuzione ai sensi degli artt. 111 e ss. l.fall. (cfr. art. 111 comma 2 l.fall.: “Sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge”; e (ii) la circostanza che, a prescindere dall'avvenuta omologazione, l'accordo non avrebbe apportato alcuna utilità alla massa dei creditori, in quanto era stato dichiarato il fallimento a distanza di poco tempo dall'omologazione (segnatamente il 26 luglio 2013 a fronte della data di omologazione del 16 marzo 2012).

I tre professionisti impugnavano il decreto del Tribunale di Verona avanti la Corte di Cassazione e nelle more del giudizio di legittimità raggiungevano con gli organi della procedura un accordo per comporre bonariamente la controversia. In particolare, l'accordo raggiunto prevedeva l'ammissione al passivo in prededuzione di un certo ammontare, con conseguente provvedimento di modifica dello stato passivo.

Fermo l'accordo raggiunto, la Corte di Cassazione ha ritenuto comunque opportuno esaminare le argomentazioni poste a fondamento dei motivi di impugnazione proposti dai tre professionisti nei rispettivi ricorsi, al fine di “fissare i principi di diritto rilevanti in materia”, con particolare riguardo al rapporto tra l'art. 111 l. fall. e l'istituto dell'accordo di ristrutturazione dei debiti.

I motivi di ricorso – i.e. il primo avente ad oggetto l' esclusione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti dal novero delle procedure concorsuali; e il secondo relativo all' esclusione della prededucibilità del credito dei tre professionisti sulla base del fatto che all'omologazione dell'accordo fosse seguito il fallimento dopo pochi mesi – sono stati ritenuti entrambi fondati dai giudici di legittimità.

In particolare, quanto al primo motivo, la Corte di cassazione sostiene la riconducibilità dell'accordo di ristrutturazione dei debiti al novero delle procedure concorsuali sulla base di una serie di caratteristiche proprie di questo istituto e della relativa disciplina (i.e. deposito presso il tribunale; pubblicazione nel registro imprese; meccanismi di protezione temporanea; …) “coerenti con le caratteristiche proprie delle procedure concorsuali”; nonché sulla base di alcuni arresti della Cassazione che hanno accostato l'accordo di ristrutturazione al concordato preventivo (Cass. 23111/2014; Cass. 16959/2016).

Quanto al secondo motivo, la Corte di cassazione precisa che la funzionalità ex art. 111 l. fall. della prestazione svolta dal professionista in relazione alla procedura concorsuale va correlata esclusivamente all'accesso alla procedura medesima, mentre non rileva l'utilità concreta per la massa dei creditori; utilità assente laddove alla procedura concorsuale “minore” segua il fallimento.

Le questioni giuridiche

La questione controversa esaminata dai giudici di legittimità attiene al “particolare atteggiarsi del rapporto tra l'art. 111 l. fall. e l'istituto dell'accordo di ristrutturazione” a proposito dell'attribuibilità o meno del collocamento in prededuzione a crediti professionali sorti “in funzione” di un accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis l. fall.. In particolare, le questioni giuridiche oggetto della pronuncia in commento sono in realtà due: (i) la natura giuridica degli accordi di ristrutturazione dei debiti e in particolare la loro riconducibilità alle procedure concorsuali e (ii) il concetto di “funzionalità” ex art. 111 l. fall.con particolare riguardo all'ipotesi in cui all'accesso alla procedura concorsuale minore segua poi il fallimento.

Osservazioni

Quanto alla prima questione, non è dubbio che, al di là della terminologia utilizzata, la S. Corte ritenga che gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono procedure concorsuali (nella sentenza si parla di “appartenenza al diritto concorsuale” disciplina “coerente […] con le caratteristiche dei procedimenti concorsuali”).

A prescindere dalla posizione assunta dai giudici su una questione che, come noto, è stata oggetto di dibattito in dottrina (cfr. Guida all'Approfondimento), suscita una qualche perplessità la motivazione data a fondamento di tale affermazione, ed in particolare, gli elementi che, secondo i giudici di legittimità, sarebbero sintomatici della natura concorsuale degli accordi. Ed infatti, gli elementi menzionati nella sentenza sono, rispettivamente:

(i) le condizioni di ammissibilità degli accordi: come noto, trattandosi di un istituto con natura essenzialmente contrattuale-privatistica (quantomeno sino alla presentazione dell'accordo al Tribunale ai fini dell'omologa) non è previsto alcun giudizio ai fini dell' ”ammissibilità” (cfr. per un primo commento, S. Bonfatti, La natura giuridica degli accordi di ristrutturazione, in Diritto bancario, gennaio 2018).

E' possibile che il riferimento alle “condizioni di ammissibilità” riguardasse le caratteristiche soggettive ed oggettive dei soggetti legittimati a presentare l'accordo (i.e. l'imprenditore in stato di crisi ex art. 182 bis co. 1 l. fall.). Anche laddove fosse, non sarebbe di per sé un elemento dirimente, posto che, per esempio, i piani attestati – che non danno origine ad una procedura concorsuale – sono conclusi da imprenditori in stato di crisi con i propri creditori.

Il discorso non cambia anche interpretando il riferimento alle “condizioni di ammissibilità” come quello alle “condizioni di omologabilità” (i.e. fattibilità del piano; accordo con i creditori rappresentanti il 60% dell'esposizione debitoria e pagamento integrale degli estranei; …); anch'esse infatti non paiono indicative della natura concorsuale degli accordi.

Anzi, a ben vedere le “condizioni di ammissibilità degli accordi” depongono, a nostro avviso, a favore di una qualificazione degli accordi come istituto estraneo alle procedure concorsuali. Come detto, non è previsto né un provvedimento; né un procedimento di apertura; non vi è la nomina di organi (quali il commissario giudiziale; il comitato dei creditori; il giudice delegato);

(ii) il deposito presso il tribunale competente: anche questo profilo non ci pare sintomatico della natura concorsuale dell'accordo, in quanto meramente funzionale all'avvio del procedimento di omologazione; omologazione il cui scopo ed effetto è quello di rendere efficace verso i terzi il contratto stipulato tra l'imprenditore ed i creditori aderenti;

(iii) la pubblicazione nel Registro delle Imprese: come rilevato in dottrina (cfr. S. Bonfatti, cit.) anche il piano attestato deve essere pubblicato nel registro delle imprese (ai fini della neutralità fiscale dell'eventuale remissione di debito, per la parte che eccede la perdita di periodo ex art. 88 comma 4 D.p.r. 971/1986). Non vi è però dubbio che il piano attestato non sia una procedura concorsuale; il che dimostra che la pubblicazione nel Registro Imprese dell'accordo di ristrutturazione non può ritenersi un indice rilevante della natura concorsuale dell'accordo;

(iv) la necessità di omologazione dell'accordo da parte del tribunale: come già accennato (cfr. supra punto (ii)) l'omologazione è funzionale a far sì che l'accordo produca effetti anche per i creditori estranei ed i terzi in generale; creditori che, tuttavia, vengono soddisfatti integralmente e quindi nono subiscono alcuna “falcidia” propria di una procedura concorsuale;

(v) i meccanismi di protezione temporanea: il richiamo ai meccanismi di protezione temporanea fatto dai giudici di legittimità è frutto di un equivoco di fondo. Ed infatti, come rilevato (cfr. G. Bonfatti, cit.), tali meccanismi non sono quelli propri della procedure concorsuali, ovverosia quei meccanismi a tutela dell'integrità del patrimonio dell'impresa e, quindi, della massa dei creditori (quali lo spossessamento, attenuato o meno, dell'imprenditore; le azioni di reintegrazione patrimoniale, quali le azioni revocatorie; ….), bensì meccanismi che proteggono l'imprenditore dalle iniziative esecutive e cautelari dei creditori e dall'acquisizione, da parte di questi, di titoli di prelazione; imprenditore che, come detto, può compiere atti dispositivi ed effettuare pagamenti ai creditori anteriori (salvo ovviamente profili di revocabilità in caso di successivo fallimento e/o loro rilevanza rispetto all'eventuale inadempimento dell'accordo e sua conseguente risoluzione).

Ciò detto, se però il richiamo ai meccanismi di protezione temporanea effettuato dai giudici di legittimità si riferisce alla collettivizzazione delle tutele e l'inibizione alla creazione di posizioni di preferenza (divieto di azioni esecutive e controllo sull'acquisizione delle cause di prelazione), allora è questo forse l'unico elemento che, allo stato, accumuna gli accordi ad una procedura concorsuale.

(vi) esonero dalla revocabilità di atti, pagamenti e garanzie, posti in essere in sua esecuzione: trattasi di un requisito comune anche ai piani attestati per i quali si esclude la natura di procedura concorsuale;

(vii) forme di controllo…sulla composizione negoziata: in realtà la circostanza che il tribunale controlli la presenza dei presupposti di omologabilità dell'accordo è finalizzato esclusivamente a rendere efficace verso i terzi un contratto stipulato tra l'imprenditore in crisi ed i creditori aderenti secondo principi dell'autonomia negoziale in una fase endoprocessuale su cui il tribunale non svolge alcun tipo di controllo/sindacato di merito;

(viii) forme di pubblicità…sulla composizione negoziata: si richiamano le considerazioni svolte al punto (iii);

(ix) effetti protettivi: si richiamano le considerazioni svolte al punto (v).

Altrettanto poco significativo, ai fini che ci occupano, risulta il richiamo ad alcuni arresti di legittimità che, a detta del collegio giudicante, avrebbero accostato l'accordo di ristrutturazione al concordato preventivo (Cass. n. 23111/2014; Cass. 16950/2016). Orbene, le pronunce richiamate hanno ad oggetto la diversa questione circa il diritto del debitore, in pendenza di procedimento per la dichiarazione di fallimento, “di ottenere il differimento della trattazione per consentire il ricorso ad altre procedure concorsuali alternative (nella specie la proposta di concordato o l'accordo preventivo) […]” (Cass. 16950/2016 che richiama, a sua volta, i precedenti di Cass. 23111/2014 e Cass. 19214/2009) ed è piuttosto evidente che l'accostamento dell'accordo di ristrutturazione al concordato preventivo ha una valenza “atecnica” ed i due istituti vengono accumunati in quanto entrambi costituiscono un'alternativa allo scenario fallimentare.

Viceversa, numerosi sono gli arresti di merito che hanno escluso la natura concorsuale degli accordi di ristrutturazione sulla base, tra l'altro, dell'assenza di effetti remissori per i creditori non aderenti all'accordo; della necessità che l'accordo con i creditori rappresentanti almeno il 60% dell'esposizione debitoria venga raggiunto in una fase endoprocessuale, come condizione del giudizio di omologazione; tutti elementi che rendono l'accordo assimilabile ad un pactum de non petendo/contratto bilaterale plurisoggettivo a causa unitaria (cfr. Tribunale Milano, 24 gennaio 2007); la mancanza di un provvedimento di apertura della procedura a cui facciano seguito “progressivi adempimenti giudiziali”; la mancata nomina di organi terzi (come il commissario giudiziale) e di un controllo del tribunale sull'impresa che rimane saldamente nelle mani dell'imprenditore (Corte d'Appello Firenze 7 aprile 2016) (ex multis, Tribunale Bologna, 20 novembre 2011 in Fall. 2011; Tribunale Reggio Emilia, 19 ottobre 2017; Tribunale Milano 10 novembre 2016; Tribunale Forlì, 5 maggio 2016 in Il caso).

Parte della dottrina ha escluso la natura concorsuale degli accordi di ristrutturazione sulla base della mancanza in essi di alcuni elementi-presupposti, ritenuti “caratteristiche-chiave” di una procedura concorsuale (così, ex multis, B. Inzitari, Gli accordi di ristrutturazione ex art. 182 bis l. fall.: natura, profili funzionali, e limiti dell'opposizione degli estranei e dei terzi; in il caso.it documento n. 263/2011 del 12 settembre 2011; M. Fabiani, Fase esecutiva degli accordi di ristrutturazione e varianti del piano e dell'accordo, in Fall.2013, 769; Id., L'ulteriore upgrade degli accordi di ristrutturazione e l'incentivo ai finanziamenti nelle soluzioni concordate, ivi, 2010, 902; G.B. Nardecchia, La protezione anticipata del patrimonio del debitore negli accordi di ristrutturazione dei debiti, ivi, 2011, 708); elementi enucleati dalla giurisprudenza di merito (cfr. in particolare, Tribunale Milano 10 novembre 2016 e Tribunale Bologna, 20 novembre 2011 cit.). In particolare, i tratti che connotano indistintamente le procedure concorsuali sono stati ravvisati in: a) la previsione di un accertamento di una situazione di patologia dell'impresa (insolvenza; crisi; irregolarità); b) la previsione che l'accertamento sia rimesso all'apprezzamento di una autorità pubblica (giurisdizionale o amministrativa); c) la previsione dell'affidamento della gestione – o di un controllo sulla gestione – ad un organo nominato dall'autorità pubblica; d) la previsione del coinvolgimento dell'intero patrimonio dell'imprenditore nella gestione sostitutiva; e) la collettivizzazione delle tutele e l'inibizione alla creazione di posizioni di preferenza (divieto di azioni esecutive e controllo sull'acquisizione delle cause di prelazione); f) l'applicazione tendenziale delle regole di parità di trattamento; g) l'imposizione di un vincolo sui beni del debitore con formazione di una massa attiva funzionale al soddisfacimento dei creditori.

Orbene, dalla disamina di tali elementi, è ragionevole concludere che gli accordi non siano una procedura concorsuale, in quanto mancanti sostanzialmente di tutti i connotati sopra descritti, ad eccezione di quello di cui al punto e). Non è previsto né un provvedimento; né un procedimento di apertura; non vi è la nomina di organi (quali il commissario giudiziale; il comitato dei creditori; il giudice delegato); inoltre, non vi è una regolazione concorsuale del dissesto, in quanto non tutti i creditori sono coinvolti nell'accordo e gli effetti dell'accordo medesimo sono limitati esclusivamente agli aderenti, secondo il principio generale dell'art. 1372 cod. civ.; i creditori non sono organizzati come collettività; l'imprenditore continua ad essere dominus dell'impresa e non subisce alcun spossessamento, neppure attenuato (come accade nel concordato preventivo).

Tali considerazioni non vengono meno neppure alla luce della previsione contenuta nell'art. 182-quinquies, comma 6, l. fall. che, in presenza dei requisiti di continuità aziendale, consente all'imprenditore che presenta domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione ( o una proposta ex art. 182-bis comma 6 l. fall.) di chiedere al tribunale l'autorizzazione al pagamento dei creditori anteriori. Orbene, ad una prima lettura della norma, si potrebbe desumere che l'imprenditore che chiede l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti subisca un vincolo di indisponibilità sul proprio patrimonio che non gli consente di pagare i creditori anteriori; vincolo che solo l'autorizzazione del tribunale è idonea a rimuovere. In realtà, il comma 6 dell'art. 182-quinquies l. fall. – contrariamente alla disposizione “gemella” contenuta nel comma 5 in materia di concordato preventivo – precisa che l'autorizzazione è funzionale a consentire l'esenzione da revocatoria del relativo pagamento. Ciò significa che nulla vieta all'imprenditore di effettuare pagamenti, anche in mancanza dell'autorizzazione del tribunale, con il “solo” rischio di subire la revocatoria in caso di successivo fallimento. Il fatto che la precisazione sull'esenzione da revocatoria non sia inclusa nel comma 5 sul concordato preventivo, non fa che confermare la natura di procedura concorsuale di quest'ultimo istituto (lì l'imprenditore ha necessità di espressa autorizzazione del tribunale per effettuare il pagamento in sé e per sé considerato, a prescindere dalla revocatoria, proprio perché, trattandosi di procedura concorsuale, egli non ha disponibilità piena del proprio patrimonio) e, viceversa, l'estraneità dell'accordo di ristrutturazione a tale categoria.

Come osservato in dottrina (cfr. S. Bonfatti, cit.), nella valutazione della condivisibilità o meno della posizione della Cassazione sulla natura degli accordi di ristrutturazione rileva la mancanza di qualsiasi attenzione sulle conseguenze che tale qualificazione comporta sul piano delle relazioni con il diritto positivo vigente; conseguenze che contraddicono il risultato a cui la Suprema Corte perviene nel suo ragionamento.

In particolare, sottolinea l'autore, se gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono procedure concorsuali, allora la retrodatazione del periodo sospetto prevista ai sensi dell'art. 69-bis l. fall. dovrebbe rilevare non solo in caso di “consecutio” tra il concordato ed il fallimento, ma altresì nell'ipotesi in cui il fallimento segua ad un accordo di ristrutturazione omologato.

Con riguardo alla seconda questione oggetto di esame da parte dei giudici di legittimità, qui il Supremo Collegio dà un'interpretazione della nozione di “funzionalità” del credito ai fini della prededucibilità ex art. 111 l. fall. in linea con l'orientamento giurisprudenziale secondo cui la funzionalità della prestazione del professionista che assiste l'impresa in crisi non va valutata ex post sulla base dell'utilità concreta dell'attività del professionista rispetto alla procedura, bensì ex ante e alla stregua della sua strumentalità all'accesso alla procedura medesima. La Suprema Corte non si spinge sino a sostenere la “automaticità” del riconoscimento della natura funzionale ai fini dell'art. 111 l. fall. ed infatti esclude dal beneficio della prededuzione l'ipotesi in cui l'opera del professionista sia prestata in condizioni che sin dall'inizio non consentivano nessun salvataggio dell'impresa.

Come noto, la nozione di “funzionalità” ai fini di cui all'art. 111 l. fall. del credito del professionista che assiste l'impresa in crisi nella fase che precede il fallimento è tra le più dibattute.

La tesi seguita dalla sentenza in commento – che si fonda sulla strumentalità della prestazione professionale all'accesso alla procedura, prescindendo dall'utilità concreta per i creditori (e quindi dal buon esito della procedura medesima) è stata fatta propria da un filone giurisprudenziale sia di legittimità sia di merito (Cass. 10 gennaio 2017, n. 280; Cass. 5 dicembre 2016 n. 24791; Cass. 14 marzo 2014, n. 6031; Cass. 6 marzo 2018 n. 5254; Tribunale Milano, 20 agosto 2009, Tribunale Bari, 17 maggio 2010; Tribunale Terni, 22 marzo 2012, est. Vella).

La questione sul carattere prededucibile o meno del credito del professionista che abbia prestato assistenza all'impresa in crisi in funziona della presentazione di un piano di concordato o di un accordo di ristrutturazione dei debiti è tra le più controverse.

Nel vigore della disciplina ante-riforma la giurisprudenza si era espressa negativamente sulla prededucibilità dei crediti dei professionisti che avevano assistito il debitore nelle fasi precedenti il fallimento (così, ex multis, Cass. 25 luglio 2007 n. 16426; Cass. 25 giugno 2012 n. 9262; Cass. 16 maggio 1983 n. 3369).

Dopo la riforma, la giurisprudenza di merito si è nettamente divisa. Secondo alcuni arresti, andrebbe negata la prededuzione del credito del professionista, nonostante la funzionalità rispetto alla procedura, in quanto trattasi di crediti sorti anteriormente all'apertura della procedura (così Tribunale Udine, 15 ottobre 2008). Secondo altri tribunali di merito, invece, dovendo considerare separatamente le nozioni di “occasionalità” e “funzionalità” come concetti autonomi, la prededucibilità dovrebbe essere riconosciuta in quanto l'attività del professionista appaia “strumentale” - e quindi “funzionale” – all'accesso alla procedura, nonostante essa sia svolta anteriormente all'apertura della procedura medesima (così, Tribunale Treviso 16 giugno 2008 e Tribunale Milano, 18 giugno 2009). Questo secondo orientamento si suddivideva in due filoni; il primo che subordinava il riconoscimento della prededuzione alla circostanza che il debitore fosse stato ammesso alla procedura e che quest'ultima avesse avuto un esito positivo con l'omologazione – facendo di fatto coincidere la nozione di “funzionalità”-“strumentalità” della prestazione del professionista con il buon esito della procedura – (così Tribunale Roma, 2 aprile 2013); il secondo che riteneva sufficiente l'ammissione del debitore al concordato (così Tribunale Milano, 20 agosto 2009, Tribunale Bari, 17 maggio 2010; Tribunale Terni, 22 marzo 2012).

Il dibattito della giurisprudenza sul punto era condizionato dalla previsione dell'art. 182-quater comma 4 l. fall. (in vigore tra il 2010 ed il 2012) a norma del quale: “Sono altresì prededucibili i compensi spettanti al professionista incaricato di predisporre la relazione di cui agli articoli 161, terzo comma, 182-bis, primo comma, purche' cio' sia espressamente disposto nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l'accordo sia omologato”. Tale norma, stabilendo in maniera specifica la prededucibilità del credito del professionista attestatore, aveva indotto una parte degli interpreti ad escludere la prededuzione dei compensi di tutti gli altri professionisti coinvolti a vario titolo nella crisi di impresa in quanto non espressamente menzionati.

Successivamente, venuto meno il disposto dell'art. 182-quater, comma 4, l. fall. (abrogato dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che ha convertito, con modificazioni, il d.l. 22 giugno 2012, n. 83. La modifica di applica dal 11 settembre 2012 ex art. 33, comma 3, d.l. 83/2012 cit.) e sviluppatosi un orientamento della Corte di cassazione che ha confermato l'autonomia della nozione di “occasionalità” e “funzionalità” (così ex multis, Cass. 5 marzo 2014, n. 5098) nell'attuale assetto giurisprudenziale, il riconoscimento della prededuzione pare ruotare attorno al concetto di funzionalità (Cass. 14 marzo 2014, n. 6031) da intendersi come sinonimo di strumentalità implementato (Cass. 10 settembre 2014, n. 19013) o meno (Cass. 6 febbraio 2015, n. 2264) dall'ulteriore presupposto di matrice giurisprudenziale (Cass. 13 dicembre 2013, n. 27926) della utilità concreta per i creditori dell'attività professionale.

Più precisamente, sulla nozione di funzionalità, si segnala che, secondo una parte della giurisprudenza, si può ritenere che la prestazione professionale sia funzionale alla procedura se essa, valutata ex ante, pare orientata a svolgere un'attività che serve al progetto regolativo della crisi (cfr. ex multis, Tribunale di Padova, 2 Marzo 2015; Tribunale di Roma, 23 Febbraio 2015). Inoltre, secondo alcuni arresti, la “funzionalità” alla procedura dell'opera prestata dal professionista presuppone che il concordato/accordo siano omologati (così, ex multis, Tribunale Arezzo 5 Aprile 2016). Secondo altri (Tribunale Monza 23 ottobre 2014) la prededucibilità del compenso del professionista sussiste ove ricorra il requisito dell' “utilità” della prestazione, ovverosia della sua “funzionalità” o “strumentalità” che dir si voglia rispetto alla procedura concorsuale. Infine, segnaliamo un ulteriore orientamento (Tribunale Parma 2 gennaio 2017 e Tribunale Rimini 10 dicembre 2014) che ha riconosciuto la prededucibilità (per “funzionalità” presunta, salvo prova contraria) del credito del professionista anche in un contesto in cui l'ammissione era stata revocata ai sensi dell'art. 173 l. fall., “giacchè l'ammissione del debitore a detta procedura importa presunzione di funzionalità della prestazione finalizzata a realizzare detta ammissione”.

Sempre per l'irrilevanza dell'esito della procedura e per il rilievo della funzionalità della prestazione richiamiamo alcuni degli arresti citati in precedenza: Tribunale Terni, 28 dicembre 2012, Tribunale di Roma, 23 Febbraio 2015.

Si segnala altresì un diverso orientamento giurisprudenziale (di legittimità) che ha ritenuto i crediti dei professionisti sorti nel corso della procedura che ha anticipato il fallimento come “funzionali” alla procedura concorsuale – e quindi prededucibili nel successivo fallimento – in maniera “automatica (“de plano”) a prescindere, cioè, dall'accertamento di un'utilità concreta dell'attività del professionista rispetto alla procedura (cfr. ex multis, Cass. 10 Gennaio 2017, n. 280; e Cass. 15 aprile 2016, n. 7579).

Guida all'approfondimento

Oltre ai riferimenti di giurisprudenza e dottrina inclusi nel corpo della nota, per la natura non concorsuale degli accordi di ristrutturazione dei debiti, si richiama in dottrina: G. Lo Cascio, La nuova legge fallimentare: dal progetto di legge delega alla miniriforma del decreto legge, in Fall. 2005, 362; SC. Proto, Accordi di ristrutturazione dei debiti, tutela dei soggetti coinvolti nella crisi d'impresa e ruolo del giudice, ivi 2007, 193; A. Nigro – D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Bologna, 2009, 383; F. Di Marzio, Il diritto negoziale della crisi di impresa, Milano 2011, 76.

Per l'opinione contraria, che ha qualificato gli accordi di ristrutturazione come una species del genus del concordato preventivo, cfr. S. D'Amora, Note esegetiche sul nuovo concordato preventivo e le procedure di ristrutturazione dei debiti, in www.tribunale-milano.net; M. Ferro, I nuovi strumenti di regolazione negoziale dell'insolvenza e la tutela giudiziaria delle intese tra debitore e creditori: storia italiana della timidezza competitiva, in Fal.2005, 595; A. Coppola, L'accordo per la ristrutturazione dei debiti, in Il nuovo concordato preventivo, in AA.VV. 2005, Milano, 317 e ss..

Sulla nozione di funzionalità del credito del professionista che ha assistito l'impresa nella presentazione di una proposta di accordo/concordato e, più in generale, sui presupposti di prededucibilità del credito in questione, oltre agli arresti citati nel corpo della nota, si rimanda ai riferimenti giurisprudenziali in M. Spadaro, I crediti prededucibili, in Il Fallimento 8-9/2016, sub p. 985 et seq.; C. Ravina, Ruolo e responsabilità dei professionisti della crisi di impresa, Milano, 2017.

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