Poteri direttivi datoriali come discrimine tra collaborazione e lavoro subordinato: il caso Foodora
10 Maggio 2018
Alcuni dipendenti di Foodora, deducendo di avere prestato la propria attività lavorativa con mansioni di fattorino in forza di contratti di collaborazione coordinata e continuativa a tempo determinato, chiedevano l'accertamento della costituzione tra le parti di un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la conseguente corresponsione delle differenze retributive. Infatti, a parere dei fattorini, la società Foodora avrebbe esercitato nei loro confronti il potere disciplinare tipico della subordinazione, concretizzato dal richiamo verbale e dall'esclusione temporanea o definitiva dalla chat aziendale o dai turni di lavoro. Inoltre, deducevano i lavoratori, la società datrice impartiva loro ordini via mail o tramite l'utilizzo di apposite "app" dello smartphone.
Il Tribunale di Torino, chiamato stabilire se la prestazione dei fattorini fosse classificabile come lavoro autonomo o subordinato, ha ribadito che “rappresenta elemento fondamentale del rapporto di lavoro subordinato (e distintivo rispetto quello lavoro autonomo) il vincolo di soggezione del lavoratore rispetto al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. Esso si manifesta attraverso l'emanazione di ordini specifici e tramite l'esercizio di un'assidua attività di vigilanza e controllo. Di contro, il lavoratore è tenuto ad osservare un determinato orario, viene inserito nell'organizzazione aziendale e percepisce una determinata retribuzione”. Nel caso di specie, il Tribunale torinese ha rilevato che i ricorrenti non avevano l'obbligo di effettuare la prestazione lavorativa, potevano dare la propria disponibilità o meno per uno dei turni indicati da Foodora e, viceversa, il datore di lavoro non era obbligato ad assegnare un turno. Da questo emerge la mancanza di un potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro, non potendo quest'ultimo pretendere lo svolgimento della prestazione lavorativa.
Basandosi su queste considerazioni, il Tribunale di Torino ha rigettato le domande dei ricorrenti. |