Fumi del ristorante e installazione della canna fumaria
10 Maggio 2018
Tizio ha intenzione di affittare un locale sito al piano terra di uno stabile al fine di realizzare un ristorante e ha necessità di installare una canna fumaria in grado di convogliare all'esterno i fumi della cucina. Cosa può fare Tizio qualora alcuni dei condomini non consentano l'installazione del manufatto?
Al fine di comprendere la vicenda occorre analizzare il quadro normativo vigente. Il condominio è costituito da parti private e parti comuni. Tra queste, pacificamente, vi è la facciata dell'edificio (art. 1117 c.c.). L'articolo 1102 c.c. prevede sul punto che «ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso». La costruzione di una canna fumaria sulla facciata condominiale è quindi a tutti gli effetti un utilizzo di un bene comune concesso dalla legge, salvo il rispetto di alcuni limiti. In prima battuta l'utilizzo della cosa comune non deve alterare la destinazione della stessa e deve consentire un uso paritetico agli altri condomini. La Cassazione ha avuto modo di affermare che «In tema di condominio, ciascun condomino è libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, purché non alteri la destinazione della cosa comune e consenta un uso paritetico agli altri condomini» (Cass. civ., sez. II, 16 luglio 2004, n. 13261). In una decisione successiva, poi, la Cassazione confermava questo principio statuendo che i limiti all'uso del bene comune sono «il divieto di alterare la destinazione e il divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto»(Cass. civ., sez. II, 14 aprile 2015, n. 7466). La nozione di pari uso non va peraltro intesa in senso di uso “identico”, che sarebbe nella maggior parte dei casi fisicamente impossibile, tanto che è normalmente ammesso che un condomino faccia un uso più intenso della cosa rispetto agli altri: è però necessario che ciascuno abbia il diritto ad usare potenzialmente della cosa al pari degli altri. Nel caso del quesito è ragionevole pensare che l'utilizzo prospettato dal ristoratore sia lecito in quanto non comporta la lesione del diritto di altri condomini ad un uso paritetico. Diversa la situazione relativa alla fattibilità concreta del manufatto. Appurato il diritto del ristoratore in linea teorica, occorre verificare se lo stabile in questione presenta limiti oggettivi che rendono impossibile la realizzazione della canna fumaria. Tali limiti potrebbero essere costituiti da vincoli della Sovraintendenza delle belle arti in caso di edifici di particolare valore storico-artistico (dove un ristorante al piano terra stonerebbe), limiti stabiliti dal regolamento alla realizzazione dello stesso ristorante o limiti relativi al rispetto del decoro architettonico del palazzo. La costruzione della canna fumaria deve, inoltre, rispettare la normativa sulle distanze legali e a tal fine, in caso di veduta diretta del manufatto da parte dei condomini la distanza di costruzione dovrà essere di almeno 3 metri (ex art. 907 c.c.), mentre in caso di veduta laterale o obliqua questa dovrà essere costruita al almeno 75 centimetri dalla finestra o sporto del vicino (ex art. 906 c.c.). La Cassazione sul punto ha affermato che «l'obbligo di mantenere la distanza di tre metri anche dalla finestra da cui si esercita la veduta obliqua sussiste solo ove detta veduta sia nel contempo diretta ed obliqua sullo stesso fondo - deriva che, quando la veduta sia soltanto obliqua, il proprietario del fondo sul quale la veduta medesima si esercita (nel caso di specie, per analogia, il condominio con riferimento al muro perimetrale interessato dalla installazione della nuova canna fumaria e dalla preesistenza in esso, all'altezza dell'appartamento di proprietà esclusiva del ricorrente, di un'apertura - finestra) non deve rispettare la distanza di tre metri ma solo quella di centimetri 75 (art. 906 c.c.) dal più vicino lato della finestra medesima» (Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 1995, n. 724) e questo per evitare di compromettere la possibilità di affaccio e di veduta dagli stessi, altrimenti si lederebbe il diritto del condomino proprietario della finestra o del balcone. Inoltre, ai sensi dell'articolo 889, 2 comma, c.c. «Per i tubi d'acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal confine. Sono salve in ogni caso le disposizioni dei regolamenti locali». Occorrerà quindi sincerarsi con l'incaricato che il progetto rispetti tutte le distanze prescritte dalla legge e dai regolamenti locali, oltre che tutte le normative in materia edilizia. La Cassazione ha però mitigato questo principio affermando che «le norme sulle distanze sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, a condizione, tuttavia, che siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni; per cui, ove il giudice constati il deve ritenersi legittima l'apposizione di una canna fumaria in aderenza al muro perimetrale e a ridosso del terrazzo a livello di proprietà di un determinato condomino purché vengano rispettati rispetto i limiti previsti all'articolo 1102 c.c.» (Cass. civ. n. 936/2014). I limiti dettati dall'art. 1102 c.c. possono essere resi più rigorosi dal regolamento e da delibere assembleari adottate con i quorum prescritti dalla legge, fermo restando che non è consentita l'introduzione di un divieto di utilizzazione generalizzato delle parti comuni. In conclusione, pare possibile sostenere il ristorante abbia diritto di costruire la canna fumaria e che, a patto di rispettare le regole sopra riportate, per farlo non necessiti di alcuna autorizzazione da parte dell'amministratore o dall'assemblea condominiale. |