Concordato preventivo e prededuzione del credito del professionista

Amleto Pisapia
11 Maggio 2018

Il Tribunale di Salerno, con un decreto reso nell'ambito di un giudizio di opposizione ex art. 98 l. fall. avverso l'ammissione al passivo in via privilegiata anziché in prededuzione del credito maturato dal professionista legale per l'attività svolta nell'interesse del debitore nella fase di presentazione della proposta di concordato preventivo (poi dichiarata inammissibile per gravi carenze nella formulazione del piano), confermava la decisione del giudice delegato...
Premessa

Il Tribunale di Salerno, con un decreto reso nell'ambito di un giudizio di opposizione ex art. 98 l. fall. avverso l'ammissione al passivo in via privilegiata anziché in prededuzione del credito maturato dal professionista legale per l'attività svolta nell'interesse del debitore nella fase di presentazione della proposta di concordato preventivo (poi dichiarata inammissibile per gravi carenze nella formulazione del piano), confermava la decisione del giudice delegato, resa nell'ambito del giudizio di verifica dello stato passivo, di ammettere il credito solo in via privilegiata stante la assenza di utilità pratica dell'attività svolta in favore della massa, considerata la mancata apertura della procedura di concordato, richiamando quell'orientamento restrittivo che esige, ai fini del riconoscimento della prededucibilità del credito professionale, il conseguimento di un vantaggio per i creditori concorsuali concreto, e non solo astratto, che, evidentemente, una procedura di concordato non ammessa non è in grado di arrecare (Trib. Salerno 23 febbraio 2017).

La questione presenta rilevanti profili d'interesse.

Il credito prededucibile alla luce dell'art. 111 ss. l.fall.: il quadro normativo

La prededuzione è una modalità di pagamento che impone il prelievo di somme dall'attivo fallimentare prima di ogni altra operazione di pagamento e al di fuori (almeno normalmente) del piano di riparto allo scopo di fornire alla procedura la liquidità indispensabile per il suo svolgimento e la sua gestione, permettendo l'integrale pagamento di coloro che abbiano prestato la propria attività in favore della procedura concorsuale. La qualificazione di credito prededucibile costituisce, come noto, o una connotazione legislativa tipica della posizione giuridica soggettiva, sottratta, pertanto, ad ogni sindacato giurisdizionale (ed è la fattispecie di più intuitiva comprensione: cfr., ex plurimis, gli artt. 79, art. 104-bis l. fall. - equo indennizzo per lo scioglimento del contratto di affitto di azienda -, l'art. 80 l. fall. - equo indennizzo in caso di scioglimento del contratto di locazione - ) e in tali casi la legge o fa esplicito rinvio all'art. 111 l. fall. o testualmente qualifica come tale il credito dedotto, oppure detta qualificazione rappresenta, alternativamente (stante la congiunzione “e”), una caratteristica intrinseca della posizione creditoria soggettiva la cui genesi va fatta risalire alla strumentalità dell'attività sottostante prestata rispetto al dipanarsi della procedura concorsuale “in occasione” della quale essa è stata svolta o ai cui scopi essa è “funzionale”, e tanto secondo il paradigma di cui al chiaro tenore all'art. 111 l. fall. (come novellato dal D. L.vo 5 del 2006), ovvero, con riferimento al tema trattato del credito maturato dal professionista incaricato di compiere una attività connessa alla procedura concorsuale, che il medesimo sia sorto in “occasione” od in “funzione” della procedura.

La “occasionalità” e la “funzionalità” costituiscono norma generale, sussidiaria e di chiusura del sistema della prededuzione, e, dunque, di più ampia portata rispetto alla fattispecie tipica ex lege, ma detti caratteri non sono pienamente fungibili ed interscambiabili bensì (potenzialmente) sostanzialmente diversi ponendosi sullo sfondo della vicenda genetica del credito, ma su piani distinti anche se non necessariamente antitetici l'un l'altro. Infatti, se è vero che il credito sorto nel corso ed in occasione della procedura concorsuale è naturalisticamente (e, per così dire, oggettivamente e fisiologicamente) funzionale alla stessa, non altrettanto potrebbe sostenersi per l'equazione inversa: se, infatti, l'”occasionalità” consente di attribuire tout court il beneficio della prededuzione ai crediti sorti durante la procedura concorsuale (secondo un criterio intuitivamente - e meramente – cronologico di agevole applicazione), la “funzionalità”, viceversa, esprime la diretta strumentalità agli scopi e agli interessi sottesi all'esecuzione collettiva, nel senso che occorre che il pagamento da effettuarsi in favore del professionista rientri negli interessi della massa e risponda agli scopi ed alla utilità della gestione fallimentare (requisito teleologico), non da intendersi in via astratta e indiscriminata per qualsiasi opera prestata del professionista, bensì, in maniera ulteriormente delimitativa e selettiva della fattispecie, esigendo un concreto nesso tra il credito (rectius l'attività sottostante ad esso) rispetto agli scopi della procedura a cui esso deve arrecare una tangibile utilità, un reale vantaggio da misurarsi empiricamente (criterio della cd “utilità concreta).

La "funzionalità", pertanto, non si risolve in una mera endiadi della "occasionalità", evocando orizzonti applicativi più ampi (ma, al tempo stesso, più stringenti proprio per quella indagine sostanziale di cui si è detto) ed operando, infatti, anche per quei crediti che siano venuti ad esistenza al di fuori dei limiti temporali della procedura (ed anzi anche anteriormente ad essa) purché legati ad essa da quel nesso di propedeuticità da ravvisarsi in tutti quegli atti e/o attività indispensabili alla procedura concorsuale, perché logicamente prodromici all'ammissione tanto al fallimento quanto al concordato preventivo. Dunque detto nesso ne connota l'intima natura e, conseguentemente, la qualificazione che ne riceve dal legislatore (diversamente opinando, il requisito della funzionalità si annacquerebbe in uno sterile duplicato della occasionalità). Non sembra nemmeno costituire limite all'estensione della area della prededucibilità dei crediti – tanto da attestarne la notevole vis espansiva (ma il punto si presta a qualche riflessione in senso contrario) - il risalire della genesi dell'atto costitutivo alle determinazioni deliberative degli organi fallimentari, potendosi osservare, sul punto, come sia la stessa la legge ad attribuire il carattere della prededucibilità anche a crediti sorti per effetto di atti cui gli organi fallimentari sono del tutto estranei. Pur se indistintamente compresi in quella ampia definizione di cd. "debiti della massa" (secondo una definizione, come efficacemente sostenuto, tuttavia non tecnicamente esatta, facendo essi capo al debitore fallito e non alla massa, giacchè la procedura non è un soggetto autonomo), in base ad una rapida indagine di diritto positivo o della prassi invalse in giurisprudenza, la prima categoria di crediti, ovvero quelli sorti in “occasione” della procedura, non ha mai posto particolare problemi ermeneutici, essendo per lo più limitati alle spese per la gestione della procedura nonché per la realizzazione dell'attivo (tra cui vanno annoverati: le spese per la registrazione della sentenza dichiarativa di fallimento, l'apposizione dei sigilli, l'individuazione, acquisizione, conservazione e custodia del compendio fallimentare, il compenso ai professionisti incaricati dalla procedura, le spese del giudizio di rendiconto) laddove la funzionalità agli scopi delle procedura ha consentito di estendere tale qualifica anche ad una più ampia categoria di posizioni giuridiche soggettive creditizie sorte anche precedentemente all'istaurarsi della procedura per la loro intrinseca attitudine al raggiungimento delle finalità delle procedura stessa. Tra esse vanno annoverati i debiti sorti art. 74 l. fall. (secondo cui, nel caso di contratti ad esecuzione periodica o continuata, i debiti assunti dal fallito anteriormente alla dichiarazione di fallimento si trasformano in debiti concorsuali allorché il curatore subentra all'interno del contratto ex art. 72 l. fall.), le stesse spese incontrate dal creditore per la proposizione della domanda di fallimento (sebbene con qualche voce dissonante, non essendo spese contratte dagli organi fallimentari per cui, al più, secondo talune pronunce, ad esse va riconosciuto il solo privilegio di cui all'art. 2755 c.c., atteso che i cd. "debiti della massa" sono contratti unicamente ed in via esclusiva dagli organi fallimentari subentrati al fallimento dell'amministrazione del patrimonio), o, ancora, il credito sorto in capo al professionista che abbia coadiuvato il debitore nella predisposizione dell'istanza di fallimento in proprio.

Il credito del professionista in caso di mancata apertura della procedura

Il concordato preventivo ha per lungo tempo goduto di un regime speciale dei crediti prededucibili: l'art. 182-quater l. fall., unica norma regolatrice della fattispecie nell'ambito di questa procedura concorsuale, testualmente, almeno nella anteriore formulazione poi abrogata dall'art. 33 d.l. 22 giugno 2012, n. 83 (cd. “Decreto sviluppo” convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012 n. 134), riservava questo carattere al solo credito per compensi spettanti al professionista incaricato di predisporre la relazione di cui agli artt. 161, terzo comma, 182-bis, primo comma, l. fall. (cd. “attestatore”), purché ciò fosse espressamente disposto nel provvedimento con cui il Tribunale avrebbe accolto la domanda di ammissione al concordato preventivo o omologato l'accordo di ristrutturazione del credito. Si aggiungevano poi talune fattispecie tipiche di elaborazione giurisprudenziale, quali i compensi agli organi della procedura (i.e. commissario giudiziale e liquidatore giudiziale), il compenso del legale ed egli altri professionisti che avessero assistito il debitore nel giudizio di omologazione del concordato preventivo, con esclusione delle spese per la continuazione dell'attività di impresa avendo il concordato finalità meramente liquidatoria. Con l'introduzione del nuovo regime di cui all'art. 111 l. fall. (che, secondo una riuscita espressione utilizzata in dottrina, ha “sdoganato” la prededucibilità dei crediti professionali nell'ambito del contesto concordatario) lo scenario cambia, portando ad una sostanziale equiparazione tra le diverse procedure concorsuali, stante il riferimento di quest'ultima disposizione a tutti i crediti “sorti in occasione o in funzione” della procedura concorsuale genericamente intesa (e non circoscritta a quella propriamente fallimentare), potendosene inferire, pertanto, la prededucibilità per tutti i crediti venuti ad esistenza anche nel corso del concordato preventivo, per i quali valgono le considerazioni già rassegnate circa i criteri concreti di “riconoscibilità” del credito prededucibile. Sul punto, coerentemente con gli orientamenti già emersi in ambito fallimentare, sono stati ritenuti funzionali, in quanto utili per la massa dei creditori, i crediti sorti a seguito della prestazione del professionista che abbia assistito l'imprenditore nella predisposizione, redazione e nel deposito della domanda di concordato preventivo, sebbene vada registrata qualche voce dissenziente che, sul punto, ora ha argomentato sulla circostanza della genesi del credito sorto non sotto il controllo del giudice dopo l'apertura della procedura, ora rilevando la tassatività dell'area della prededucibilità di cui all'art. 182-quater l. fall., circoscritta all'attestatore, alle banche ed agli intermediari finanziari, rispetto ad ipotesi di attività rese anteriormente alla apertura della procedura (e ciò al fine di evitare che una interpretazione eccessivamente estensiva della natura prededucibile lasci alla discrezionalità del debitore il risultato di dare accesso ad una infinita serie di crediti senza alcun preventivo filtro giurisdizionale), senza che tuttavia tale ultima argomentazione sia in grado di acquisire una reale efficacia persuasiva, scontrandosi con la funzione integrativa svolta dall'art. 111 l. fall. (recante l'espressione “crediti in occasione o funzione”) all'art. 182-quater l. fall..

L'oggetto reale di discussione è, tuttavia, un altro: la prededucibilità del compenso del professionista non costituirebbe un effetto automatico dell'attività prestata, occorrendo che da essa consegua un effetto benefico per la massa, comprovato (come ben rilevato dal Tribunale campano nel provvedimento sopra citato) dalla circostanza che sia almeno intervenuto il decreto di apertura della procedura, perché solo tale dirimente circostanza attesterebbe la idoneità dell'attività professionale svolta ad arrecare una qualche utilità per la procedura, consentendo l'esame della proposta concordataria dapprima da parte del ceto creditorio e, successivamente lo scrutinio di legittimità del Tribunale ,evitando, al tempo stesso, che divenga un facile strumento elusivo della par condicio creditorum alterando l'ordine di preferenza dei creditori.

In altri termini, se nel quadro normativo attuale l'area della prededucibilità si estende (vi è sostanziale concordia di opinioni sul punto, fatta eccezione per i cennati orientamenti minoritari) anche al credito conseguente all'attività di consulenza ed assistenza prestata al debitore ad opera del professionista legale che abbia assistito questi nella predisposizione e redazione della domanda di concordato, le divergenze si riscontrano sotto il profilo di una indiscriminata o, viceversa, alternativa, selettiva individuazione tra i crediti professionali ammessi a questo regime di particolare favore e, dunque, tra l'orientamento che ammette tout court siffatto trattamento normativo senza soffermarsi sul concreto scrutinio sull'utilità dell'attività svolta per la massa, in termini di accrescimento dell'attivo o di salvaguardia della sua integrità (da intendersi presunta iuris e de iure), e l'altro, più restrittivo, ed anche più impegnativo (sotto il profilo dei compiti assegnati al giudice chiamato ad eseguire la valutazione), cui aderisce anche la pronuncia del Tribunale campano e che sembra aver ottenuto anche un avallo normativo recente, che esige un più rigoroso scrutinio (de effettuarsi, necessariamente in base ad un giudizio ex post) concentrato sul reale ed effettivo vantaggio arrecato alla procedura ed al ceto creditorio più in generale. Da questo secondo punto di vista si ritiene insufficiente la mera attinenza del credito all'attività espletata in favore del debitore, atteso che il collegamento funzionale con la procedura concorsuale va apprezzato con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorchè avente natura concorsuale, rientri negli interessi della massa e, dunque, risponda agli scopi della procedura stessa in quanto utile alla gestione fallimentare – cd. criterio della “utilità concreta” - con la conseguenza che alcun regime preferenziale potrà essere assegnato al credito in caso di mancata apertura della procedura o, parimenti, in caso di revoca della stessa (per cui valgono mutatis mutandis le medesime considerazioni).

Vero è che compiere una siffatta scrematura significherebbe nei fatti, disincentivare il ricorso alle procedure concorsuali premiali di composizione della crisi di impresa alternative al fallimento verso cui si registra un evidente favor normativo (che ha portato ad affermare come alcuna restrizione può essere applicata al riconoscimento della prededucibilità del credito professionale), tuttavia, concedere un indiscriminato beneficio al credito del professionista legale che abbia assistito il proponente nella fase di ammissione della procedura, arrestatasi, poi, con una pronuncia di diniego per motivi ostativi (quasi sempre ravvisabili in gravi lacune della proposta e/o del piano, salve ipotesi di diniego per scelte volontaristiche, come ad es. la mancata approvazione della proposta da parte dei creditori) ovvero collegate ad una prestazione che alcun significato ha assunto per gli scopi della procedura, significherebbe troppo facilmente agevolare il ricorso all'istituto concordatario per finalità abusive e lesive della par condicio creditorum, offrendo una agevole via (testuali parole del decreto del Tribunale campano) per la precostituzione di titoli opponibili al fallimento anche nelle ipotesi in cui già ex ante la domanda non presenti profili di meritevolezza (soprattutto considerando come l'atto costitutivo dell'obbligazione sia sottratto al controllo degli organi procedurali a monte). Appare di conseguenza più corretto attendere almeno l'apertura della procedura quale circostanza per conclamare la finalità superiore dell'attività prestata alla cura dell'interesse comune che costituisce, per quanto sopra illustrato, la ragion d'essere ed il fondamento logico, storico e giuridico della prededuzione.

Vero che, come pure efficacemente sostenuto, l'obbligazione del professionista non è di risultato bensì di mezzi, non potendosi impegnare egli al conseguimento del risultato per cui egli presta la sua attività professionale, contando solo l'astratta idoneità della prestazione a consentire al debitore di accedere al concordato e non anche l'effettiva ammissione alla procedura, che costituisce evento estraneo alla sfera di controllo del professionista intellettuale, la cui obbligazione resta disciplinata dal canone della diligenza professionale ex art. 1176 c.c. (per cui il criterio della cd “utilità concreta”, costituendo un posterius, non può assurgere a fatto condizionante il rango assegnato al credito nell'ambito della gerarchia dei crediti da soddisfare). Tuttavia, a parte la considerazione che la natura di obbligazione di mezzi assume rilevanza solo nell'ambito del rapporto con il cliente, va osservato come l'ammissione alla procedura (rectius l'apertura della stessa) costituisce la migliore dimostrazione del grado di diligenza spiegato dal professionista, la cui prospettiva (e le cui aspettative) rappresentano, in ogni caso, un dato irrilevante, atteso che il riconoscimento della natura prededucibile non intende svolgere una funzione premiale per l'operato più o meno diligente del professionista, bensì, diversamente, ed in altra ottica affatto concentrica con la prima, attestare la rilevanza funzionale agli interessi pubblicistici sottesi (funzionalità che costituisce, testualmente, un dato imprescindibile dell'art. 111 l. fall.) senza per questo implicare alcun giudizio di valore su chi si è prodigato nell'assistere l'impresa nella fase delicata di avvio della procedura, la cui presenza rimane, nell'ambito dello scenario trattato, ancillare.

Sebbene la frattura continui a persistere anche negli ultimi arresti giurisprudenziali, conferma della validità dell'orientamento interpretativo restrittivo può trarsi dalla stessa bozza di attuazione della legge di riforma concorsuale (L. delega n. 155/2017) che sembra aver normativamente avallato quanto già sostenuto dalla decisione del Tribunale campano in commento, imprimendo alla prestazione professionale resa in favore del debitore, nella fase di presentazione della domanda di concordato, una connotazione rigorosamente funzionale, concedendo un trattamento giuridico di favore solo se e nei limiti in cui si giunga, almeno, alla fase di apertura della procedura.

In conclusione

Dopo un primo e mal riuscito tentativo di dare una risposta definitiva al quesito se intendere o meno l'utilità concreta come elemento costitutivo della prededucibilità del credito del professionista con il decreto legge 145/2013 (“Destinazione Italia”), convertito in legge 21 febbraio 2014 n. 9, che subordinava la prededucibilità al solo ricorso idoneo ad aprire la procedura di concordato, poi abrogato con l'art. 22 legge 116/2014, ancora una volta il Legislatore ha ritenuto opportuno intervenire collegando, nell'ambito della (ennesima) riforma della legge fallimentare, la prededucibilità al concetto di funzionalità in concreto dell'attività professionale sottostante al sorgere del credito, stante quanto previsto dall'art. 6, lett d,) dalla citata legge delega , che prevede che i crediti dei professionisti sorti in funzione del deposito della domanda, anche ai sensi dell'art. 161, VI comma, regio decreto 1942/267, della proposta, del piano e della documentazione di cui al secondo e terzo comma del predetto art. 161, sono prededucibili a condizione chela procedura sia aperta a norma dell'art. 163 (criterio della cd “utilità concreta”).

Guida all'approfondimento

In dottrina: Miele “La legge fallimentare. Commentario teorico – pratico”, 1305 e ss., a cura di Ferro, Cedam, Padova 2011; Bonfatti “La ripartizione dell'attivo”, in Bonfatti – Censoni, “Manuale di diritto fallimentare”, Padova, 2006 346; , Cottino “Trattato di diritto commerciale”, XI, 2, Padova, 2009; Nardecchia “I crediti sorti in funzione o in occasione del concordato preventivo” e Salvato “Prededucibilità del credito del professionista per l'assistenza nella fase di ammissione al concordato preventivo”, in Fall, 2014; Spadaro “La prededucibilità dei crediti dei professionisti sorti in funzione di una procedura minore del fallimento: tra adeguatezza funzionale e utilità per i creditori”, in Fall., 2014; Verna, “Brevi note sulla prededucibilità dei crediti per compensi professionali sorti in funzione di una procedura concorsuale”, in Dir Fall. 2016.

In giurisprudenza in senso conforme al citato provvedimento campano: Cass. 9 dicembre 2016, n. 3218; Cass. 5 dicembre 2016, n. 24791 ; Cass. 18 dicembre 2015, n. 25589; Cass. 17 aprile 2014, n. 8958; Cass. 8 aprile 2013 n. 8534; Cass. 5 marzo 2012, n. 3402; Trib. Treviso 22 gennaio 2014 ; Trib. Padova 2 marzo 2015; Trib. Bergamo 24 ottobre 2013 e Trib. Prato 24 giugno 2011; Trib. Bari 17 maggio 2010, in Dir. Fall. 2012; Trib. Milano 20 agosto 2009, in Fall., 2009; Trib. Udine 15 ottobre 2008, in Fall., 2009. In senso difforme: Cass. 10 gennaio 2017, n. 280; Cass. 4 novembre 2015, n. 22540; Cass. 5 marzo 2015, n. 4486; Cass. 6 febbraio 2015 n. 2264; Cass. 10 settembre 2014, n. 19013; Cass. 8 aprile 2013, n. 8533; App. Milano 2 aprile 2015; Trib. Monza (decreto) 23 ottobre 2014.

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