In sede di rinvio non sono ammesse nuove contestazioni
15 Maggio 2018
Massima
Nel giudizio di rinvio è preclusa la proponibilità, oltre che di domande ed eccezioni in senso stretto, di nuove contestazioni di fatto, non esplicate in primo grado, vertenti su questioni che debbano intendersi implicitamente decise quale necessario presupposto logico del principio di diritto affermato dalla sentenza di annullamento. Il caso
Nel 2004 alcuni medici convenivano in giudizio, dinanzi al tribunale di Catania, il Ministero dell'Università e la Presidenza del Consiglio dei Ministri per sentirli condannare al pagamento di quanto dovuto a titolo di risarcimento del danno derivante dal tardivo, imperfetto ed incompleto recepimento delle direttive comunitarie che disponevano che la formazione dei medici specializzandi formasse oggetto di adeguata remunerazione, e per sentir, altresì, condannare i convenuti al risarcimento dei danni derivanti dal mancato riconoscimento dei titoli di specializzazione valutabili ai fini dei concorsi pubblici. Il tribunale, precisato che la responsabilità invocata dagli attori riguardava la Presidenza del Consiglio dei Ministri, rigettava le domande, ritenendo decorso il termine di prescrizione quinquennale del diritto vantato dagli attori. L'appello principale proposto dagli attori e l'appello incidentale proposto dalle Amministrazioni convenute per l'operata compensazione delle spese venivano rigettati dalla Corte d'appello di Catania. Gli attori proponevano ricorso per cassazione e la Suprema Corte, riformando la sentenza impugnata, rinviava alla Corte d'appello di Catania, in diversa composizione, affinchè, esaminando la domanda nel merito o in ordine alle altre eventuali eccezioni già proposte, si attenesse al principio, già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, per i medici specializzandi che avessero maturato i necessari requisiti nel periodo dall'1-1-1983 al termine dell'anno accademico 1990-91, la prescrizione decennale della prestazione risarcitoria cominciava a decorrere dal 27-10-1999, ossia dalla data di entrata in vigore dell'art. 11 l.n. 370/99. I medici provvedevano ad instaurare il giudizio di rinvio, nel quale si costituivano le Amministrazioni convenute, chiedendo il rigetto dell'appello in quanto alcuni medici avevano frequentato corsi di specializzazione in branche non previste nelle invocate direttive comunitarie. La Corte d'appello di Catania, accogliendo tale ultima eccezione, per la prima volta sollevata solo in sede di rinvio, rigettava l'appello formulato da alcuni medici. Questi ultimi proponevano nuovamente ricorso per cassazione, deducendo, tra l'altro, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., in quanto la Corte di merito, ritenendo che si trattasse di una mera difesa non soggetta a preclusioni e rilevabile dal giudice anche d'ufficio, aveva attribuito rilevanza alla tipologia di Scuola frequentata, ossia ad una circostanza di fatto che l'Avvocatura erariale aveva contestato solo nel giudizio di rinvio, mentre su tale questione le parti avrebbero dovuto, secondo i ricorrenti, prendere posizione nel rispetto delle preclusioni previste dal codice di rito, sicchè la Corte di merito avrebbe dovuto ritenere la questione inammissibile perché tardivamente sollevata. La questione
Nel giudizio di rinvio, di cui agli artt. 392-394 c.p.c., è ammissibile la proposizione, per la prima volta, di nuove contestazioni? Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte accoglie il ricorso, assumendo che la questione della tipologia di Scuola frequentata dai medici specializzandi, sollevata dalle Amministrazioni appellate solo in sede di rinvio, è inammissibile, e tale sarebbe stata, peraltro, già in appello, per il divieto di nova di cui all'art. 345 c.p.c., che riguarda non soltanto le domande e le eccezioni in senso stretto, ma anche le contestazioni nuove, ossia quelle non esplicate in primo grado, e ciò in quanto nuove contestazioni in secondo grado, oltre a modificare i temi di indagine (trasformando il giudizio di appello da “revisio prioris instantiae” in “iudicium novum”, estraneo al vigente ordinamento processuale), altererebbero la parità delle parti, esponendo l'altra parte all'impossibilità di chiedere l'assunzione di quelle prove alle quali, in ipotesi, aveva rinunciato, confidando proprio nella mancata contestazione ad opera dell'avversario (Cass. civ., 28 febbraio 2014, n. 4854, che, in ordine al rito del lavoro, richiama anche l'onere di tempestiva contestazione, previsto a pena di decadenza dall'art. 416 c.p.c.). Come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è la logica stessa del sistema, basato anche sul principio di non contestazione, che esclude che in appello possano introdursi nuove contestazioni in punto di fatto (Cass. civ., 13 ottobre 2015, n. 20502), e tale conclusione, a fortiori, può ritenersi valida con riferimento al giudizio di legittimità e di rinvio (Cass. civ., 11 gennaio 2016, n. 191, secondo cui, in una controversia similare, il sorgere, per l'amministrazione convenuta, dell'obbligo di contestazione specifica è collegato alla sola precisa allegazione dei fatti addotti dagli attori a sostegno della loro pretesa, non anche alla documentazione dei relativi presupposti soggettivi, sicché la limitazione della difesa della prima alla sola eccepita prescrizione comporta che, una volta disattesa quest'ultima, tali presupposti devono ritenersi provati; Cass. civ., 15 novembre 2016, n. 23199, secondo cui la questione della tipologia di Scuola frequentata dai medici specializzandi va esaminata dal giudice di rinvio, che vi procederà sulla base della situazione delle allegazioni e delle contestazioni già esistenti ed introdotte nei gradi di merito, senza che sia consentito di introdurne di nuove). Osservazioni
Per consolidata giurisprudenza, il giudizio di rinvio in senso proprio, di cui agli artt. 392-394 c.p.c., è un “processo chiuso”, in cui, cioè, le parti non possono avanzare richieste diverse da quelle già prese, né formulare difese, che, per la loro novità, alterino completamente il tema di decisione o evidenzino un fatto “ex lege” ostativo all'accoglimento dell'avversa pretesa, la cui affermazione sia in contrasto con il giudicato implicito ed interno, sì da porre nel nulla gli effetti intangibili della sentenza di cassazione ed il principio di diritto che in essa viene enunciato non in via astratta ma agli effetti della decisione finale (Cass. civ., 12 dicembre 2014, n. 26200). In sostanza, è inibito alle parti, ai sensi del comma 3 dell'art. 394 c.p.c., prendere conclusioni diverse dalle precedenti o che non siano conseguenti alla sentenza di cassazione, così come non sono modificabili i termini oggettivi della controversia espressi o impliciti nella sentenza di annullamento, e tale preclusione investe non solo le questioni espressamente dedotte o che avrebbero potuto essere dedotte dalle parti, ma anche le questioni di diritto rilevabili d'ufficio, ove esse tendano a porre nel nulla od a limitare gli effetti intangibili della sentenza di cassazione (Cass. civ., 10 novembre 2015, n. 22885; Cass. civ., 12 gennaio 2010, n. 327). In applicazione di tali principi, si è, ad es., esclusa la possibilità per il giudice del rinvio di sindacare la improponibilità della domanda, dipendente da qualunque causa, anche da inosservanza di modalità o di termini, pur essendo la stessa rilevabile d'ufficio in qualunque stato e grado del processo (Cass. civ., 4 aprile 2011, n. 7656), e si è ritenuto che il credito che non discenda in modo immediato e diretto dalla sentenza di cassazione non possa essere eccepito in compensazione, per la prima volta, nel giudizio di rinvio, e ciò alla luce tanto della natura di quest'ultimo di “processo chiuso”, ove le parti sono obbligate a riproporre la controversia negli stessi termini e nel medesimo stato di istruzione anteriore alla sentenza annullata, quanto della non incolpevolezza del dispiegamento della relativa pretesa, da parte del supposto creditore, solo in via di eccezione, giacché essa avrebbe potuto formularsi già nel giudizio di merito, benchè in forma eventuale o condizionata all'accoglimento delle avverse domande (Cass. civ., 23 marzo 2017, n. 7506). Quindi, anche le questioni pregiudiziali e preliminari, che non siano state dedotte o rilevate in sede di legittimità, non possono essere esaminate nel procedimento di rinvio né nel corso del controllo di legittimità a cui le parti sottopongono la sentenza del giudice di rinvio (Cass. civ., 31 marzo 2016, n. 6292; Cass. civ., 25 marzo 1985, n. 2119). Il così detto carattere chiuso del giudizio di rinvio non osta, invece, a che in questo siano sollevate eccezioni nuove rispetto a quelle fatte valere nei precorsi gradi di merito, allorché esse siano intese a dedurre l'inesistenza di uno dei vari elementi costitutivi del rapporto in contestazione ovvero la conformità all'ordinamento di una determinata fattispecie in relazione ad uno dei vari possibili profili normativi che consentono di prenderla in considerazione, quando la sentenza di cassazione abbia determinato una situazione giuridica nuova da cui sorga la necessità di proporre l'eccezione per la prima volta nel giudizio suddetto (Cass. civ., 20 agosto 1991, n. 8974). Analogamente, anche il divieto di formulare in sede di rinvio conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio in cui fu pronunziata la sentenza cassata viene meno (per tutte le parti e non solo per quella che ha proposto il ricorso) nell'ipotesi in cui, a seguito dell'accoglimento di questo, i termini della controversia che il giudice di rinvio è chiamato a decidere si configurino in modo diverso da quello delineato dalle parti nelle precedenti fasi del giudizio e sorga conseguentemente la necessità di illustrare ed eventualmente istruire questioni di diritto o di fatto divenute rilevanti ai fini del decidere (Cass. civ., 16 marzo 2002, n. 3904), nonchè nei casi di ritenuta applicabilità di una legge sopravvenuta, implicante la rilevanza e conseguente necessità di accertamento di nuovi elementi di fatto o di riscontro di vizi processuali che abbiano impedito il pieno esercizio dei diritti spettanti ai contendenti, ovvero di diversa qualificazione giuridica del rapporto controverso (Cass. civ., 18 luglio 1989, n. 3353). Nel caso trattato dalla pronuncia in commento, la circostanza della frequentazione di un corso di specializzazione rientrante tra quelli contemplati dalle direttive comunitarie invocate dai ricorrenti non era mai stata oggetto di contestazione nei gradi di merito e, pertanto, la stessa non rientrava più nel thema decidendum, avendo le Amministrazioni convenute fondato la loro difesa, nel merito, sulla sola prescrizione del credito risarcitorio vantato dalle controparti. La decisione de qua si pone, quindi, in linea con la giurisprudenza sopra citata che, alla luce del carattere chiuso del giudizio di rinvio, esclude la facoltà di sollevare in esso le questioni, pur rilevabili d'ufficio, che non siano state considerate in sede di legittimità, e che, pertanto, non possono essere più esaminate non solo nel successivo giudizio di rinvio, ma anche nel corso del controllo di legittimità a cui le parti sottopongono la sentenza del giudice di rinvio (Cass.civ., 27 agosto 1999 n. 9015; Cass. civ., 4 giugno 1996 n. 5131). La pronuncia in esame, inoltre, precisa che la nuova contestazione sollevata, in sede di rinvio, dalle Amministrazioni convenute sarebbe stata comunque inammissibile già in appello, posto che il divieto di “ius novorum”, di cui agli artt. 345 e 437 c.p.c., riguarda, oltre alle eccezioni in senso proprio, le contestazioni della fondatezza della domanda che si risolvono nella generica deduzione di elementi di fatto già conosciuti nel corso dell'istruttoria di primo grado ed ivi non dedotti, essendo precluso all'appellante di ampliare il tema del dibattito in relazione alle sue esigenze difensive; ne consegue che vanno considerate nuove le eccezioni fondate su elementi di fatto e circostanze non prospettate in precedenza, che introducano nel processo un nuovo tema d'indagine ed alterino l'oggetto sostanziale dell'azione ed i termini della controversia, introducendo l'esame di fatti nuovi (Cass. civ., 11 febbraio 2005, n. 2855). Peraltro, poiché il divieto in esame è destinato a soddisfare esigenze di ordine pubblico, perciò non disponibili, deve ritenersi inammissibile in appello l'allegazione di un fatto nuovo, anche se la controparte taccia sul punto, ovvero esplicitamente vi consenta (Cass. civ., 9 giugno 2000, n. 7878).
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