Cassazione: il medico deve informare il paziente su ogni dettaglio

15 Maggio 2018

La Corte lo ha ribadito esaminando il caso di un paziente che lamentava di non essere stato adeguatamente informato sulla cicatrice “spuntata” dopo un intervento di chirurgia estetica per rimuovere un tatuaggio

Qualunque persona che riceva un trattamento sanitario ha diritto a essere adeguatamente informato sulle caratteristiche dell'intervento che si accinge a ricevere, sui rischi dello stesso e sugli esiti successivi alla pratica chirurgica che dovrà essere adottata nel caso specifico. Si tratta di un diritto inviolabile della persona protetto, innanzitutto, dagli artt. 2, 13 e 32 della nostra Costituzione, oltre che dai primi articoli della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Ed è quanto ribadito da una recente sentenza la suprema Corte di Cassazione (n. 9806 del 20 aprile 2018) chiamata ad esaminare il caso di un paziente che lamentava di non essere stato adeguatamente informato sulla cicatrice “spuntata” dopo un intervento di chirurgia estetica per rimuovere il tatuaggio.

Il paziente lamentava che il chirurgo non gli avesse prospettato che la tecnica prescelta (rimozione chirurgica) potesse lasciare una vistosa cicatrice. A differenza della pratica alternativa, la dermoabrasione.

In questo caso, la Corte sottolinea che l'onere di adeguata informazione non deve solo riguardare le modalità di esecuzione dell'intervento prescelto, ma anche dettagli non trascurabili come gli esiti cicatriziali che ne possano derivare.

Nel caso specifico i giudici hanno dato ragione al chirurgo che al momento di illustrare gli effetti definitivi delle due diverse tecniche aveva disegnato con un pennarello sulla parte interessata la cicatrice che ne sarebbe residuata.

Ma anche in altra decisione la Corte di Cassazione (sentenza n. 9807 del 20 aprile 2018) era chiamata a valutare la corretta condanna di un'azienda sanitaria per un intervento chirurgico importante e invasivo praticato su un giovane, senza che allo stesso fossero stati elencati tutti i rischi del trattamento particolarmente complesso.

In questo caso i giudici sottolineano che “il paziente vanta la legittima pretesa di conoscere con la necessaria e ragionevole precisione le conseguenze dell'intervento medico, onde prepararsi ad affrontarle con maggiore e migliore consapevolezza, atteso che la nostra Costituzione sancisce il rispetto della persona umana in qualsiasi momento della sua vita e nell'integralità della sua essenza psicofisica, in considerazione del fascio di convinzioni morali, religiose, culturali e filosofiche che orientano le sue determinazioni volitive”.

Ed è un principio fondamentale, perché, una volta accertata la lesione del diritto ad una piena e consapevole adesione del paziente al trattamento proposto, lo stesso ha diritto al risarcimento del danno subito. Questo danno non consiste tanto in un corrispettivo per la lesione del bene salute in quanto tale (che attiene più che altro alla conseguenza di una lesione fisica causata da un errore medico), ma proprio per la lesione del diritto primario all'autodeterminazione della persona.

Di pieno e consapevole “consenso informato” ha sempre parlato la giurisprudenza ogni qual volta si è trovata a esaminare una situazione clinica nella quale il paziente lamentava, di fatto, di non essere stato adeguatamente informato su tutti gli aspetti suddetti del trattamento ricevuto.

E in Italia, oggi, è in vigore una legge appena emanata dal Parlamento (la legge n. 219 del 22 dicembre 2017) che prevede e disciplina proprio le modalità di acquisizione del consenso informato e impone al medico di astenersi dal praticare ogni intervento, pur ritenuto necessario, ogni qual volta manchi un pieno consenso del paziente, anche quando la persona, pur informata, rifiuti di concedere l'autorizzazione al trattamento proposto.

L'art. 1 della recente legge 219 del 2017 prevede infatti che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”.


L'art. 13 della nostra Costituzione dispone che “la libertà personale è inviolabile” e in tale principio di intangibilità risiede anche il diritto del paziente di scegliere ed autorizzare trattamenti sanitari invasivi sul proprio corpo che altrimenti non possono essere eseguiti.

Perché il paziente possa dare il consenso, consapevole, ad un intervento chirurgico occorre, ad esempio, che venga pienamente informato dai medici sulle ragioni del trattamento proposto, le sue modalità di esecuzione, i rischi (da intendersi come margini di insuccesso) e le possibili complicanze prevedibili dell'intervento secondo, la statistica scientifica del settore.

Dovrà poi essere informato su eventuali trattamenti alternativi – con vantaggi e svantaggi - e sugli esiti (oggi sappiamo, anche cicatriziali) dell'intervento, oltre che sulla fase post-trattamento in termini di riabilitazione e degenza ospedaliera.

(FONTE: Repubblica.it)

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