L'oscillazione del tasso medio di tariffa in caso di cessazione dell'erogazione della rendita per decesso dell'infortunato
12 Aprile 2018
Massima
L'oscillazione in aumento del tasso medio di tariffa opera anche quando durante il triennio di osservazione all'avvenuto riconoscimento della rendita segua la cessazione della sua erogazione per decesso dell'infortunato, seppure ciò accada prima del formale provvedimento di variazione (art. 22, D.M. 12 dicembre 2000, n. 10561). Il caso
Un'impresa, operante nel settore industria, ha impugnato dinanzi al Tribunale competente per territorio il provvedimento di determinazione del tasso medio di tariffa dovuto per l'anno 2005, dolendosi che l'INAIL avesse conteggiato gli effettivi oneri erogati in favore di un lavoratore infortunatosi, che, però, l'anno successivo, dopo pochi mesi dalla costituzione della rendita, era deceduto, senza che vi fossero eredi, così determinandosi la cessazione dell'erogazione.
Entrambi i giudici di merito hanno respinto l'opposizione dell'impresa, reputando priva di fondamento giuridico la sua tesi, in base alla quale il calcolo del premio dovesse prescindere dall'infortunio accaduto al proprio dipendente poiché gli oneri di rendita erano stati erogati solo per pochi mesi. Con ricorso per cassazione la società ha chiesto l'annullamento della decisione di appello, precisando di non aver contestato il calcolo della riserva sinistri, ma quello degli oneri di rendita, derivati dall'infortunio occorso al proprio lavoratore, quantificabili con riferimento al modesto importo della rendita corrisposta all'infortunato, il quale era deceduto senza eredi e, quindi, senza onere di pagamento della rendita ai superstiti. La questione
La questione esaminata dalla Corte di Cassazione è la seguente: la cessazione dell'erogazione della rendita per decesso dell'assicurato, avvenuta nel medesimo triennio di osservazione in cui la stessa è stata costituita, impedisce l'aumento del tasso medio di tariffa? Le soluzioni giuridiche
La Corte di Cassazione respinge il ricorso dell'impresa, ritenendo «irrilevante, ai fini del rispetto del sistema di calcolo previsto dalla legge, che all'avvenuto riconoscimento della rendita durante il triennio di osservazione - richiesto dal D.M. n. 10651/2000, art. 22 per il calcolo della tariffa - segua la cessazione della sua erogazione per decesso dell'infortunato, seppure ciò accada prima del formale provvedimento di variazione», poiché il sistema di finanziamento dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro è rigido e non consente deroghe o interpretazioni adeguatrici. La Corte perviene a tale soluzione, ricordando che «il sistema assicurativo obbligatorio contro gli infortuni e le malattie professionali è retto dal principio di equilibrio finanziario interno che si persegue, con metodo attuariale, mediante una necessaria relazione tra entità del contributo dovuto e grado di pericolosità dell'attività svolta, con riguardo anche alla singola lavorazione». In particolare, prosegue la Corte, il tasso medio di tariffa «esprime il rischio medio nazionale delle singole lavorazioni assicurate e traduce il rapporto tra il complesso degli oneri che la gestione dell'Istituto sostiene in un certo periodo quanto a ciascuna lavorazione»; il suddetto tasso, poi, «è suscettibile di essere maggiorato o diminuito a seconda del concreto andamento dei sinistri verificatisi, in ragione del concorrente principio di coinvolgimento responsabile delle imprese attraverso la considerazione sia del rispetto delle regole di prevenzione, che dell'andamento infortunistico che della entità forza lavoro impiegata in azienda». Dunque, precisa la Corte, «le tariffe dei premi dovuti all'INAIL vengano determinate in modo da ricomprendere l'onere finanziario previsto, corrispondente agli infortuni del periodo di assicurazione, e che due sono pertanto i criteri fondamentali di determinazione: calcolo fondato su previsioni, ossia probabilistico, e perseguimento dell'equilibrio finanziario dell'Istituto». Sulla base del criterio probabilistico, che sottostà a tutta la tecnica assicurativa e deve governare anche la determinazione dei tassi specifici, l'assenza di infortuni o di malattie nella singola azienda non influisce sulla probabilità di sinistri futuri e non determina una riduzione del premio dovuto, altrimenti «si realizzerebbe l'effetto vietato di ridurre il premio a mero corrispettivo dell'indennizzo, obliterando sia la funzione mutualistica dell'assicurazione sia il criterio probabilistico di calcolo del premio». Dunque, conclude la Corte, «l'aumento del tasso medio nazionale viene applicato laddove l'azienda dimostri un andamento infortunistico (determinato dal rapporto tra gli oneri e le retribuzioni) più oneroso rispetto alla media nazionale, mentre la riduzione del tasso medio nazionale viene applicata alle aziende con andamento infortunistico meno oneroso rispetto alla media nazionale. La misura dell'aumento o della riduzione è, quindi, una variabile del rapporto che dipende sia dall'entità dello scarto tra i valori aziendali e quelli nazionali, che dalla dimensione aziendale». Osservazioni
Si tratta di motivazione condivisibile, peraltro analoga a quella assunta nel recente passato per annullare la sentenza di merito con cui un giudice di merito aveva ammesso la diminuzione del premio per sopravvenuto decesso dell'assicurato a causa della riduzione dell'esborso da parte dell'INAIL (Cass. sez. lav., 11 febbraio 2002, n. 1941) e che trova fondamento nella tariffa dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui al D.M. 12 dicembre 2000, n. 10651.
Trascorsi i primi due anni di attività, in vero, il tasso medio di tariffa è ogni anno suscettibile di una oscillazione in riduzione o in aumento determinata in relazione all'andamento degli infortuni e delle malattie professionali dell'impresa, tenuto conto del tasso specifico aziendale e del numero dei lavoratori-anno del periodo (art. 22, co. 1, D.M. 12 dicembre 2000, n. 10651). Il tasso specifico aziendale è quello risultante dal rapporto fra oneri e retribuzioni relativo ai primi tre anni del quadriennio precedente l'anno di decorrenza del provvedimento di oscillazione o del minor periodo, purché non inferiore a un anno, nella ipotesi di attività iniziata da meno di quattro anni (art. 22, co. 2, D.M. n. 10651/2000). Esso è calcolato con gli stessi criteri, elementi e norme tenuti presenti per la determinazione dei tassi medi di tariffa, sulle basi statistico-economiche, specifiche e generali, del periodo cui il tasso specifico si riferisce - tanto che sono esclusi dal suo computo gli oneri effettivamente recuperati dall'INAIL in seguito ad azione di surroga o di regresso, fino a concorrenza di quanto caricato (art. 22, co. 3, D.M. n. 10651/2000) - e comprende anche gli oneri presunti per i casi di infortunio e di malattia professionale ancora da definire alla data di determinazione degli stessi tassi specifici aziendali (Cass. sez. lav., 3 giugno 2013, n. 13908). Questi ultimi sono calcolati a stima su base nazionale ed attribuiti alle singole posizioni assicurative con criterio statistico – attuariale (art. 22, co. 3, D.M. n. 10651/2000).
Ciò comporta che nella determinazione del tasso specifico aziendale concorrano anche gli oneri presunti (o riserva sinistri), sebbene nell'azienda e nel periodo considerato non si siano verificati infortuni (Cass. sez. lav., 15 luglio 2010, n. 16586; Cass. sez. lav., 15 febbraio 2010, n. 3454; Cass. sez. lav., 6 marzo 2007, n. 5120), al fine di «salvaguardare l'equilibrio finanziario dell'assicuratore e di ripartire gli effetti dei sinistri fra gli assicuranti» ed «evitare che l'assenza di eventi dannosi per una pluralità di imprese assicuranti e la conseguente riduzione contributiva, eventualmente assai consistente nel complesso, si traduca in un pesante aggravio per le eventualmente poche imprese colpite dal sinistro o si ripercuota sul bilancio dell'assicuratore» (Cass. civ., S.U. 11 giugno 2001, n. 7853, in Riv. inf. mal. prof., 2001, II, p. 74, con nota di G. Catalano, Ancora sul tasso specifico aziendale nei premi INAIL; principio poi ribadito da Cass. sez. lav., 3 giugno 2013, n. 13908; Cass. sez. lav., 26 maggio 2011, n. 11577; Cass. sez. lav., 27 maggio 2010, n. 12960; Cass. sez. lav., 30 marzo 2010, n. 7668; Cass. sez. lav., 15 febbraio 2010, n. 3454; Cass. sez. lav., 25 novembre 2009, n. 24785; Cass. sez. lav., 20 marzo 2008, n. 7616, 7615 e 7614; Cass. sez. lav., 12 dicembre 2007, n. 26074; Cass. sez. lav., 29 agosto 2007, n. 18256; Cass. sez. lav., 6 marzo 2007, n. 5120; Cass. sez. lav., 7 luglio 2004, n. 12518; Cass. sez. lav., 15 ottobre 2003, n. 15448). Il tasso specifico aziendale, pertanto, «fa riferimento non all'andamento infortunistico della singola azienda, bensì al rapporto tra l'andamento infortunistico in ciascuna categoria di lavorazione ed il numero dei lavoratori assicurati nelle singole imprese in ciascuna categoria di lavorazione ed il numero dei lavoratori assicurati nelle singole imprese nonché le loro retribuzioni, in corrispondenza di un principio di mutualità tra le imprese assicuranti» (Cass. sez. lav., 10 dicembre 2013, n. 27522), con la funzione di ripartire fra le singole aziende lo stesso onere finanziario della gestione assicurativa che il tasso medio nazionale ripartisce fra gruppi di aziende esercenti le medesime lavorazioni, previo un confronto dei rispettivi elementi costitutivi, in modo da rendere possibile il rilievo delle rispettive oscillazioni, in aumento o in diminuzione, sulla base dei dati da confrontare (Cass. civ., S.U. 1 novembre 1997, 10390). Stando così le cose, la Magistratura superiore ha correttamente ritenuto irrilevante, ai fini del calcolo del premio dovuto, che al riconoscimento della rendita durante il triennio di osservazione sia seguita la cessazione della sua erogazione per decesso dell'infortunato. |