Il trattamento della cessione del quinto nel sovraindebitamento

Gianfranco Benvenuto
21 Maggio 2018

Una tematica che nell'applicazione della legge del sovraindebitamento ha visto sbocciare un numero nutrito di soluzioni differenti da parte della giurisprudenza è quella della gestione del contratto di cessione del quinto della retribuzione del TFR o della pensione.
Premessa

Una tematica che nell'applicazione della legge del Sovraindebitamento ha visto sbocciare un numero nutrito di soluzioni differenti da parte della giurisprudenza è quella della gestione del contratto di cessione del quinto della retribuzione del TFR o della pensione.

La questione si propone quasi immancabilmente nelle procedure di composizione del debito attraverso il piano del consumatore o la liquidazione dei beni, con le quali il debitore pretende di includere nel piano il credito ceduto (per lo più ad una finanziaria), mentre il creditore-cessionario reclama l'estraneità al trattamento concorsuale sul presupposto della precedente notifica al terzo ceduto che rende inopponibile la cessione anche nei confronti dei terzi.

Nel conflitto, il creditore risulta quasi sempre soccombente, ma con motivazioni differenti che rivelano la molteplicità di vedute che ancora regna sul tema da parte della giurisprudenza.

La soluzione nel fallimento

Per motivi sistematici ed orientativi mi pare opportuno iniziare la disamina segnalando quale sia il punto di approdo della giurisprudenza nell'applicazione della legge fallimentare, dove le certezze sono assai più solide in quanto ancorate ad un impianto normativo più articolato e strutturato che offre maggiori appigli argomentativi alle soluzioni offerte.

Nella disamina tratterrò indistintamente i temi del pignoramento e della cessione del credito in quanto costituiscono due espressioni della stessa questione: infatti entrambi gli strumenti giuridici hanno l'effetto di operare una modificazione soggettiva dell'assegnatario del debitore esecutato realizzando lo stesso risultato prodotto dalla “cessione del credito pro solvendo” (Cass. 8/2/2007, n. 2745; Cass. 26.01.2006, n. 1544; Cass 14/02/2000, n. 1611; Cass. 26/10/1983, n. 16317; App. Roma 3/09/1980).

Il tema del pignoramento del quinto dello stipendio è stato affrontato dalla giurisprudenza di Cassazione (cfr. Cass. 22/01/2016, n. 1227) in termini che conducono all'inefficacia ex art. 44 l.fall. del pagamento eseguito post fallimento, ancorchè in adempimento di un'ordinanza di assegnazione del credito avvenuta ante fallimento.

La ragione dell'approdo è legata alla circostanza che, per stessa disposizione dell'art. 553 c.p.c., l'assegnazione è disposta “salvo esazione” e dunque senza comportare l'immediata estinzione del debito dell'insolvente, sicchè l'effetto satisfattivo è rimesso alla riscossione del credito ossia ad un pagamento che, in quanto eseguito dopo la dichiarazione di fallimento del debitore, subisce la sanzione dell'inefficacia.

La cessione del quinto nel sovraindebitamento

Il Tribunale di Milano (9/7/2017) ha affrontando il caso del pignoramento del quinto dello stipendio assegnato ante procedura di sovraindebitamento; il debitore intendeva disporre dell'intero credito retributivo per offrirlo alla platea dei creditori e sottrarlo al creditore assegnatario, che tuttavia in questo caso si è opposto vittoriosamente al debitore.

Il magistrato ha ritenuto che l'assegnazione dovesse avere il sopravvento sulla procedura di indebitamento, in quanto la legge 3/2012 non prevede nessuno strumento di revoca né richiama l'art. 44 l.fall. che comporta l'inefficacia dei pagamenti successivi, con la conseguenza che la domanda di sovraindebitamento non ha potere sulla precedente disposizione giudiziale di assegnazione del credito futuro.

Il Tribunale di Livorno (con due pronunce analoghe: del 21/09/2016 e del 15/02/2017) trattando la tematica della cessione del quinto dello stipendio, giunge a soluzione opposta affermando che l'istituto realizza un trasferimento del credito futuro che esplica efficacia meramente obbligatoria (Cass. 17/1/2012, n. 551) fino a quando il credito non diviene esigibile: la cessione, dunque, costituisce una semplice garanzia della restituzione del prestito, pertanto se la procedura di sovraindebitamento ha l'effetto di sospendere quelle esecutive e, in caso di omologa, di estinguerle, a maggior ragione il medesimo effetto sospensivo deve altresì aversi nei confronti delle cessioni di credito futuro a garanzia della restituzione dei prestiti.

Per il Tribunale di Grosseto (9/5/2017) l'esclusione della cessione del quinto dello stipendio dalla procedura di sovraindebitamento sarebbe incoerente rispetto ai principi di concorsualità del procedimento e di parità di trattamento che esso esprime.

Per Tribunale Torino (8/6/2016) la cessione del quinto del TFR non lo trasferisce effettivamente, ma, trattandosi di un credito futuro, costituisce semplicemente un meccanismo di garanzia a favore del creditore, in quanto prima dell'evento costituito dalla maturazione del diritto allo retribuzione differita, la titolarità della relativa somma rimane in capo al dipendente che, dunque, ne può disporre in caso di apertura di procedura di sovraindebitamento.

In dottrina (M. Vitiello, Il piano del consumatore: natura del procedimento e conseguenze del suo inquadramento, in questo portale) si afferma che dalla concorsualità della procedura consegua necessariamente il principio per cui i crediti debbano intendersi interamente scaduti al momento dell'apertura del concorso dei creditori, momento che nel piano del consumatore coincide con l'omologazione, con la conseguenza che un piano che prevedesse la prosecuzione di un mutuo o di un finanziamento erogato dietro cessione del quinto dello stipendio, sarebbe inammissibile risolvendosi in una lesione della par condicio.

Secondo il Tribunale di Pistoia (27/12/2013) è la legge stessa che consente di non tener conto di tali accordi volontariamente raggiunti in precedenza tra debitore e creditore atteso che, se fossero vincolanti, potrebbero impedire l'accesso alla procedura di sovraindebitamento in quanto consentirebbero il soddisfacimento integrale di singoli creditori e la proporzionale riduzione del patrimonio da destinare al soddisfacimento di tutti gli altri; peraltro il legislatore non rinvia all'art 545 c.p.c., quindi il parametro di valutazione degli importi necessari al mantenimento non è rappresentato nè dalla quota di un quinto dell'emolumento né tanto meno dalla misura della pensione sociale, ma viene determinato di volta in volta dal giudice sulla base della documentazione prodotta ex artt. 14-ter, comma 2, e 9, comma 2, della Legge n. 3/2012, con la conseguenza che il criterio del quinto va rideterminato nel contesto della procedura.

Infine il Tribunale di Monza (26/07/2017) richiamandosi a Cass. n. 15141/2002, ritiene che la cessione dei crediti di lavoro, ancorchè idonea a generare un effetto obbligatorio e non immediatamente traslativo che si produrrà solo nel momento in cui il credito verrà ad esistenza, sia assimilabile alle cessioni di fitti, condividendo con questa categoria la caratteristica della periodicità e probabilità della venuta ad esistenza, perché nascenti da un unico rapporto base (come quello di lavoro) che li distingue da quelli eventuali di natura aleatoria.

Poiché il decreto che ammette il debitore alla procedura di sovraindebitamento è equiparato al pignoramento, l'analogia tra la cessione del credito di lavoro e quella del fitto permette di applicare anche alla prima figura l'art 2918 c.c. (disposto per la seconda), che limita a non più di un triennio la prevalenza sul pignoramento di una cessione notificata al debitore ceduto, di modo che il creditore cessionario potrà sottrarre le risorse acquisite alla disponibilità del debitore ai fini della ristrutturazione del debito per un termine massimo di tre anni dall'omologa del piano.

Conclusioni: una soluzione alternativa

Riportata la sintetica esposizione dei principali provvedimenti che si sono occupati della cessione del quinto dello stipendio, trarrei le conclusioni introducendo qualche ulteriore e personale argomento.

L'assunto di partenza è che la procedura di sovraindebitamento è una procedura concorsuale, così come viene definita dalla stessa legge all'art. 6, comma 1, e ribadito dall'art. 7, comma 2, l. a).

Da ciò occorre trarre le conseguenze dovute e ricordare come gli elementi caratteristici della concorsualità sono l'universalità e la segregazione del patrimonio destinato alla soddisfazione dei creditori anteriori nel rispetto della par condicio, principi che richiedono che tutti i creditori anteriori siano trattati secondo il disposto dell'art. 2741 c.c..

Si aggiunga che gli artt. 553 C.P.C. e 2928 c.c. chiariscono come il diritto dell'assegnatario di un credito (posizione identica al cessionario) si estingue solo con il pagamento, in quanto l'assegnazione, così come la cessione, dà luogo solo ad un trasferimento pro solvendo.

Da questa osservazione si traggono quelle conseguenti che il debitore rimane tale anche successivamente alla cessione o alla assegnazione del credito e che la cessione del credito futuro produce effetti meramente obbligatori e non immediatamente traslativi sul suo patrimonio.

Pertanto, ove il debitore decida di regolare la propria situazione di sovraindebitamento facendo ricorso alla legislazione speciale di cui alla L. n. 3/2012, non si vede cosa possa impedire la destinazione di tutto il patrimonio di cui è titolare a vantaggio di obbligazioni non più individuali, ma verso la massa; il che è esattamente ciò che accade nel fallimento ai cui effetti non si sottraggono né l'assegnatario, né il cessionario del credito.

In particolare non si condivide l'applicazione che dell'art. 2918 c.c. ha fatto il Tribunale di Monza, in quanto la sentenza di Cassazione (n. 15141/2002) che ha ispirato quella pronuncia, atteneva al conflitto tra cessione e pignoramento del singolo, mentre la natura concorsuale della procedura di sovraindebitamento introduce effetti più pervasivi sul patrimonio del debitore rispetto a quelli ricavabili dal pignoramento individuale.

Il debitore riesce a rispettare i vincoli presi individualmente fino a che non subisce l'effetto straordinario del sovraindebitamento che, in virtù dei principi di universalità, travolge tutte le obbligazioni precedenti asservendole all'unica procedura con cui viene riorganizzato l'ordine dei pagamenti in base a regole di parità di trattamento e gradualità dei privilegi.

Infine, la Legge n. 3/2012 detta solo tre limitazioni alla destinazione di tutto il patrimonio al soddisfacimento dei creditori concorsuali e ciò per favorire il soddisfacimento prioritario: a) dei crediti impignorabili, b) dei crediti di IVA e ritenute e c) dei crediti privilegiati nei limiti del valore dei beni destinati a soddisfarli; i crediti derivanti dalla cessione del quinto dello stipendio non sono ricompresi in queste eccezioni e pertanto nulla impedisce che siano trattati alla stregua di tutti gli altri ai quali il debitore riserva il patrimonio secondo principi di par condicio.

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