Garage e posti auto

28 Febbraio 2024

I parcheggi in condominio costituiscono un bene di grande interesse per i condomini (ma anche per i terzi), in ragione del fatto che il loro numero, specialmente nelle moderne metropoli, è assai inferiore alla richiesta (e al necessario). Non è un caso, infatti, che il legislatore si è occupato ripetutamente di tale tipologia di immobile, stabilendo (con ripetute leggi in materia di assetto del territorio) non solo l'obbligatorietà della loro realizzazione in quantità minima, ma anche degli specifici vincoli in merito sia alla loro utilizzazione, sia alla loro commerciabilità.

Inquadramento

Nel vigente ordinamento giuridico, i parcheggi sono stati oggetto di frequente regolamentazione legislativa. Non è difficile immaginare la ragione di tale circostanza: l'interesse sociale per tale tipo di bene è molto alto, specialmente in quelle aree urbane dove il loro numero è largamente inferiore alla richiesta di acquisto e/o di utilizzo da parte dei cittadini. Il ripetuto intervento del legislatore ha, però, comportato una stratificazione di norme che rende piuttosto complesso orientarsi in un sistema che comprende tipologie eterogenee, a volte apparentemente sovrapponibili o confliggenti. A ciò si aggiunga che tutto è avvenuto in un lungo arco di tempo, determinando, nel concreto della realtà edilizia, il coesistere di situazioni identiche dal punto di vista di fatto, ma sottoposte ad una diversa disciplina.

Sinteticamente, le fattispecie sono costituite da:

  •  i parcheggi previsti dalla legge urbanistica c.d. legge ponte (n. 765/1967) che è intervenuta sulla precedente legge urbanistica (n. 1150/1942) inserendo una specifica norma in quest'ultima (art. 41-sexies) recante la previsione dell'obbligatorietà della realizzazione di un numero minimo di spazi per ciascun edificio;
  •  quelli previsti in seguito dall'art. 9 della l. n. 122/1989 (c.d. legge Tognoli) che, a loro volta, si articolano in due distinte tipologie;
  •  i parcheggi privati che non sono sottoposti ad alcuna disciplina specifica, e rimangono quindi regolamentati dalla comune normativa codicistica.

Le tipologie di parcheggi privati

Affrontare il tema dei parcheggi privati impone, senza dubbio, la ricostruzione della disciplina applicabile alle varie tipologie, evidenziando la sussistenza di uno stretto legame tra l'individuazione della fattispecie e la fissazione delle norme. Sul punto, non può ignorarsi che, di fatto, possono non essere riscontrabili differenze concrete, che invece sono spiccate nelle relative norme.

Come detto le tipologie di parcheggi privati che emergono dalla legislazione vigente sono tre, che saranno esaminate partitamente qui di seguito.

I parcheggi della legge ponte. L'art. 18 della legge ponte reca un'integrazione diretta alla l. 17 agosto 1942, n. 1150 (legge urbanistica statale) consistente nell'inserimento di un nuovo articolo all'interno del suo testo, e precisamente dell'art. 41-sexies il cui testo esattamente recita «Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione».

Successivamente, è intervenuta, su detto art. 41-sexies, la l. 28 febbraio 1985 n. 47 («Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie»), c.d. condono edilizio che ha precisato che «Gli spazi di cui all'articolo 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765 , costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli articoli 817, 818 e 819 del codice civile».

Più in seguito ancora, sempre detto art. 41-sexies è stato parzialmente modificato dalla c.d. legge Tognoli (ed esattamente dal comma 2 dell'art. 2 della l. 24 marzo 1989, n. 122) che ha sostituito il predetto testo (introdotto, come visto, dalla prima l. n. 765/1967) con il seguente: «Nelle nuove costruzioni e anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione».

Ancor più recentemente, il legislatore è tornato sulla materia con la l. 28 novembre 2005, n. 246 («Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005»), il cui art. 12 («Disposizioni in materia di atti notarili»), al comma 9, ha aggiunto al predetto art. 41-sexies un ulteriore comma secondo cui «Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse.»

In evidenza

Il susseguirsi di detti ripetuti interventi legislativi, rende opportuno qui riprodurre il testo ad oggi vigente dell'art. 41-sexies della legge urbanistica (l. 17 agosto 1942, n. 1150):

1. Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione.

2. Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse.

Quelli previsti dall'art. 41-sexies sono denominati, generalmente, parcheggi obbligatori in quanto, come visto, devono essere necessariamente previsti in sede di realizzazione degli edifici (c.d. «standard edilizio»).

Relativamente a tale fattispecie, la giurisprudenza si è a lungo impegnata in un'opera di interpretazione e di precisazione delle norme applicabili.

Senza pretesa di completezza (vista la portata delle problematiche che costituiscono, invero, un insieme notevolmente magmatico) gli aspetti analizzati possono compendiarsi come segue:

  • in primo luogo, occorre evidenziare che l'art. 18 della legge ponte (norma che ha introdotto per prima, nel 1967, l'obbligatoria realizzazione di un numero minimo di spazi a parcheggio), è ritenuto pacificamente di natura pubblicistica (soprattutto perché prevede una condizione ex lege per il rilascio dei provvedimenti autorizzativi necessari per procedere alla costruzione).

Prima dell'ulteriore intervento legislativo della l. n. 246/2005 (che, come visto, ha previsto la trasferibilità autonoma di tali spazi), in dottrina e in giurisprudenza si erano contrapposti i due seguenti orientamenti:

a) l'art. 18 della l. n. 765/1967 prevede un vincolo di natura pubblicistica, pattiziamente inderogabile, che esplica i suoi effetti tra gli spazi da destinare obbligatoriamente a parcheggio e l'edificio; ne deriva la nullità di ogni convenzione contraria e in particolare dei contratti (rectius, delle clausole in essi contenuti) mediante i quali detti spazi sono sottratti all'uso esclusivo da parte dei proprietari delle porzioni di piano ricomprese nel relativo fabbricato; tale nullità darebbe luogo ad un'integrazione delle alienazioni comportante l'attribuzione di un diritto reale d'uso sui parcheggi in favore degli acquirenti (delle abitazioni facenti parte dell'edificio), nonché l'integrazione del prezzo di acquisto a favore del venditore/costruttore;

b) l'art. 41-sexies prevede soltanto l'obbligatorietà della destinazione d'uso a parcheggio, da non attribuirsi necessariamente ai titolari delle porzioni di piano facenti parte dell'edificio, in modo tale che al venditore/costruttore è comunque attribuita la facoltà di riservarsi la proprietà e l'uso dei parcheggi o anche di trasferirla a soggetti estranei al condominio.

Proprio per risolvere detto contrasto creatosi tra i su riportati due orientamenti, è intervenuta la l. n. 47/1985 che, come visto, ha qualificato gli spazi a parcheggio come "pertinenze della costruzione ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818 e 819 c.c."

Tuttavia, l'effetto di risoluzione del contrasto non è stato in tal modo ottenuto, in quanto la giurisprudenza, successiva alla l. n. 47/1985, ha continuato ad affermare la sussistenza, anche a seguito di detta “novella”, del vincolo di asservimento dei parcheggi all'uso esclusivo dei condomini a favore dei titolari delle singole unità immobiliari dell'edificio.

  •  in secondo luogo, va considerato l'intervento della successiva l. n. 246/2005 che ha stabilito la trasferibilità autonoma degli spazi destinati a parcheggio, nell'evidente finalità di superare le rigidità della giurisprudenza che, anche in presenza della qualificazione in termini di “pertinenza” (di cui alla l. n. 47/1985), ha continuato ad affermare una limitata commerciabilità dei medesimi.

In altri termini, con detta “novella”, il legislatore ha voluto eliminare ogni dubbio sulla qualificazione del vincolo “a parcheggio” che, quindi, va ora interpretato nel senso per cui:

a) gli spazi non possono dirsi sottoposti ad un vincolo pertinenziale con le unità immobiliari facenti parte dell'edificio;

b) al contempo, non grava su di essi un diritto d'uso a favore dei proprietari di tali unità;

c) possono essere trasferiti autonomamente, anche a soggetti che non sono proprietari di tali unità (cioè, a favore di soggetti “estranei” al condominio). Come si vede, un ribaltamento totale dei primi orientamenti interpretativi in materia, nel senso di liberare tale tipologia di unità immobiliare (che rimane destinata a parcheggio) da vincoli relativi alla libera contrattazione e/o trasferibilità.

Purtroppo, però, il ripetuto susseguirsi delle norme (come visto, notevolmente articolato) ha lasciato comunque sul campo la problematica dell'efficacia temporale delle medesime, quanto meno per il fatto che il legislatore non ha chiarito se l'applicazione delle ultime norme (l. n. 246/2005) debba avvenire solo per il futuro o meno (in particolare, con riferimento agli atti e/o alle clausole contrattuali stipulate successivamente all'entrata in vigore avvenuta il 16/12/2005). Sinteticamente sul punto, la giurisprudenza, da una parte ha escluso la natura di “interpretazione autentica” dell'art. 12, comma 9, della l. n. 246/2005 (App. Roma, 2 aprile 2008, n. 1394; Cass. civ., sez. II, 24 febbraio 2006 n. 4264) e dall'altra, in maniera sostanzialmente pacifica, ha ritenuto che detta disposizione non possa avere efficacia retroattiva, spiegando i suoi effetti solo per il futuro (Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 2013, n. 1753; Cass. civ., sez. II, 13 gennaio 2010, n. 378; Cass. civ., sez. II, 24 febbraio 2006 n. 4264).

A corollario di quanto sopra, va infine evidenziato che, relativamente a tale tipologia di parcheggi, sopravvivono i seguenti aspetti problematici:

  • a prescindere dall'operatività temporale delle norme (sopra evidenziata), deve dirsi comunque efficace un vincolo di natura urbanistica e relativo alla destinazione d'uso (a parcheggio) degli spazi de quibus;
  • detto vincolo discende dalla concessione edilizia (e dalla collegata approvazione del progetto, nel quale sono concretamente determinate le specifiche zone destinate a parcheggi “obbligatori”);
  • tale condizione delle aree non è modificabile attraverso atti di autonomia privata (con conseguente nullità sia di eventuali negozi del proprietario, sia di delibere assembleari);
  • in presenza di una riserva di proprietà su tali aree (solitamente a favore del “costruttore”), sussiste comunque un diritto d'uso pro quota a favore dei titolari delle unità immobiliari comprese nell'edificio;
  • incerta è la quantificazione di detto “diritto d'uso” (e se debba o meno corrispondere all'ampiezza – in metri cubi – dell'unità immobiliare).

I parcheggi della legge Tognoli. Detta normativa (in particolare, art. 9, l. 24 marzo 1989, n. 122) contempla due tipologie di parcheggi privati, entrambi da qualificarsi come pertinenza delle singole unità immobiliari. Il primo elemento rilevante è che la loro realizzazione non è obbligatoria (come quella delle leggi urbanistiche sopra citate) ma solo eventuale. La legge, in realtà, pone solo l'obbligo di conservazione della destinazione d'uso (a parcheggio), insieme alla loro assoluta incedibilità separata rispetto all'unità immobiliare alla quale sono legati ex lege dal predetto vincolo pertinenziale (con previsione di conseguente nullità in caso contrario).

Sinteticamente, le tipologie sono:

1) parcheggi realizzati nel sottosuolo, anche in deroga agli strumenti urbanistici (art. 9 commi 1, 2 e 3); tra le varie agevolazioni concesse dalla legge, spicca la riduzione della maggioranza prevista, in astratto, per le innovazioni “ordinarie” (art. 1120 c.c.)

2) parcheggi realizzati su aree comunali o nel loro sottosuolo (art. 9 comma 4) da cedere in diritto di superficie ai privati per un periodo non superiore a novanta anni.

Successivamente, sulla l. n. 122/1989 è intervenuto l'art. 10, comma 1, della l. 4 aprile 2012, n. 35 ("Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo") di cui ha riscritto l'intero comma 5 dell'art. 9.

In evidenza

Il testo in vigore di detto art. 9, comma 5, risulta essere il seguente:

"5. Fermo restando quanto previsto dall'art. 41-sexies, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, e l'immodificabilità dell'esclusiva destinazione a parcheggio, la proprietà dei parcheggi realizzati a norma del comma 1 può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune. I parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale e i relativi atti di cessione sono nulli, ad eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il comune, ovvero quando quest'ultimo abbia autorizzato l'atto di cessione".

Da tale intervento modificativo risulta una prescrizione in qualche modo più flessibile, fermo però restando il vincolo tra parcheggio ed unità immobiliare principale, che va ricompreso nell'ambito della fattispecie della “pertinenzialità”, con contemporanea previsione di una immodificabilità di tale destinazione d'uso, salvo patto contrario possibile nel rispetto delle condizioni previste dalla norma.

La titolarità sui parcheggi insistenti su aree condominiali, quindi, può essere trasferita solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare.

I parcheggi c.d. liberi

Ovviamente, al di fuori delle predette ipotesi (di creazione legislativa), esistono i parcheggi sottoposti all'ordinario diritto comune, vale a dire quelli costituiti dagli spazi (o eventualmente dai locali) concretamente destinati a tale utilizzazione.

Sono quelli costituiti, solitamente, da aree realizzate in precedenza all'entrata in vigore della legge ponte del 1967 oppure dai parcheggi realizzati in eccedenza rispetto alla superficie minima obbligatoria prescritta da detta legge.

Tale tipologia è soggetta alle regole ordinarie del codice civile, senza che per essa sussistano particolari situazioni di vincolo, ed in effetti si manifesta in aree o locali in proprietà esclusiva: si tratta di unità immobiliari che, nella maggior parte dei casi, costituiscono una “pertinenza” posta in concreto dal proprietario a servizio di una determinata unità immobiliare, ed in quanto tale disciplinata dagli artt. 817 e ss. c.c. (senza che sia assolutamente necessario che il legale riguardi una porzione di piano compresa nello stesso edificio di cui fa parte il parcheggio, e con pacifica attribuzione al proprietario medesimo di più ampi poteri di disposizione al fine dell'alienazione a terzi o della concessione del godimento separatamente dall'unità immobiliare “principale”).

È principio pacifico che il regolamento di condominio o il titolo di acquisto possono prevedere (con vincolo contrattuale) particolari prescrizioni in ordina all'utilizzazione concreta di tali aree/locali.

I parcheggi condominiali

Particolare rilevanza hanno nella nostra ottica i parcheggi c.d. “condominiali”, vale a dire quelle “parti comuni” dell'edificio in regime di condominio destinate, appunto, a parcheggio.

La c.d. “riforma del condominio” (l. n. 220/2012, in vigore dal 18 giugno 2013), intervenendo sul testo dell'art. 1117 c.c., ha ricompreso “le aree destinate a parcheggio” nell'elenco ivi riportato di “beni” ed “impianti” comuni, con la conseguenza di far agire, per tale tipologia di “cosa”, la presunzione relativa di comproprietà condominiale posta da tale norma (v., ex multis, Cass. civ., sez. II, 8 agosto 1986, n. 4987; Trib. Bologna, 15 luglio 2015, n. 2261) Tuttavia, la “novella” non appare aver apportato alcuna novità sul punto, stante la valenza della “destinazione” concreta del bene/impianto, pacificamente riconosciuta in grado di far discendere l'attribuzione di titolarità esclusiva o comune (v. di recente, Cass. civ., sez. II, 14 giugno 2017, n. 14794).

Sul versante processuale, posto che la speciale normativa urbanistica, dettata dall'art. 41-sexies della l. n. 1150/1942, introdotto dall'art. 18 della l. n. 765 del 1967, si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, la destinazione obbligatoria di appositi spazi a parcheggi in misura proporzionale alla cubatura totale dell'edificio, determinando, mediante tale vincolo di carattere pubblicistico, un diritto reale d'uso sugli spazi predetti a favore di tutti i condomini dell'edificio, senza imporre all'originario costruttore alcun obbligo di cessione in proprietà degli spazi in questione, si è precisato (Cass. civ., sez. II, 10 settembre 2020, n. 18796) che, ove manchi un'espressa riserva di proprietà o sia stato omesso qualsiasi riferimento, al riguardo, nei singoli atti di trasferimento delle unità immobiliari, le aree in questione, globalmente considerate, devono essere ritenute parti comuni dell'edificio condominiale, ai sensi dell'art. 1117 c.c., con conseguente legittimazione dell'amministratore di condominio ad esperire, riguardo ad esse, le azioni contro i singoli condomini o contro terzi dirette ad ottenere il ripristino dei luoghi e il risarcimento dei danni, giacché rientranti nel novero degli atti conservativi, al cui compimento l'amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130, n. 4, c.c.

Sotto altro aspetto, ma sempre con riferimento ai parcheggi nell'ambito condominiale, va evidenziato che una certa rilevanza assume il cortile (la cui funzione specifica è quella di dare aria e luce al fabbricato), che, secondo la giurisprudenza, ben può essere utilizzato per l'allocazione delle automobili (tra le pronunce di merito si segnalaTrib. Roma, 24 gennaio 2017, n. 1174).

Quest'ultima puntualizzazione consente di introdurre il tema delle regole che disciplinano l'utilizzazione dei parcheggi condominiali.

In estrema sintesi:

● le norme che vanno applicate a tal proposito sono certamente l'art. 1102 c.c. (in forza del rinvio contenuto nell'art. 1139 c.c.), ma anche l'art. 1120 in materia di innovazioni;

● l'utilizzazione “a parcheggio” del cortile deve esser valutata caso per caso in rapporto alla specifica destinazione della relativa area (che deve esser sempre rispettata), applicando un parametro valutativo che tenga conto delle concrete situazioni di fatto (vale a dire, delle caratteristiche dell'area medesima) nonché dell'eventuale precedente destinazione data ad essa dai condomini o dall'originario proprietario dell'edificio (al riguardo, v. Cass. civ., sez. II, 15 settembre 2021, n. 24937, ad avviso della quale il mutamento di destinazione d'uso, da palestra ad autorimessa, di un immobile posto su una strada privata ad uso pubblico, con la connessa apertura di sei accessi carrabili, anche se assistito dal rilascio delle relative concessioni, contrasta con l'art. 1102 c.c., in quanto impedisce agli altri condomini di continuare a fruire pienamente della possibilità di parcheggiare secondo le antecedenti modalità);

CASISTICA

L'assemblea può disporre la rotazione dei parcheggi

In materia di parcheggio nell'area comune condominiale e dunque in relazione al pari uso della res communis, nel caso in cui i posti auto presenti nel cortile siano insufficienti a soddisfare tutti i condomini, l'assemblea può disporne l'assegnazione su rotazione, ma se non viene raggiunta la maggioranza necessaria per l'approvazione della delibera ciascun proprietario può presentare domanda affinché giudice si pronunci in merito, escludendosi la legittimità del ricorso all'Autorità giudiziaria, allorquando esso si traduca in una ingerenza nella gestione condominiale ed in una sovrapposizione alla volontà assembleare, risultando per converso legittimo, nelle ipotesi di assoluta inerzia in ordine alla concreta amministrazione della res communis (Trib. Salerno, 6 novembre 2017, n. 5036).

Non possono escludersi taluni condomini dall'utilizzazione dei parcheggi

La delibera assembleare che disponga la delimitazione di posti auto nel cortile comune in numero corrispondente alle unità immobiliari ad uso abitativo escludendo i titolari dei locali commerciali e consentendo a chi desideri di realizzare una copertura a proprie spese è nulla in quanto costituisce assegnazione individuale ad uso esclusivo di parti dell'area di uso comune e ne impedisce l'uso e il godimento da parte di altri condomini (Cass. civ., sez. II, 21 novembre 2016, n. 23660).

L'assemblea può regolamentare i posti auto

In tema di condominio, la delibera assembleare di destinazione del cortile a parcheggio di autovetture - in quanto disciplina le modalità di uso e di godimento del bene comune - è validamente approvata con la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 5, c.c., non essendo richiesta l'unanimità dei consensi, ed è idonea a comportare la modifica delle disposizioni del regolamento condominiale che si limitano a dettare norme che disciplinano, appunto, l'utilizzazione e i modi di fruizione delle cose comuni e che, in quanto tali, hanno natura regolamentare e non contrattuale (Cass. civ., sez. II, 15 giugno 2012, n. 9877).

Il cortile può essere destinato a parcheggio

Tra le destinazioni accessorie del cortile comune, la cui funzione principale è quella di dare aria e luce alle varie unità immobiliari, rientra quella di consentire ai condomini l'accesso a piedi o con veicoli alle loro proprietà, di cui il cortile costituisce un accessorio, nonché la sosta anche temporanea dei veicoli stessi, senza che tale uso possa ritenersi condizionato dall'eventuale più limitata forma di godimento del cortile comune praticata nel passato. (Nella specie, la Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la validità della delibera condominiale con la quale, a maggioranza, si era stabilito che l'area scoperta annessa all'edificio condominiale poteva essere utilizzata dal solo proprietario di un locale interno munito di passo carrabile, nel contempo vietando il parcheggio delle autovetture sull'area stessa; si è, altresì, ritenuto che tale delibera si traducesse in un'illegittima esclusione del potere di uso della cosa comune da parte degli altri comproprietari (Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2010, n. 13879).

● nel caso in cui il regolamento condominiale preveda espressamente il divieto di destinare a parcheggio il cortile comune o altri spazi circostanti l'edificio ovvero stabilisca una specifica destinazione di tali aree (ad esempio, a giardino), la relativa prescrizione deve qualificarsi di natura contrattuale, con la conseguenza che qualsiasi intervento su di essa (modifica, integrazione e/o abolizione) dovrà essere effettuato con il consenso unanime di tutti i condomini;

● l'assemblea, con apposita sua deliberazione, nel destinare uno spazio comune al parcheggio di autovetture, può disporre la delimitazione con segni materiali degli spazi riservati all'uso dei singoli condomini; una siffatta decisione è del tutto legittima in quanto non comporta alcuna innovazione, e per la sua validità è sufficiente una maggioranza semplice (Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 1977, n. 697; Cass. civ., sez. II, 9 dicembre 1988, n. 6673; Trib. Foggia, 25 marzo 1994); da non confondere, però, con l'ipotesi in cui l'assemblea – in maniera invalida – deliberi l'assegnazione di un posto macchina, ben individuato e immodificabile, ad ogni condomino nominativamente e in via esclusiva, in tale caso si configura un'ipotesi di nullità della deliberazione in quanto si configura, in realtà, una (inammissibile) divisione dell'area comune (Cass. civ., sez. II, 21 novembre 2016, n. 23660; Cass. civ., sez. II, 27 maggio 2016, n. 11034; Cass. civ., sez. II, 22 gennaio 2004, n. 1004. V., però, di recente, Cass. civ., sez. II, 13 giugno 2023, n. 16902, ad avviso della quale la deliberazione assembleare, con la quale sia stata disposta una diversa distribuzione dei posti auto e dell'area per il parcheggio di auto e moto, non concerne un'innovazione, ma riguarda solo la regolamentazione dell'uso ordinario della cosa comune, senza incidere sull'essenza di questa, né alterarne la funzione o la destinazione; pertanto, per la legittimità di tale delibera non è richiesta l'adozione con la maggioranza qualificata dei due terzi del valore dell'edificio);

● pacifica la validità di una decisione dell'assemblea che, in ragione dell'insufficienza della superficie dell'area comune, disponga l'uso “turnario” dei parcheggi ivi allocati (Cass. civ., sez. II, 22 marzo 2001, n. 4131; Cass. civ., sez. II, 22 novembre 1984, n. 6010; Trib. Milano, 12 febbraio 1987); qualche contrasto giurisprudenziale, invece, sulla possibilità di imporre un corrispettivo per la sosta (in senso favorevole, v. Trib. Napoli, 28 febbraio 1979; Trib. Napoli, 24 ottobre 1984; in senso contrario, v, ,Trib. Milano, 3 novembre 2000);

● per quanto riguarda, infine, il c.d. “uso indiretto” dell'area comune (che, come noto, avviene attraverso la locazione a terzi o a singoli condomini) la giurisprudenza ha statuito che la delibera (da assumere a maggioranza, in quanto atto di ordinaria amministrazione) è legittima in quanto sia concretamente impossibile l'uso diretto da parte di tutti i partecipanti, sia nella forma dell'utilizzazione promiscua, sia in quella “a turno” (temporale o spaziale) (Cass. civ., sez. II, 22 marzo 2001, n. 4131; Cass. civ., sez. II, 22 novembre 1984, n. 6010);

Relativamente alle spese, si è, di recente, chiarito che le quelle relative alla riparazione del cortile o viale di accesso all'edificio condominiale, facente anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino, non vanno ripartite in base ai criteri di cui all'art. 1126 c.c., dovendosi applicare analogicamente l'art. 1125 c.c., che, in virtù del generale principio dettato dall'art. 1123, comma 2, c.c., accolla per intero le spese di manutenzione della parte della struttura complessa, identificantesi con il pavimento del piano superiore, a chi, con l'uso esclusivo della stessa, ne rende necessaria la manutenzione (Cass. civ., sez. II, 31 luglio 2023, n. 23250: nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva posto a carico esclusivo dei condomini le spese di riparazione del cortile di accesso agli edifici condominiali ed utilizzato per il parcheggio dei veicoli, che fungeva anche da copertura di un locale interrato adibito a palestra).

Riferimenti

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Casu, Parcheggi ponte. Valutazione dei diritti di utilizzo dei posti auto, in Riv.  notar., 2010, II, fasc. 1, 139;

De Tilla, Il regolamento di condominio e il diritto dei condomini di parcheggiare l'auto, in Riv. giur. edil., 2009, I, fasc. 3, 712;

Angiuli, Mancata destinazione a parcheggio del cortile condominiale, in Contratti, 2008, fasc. 6, 573;

Annunziata, I parcheggi realizzati nel sottosuolo o nei locali siti al piano terra costituiscono ancora pertinenza delle unità immobiliari?, in Arch. loc. e cond., 2007, fasc. 4, 418;

Ferri, I parcheggi condominiali tra esigenze della collettività e tutela del singolo, in Notariato, 2007, fasc. 1, 96;

Luminoso, Nuove questioni su parcheggi e condominio, in Riv. giur. edil.,  2007, II, fasc. 6, 171;

Celeste, I parcheggi non sono gravati da vincoli pertinenziali e sono trasferibili autonomamente, in Rass. loc. e cond., 2006, fasc. 1, 7;

Di Sinno, Linee evolutive della disciplina civilistica degli spazi di parcheggio negli edifici e profili costituzionali di tutela del bene abitazione, in Arch. loc. e cond., 2006, fasc. 3, 235;

Selvini, I diritti del conduttore alla partecipazione all'assemblea condominiale e all'uso del parcheggio, in Contratti, 2006, fasc. 7, 677.

Mariconda, Cortile comune ed esclusiva di parcheggio, in Corr. giur., 2001, fasc. 5,  656.