È legittima la perequazione delle pensioni superiori a sei volte il trattamento minimo
21 Maggio 2018
La Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia, in un contenzioso instaurato da 81 pensionati nei confronti dell'INPS avente ad oggetto il blocco della perequazione delle pensioni, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, co. 2, art. 36, co. 1 e art. 38, co. 2 Cost.. Il giudice a quo, infatti, ha trovato pregiudizievole per i pensionati ricorrenti l'art. 24, co. 25 e 25-bis del D.L. n. 201/2011 e l'art. 1, co. 483, della L. n. 147/2013 nella parte in cui negano la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici alle pensioni rientranti nelle fasce di importo superiori a sei volte il trattamento minimo INPS.
La Corte Costituzionale, richiamando la sentenza n. 250 del 2017, ha sottolineato che i commi 25 e 25-bis non siano frutto di scelte irragionevoli da parte del legislatore. Da questi, infatti, emergono le esigenze finanziarie sulla base delle quali il legislatore ha esercitato la sua discrezionalità, volendo sacrificare parzialmente e temporaneamente l'interesse dei pensionati, a favore del potere di acquisto dei propri trattamenti. Infatti, in un'ottica di tutela delle categorie di pensionati con i trattamenti più bassi, la perequazione viene riconosciuta in misure percentuali decrescenti all'aumentare dell'importo complessivo del trattamento pensionistico, fino ai trattamenti superiori a sei volte il minimo INPS per i quali essa non è prevista.
Sulla base di quanto esposto, la Corte Costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità sollevate, ritenendo ragionevole il blocco della perequazione automatica per le pensioni rientranti nelle fasce di importo superiori a sei volte il trattamento minimo INPS. |