Concordato fallimentare e determinazione dell'imposta di registro

22 Maggio 2018

Con sentenza del 12 febbraio 2018, n. 3286, la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla corretta tassazione ai fini dell'imposta di registro di un decreto di omologazione di un concordato fallimentare con terzo assuntore, sostenendo che lo stesso non deve essere assoggettato all'imposta fissa, ma a quella proporzionale: ciò in quanto, ai fini tributari, non rileverebbe solo il provvedimento di omologazione, ma anche la cessione dell'attivo fallimentare al terzo assuntore.
Massima

Con sentenza del 12 febbraio 2018, n. 3286, la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla corretta tassazione ai fini dell'imposta di registro di un decreto di omologazione di un concordato fallimentare con terzo assuntore, sostenendo che lo stesso non deve essere assoggettato all'imposta fissa, ma a quella proporzionale: ciò in quanto, ai fini tributari, non rileverebbe solo il provvedimento di omologazione, ma anche la cessione dell'attivo fallimentare al terzo assuntore.

In particolare, da quanto si evince dalla pronuncia, la causa in oggetto è stata iniziata da una società che aveva depositato una proposta di concordato fallimentare mediante assunzione ex art. 124, comma 2, lettera c) legge fallimentare, omologata dal Tribunale locale.

L'Agenzia delle Entrate ha liquidato l'imposta di registro applicando la misura proporzionale (non è indicata l'aliquota dell'imposta) su una base imponibile, che, dalla lettura dei fatti di causa, sembrerebbe essere stata determinata pari alla liquidità netta della società.

La motivazione dell'atto si sarebbe basata sull'applicazione dell'art. 21, comma 2, del DPR n. 131/1986 (di seguito anche TUR), il quale sancisce che, se le disposizioni contenute nell'atto derivano necessariamente per la loro intrinseca natura le une dalle altre, l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all'imposizione più onerosa.

Il quadro normativo

Come si è esposto precedentemente, il concordato fallimentare può prevedere l'intervento di un terzo assuntore.

Tale soggetto si accolla delle obbligazioni, che in genere consistono nel soddisfare i crediti concorsuali nella misura concordata, ma in cambio, come corrispettivo di tale assunzione, gli vengono trasferite delle attività fallimentari.

Secondo l'Agenzia delle Entrate, contrariamente a quanto accade nella procedura di concordato con cessione di beni o in quella con garanzia, nel caso del concordato con terzo assuntore l'atto giudiziario di omologa produce effetti immediatamente traslativi (così paragrafo 1.2. della Circolare dell'Agenzia delle Entrate del 21 giugno 2012, n. 27).

Ciò comporta delle conseguenze ai fini tributari, in quanto viene applicato un regime fiscale differente e più oneroso dal punto di vista dell'imposta di registro.

Infatti, è stato chiarito che i decreti di omologazione dei concordati, sia con garanzia, sia aventi ad oggetto la cessione dei beni ai creditori, devono essere assoggettati ad imposta di registro in misura fissa, in quanto annoverabili tra gli atti di cui all'art. 8, lettera g) della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, avente ad oggetto gli atti "di omologazione" (Risoluzione Agenzia Entrate 26.3.2012 n. 27).

Al contrario, il decreto di omologa del concordato con intervento del terzo assuntore, in qualità di atto traslativo della proprietà dei beni a favore del terzo assuntore, dovrebbe essere assoggettato ad imposta di registro in misura proporzionale, in base a quanto stabilito dall'articolo 8, lettera a), della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, che prevede l'applicazione delle "stesse imposte stabilite per i corrispondenti atti".

Resterebbe fermo che tali atti non devono essere assoggettati all'imposta proporzionale nel caso in cui abbiano ad oggetto operazioni incluse nell'ambito applicativo dell'IVA; nel qual caso, in virtù del principio di alternatività IVA/Registro di cui all'art. 40 del TUR, l'imposta di registro deve essere applicata in misura fissa.

Per quanto attiene alla determinazione della base imponibile, l'accollo delle obbligazioni scaturenti dal concordato da parte del terzo assuntore costituirebbe una disposizione intrinsecamente connessa a quella relativa al trasferimento dell'attivo fallimentare, essendo entrambe finalizzate a realizzare una vicenda giuridica unitaria ed inscindibile.

La connessione oggettiva tra l'accollo delle obbligazioni concordatarie e il trasferimento dell'attivo fallimentare risulta tale da non consentire di ritenere ciascuna di esse espressione di un'autonoma capacità contributiva.

Ne consegue che si renderebbe applicabile la disposizione recata dall'art. 21, secondo comma, del TUR, relativo agli atti contenenti più disposizioni che derivano necessariamente le une delle altre.

In ossequio a tale disposizione normativa, l'imposta di registro si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa, da determinare avendo riguardo, sia all'aliquota, che alla base imponibile.

Nel caso in oggetto, quindi, occorrerebbe porre a confronto l'imposizione gravante sulla parte del decreto relativo all'accollo dei debiti scaturenti dal concordato, soggetti all'imposta nella misura del 3 per cento ai sensi dell'articolo 9 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, e l'imposizione gravante sui beni dell'attivo fallimentare trasferiti per effetto del concordato.

In conclusione

Le conclusioni della sentenza della Corte di Cassazione in esame risultano essere in contrasto con quelle di altre pronunce di giudici di merito.

In particolare, ci si riferisce alla sentenza del 13 febbraio 2017, n. 1303/3/17, della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che si è espressa a sua volta in merito alla corretta tassazione ai fini dell'imposta di registro di un decreto di omologazione di un concordato fallimentare con terzo assuntore, sostenendo che lo stesso deve essere assoggettato all'imposta fissa e non a quella proporzionale: ciò in quanto rileverebbe solo il provvedimento di omologazione e non la cessione dell'attivo fallimentare al terzo assuntore, con contestuale accollo dei debiti.

Nel caso esaminato dai giudici milanesi, la società aveva proposto ricorso contro il provvedimento dell'ufficio, sostenendo che l'art. 9 sopracitato era inapplicabile al caso in oggetto, non solo perché, a seguito dell'emissione di un decreto di omologa, che prevedeva altresì l'accollo di un debito, non si era verificato nessun trasferimento di ricchezza tassabile, ma anche in quanto la stessa disposizione ha natura residuale. Pertanto, qualora vi sia un'altra norma applicabile, quella contenuta nell'art. 9 non può essere invocata dall'Ufficio.

Infatti, l'art. 8, lettera g), della medesima Tariffa, prevede che gli atti giudiziari di omologazione sono soggetti all'imposta di registro in misura fissa e a tale disposizione l'Ufficio avrebbe dovuto fare riferimento.

In altri termini, i giudici milanesi hanno accolto il ricorso della società sostenendo che l'art. 9 non avrebbe dovuto essere applicato, considerato che la tassazione (in misura fissa) di un decreto di omologa è prevista esplicitamente dall'art. 8, lettera g), di cui sopra.

Inoltre, non sarebbe stato applicabile neppure l'art. 21, comma 2, del TUR, in quanto, trattandosi di accollo di debito, si sarebbe dovuto fare riferimento al comma 3, del medesimo articolo, il quale sancisce che non sono assoggettati ad imposta gli accolli di debito.

La sentenza della CTP di Milano è conforme a quanto sancito dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sede distaccata di Brescia (Sentenza del 26 maggio 2014, n. 2816), la quale ha sancito che gli atti di omologazione, in quanto non recanti il trasferimento o la costituzione di alcun diritto reale, non dovrebbero essere assoggettati all'imposta proporzionale.

In tale occasione, i giudici di secondo grado hanno riformato la sentenza di primo grado che aveva accolto le ragioni erariali, ritenendola illegittima, in quanto contraria a quanto stabilito dall'art. 8, lett. a), Tariffa, Parte Prima; ciò in quanto la disposizione normativa assoggetta ad imposta di registro pari al 3 % (misura stabilita per i corrispondenti atti, se gli stessi hanno contenuto patrimoniale) gli atti dell'autorità giudiziaria ordinaria o speciale in materia di controversie civili recanti trasferimento o costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto ovvero su altri beni e diritti.

Quindi la revisione in questione si riferisce ai soli atti di trasferimento o costituzione di diritti reali e non riguarda gli atti, quali sentenze o decreti, di omologazione, non essendo avvenuto a favore del terzo assuntore alcun trasferimento o costituzione di diritti reali su alcun bene o diritto. Se il legislatore avesse voluto inserire nella previsione in argomento anche il trasferimento (o la costituzione di diritti reali) di beni diversi da immobili o da autovetture o da unità da diporto e di diritti diversi da quelli reali, avrebbe riportato sic et simpliciter nella nuova formulazione della lett. a) dell'art. 8 la dizione della prima parte della precedente lett. c) dell'art. 8, D.P.R. n. 634 del 1972, statuendo la tassabilità, con aliquota pari al 3 %, dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria aventi per oggetto beni e diritti diversi da quelli indicati alle lett. a) e b).

Pertanto, come sancito dalla Corte di Cassazione (sentenza del 12 ottobre 2012, n. 17584), prevarrebbe l'applicazione del cosiddetto principio nominalistico di cui alla lett. g) dell'art. 8 nelle fattispecie in cui oggetto della tassazione, ai fini dell'imposta di registro, sia un decreto o una sentenza di omologazione. Infatti, l' art. 8 in esame elenca le categorie di atti giurisdizionali oggetto d'imposizione, distinguendo tra categorie generali, quali quelle contemplate alle lett. da a) a d), e le categorie particolari, quelle di cui alle lett. da e) a g); quest'ultima lettera espressamente assoggetta ad imposta fissa gli atti di omologazione senza distinzione alcuna.

Al contrario, invece, come si è avuto modo di esporre precedentemente, l'Agenzia delle Entrate ha sempre sostenuto che in caso di concordato fallimentare con trasferimento dei beni al terzo assuntore, l'imposta di registro debba essere corrisposta in misura proporzionale a norma dell'art. 8, co. 1, lett. a) della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86, atteso che, in caso di concordato con trasferimento di beni al terzo assuntore, si realizzano effetti traslativi che implicano l'applicazione della citata lett. a) dell'art. 8.

Alla luce di tali considerazioni, la sentenza qui in commento permetterebbe di rafforzare la tesi di chi sostiene che, in tutti i casi di decreti di omologa di concordati fallimentari con terzo assuntore, l'imposta di registro non deve essere applicata in misura fissa, ma in misura proporzionale.

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