Riscritte le regole per l'accatastamento dei porti: le conseguenze a fini IMU e TASI
23 Maggio 2018
Introduzione
La Legge di bilancio 2018 ha introdotto importanti novità in tema di tassazione patrimoniale dei porti e degli immobili ad essi collegati. Le novità normative sono contenute nei commi dal 578 al 581 della Legge n. 205/2017 e riguardano le nuove regole per l'iscrizione in catasto dei beni immobili ubicati in prossimità dei principali porti italiani, i quali potranno, a determinate condizioni, essere iscritti nella categoria catastale E/1 e, pertanto, esenti da tassazione ai fini IIMU e TASI. Per comprendere l'importante novità normativa si procederà con l'analisi dei singoli tratti caratteristici l'esenzione in commento, distinguendo il profilo oggettivo, soggettivo ed operativo/catastale, per poi soffermarsi su quelle che sono le esclusioni tipizzate dal legislatore, cioè quali immobili facenti parte del complesso portuale continuano ad essere cespiti rilevanti ai fini IMU e TASI. Prima di ciò pare opportuno ricostruire lo stato dell'arte della situazione catastale e fiscale dei porti.
È noto che il legislatore, con l'art. 1, comma 336 della Legge 30 dicembre 2004, n. 311, aveva previsto che i comuni potessero richiedere l'accatastamento di immobili non dichiarati in catasto o dichiarati ma per i quali si constatava la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie.
La novella è stata l'occasione per la prassi di esprimersi: la circolare dell'Agenzia del Territorio 4T/2006 ha così dettato i criteri per accatastare correttamente i compendi immobiliari censiti unitariamente in determinate categorie del gruppo E, anche se comprensivi di immobili o porzioni di immobili dotati di un grado di autonomia funzionale e reddituale sufficienti a supportarne la separata iscrizione nelle categorie catastali ordinarie o speciale (gruppo D). Su tali basi è nuovamente intervenuto il legislatore, prevedendo il c.d. riaccatastamento degli immobili censiti nel gruppo E.
Trattasi dell'art. 2, comma 40, D.L. n. 262/2006, convertito in Legge n. 286/2006, il quale ha stabilito che le unità immobiliari censite in catasto nella categoria, tra le altre, E/1 (stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei), non potessero comprendere immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentassero autonomia funzionale e reddituale permanente.
L'obbligo normativo di corretto accatastamento degli immobili classificati in E è stato oggetto di un intervento di prassi da parte dell'Agenzia del Territorio. Trattasi della circolare 4T del 2006, dove è stato affermato che “Nell'ambito delle tipologie immobiliari per le quali la normativa prevede il censimento nelle categorie del gruppo E è necessario andare a discriminare le porzioni immobiliari delle unità complesse che possono conservare il censimento originario, rispetto a quelle che necessariamente richiedono un nuovo accatastamento, con censimento nella categoria catastale pertinente con l'uso effettivo e con le caratteristiche intrinseche ed estrinseche”. Come si nota, la circolare ha richiesto di discriminare gli immobili in commento con particolare riguardo all'uso effettivo degli stessi ed alle caratteristiche tipiche: dovevano essere nuovamente accatastati, in categoria diversa dalla E, “i fabbricati o locali utilizzati dai viaggiatori e dal personale adibito al servizio di trasporto, come le biglietterie, le sale d'attesa, le sale di controllo del traffico, i servizi igienici ad uso dei viaggiatori e del personale, le aree occupate dai binari (ovvero da piste aeroportuali o moli marittimi) e dalle banchine destinate al servizio pubblico, ivi comprese quelle adibite alla movimentazione delle merci, i parcheggi … i locali utilizzati per il pronto soccorso, quelli adibiti al deposito bagagli…”.
Tra gli immobili da accatastare nelle categorie ordinarie o speciali (quindi rilevanti ai fini della tassazione), si avevano, comunque, “le abitazioni e foresterie, i locali ospitanti bar o ristoranti, le rivendite di giornali e tabacchi, i locali adibiti a vendita o esposizione di qualsiasi altra merce, i centri commerciali … gli uffici pubblici o privati”. Nel contesto sopra evidenziato si è inserito un altro importante intervento di prassi, stavolta resosi necessario dall'intervenuto ampliamento, medio tempore, del novero dei soggetti passivi Ici: trattasi della risoluzione 3/DF del 2009, resa dal Ministero dell'economia e delle finanze a seguito dell'inserimento, tra i soggetti passivi Ici, dei soggetti concessionari delle aree demaniali (art. 18, comma 3, Legge n. 388/2000 che ha modificato l'art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 504/1992 disponendo che “nel caso di concessione su aree demaniali soggetto passivo è il concessionario”).
Orbene, con la risoluzione richiamata, il Ministero ha affermato che “in ordine al concetto di “area demaniale”, si precisa che essa è esente da ICI … qualora faccia parte di un compendio destinato al traffico marittimo e/o ad operazioni strettamente necessarie alle attività portuali e, come tale, vada incorporata in un'unità immobiliare censita al Catasto Edilizio Urbano nella categoria E/1… Qualora, invece, all'interno dell'«area demaniale» si realizzino interventi od opere non destinate agli usi suddetti ed aventi caratteristiche tali da far assumere all'area, o a porzione di essa, natura di un'autonoma unità immobiliare ai sensi del D.M. 2 gennaio 1998, n. 28, si deve procedere alla presentazione delle dichiarazioni in catasto, rappresentando le variazioni intervenute”.
Il quadro così delineatosi era tanto semplice in termini generali quanto complicato nel concreto: legislatore e prassi avevano stabilito che gli immobili dotati di autonomia funzionale e reddituale ubicati nei pressi dei porti non potevano più essere accatastati nel gruppo E allorquando non fossero destinati al traffico marittimo e/o ad operazioni strettamente necessarie alle attività portuali. Tale principio fu recepito anche dalla giurisprudenza di legittimità. Si segnalano, in materia, Cass. civ., 18 aprile 2014, n. 9018, dove la Suprema Corte ha stabilito che, in tema di classamento, il requisito indispensabile per l'attribuzione di una determinata categoria catastale è l'attività che si svolge nell'unità immobiliare, mentre non ha carattere decisivo il fatto che detta unità faccia parte di un complesso immobiliare, trattandosi di circostanza inidonea a mutare la natura e la destinazione dell'immobile ove quest'ultimo sia dotato di propria autonomia (si segnala che a similari conclusioni è giunta anche Cass. civ., sent. 23 maggio 2014, n. 11456); Cass. civ., sent. 7 ottobre 2015, n. 20026, laddove è stato stabilito che è dal combinato disposto degli artt. 5, R.d.l. n. 659/1939 (“Si considera unità immobiliare urbana ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per sé stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio”) e 40, d.P.R. n. 1142/1949 (“Si accerta come distinta unità immobiliare urbana ogni fabbricato, o porzione di fabbricato … che, nello stato in cui si trova, rappresenta, secondo l'uso locale, un cespite indipendente”) che si ricava l'impossibilità di accatastare in E quegli immobili destinati ad uso commerciale, industriale o ad ufficio privato, perché in quella categoria non possono rientrare unità immobiliari destinate all'esercizio di attività lucrativa.
Veniamo ora all'analisi dell'esenzione oggetto di commento.
Le esenzioni ai fini IMU sono disciplinate dall'art. 9, comma 8, D.Lgs. n. 23/2011, mentre le esenzioni ai fini Tasi sono disciplinate dall'art. 1, comma 3, D.L. n. 16/2014, convertito dalla Legge n. 68/2014; entrambe le richiamate disposizioni rimandano, tra l'altro, all'art. 7, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 504/1992 (esenzioni ai fini ICI) il quale dispone, in particolare, che sono esenti da imposta i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9.
Con la legge di bilancio 2018, e più precisamente con il comma 578, è stato previsto un allargamento delle maglie della categoria catastale E/1, perché oggi sono da ricomprendervi una serie di immobili tipicamente ubicati in prossimità dei porti, per i quali la legge e la prassi prevedevano, precedentemente, l'accatastamento in categorie catastali ordinarie e/o speciali.
Per comprendere il novero dei beni che oggi possono essere accatastati in E/1 è necessario distinguerli, a parere di chi scrive, in due categorie differenti, in base a quanto previsto dal richiamato comma 578. Da un lato si hanno, quali beni iscrivibili nella categoria E/1, i seguenti immobili:
Come si vede, il tratto caratteristico dei predetti immobili è quello di essere utilizzati per le finalità indicate nell'art. 16 della legge n. 84/1994, e cioè attività tipicamente portuali relative alle merci.
Si nota che i beni sopra menzionati erano stati considerati, dalla prassi richiamata nel precedente paragrafo, quali beni autonomamente accatastabili nelle categorie ordinarie e/o speciali e quindi autonomi cespiti rilevanti per la tassazione patrimoniale e reddituale. I depositi portuali, per l'accatastamento nel gruppo E, devono avere, oltre alle caratteristiche sopra richiamate, l'ulteriore requisito della stretta funzionalità alle operazioni ed ai servizi portuali; detto requisito non è stato tipizzato dal legislatore perché, per la sua valutazione, occorre operare un rinvio a quanto previsto dall'art. 16, comma 3, Legge n. 84/1994 in tema di autorizzazioni già rilasciate dalle autorità portuali o, dove non istituite, dall'autorità marittima. Ancora in tema di profilo oggettivo dell'esenzione si osserva che, oltre alle attività relative alle merci, si ha una nuova disciplina dettata per quegli immobili utilizzati per il traffico dei passeggeri: rientrano tra gli immobili iscrivibili in E/1 anche le banchine e le aree scoperte che siano adibiti al servizio passeggeri, compresi i croceristi. Ne segue che, in definitiva, oggi possono essere accatastati in E/1 sia i beni immobili destinati alle operazioni portuali relative alle merci sia quelli destinati al trasporto dei passeggeri.
Affinché gli immobili di cui sopra possano essere iscritti in E/1 è necessario che siano ubicati nei porti di rilevanza economica nazionale ed internazionale sottoposti alla gestione ed organizzazione delle Autorità portuali elencate nell'Allegato A della Legge n. 84/1994; si tratta di 15 diverse Autorità che gestiscono ed organizzaziono i seguenti porti: Genova, Savona, Vado Ligure, La Spezia, Marina di Carrara, Livorno, Capraia, Piombino, Portoferraio, Rio Marina, Cavo, Civitavecchia, Fiumicino, Gaeta, Napoli, Salerno, Castellamare di Stabia, Gioia Tauro, Crotone (porto vecchio e nuovo), Corigliano Calabro, Taureana di Palmi, Villa San Giovanni, Messina, Milazzo, Tremestieri, Vibo Valentia e Reggio Calabria, Cagliari, Foxi-Sarroch, Olbia, Porto Torres, Golfo Aranci, Oristano, Portoscuso-Portovesme e Santa Teresa di Gallura (solo banchina commerciale), Palermo, Termini Imerese, Porto Empedocle, Trapani, Augusta e Catania, Bari, Brindisi, Manfredonia, Barletta, Monopoli, Taranto, Ancona, Falconara, Pescara, Pesaro, San Benedetto del Tronto (esclusa /darsena turistica), Ortona, Ravenna, Venezia, Chioggia e Trieste.
Si noti bene l'esenzione, cioè la possibilità di accatastamento in E/1, spetta anche nel caso in cui il porto sia affidato in concessione a privati. Il profilo operativo/catastale: gli adempimenti per i possessori
Le nuove regole per l'accatastamento nel gruppo E degli immobili di cui sopra sono contenute nei commi 579 e 580 della Legge n. 205/2017. Prima di analizzarle si ricorda che nel nostro ordinamento vige l'obbligo di denuncia delle variazioni necessarie ai fini della conservazione del catasto dei fabbricati; tale denuncia si fa con la procedura di cui al D.M. 19/4/1994, n. 701 (Docfa), che consente di predisporre, con modalità informatiche, le dichiarazioni relative alle variazioni dello stato di unità immobiliari già censite, il cui obbligo è statuito dall'art. 20, R.d.l. n. 659/1939.
Con il Docfa il dichiarante propone, a mezzo del tecnico rilevatore e per le unità a destinazione speciale o particolare (D ed E), il valore e quindi la rendita dell'immobile censito. La rendita proposta con Docfa resta iscritta negli atti catastali come “rendita proposta” fino a che l'ufficio del territorio, entro dodici mesi, non provvede a determinare la rendita catastale definitiva. Questa procedura si applica, come visto, per la revisione del classamento degli immobili già censiti in categorie catastali diverse dalla E/1. Ed è questo il precetto contenuto nel primo periodo del comma 579, a mente del quale “Gli intestatari catastali degli immobili di cui al comma 578, ovvero i loro concessionari, a decorrere dal 1° gennaio 2019, possono presentare atti di aggiornamento, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per la revisione del classamento degli immobili già censiti in categorie catastali diverse dalla E/1, nel rispetto dei criteri di cui al medesimo comma 578”: il possessore di un fabbricato accatastato nella categoria ordinaria o speciale, a far data dal 1° gennaio 2019, può presentare il Docfa per l'accatastamento nella categoria E/1. La disposizione in commento precisa, inoltre, al terzo periodo, che “resta fermo l'obbligo di dichiarare in catasto, ai sensi dell'articolo 20 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652 … le variazioni che incidono sul classamento e sulla rendita catastale degli immobili, anche in relazione alla perdita del requisito di stretta funzionalità degli stessi alle operazioni e ai servizi portuali di cui al comma 578”. Quest'ultima disposizione appare ridondante atteso che, per gli immobili rientranti nel perimetro di applicazione dell'art. 20 richiamato, già si deve presentare il relativo Docfa, così come previsto dal primo periodo del comma 578 di cui sopra; a ben vedere, stante la precisazione in ordine alla perdita del requisito di stretta funzionalità, la disposizione in commento sembra potersi interpretare all'opposto di quella che prevede la facoltà di passare dalla categoria ordinaria/speciale a quella particolare: se, viceversa, il bene è in E/1 ma non vi piò più stare, resta fermo l'obbligo di cui all'art. 20, R.d.l. n. 652/1393.
Il comma 580 dell'art. 1 della Legge n. 205/2017 disciplina il caso delle denunce di unità immobiliari di nuova costruzione. Queste sono disciplinate dall'art. 28 del Regio d.l. 659/1939, a mente del quale “I fabbricati nuovi ed ogni altra stabile costruzione nuova che debbono considerarsi immobili urbani … devono essere dichiarati all'Ufficio tecnico erariale entro trenta giorni dal momento in cui sono divenuti abitabili o servibili all'uso cui sono destinati, ancorché esenti, temporaneamente o permanentemente, dai tributi immobiliari, ovvero soggetti ad imposta mobiliare. In questi casi, il legislatore ha previsto che non si applicano i criteri di classamento e di determinazione delle rendite di cui al comma 578 (cioè, verosimilmente, l'accatastamento nella categoria E/1), perché “Per gli immobili dichiarati ai sensi del presente comma [580, ndr] alla revisione del classamento secondo i criteri di cui al comma 578 provvede d'ufficio l'Agenzia delle entrate, entro il 31 marzo 2020, fermo restando la possibilità da parte degli intestatari catastali degli immobili di cui al presente comma (cioè quelli di nuova costruzione o quelli che passano dalla categoria degli esenti a quelli dei soggetti di imposta), ovvero dei concessionari, di presentare atti di aggiornamento di cui al comma 579”. Da ultimo, per quanto riguarda i depositi, l'intestatario o il concessionario deve allegare al Docfa la dichiarazione di cui all'art. 47, d.P.R. 445/2000 relativa alla loro utilizzazione per operazioni e servizi portuali. La decorrenza degli effetti fiscali delle nuove rendite catastali
La decorrenza degli effetti fiscali della rendita catastale è un tema molto importante perché determina, tra l'altro, la misura della tassazione patrimoniale. In termini generali occorre distinguere tra rendite attribuite con procedura Docfa e rendite attribuite non su iniziativa di parte. Si è già detto che la rendita attribuita con Docfa viene iscritta come rendita proposta ed è efficace dal giorno di presentazione del modello di aggiornamento catastale. Nei casi in cui l'aggiornamento del catasto è fatto d'ufficio (uno di questi casi era proprio il riaccatastamento dei compendi immobiliari censiti nel gruppo E) si hanno regole diverse, che di seguito si esporranno.
Venendo alla legge di bilancio, sia al comma 579, ultimo periodo, che al comma 580, ultimo periodo, si prevede che le rendite:
hanno effetto dal 1° gennaio 2020. Più nel dettaglio, l'ultimo periodo del comma 579 prevede espressamente la decorrenza della nuova rendita “in deroga all'art. 13, comma 4, D.L. n. 201/2011”; tale deroga sembra debba interpretarsi come eccezione alla regola della vigenza al 1° gennaio dell'anno di imposizione ai fini Imu, dove rileva la rendita iscritta negli atti catastali in vigore alla data del primo gennaio dell'anno di riferimento. Invece, per le rendite attribuite alle unità immobiliari risultanti dal riaccatastamento di compendi immobiliari prima impropriamente censiti, a livello complessivo, come unità immobiliari del gruppo E, la decorrenza degli effetti fiscali della rendita è prevista dall'art. 2, comma 43, D.L. n. 262/2006, conv. L. n. 286/2006, a mente del quale “Le rendite catastali dichiarate ovvero attribuite ai sensi dei commi 40, 41 e 42 producono effetto fiscale a decorrere dal 1° gennaio 2007”.
Tale norma è da intendersi quindi derogata dall'ultimo periodo del comma 580, a mente del quale “Le rendite rideterminate d'ufficio dall'Agenzia delle entrate di cui al presente comma hanno effetto dal 1° gennaio 2020”. Le esclusioni: i cespiti immobiliari che continuano ad avere rilevanza ai fini IMU e TASI
La legge di bilancio prevede espressamente delle ipotesi in cui i beni immobili diversi da quelli richiamati nel comma 578 (cfr. presupposto oggettivo dell'esenzione) devono essere censiti in catasto, come unità immobiliari autonome, nelle “appropriate categorie diverse da quelle del gruppo E”. La disposizione prevede una formulazione molto ampia; invero, non si accatastano nel gruppo E gli immobili o loro porzioni che sono destinati:
qualora presentino autonomia funzionale e reddituale. Come si nota, la formulazione è ampia e, per comprenderla, occorre richiamare la definizione di autonomia funzionale e reddituale, che è contenuta nel provvedimento 2 gennaio 2007 dell'Agenzia del territorio, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 6 del 9 gennaio 2007. Per autonomia funzionale si intende la possibilità del bene di essere utilizzato autonomamente rispetto alle altre porzioni immobiliari del compendio di cui fa parte, ancorché l'accesso possa avvenire da spazi comuni e nell'ambito di orari e regole stabiliti con disciplinari, regolamenti o similari. A tale fine i beni devono essere delimitati e, ove necessario, devono essere dotati o dotabili dei servizi di fornitura di energia elettrica, di adduzione idrica, di fognatura, ed altri, ancorché utilizzabili in forma associata. Gli stessi beni devono inoltre presentare una stabilità nel tempo, legata alle caratteristiche intrinseche, ancorché la destinazione specifica possa variare nel corso dell'anno. L'autonomia reddituale si configura quando il bene è in grado di produrre un reddito indipendente ed autonomo da quello ascrivibile agli altri cespiti ubicati nel compendio.
Per capire dove e come accatastare un bene immobile, pertanto, risulterà necessario coordinare quanto previsto nel comma 578 con le esclusioni richiamate, ricordando che il comma 580 prevede espressamente che restano comunque escluse dalla categoria E/1 le strutture destinate a funzioni turistiche e da diporto e alla croceristica, per le quali trova applicazione il secondo periodo del comma 578, e cioè esenzione da tassazione (tramite accatastamento in categoria particolare) degli immobili adibiti al servizio passeggeri. In conclusione: questioni risolte e questioni ancora aperte
Se la novella oggetto di analisi è, da un lato, da salutare con favore, dall'altro lato occorre dire che la normazione di un settore così particolare come quello de quo avrebbe richiesto, a parere di chi scrive, un intervento normativo ad hoc, preferibilmente con un decreto legislativo. Detto questo, una questione che sembra oggi risolta è sicuramente quella della categoria catastale in cui accatastare i beni immobili adibiti alle funzioni indicate nell'art. 16 della Legge n. 84/1994, resa in tema di “Riordino della legislazione in materia portuale”. Ciò risulta sicuramente un dato positivo. Rimangono dubbi, invece, sul profilo temporale/transitorio della modifica in commento: da un lato, difatti, vengono differiti gli adempimenti tra il 1° gennaio 2019 (il nuovo classamento degli immobili esistenti) ed il 1° gennaio 2020 (per i nuovi accatastamenti); dall'altro lato, per contro, niente viene detto per le annualità “precedenti” a quelle in cui si potranno accatastare i beni de quibus nella categoria E/1 quali esenti da IMU e TASI. |