La qualificabilità del contributo del terzo alla realizzazione da parte dell’intraneus delle condotte autoriciclatorie

25 Maggio 2018

Il tema della qualificabilità del contributo del terzo alle condotte autoriciclatorie dell'autore del reato presupposto è affrontato dalla Corte partendo da un'ampia ricognizione del contesto giurisprudenziale e normativo all'interno del quale la fattispecie di cui all'art. 648-ter.1 c.p.
Massima

Il soggetto che, non essendo concorso nel delitto-presupposto non colposo, comunque contribuisca alla realizzazione da parte dell'intraneus delle condotte tipizzate dall'art. 648-ter.1 c.p., continua a rispondere del reato di riciclaggio ex art. 648-bis c.p. (o 648-ter c.p., ove ne ricorrano i presupposti) e non di concorso (a seconda dei casi, ex art. 110 o 117 c.p.) nel meno grave delitto di auto riciclaggio ex art. 648-ter .1 c.p.

Il caso

Nella vicenda su cui la Corte di legittimità era stata chiamata a pronunciarsi, la condotta dell'imputata era consistita nel riciclare denaro nell'interesse di altro soggetto, autore del reato-presupposto cui ella invece non aveva preso parte. La Suprema Corte ha affermato, tra gli altri profili, la responsabilità dell'imputato – soggetto non concorrente nel delitto presupposto, che aveva riciclato nell'interesse di altro soggetto autore/concorrente nel delitto presupposto, denaro da questo proveniente – per riciclaggio, ex art. 648-bis c.p., e non di concorso in auto riciclaggio, ex artt. 110 e 648-ter. 1 c.p.

La questione

La Suprema Corte, dopo essersi soffermata sulla possibilità di dedurre per la prima volta in sede di legittimità la qualificazione giuridica del fatto quando alla pronuncia eventualmente conseguente il ricorrente abbia un interesse concreto e determinato (effetti favorevoli discendenti da una diversa qualificazione giuridica), affronta la questione centrale del ricorso, quella cioè attinente alla qualificabilità del contributo del terzo alle condotte autoriciclatorie dell'autore del reato presupposto.

Le soluzioni giuridiche

Il tema della qualificabilità del contributo del terzo alle condotte autoriciclatorie dell'autore del reato presupposto è affrontato dalla Corte partendo da un'ampia ricognizione del contesto giurisprudenziale e normativo all'interno del quale la fattispecie di cui all'art. 648-ter.1 c.p. ha visto la sua introduzione, con richiami sia alla giurisprudenza – che escludeva la punibilità dell'autoriciclaggio anche per interposta persona, affermandola solo con riguardo alle condotte riconducibili alla fattispecie di cui all'art. 12-quinquies l. 356/1992 – che agli input normativi di fonte internazionale, che invece raccomandavano al nostro ordinamento la necessità di introdurre la punibilità dell'autoriciclaggio.

La Corte si sofferma poi sulla ratio della previsione della norma, individuata, attraverso il richiamo ai lavori preparatori, nell'intento di colmare la lacuna consistente nella mancata punibilità dell'autoriciclaggio, introducendo dunque, attraverso la fattispecie di cui all'art. 648-ter.1 c.p. (l. 15 dicembre 2014, n. 186, in vigore dal 1° gennaio 2015), l'incriminazione delle condotte «latu sensu consistenti nel riciclaggio o reimpiego di beni di provenienza delittuosa poste in essere dall'autore del (o concorrente nel) reato-presupposto».

Quali gli esiti in ordine alla disciplina normativa delle condotte riciclatorie discendenti dalla nuova incriminazione tipizzata nell'art. 648-ter.1 c.p.? La Corte li sintetizza osservando come, nel caso in cui le condotte riciclatorie vengano compiute dal soggetto che abbia commesso o concorso a commettere il delitto presupposto, trovi applicazione l'art. 648-ter.1 c.p.; mentre laddove tali condotte vengano poste in essere da soggetto che non abbia commesso o concorso a commettere il delitto presupposto, si applichino gli artt. 648, 648-bis, 648-ter c.p.

La Corte perviene poi ad affrontare il tema centrale del ricorso, concernente la qualificazione giuridica della condotta posta in essere dal soggetto extraneus (di colui cioè che non sia autore o concorrente nel delitto presupposto), che abbia fornito un contributo concorsuale causalmente rilevante alla condotta di auto-riciclaggio posta in essere dal soggetto intraneus (di colui, cioè, che abbia commesso o concorso nella commissione del reato presupposto).

La descrizione dei principali orientamenti interpretativi sulla questione si apre con l'indicazione di quanto affermato dalla dottrina dominante, a tenore della quale l'extraneus che concorre con l'autoriciclatore risponde di riciclaggio e non di concorso in auto-riciclaggio. La Corte passa poi ad esaminare le diverse argomentazioni poste a fondamento di tale affermazione, richiamando quelle che motivano tale conclusione sul raffronto strutturale tra le norme (648-ter.1 c.p., da un lato, 648-bis e 648-ter c.p., dall'altro), fondato sulla presenza di un elemento specializzante concernente la qualificazione soggettiva dell'autore; e altresì l'orientamento che qualifica l'autoriciclaggio come “reato di mano propria” e da tale premessa ricostruttiva fa discendere che la messa a disposizione del terzo a fini di reimpiego del provento debba considerarsi penalmente irrilevante, essendo il terzo a realizzare compiutamente l'illecito, rilevante a fini di riciclaggio o reimpiego, mentre l'autore del reato presupposto non sarebbe punibile in virtù della clausola di sussidiarietà.

Viene poi riportata l'opinione di coloro che dalla qualificabilità dell'autoriciclaggio come reato proprio fanno derivare la possibilità di configurare il concorso in autoriciclaggio, ex art. 110 o 117 c.p., a seconda della consapevolezza della qualifica posseduta dall'extraneus, determinando per esso una conseguenza sanzionatoria più mite, in contrasto pertanto con la volontà del legislatore. A tenore di altra dottrina, della quale pure si dà conto nell'articolata sentenza in commento, la riconducibilità della condotta del terzo all'art. 648-ter.1 c.p. (plurisoggettivamente ) e 648-bis (monosoggettivamente) determinerà l'applicazione di quest'ultima, conformemente a quanto stabilito dal principio di sussidiarietà.

Dopo l'ampia digressione sui principali orientamenti in materia, la Corte passa a illustrare la propria prospettiva, che prende le mosse dalla considerazione delle ragioni che hanno indotto il Legislatore all'introduzione della fattispecie di cui all'art. 648-ter.1 c.p. – colmare la lacuna della non punibilità delle condotte di “autoriciclaggio”, anche in ossequio a sollecitazioni internazionali in tal senso – escludendo la fondatezza di possibili esiti interpretativi che contraddicano la ratio di una tale previsione. Constatata l'impossibilità di risolvere la questione alla stregua del concorso apparente di norme, conclude così nel senso della responsabilità dell'imputato – soggetto non concorrente nel delitto presupposto, che aveva riciclato nell'interesse di altro soggetto, autore/concorrente nel delitto presupposto, denaro da questo proveniente – per riciclaggio, ex art. 648-bis c.p. e non di concorso in auto riciclaggio, ex artt. 110 e 648-ter.1 c.p. (solo l'intraneus risponderà del delitto di auto riciclaggio).

A supporto di tale conclusione, il richiamo alla non estraneità del nostro ordinamento alla diversificazione dei titoli di reato per talune ipotesi di concorso (l'evasione, art. 385 c.p. e la procurata evasione, art. 386 c.p.; soggetto attivo e concorrenti nel reato di infanticidio, ex art. 578; l'art. 19, l. 194/1978, in materia di interruzione volontaria della gravidanza) e le ragioni della scelta di punire meno gravemente il riciclaggio compiuto dall'autore del reato presupposto (non estensibili all'extraneus).

Aggiunge, inoltre, in chiusura del suo percorso argomentativo, un richiamo critico a quanti vorrebbero opporre a tale conclusione la previsione dell'ultimo comma dell'art. 648-ter.1 c.p. , affermando come essa, al pari di quanto previsto dall'art. 648 c.p., è da intendersi nel senso di prevedere l'applicazione della fattispecie indipendentemente dalla imputabilità o punibilità dell'autore del reato presupposto, ovvero quando per questo manchi una condizione di procedibilità.

Osservazioni

Con la sentenza in commento la Corte, chiamata ad affrontare la questione della qualificazione del contributo dell'extraneus alle condotte autoriciclatorie, realizzate dunque dall'intraneus, si fa guidare nella soluzione dal vaglio offerto dai principali criteri ermeneutici che dovrebbero assistere l'interprete nell'attività di esegesi della norma: l'intenzione del Legislatore e l'interpretazione teleologica; entrambi intesi non nella loro assolutezza, ma affiancati dalla considerazione del criterio della coerenza intrasistematica (richiama tali criteri, D.PULITANÒ, Diritto penale, Torino, 2015, pp. 130 ss.). L'assetto argomentativo che discende dalla utilizzazione congiunta di tali criteri porta la Corte a quella che appare l'unica soluzione interpretativa che soddisfi le esigenze poste dal rispetto di tali essi.

È infatti all'intenzione del Legislatore, in una con quella dell'ordinamento, che può essere ascritto il riferimento ai lavori preparatori che introducono alla ratio di previsione della fattispecie di cui all'art. 648-ter.1 c.p., individuata nella necessità di estendere alle condotte realizzate dall'autore del reato-presupposto la punibilità dell'attività di money laundering, dando così seguito a sollecitazioni in tal senso da parte della comunità internazionale (A.M. MAUGERI, L'autoriciclaggio dei proventi del delitti tributari, in E.MEZZETTI, D.PIVA, a cura di, Punire l'autoriciclaggio. Come, quando e perché, Torino, 2016, p. 102 ss.) e non quello di indebolirne il vigore sanzionatorio attraverso soluzione interpretative che determinino per l'extraneus – rispetto al quale l'assetto normativo è rimasto inalterato – l'applicazione della pena più lieve di cui all'art. 648-ter.1 c.p. nel caso in cui abbia fornito un contributo causale alla condotta di autoriciclaggio posta in essere dall'intraneus.

Il vaglio di coerenza sistematica che ispira le considerazioni della Corte la porta così a escludere la fondatezza del richiamo a soluzioni che si pongano in contraddizione con l'intento del Legislatore di colmare la lacuna dell'irrilevanza penale delle condotte autoriciclatorie, per aderire invece alla tesi della diversificazione dei titoli di reato (soluzione cui si aderisce; in tal senso sia consentito il rinvio a M.T.TRAPASSO, La punibilità delle condotte riciclatorie, Napoli, 2017, pp. 62 ss.), che ammette la possibilità, in caso di realizzazione plurisoggettiva del reato, di applicare fattispecie diverse, “ritagliate” cioè su uno status particolare rivestito dal soggetto attivo, oggetto di tipizzazione.

Il reato proprio, in particolare quello nel quale la qualifica funzionale presenti delle specificità concernenti la particolare condizione soggettiva dell'agente, appare dunque la categoria dogmatica all'interno della quale più plausibilmente può farsi sussumere il delitto di cui all'art. 648-ter.1 c.p. Se è vero che la ratio della previsione differenziata può essere ricondotta a una diversa valutazione di colpevolezza del soggetto attivo, tuttavia le circostanze che inducono il Legislatore alla previsione di un'espressa fattispecie vengono rinvenute nel solo dato che ne spiega l'autonoma tipizzazione e previsione sanzionatoria (più lieve rispetto alle corrispondenti fattispecie realizzate dall'extraneus), vale a dire: la previa commissione da parte dell'agente di un reato. Si tratta di un profilo non attinente a circostanza naturalistiche, ma a valutazioni endopenalistiche, di tipo politico criminale, che l'ordinamento compie con riguardo, ad esempio, all'opportunità di punire, e in che misura, condotte realizzate da soggetti per i quali potrebbe trovare applicazione il principio del post factum.

L'autonoma considerazione dello status del soggetto attivo ha pertanto indotto il Legislatore a introdurre per esso un'autonoma fattispecie (estensiva di una incriminazione già prevista per altri soggetti), con un'autonoma previsione sanzionatoria. Questo dato, afferente anche alla constatazione della natura della previsione di cui all'art. 648-ter.1 c.p. quale reato proprio “a qualifica differenziale” - che pure in tal senso richiama la riconduzione delle vicende del concorso alla previsione di cui all'art. 117 c.p. (M.PELISSERO, Il concorso nel reato proprio, Milano, 2004, p. 21) – deve tuttavia confrontarsi con le conseguenze, irragionevoli, che discenderebbero ove di tale norma si facesse applicazione: l'attenuazione sanzionatoria rispetto a condotte, quelle dell'extraneus, il cui disvalore è rimasto intatto nella valutazione del Legislatore, come dimostra il dato dell'assenza di interventi sull'assetto normativo preesistente in materia di riciclaggio.

Il provvedimento normativo con cui si è introdotto l'art. 648-ter.1 c.p. in nulla ha modificato la considerazione del significato offensivo del riciclaggio, se non nei termini dell'estensione della sua incriminazione a soggetti prima “immuni” dal rimprovero penale rispetto a tali attività. L'applicazione del criterio interpretativo “teleologico”, che abbia riguardo alla ratio delle previsione – estensione della tutela del patrimonio a fronte di condotte riciclatorie – non può pertanto avvalorare ricostruzioni interpretative che si pongano in disaccordo con tale scelta di politica criminale, eludendone l'imperatività. Inevitabile appare pertanto la scelta di differenziate la risposta sanzionatoria, e prima ancora, il titolo di reato, in ragione della differenziazione di ruolo; meccanismo peraltro, come chiaramente esemplificato dalla Corte, conosciuto al nostro ordinamento, laddove ragioni connesse allo status del soggetto attivo hanno imposto talora un'autonoma tipizzazione di condotte per dar conto di tale specificità (M.T.TRAPASSO, La punibilità, cit., pp. 62 ss.).

In tale prospettiva anche il richiamo al contenuto del settimo comma dell'art. 648-ter.1 c.p., va interpretato non nel senso dell'indifferenza rispetto all' identità soggettiva (così da autorizzare la sua applicazione anche a chi non fosse autore del reato presupposto, e dunque, surrettiziamente, anche all'extraneus), ma, come correttamente sostenuto dalla Corte, nel senso suo proprio dell'emancipazione - al pari di quanto previsto per le fattispecie di riciclaggio e ricettazione - dalle vicende della punibilità del soggetto del reato presupposto; dunque, nel caso dell'autoriciclaggio, dello stesso soggetto che realizza la condotta di cui all'art. 648-ter.1 c.p.

Se pertanto non si può che plaudire alla soluzione interpretativa adottata dalla Corte con riferimento alle condotte riciclatorie, più problematica appare l'estensione di tale soluzione ai casi di contributo dell'extraneus alle condotte di reimpiego, pure richiamate all'interno della previsione di cui all'art. 648-ter.1 c.p., benché limitate solo ai casi in cui la condotta sia realizzata «in modo da ostacolare concretamente la provenienza delittuosa», mentre tale modalità decettiva non viene richiesta per le condotte di reimpiego realizzate, ex art. 648-ter.1 c.p., extraneus.

Nel caso delle condotte latu sensu riciclatorie la sostanziale omogeneità delle previsione di cui agli artt. 648-bis e 648-ter.1 c.p. rende ragione di una diversificazione dei titoli di reati in relazione alla condizione soggettiva diversa degli autori delle relative fattispecie (soluzione questa adottata dalla Corte), quid iuris nel caso di realizzazione plurisoggettiva del reimpiego, per il quale l'ordinamento prevede per l'intraneus la necessità che la condotta venga realizzata «in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa», mentre analoga richiesta non viene formulata dall'art. 648-ter c.p. per l'extraneus? Se infatti per le condotte riciclatorie, in quanto decettive, si può oggi parlare di generale punibilità a prescindere dal ruolo del soggetto attivo, per il reimpiego no.

La considerazione, già peraltro implicitamente richiamata dalla Corte, secondo la quale il contributo dell'intraneus nella realizzazione del reimpiego, non sia una eventualità, ma corrisponda a quanto ordinariamente avviene per le condotte di riciclaggio-reimpiego (esse vengono realizzate sempre su richiesta dell'autore del reato presupposto, dunque l'autore del reato presupposto è sempre “concorrente morale”), e quella secondo la quale fino al 2014 tuttavia il suo contributo non sarebbe stato punito in virtù della clausola di sussidiarietà che apre la previsione di cui all'art. 648-ter c.p., impongono pertanto di valutare in che termini l'introduzione della fattispecie di cui all'art. 648-ter.1 c.p., che ha stabilito il principio della punibilità dell'autore del reato presupposto quanto al riciclaggio, abbia prodotto degli effetti anche con riferimento alla rilevanza penale del mero reimpiego ex art. 648 ter c.p.

Per tentare di dare una risposta a questa questione occorre, a mio avviso (più diffusamente, M.T.TRAPASSO, La punibilità, cit., pp. 70 ss.), soffermarsi sulla particolare strutturazione delle fattispecie interessate – artt. 648-ter e 648-ter.1 c.p. – tipizzanti la rilevanza penale nel nostro ordinamento della condotta di reimpiego. Per entrambe le ipotesi il richiamo al riciclaggio si dimostra preponderante: nell'un caso (art. 648-ter.1 c.p. ), infatti, esclude la possibilità di ricavare in via interpretativa spazi autonomi di rilevanza penale del reimpiego tout court; nell'altro, si deve confrontare con la previsione di un rapporto di sussidiarietà con prevalenza della fattispecie di cui all'art. 648-bis c.p. (eEventualmente eludibile nel caso di riciclaggio non ostacolante, ma non in rapporto all'art. 648 c.p.; salvo immaginare l'assenza nella condotta di reimpiego del dolo di profitto; difficilmente argomentabile secondo ZANCHETTI, voce Riciclaggio, in Dig. disc. pen., XII, Torino, 1997, p. 214).

La ricerca di una soluzione qualificatoria alla vicenda descritta rende pertanto opportuna la valorizzazione della distinzione tra reimpiego che “nasce” non ostacolante e reimpiego che “diventa” non ostacolante, in quanto valutato come “non concretamente decettivo”, secondo quanto richiesto dall'art. 648-ter.1 c.p..

Con riguardo alla prima ipotesi, deve osservarsi come un reimpiego tout court sia previsto solo nella fattispecie di cui all'art. 648 ter cp, e, dunque, solo per l'intraneus, così che la previsione, in apertura della fattispecie di cui all'art. 648-ter cp, della clausola di esclusione di applicazione della fattispecie per l'autore del reato presupposto, potrà vedere la sua partecipazione (con riguardo quanto meno al concorso morale), ma mai la sua punibilità, in ragione della clausola ostativa che apre l'art. 648-ter cp.

Nell'ipotesi in cui il reimpiego sia valutato in sede di accertamento processuale come non concretamente decettivo, come invece richiede l'art. 648-ter.1 c.p., perché non integrante quella “effettività” dell'ostacolo che la norma richiede quale elemento caratterizzante, ciò comporterà l'impossibilità di configurare la fattispecie di cui all'art. 648-ter.1 c.p. con riguardo all' intraneus, facendone discendere la sua non punibilità. Così non è invece per l'extraneus, per il quale il reimpiego non ostacolante potrà rilevare ex art. 648-ter, la cui applicazione, tuttavia, anche in questo caso, sarà condizionata dalla relazione di sussidiarietà con l'art. 648-bis, che potrebbe trovare applicazione laddove lo si interpreti come fattispecie che si accontenta anche di un grado di decettività “blando” e non effettivo.

E dunque: se il reimpiego non è ostacolante perché si tratta di proventi già “ripuliti”, per i quali l'ostacolo all'illecita provenienza dei beni è stato già frapposto dalla precedente condotta di riciclaggio (“reato-mezzo”), nel caso di partecipazione alla realizzazione della fattispecie di cui all'art. 648-bis cp da parte dei concorrenti del reimpiego, la clausola di sussidiarietà di cui all'art. 648 ter ne impedirà la configurabilità a loro a carico.

Diversamente nell'ipotesi in cui una partecipazione all'attività riciclatoria non vi sia stata per l'autore del reato-fonte dei proventi e del soggetto che si presti all'attività di reinvestimento: non vi sarebbero, a nostro avviso, ostacoli all'applicazione per entrambi dell'art. 648 ter. Ciò consentirebbe di superare l'irragionevolezza della esclusione della punibilità per l'autore del reato presupposto rispetto alla condotta più grave, non coperta, né suscettibile di esserlo, da alcuna possibilità di qualificazione in termini di utilizzazione/ godimento ai fini dell'eventuale operatività della clausola di non punibilità di cui al quarto comma dell'art. 648-ter.1 c.p., perché volta ad incrementare i guadagni illecitamente conseguiti; e, nel contempo, permetterebbe di riconoscere un'autonomia applicativa all'art. 648-ter c.p., coerentemente peraltro al ruolo che, in sede di introduzione nell'ordinamento, le era stato assegnato.

Altra questione afferente alla realizzazione plurisoggettiva delle condotta autoriciclatorie che la giurisprudenza potrebbe essere chiamata a valutare, l'ipotesi di contributo dell'extraneus alle condotte descritte dal quarto comma dell'art. 648-ter.1 c.p. richiamanti la «mera utilizzazione o godimento personale», non punibili per l'intraneus ma riconducibili al novero delle condotte rilevanti ex artt. 648-bis e 648-ter c.p., per l'extraneus.

La soluzione risulta condizionata dalla natura che si intenda assegnare a questa ipotesi di non punibilità: se qualificata in termini di clausola di esclusione del tipo” (F.Mucciarelli, Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio, in Dir. pen. cont., Riv. Trim., n. 1/2015, p. 116; A.Gullo, Autoriciclaggio, voce per Il libro dell'anno Treccani 2016, Roma, 2016, in Dir. pen. cont.), si tratterebbe di una condotta lecita, in quanto atipica, dunque la sua realizzazione, anche plurisoggettiva, andrebbe a collocarsi in un ambito di irrilevanza penale.

Diverso discorso nel caso in cui la si qualificasse come ipotesi descrittiva di condotte che costituiscano un post factum per il soggetto attivo; in tale ipotesi ci si troverebbe di fronte a delitti non punibili solo con riguardo al soggetto che li ha realizzati, così che, rispetto ad essi, una volta individuata la fattispecie integrata (G.VASSALLI, Antefatto non punibile, postfatto non punibile, in Enc. dir., II, Milano, 1958, p. 513 s.), non vi sarebbe ragione di non applicare ai soggetti che vi prendano parte senza rivestire una tale qualifica le ordinarie regole del concorso di persone. L'esclusione della riconducibilità delle condotte in parola all'interno del parametro delle condotte tipiche punite dal comma 1, non esonera infatti l'interprete dalla necessità di verificarne l'eventuale rilevanza penale alla stregua di altre previsioni (diverse da quelle tipizzate nel primo comma dell'art. 648-ter.1 c.p.): l'esito di tale vaglio indicherà la fattispecie della quale dovrà rispondere l'extraneus che abbia preso parte alle attività di utilizzazione/godimento personale dell'autore del reato presupposto.

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