Ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 196/2003 costituisce trattamento, qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, la consultazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati.
Ai sensi della lettera b) del medesimo art. 4, comma 1, costituisce dato personale, qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale.
Non può dubitarsi che anche l'immagine di una persona, in sé considerata, quando in qualche modo venga visualizzata o impressa, possa costituire “dato personale” ai sensi dell'art. 4, lett. b) del d.lgs. n. 196/2003. In tal senso, invero, depongono specifiche decisioni del Garante per la protezione di dati personali (21 ottobre 1999; 4 ottobre 2007, 18 giugno 2009), nonché la rilevante circostanza della previsione, nell'ambito dello stesso Codice della privacy, di una specifica norma (art. 134) in materia di videosorveglianza.
Mette conto di richiamare, inoltre, la Convenzione n. 108/1981 del Consiglio d'Europa; la direttiva n. 95/46/CE, art. 2, lett. a), nonché il documento di lavoro sulla video sorveglianza WP67/2002, adottato il 25 novembre 2002 dal Gruppo dei Garanti Europei costituito ai sensi dell'art. 29 della citata direttiva.
Gli elementi in presenza dei quali l'art. 13 del d.lgs. n.196/2003, prescrive l'obbligo di informativa sono il trattamento, consistente nella raccolta delle immagini delle persone che accedono in un determinato spazio o locale riprese da una videocamera non segnalata, e il dato personale.
Al riguardo, il Provvedimento del Garante del 29 aprile 2004 prevede che a differenza dei soggetti pubblici, i privati e gli enti pubblici economici possono trattare dati personali solo se vi è il consenso preventivo espresso dall'interessato, oppure uno dei presupposti di liceità previsti in alternativa al consenso (artt. 23 e 24 del Codice della privacy).
In caso di impiego di strumenti di videosorveglianza da parte di privati ed enti pubblici economici, la possibilità di raccogliere lecitamente il consenso può risultare, in concreto, fortemente limitata dalle caratteristiche e modalità di funzionamento dei sistemi di rilevazione, i quali riguardano spesso una cerchia non circoscritta di persone che non è agevole o non è possibile contattare prima del trattamento. Ciò anche in relazione a finalità che non si conciliano con richieste di esplicita accettazione da chi intende accedere a determinati luoghi o usufruire di taluni servizi.
Da qui la previsione che nel settore privato, fuori dei casi in cui sia possibile ottenere un esplicito consenso libero, espresso e documentato, vi può essere la necessità di verificare se esista un altro presupposto di liceità utilizzabile in alternativa al consenso. A tale fine, il citato Provvedimento del Garante prevede che un'idonea alternativa all'esplicito consenso va ravvisata nell'istituto del bilanciamento di interessi (art. 24, comma 1, lett. g, del Codice). Il Garante dà attuazione a tale istituto, individuando i casi in cui la rilevazione delle immagini può avvenire senza consenso, qualora, con le modalità stabilite in questo stesso provvedimento, sia effettuata nell'intento di perseguire un legittimo interesse del titolare o di un terzo attraverso mezzi di prova o perseguendo fini di tutela di persone e beni rispetto a possibili aggressioni, furti, rapine, danneggiamenti, atti di vandalismo, o finalità di prevenzione di incendi o di sicurezza del lavoro. In particolare, con riferimento all'attività di videosorveglianza senza registrazione, si stabilisce che nei casi in cui le immagini sono unicamente visionate in tempo reale, oppure conservate solo per poche ore mediante impianti a circuito chiuso (CCTV), possono essere tutelati legittimi interessi rispetto a concrete ed effettive situazioni di pericolo per la sicurezza di persone e beni, anche quando si tratta di esercizi commerciali esposti ai rischi di attività criminali in ragione della detenzione di denaro, valori o altri beni.
La ricorrenza di condizioni legittimanti l'attività di videosorveglianza comporta quindi l'assoggettamento dell'attività all'obbligo di informativa, di cui all'art. 13 del d.lgs. n. 196/2003, a norma del quale l'interessato o la persona presso la quale sono raccolti i dati personali sono previamente informati oralmente o per iscritto circa: a) le finalità e le modalità del trattamento cui sono destinati i dati ; b) la natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati; c) le conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere; d) i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di responsabili o incaricati, e l'ambito di diffusione dei dati medesimi; e) i diritti di cui all'art. 7; f) gli estremi identificativi del titolare e, se designati, del rappresentante nel territorio dello Stato ai sensi dell'art. 5 e del responsabile.
Con specifico riferimento alla videosorveglianza, il già ricordato Provvedimento del Garante del 29 aprile 2004, prevede al par. 3 che gli interessati devono essere informati che stanno per accedere o che si trovano in una zona videosorvegliata e dell'eventuale registrazione, e, ciò anche nei casi di eventi ed in occasione di spettacoli pubblici od attività pubblicitarie. L'informativa deve fornire gli elementi previsti dall'art. 13 del Codice della privacy anche con formule sintetiche, ma chiare e senza ambiguità, con la precisazione che il Garante ha individuato, ai sensi di tale norma, un modello semplificato di informativa minima. Il supporto con l'informativa: deve essere collocato nei luoghi ripresi o nelle immediate vicinanze, non necessariamente a contatto con la telecamera, deve avere un formato ed un posizionamento tale da essere chiaramente visibile, può inglobare un simbolo o una stilizzazione di esplicita e immediata comprensione, eventualmente diversificati se le immagini sono solo visionate o anche registrate (Cass. civ., sez. II, 2 settembre 2015, n. 17440).
Conseguentemente, l'area comune all'interno del condominio può essere ripresa con una telecamera?
Le scale di un condominio ed i pianerottoli delle scale condominiali non assolvono alla funzione di consentire l'esplicazione della vita privata al riparo da sguardi indiscreti, perchè sono, in realtà, destinati all'uso di un numero indeterminato di soggetti e di conseguenza la tutela penalistica di cui all'art. 615 bis c.p. non si estende alle immagini eventualmente ivi riprese (Cass. pen., sez. V, 10 novembre 2006, n. 5591, la quale ha escluso che comportino interferenze illecite nella vita privata le videoriprese del pianerottolo di un'abitazione privata, oltre che dell'area antistante l'ingresso di un garage condominiale; Cass. pen., sez. V, 25 ottobre 2006, n.37530, con riguardo alle videoregistrazioni dell'ingresso e del piazzale di accesso a un edificio sede dell'attività di una società commerciale; Cass. pen., sez. V, 29 ottobre 2008, n. 44701, ancora una volta con riguardo alle riprese di un'area condominiale destinata a parcheggio e del relativo ingresso; v. anche Cass. pen., sez. V, 30 maggio 2017, n. 34151).
Ciò ha portato a concludere che, debba allora escludersi l'illiceità dal punto di vista penale della condotta tenuta dalla parte resistente laddove oggetto di ripresa da parte della telecamera apposta sia il vialetto, a prescindere se di proprietà o meno del ricorrente, e laddove trattasi, di immagini e video raffiguranti uno spazio fisico direttamente e materialmente accessibile da parte di chiunque, senza che sia necessario un consenso ad hoc (Trib. Avellino 30 ottobre 2017), poiché la struttura del fatto illecito, prevede una condotta di trattamento dei dati personali che presuppone la mancanza di un consenso espresso dell'interessato e che può essere realizzata anche dal privato cittadino, il quale sia, anche solo occasionalmente, venuto a conoscenza di un dato sensibile.
Allo stesso modo, si è affermato che l'installazione di una telecamera grandangolare, da parte di un condomino nella sua proprietà esclusiva e limitrofa a quella di proprietà altrui non può comportare alcun pericolo di grave lesione alla riservatezza, anche in relazione all'uso delle immagini acquisite, riguardanti la ripresa dell'altrui proprietà, se la telecamera risulti assolutamente inidonea a riprendere e registrare immagini, in quanto non funzionante ed apposta al solo fine di svolgere una funzione deterrente avverso potenziali intrusioni da parte di terzi malintenzionati (Trib. Latina 17 settembre 2018).
Inoltre, il condomino che non si preoccupa di schermare adeguatamente la propria riservatezza, non può invocare la fattispecie penalmente rilevante dell'interferenza nell'altrui vita privata, dovendosi escludere la rilevanza penale di condotte consistenti nella ripresa visiva o fotografica realizzabili senza particolari accorgimenti, in quanto, non idonei a connotare di illiceità la relativa fattispecie, posto che gli ambienti privati di un'abitazione sono liberamente visibili dall'esterno da parte dei condomini dell'edificio frontistante o perspiciente (Cass. pen., sez. III, 10 luglio 2018, n. 372).
Al fine di non incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata di cui all'art. 615 bis c.p. la telecamera posta sugli spazi privati non può riprendere anche gli spazi comuni, per cui è necessario che il sistema di videosorveglianza venga installato in modo tale che l'obiettivo della telecamera risulti posizionato di fronte alla porta di casa, così da riprendere soltanto lo spazio privato e non tutto il pianerottolo o la strada, ovvero il proprio posto auto e non tutto il garage condominiale.
Tuttavia, secondo la più recente giurisprudenza di merito, deve escludersi la violazione del diritto alla privacy riferito al caso in cui vengano eseguite videoriprese dell'area condominiale destinata a pianerottoli ovvero a scale condominiali, oppure a parcheggio compreso il relativo ingresso, trattandosi di luoghi destinati all'uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela di cui all'art. 615 bis c.p. come nel caso in cui un condomino abbia proceduto all'installazione nei propri locali al piano terra di telecamere per la custodia e vigilanza dell'accesso al suo locale (App. Catania 15 febbraio 2022).