Il fallimento del contribuente giustifica l’avviso di accertamento senza l’osservanza del termine dilatorio

29 Maggio 2018

La dichiarazione di fallimento del contribuente sottoposto a verifica fiscale giustifica l'emissione dell'avviso di accertamento senza l'osservanza del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, da un lato, in ragione dell'urgenza correlata alla necessità dell'Erario di intervenire nella procedura concorsuale, senza che rilevi la possibilità di un'insinuazione tempestiva al passivo, in quanto detto intervento può essere funzionale a proporre opposizioni volte a contestare le posizioni di altri creditori e, da un altro...
Massima

La dichiarazione di fallimento del contribuente sottoposto a verifica fiscale giustifica l'emissione dell'avviso di accertamento senza l'osservanza del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della L. n. 212/2000, da un lato, in ragione dell'urgenza correlata alla necessità dell'Erario di intervenire nella procedura concorsuale, senza che rilevi la possibilità di un'insinuazione tempestiva al passivo, in quanto detto intervento può essere funzionale a proporre opposizioni volte a contestare le posizioni di altri creditori e, da un altro, in quanto il contribuente fallito perde la capacità di gestire il proprio patrimonio, sicché le osservazioni dovrebbero essere presentate, nel detto termine dilatorio di 60 giorni, dal curatore, l'attività del quale, tuttavia, essendo svolta sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori risulta, per il relativo onere di informazione, incompatibile con il rispetto dello stesso.

Il caso

La curatela fallimentare di una società proponeva tre distinti ricorsi, successivamente riuniti, contro avvisi di accertamento notificati alla stessa senza il rispetto del termine dilatorio di 60 giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione, finalizzato a consentire al contribuente di sottoporre “osservazioni e richieste agli enti impositori”.

Sia in primo che in secondo grado erano disattese le correlate censure inerenti l'invalidità dell'avviso di accertamento emesso ante tempus.

La curatela ricorreva, pertanto, per cassazione deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 12, comma 7, L. n. 212/2000, degli artt. 3 e 21-septies L. n. 241/1990 e degli artt. 3 e 97 Cost. per la mancata indicazione nei provvedimenti impugnati delle ragioni d'urgenza sottese all'omessa osservanza del predetto termine dilatorio nonché per l'assenza delle stesse, stante l'impossibilità, in ogni caso, nella fattispecie concreta, dell'Erario di insinuarsi tempestivamente al passivo fallimentare.

La questione

La questione esaminata dalla decisione in commento riguarda la possibilità di ritenere l'intervenuto fallimento del contribuente valida ragione d'urgenza che giustifica ex se l'emanazione dell'avviso di accertamento senza il rispetto del termine per la presentazione delle osservazioni del contribuente stesso, al termine della verifica fiscale, previsto dall'art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000.

Su un piano generale, è opportuno ricordare che costituisce jus receptum in sede di legittimità l'orientamento per il quale, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'inosservanza del detto termine determina, di per sé, l'illegittimità dell'avviso di accertamento, trattandosi di adempimento ineludibile, che è primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva (cfr. Cass., Sez. T, 14 dicembre 2016, n. 25692).

Tuttavia è stato al contempo precisato che assume rilevanza soltanto l'effettiva sussistenza di ragioni di urgenza che giustifichino il mancato rispetto del termine dilatorio in questione, nel senso che l'omessa indicazione delle stesse nell'atto impositivo non ne comporta l'invalidità, fermo l'onere dell'Amministrazione, nell'ipotesi di contestazione del contribuente, di dimostrarne la ricorrenza (v., tra le più recenti, Cass., Sez. T, 28 luglio 2016, n. 13294).

Le soluzioni giuridiche

La S.C. ha affermato, mediante la decisione in esame, che l'intervenuto fallimento del contribuente costituisce di per sé una valida ragione d'urgenza idonea a giustificare l'emanazione, da parte dell'Amministrazione finanziaria, dell'atto di accertamento senza il rispetto del termine di cui all'art. 12, comma 7, del cd. Statuto del contribuente.

Sotto un primo profilo, la Corte di Cassazione ha al riguardo evidenziato che, a differenza di quanto prospettato dalla parte ricorrente, tale urgenza sussiste a prescindere dalla correlata possibilità dell'Erario di insinuarsi tempestivamente al passivo fallimentare, poiché accelera comunque l'intervento nella procedura a seguito del quale possono essere contestati anche altri crediti azionati nel fallimento.

Dirimente è, inoltre, ai fini della soluzione raggiunta, la rilevata perdita di capacità del contribuente, a seguito della declaratoria di fallimento, nella gestione dei propri rapporti patrimoniali, in quanto rimessa in via esclusiva al curatore.

Secondo la ricostruzione operata dalla S.C., invero, i doveri informativi del curatore fallimentare nei confronti del giudice delegato e del comitato dei creditori, tenuti alla vigilanza del medesimo, renderebbe impossibile il rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni per la presentazione delle osservazioni e delle richieste, all'esito della verifica compiuta dalla medesima, all'Amministrazione finanziaria.

Osservazioni

La soluzione alla quale è pervenuta la Corte di Cassazione suscita alcune perplessità.

Invero, le pur argomentate motivazioni addotte dalla S.C. a sostegno della radicale soluzione affermata, appaiono in contrasto con l'esigenza di rispetto del fondamentale dovere di leale collaborazione nei confronti del contribuente sottoposto a verifica fiscale, quanto alla possibilità per lo stesso di spiegare le proprie difese rispetto all'istruttoria operata dall'Amministrazione finanziaria, senza che vi sia, in realtà, la necessità di una deroga tanto generale e vistosa alla previsione generale dettata dall'art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000.

Sotto un primo profilo, difatti, appare artificioso sostenere che l'urgenza per emettere l'avviso di accertamento prima della scadenza del termine dilatorio di sessanta giorni previsto dalla predetta norma sussista a prescindere dalla correlata possibilità per l'Erario di insinuarsi tempestivamente al passivo fallimentare, atteso che, se la sussistenza della stessa concretizza effettivamente una valida ragione di urgenza per derogare alle regole generali, non possono avallarsi le medesime conclusioni per l'ipotesi nella quale anche un'emissione anticipata dell'atto di accertamento, come nella fattispecie concreta all'esame della Corte di legittimità, non consenta che un'insinuazione tardiva al passivo. A nostro sommesso parere, difatti, in detta situazione rientra nell'onere dell'Amministrazione finanziaria dimostrare perché sussistono comunque ragioni di urgenza idonee a derogare alla regola di cui all'art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente, senza che, come postula la decisione in esame, possa affermarsi un principio generale che prescinda dai poteri difensivi che l'ente impositore intende esercitare nella procedura concorsuale.

Per altro verso, neppure è convincente la seconda argomentazione utilizzata dalla S.C. nella decisione in rassegna, che si fonda sulla legittimazione esclusiva del curatore, intervenuto il fallimento, a gestire i rapporti patrimoniali del fallito, il che renderebbe comunque troppo “stretto” il termine di sessanta giorni per la presentazione delle osservazioni al processo verbale di constatazione, atteso che non può al riguardo affermarsi una presunzione di carattere generale, non potendo escludersi che entro tale termine un curatore solerte e vigilato da organi altrettanto celeri nell'assunzione delle relative decisioni sia in grado di presentare osservazioni all'Amministrazioni.

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