Responsabilità magistrati: alle Sezioni Unite la delimitazione della nozione di “attività interpretativa delle norme”

Redazione scientifica
30 Maggio 2018

La Terza sezione civile della Cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione di massima di particolare importanza, concernente l'individuazione del discrimine tra attività interpretativa insindacabile ed attività sussumibile nella fattispecie illecita, con specifico riferimento alla ipotesi della violazione di norma di diritto in relazione al significato ad essa attribuito da orientamenti giurisprudenziali da ritenere consolidati.

Il caso. La vicenda trae origine da un'azione di responsabilità risarcitoria extracontrattuale intrapresa dai proprietari di un fondo verso il Comune che accusavano di occupazione illegittima. In primo grado la domanda veniva accolta, in appello la condotta del Comune veniva riqualificata come occupazione espropriativa con conseguente riduzione della posta risarcitoria. In Cassazione la sentenza veniva ribaltata con accoglimento della qualificazione dell'occupazione quale usurpativa e liquidazione del valore venale del bene occupato; il Giudice di legittimità ometteva tuttavia di rivalutare l'importo e riconosceva la decorrenza degli interessi dal dì dalla domanda, diversamente da quanto avevano fatto i giudici del merito. Il danneggiato proponeva ricorso per revocazione per errore di fatto finalizzato ad ottenere la rivalutazione monetaria e gli interessi dalla data del fatto. Il ricorso veniva respinto. Parte soccombente utilizzava lo strumento del ricorso per far valere la responsabilità dello Stato per colpa grave imputabile al magistrato giudicante, deducendo l'esistenza di una violazione di legge frutto di inescusabile negligenza. Il ricorso veniva giudicato inammissibile dal tribunale prima e dalla Corte d'appello poi, approdava così in Cassazione.

La negligenza inescusabile del magistrato prospettata dal ricorrente. Il ricorrente ritiene il decreto affetto da grave violazione di legge, per negligenza inescusabile giacché la Corte di cassazione, si era discostata, senza motivazioni plausibili, dall'applicazione di norme di diritto chiare e dai consolidati principi di diritto affermati in modo fermo dalla giurisprudenza in materia. (v. sentenza apripista Cass. civ., n. 1712/1995).

La questione di diritto. La questione in diritto è, pertanto, se, in presenza di norme di diritto che non presentano equivoci od incertezze alcuni, in considerazione dei principi di diritto costantemente ribaditi da oltre sessanta anni dalla Corte di legittimità e della consolidata ed univoca interpretazione delle norme indicate in materia di liquidazione del debito risarcitorio derivante da illecito aquiliano, il diverso trattamento riservato dalla sentenza di legittimità ad un debito risarcitorio, di natura patrimoniale, derivante da illecito aquiliano, possa ex se ritenersi attratto nell'ambito della "attività interpretativa delle norme" e dunque essere considerata "in senso oggettivo" come attività comunque valutativa la quale ricade nell'ambito della clausola di salvaguardia di cui all'art. 2, comma 2, legge n. 117/1988, o invece se il raggiunto livello di consolidamento del significato delle norme applicate in tema di liquidazione del danno patrimoniale derivante da illecito aquiliano, implichi la necessità, affinchè possa operare la clausola di salvaguardia, che il totale distacco del Giudice dalle opzioni interpretative di un indirizzo giurisprudenziale che può definirsi univoco e "cristallizzato", debba essere connotato, quanto meno, da un evidenziato dubbio applicativo alla fattispecie concreta della norma intesa nel significato ad essa attribuito, ovvero da una rimeditata soluzione interpretativa, tale per cui la statuizione adottata risulti il portato di una attività valutativa e non di una mera "distrazione" od ignoranza dei principi giurisprudenziali consolidati.

E la rimessione al Primo Presidente. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, la Suprema Corte ha chiesto al Primo Presidente di valutare la rimessione alle Sezioni Unite della questione di massima di particolare importanza, concernente l'individuazione del discrimine, nella grave violazione di legge contemplata dalle fattispecie illecite individuate dall'art. 2, comma 3, lett. a) della l. n. 117/1988 (nel testo previgente alla modifica della legge n. 18/2015) e dall'art. 2, comma 1, lett. g) del d.lgs. 23 febbraio 2006 n. 109, tra attività interpretativa insindacabile ed attività sussumibile nella fattispecie illecita, con specifico riferimento alla ipotesi della violazione di norma di diritto in relazione al significato ad essa attribuito da orientamenti giurisprudenziali da ritenere consolidati.

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