L’annotazione in contabilità di una fattura fa crollare la difesa dell'imputato
31 Maggio 2018
L'annotazione in contabilità di una fattura fa crollare la difesa dell'imputato che sostiene di non aver emesso fatture nelle annualità finite sotto la lente del Fisco. Questo l'esito della sentenza del 29 maggio 2018 n. 24029 della Cassazione penale.
Il ricorrente era stato condannato in appello per omessa presentazione delle dichiarazioni annuali dei redditi e IVA per due annualità. L'uomo affermava di non aver emesso fatture nel periodo contestato, disconoscendo le sottoscrizioni apposte in calce alle stesse. A suo dire, la Corte d'Appello aveva immotivatamente emanato la sentenza di condanna, non operando alcuna indagine in merito alla sussistenza del dolo specifico di evasione.
Eppure, la Corte di Appello, «nel disattendere le identiche censure sollevate, […] ha evidenziato come per una di dette fatture fosse emerso un elemento di riscontro, costituito dalla annotazione nella contabilità della emittente, e per le altre fossero state acquisite le quietanze di pagamento sottoscritte dall'imputato, che non le aveva disconosciute, affermando solamente di non averle firmate: si tratta di considerazioni idonee, alla luce della genericità dell'atto d'appello sul punto, a disattendere i rilievi dell'imputato e a confermare la ricostruzione dell'ammontare dei ricavi conseguiti nell'anno e delle imposte non versate».
La Corte ha poi disatteso la censura legata alla riconoscibilità delle attenuanti, in considerazione della «personalità negativa dell'imputato», gravato da ben due procedure penali e dalla gravità delle condotte di omessa dichiarazione contestate. |