Lesione macro permanente della neonata e lesione della capacità lavorativa generica: risarcibile come danno alla salute
01 Giugno 2018
IL CASO Due genitori, in proprio e quali esercenti la potestà sulla figlia minore, si rivolgono al Tribunale di Livorno per ottenere il risarcimento dei danno patiti dalla neonata che, durante il parto, aveva subito la distocia della spalla destra (riportando un'invalidità pari al 40%), attribuendone la causa alla condotta inadeguata tenuta dai sanitari. Il Giudice di prime cure riconosce la sussistenza di un danno biologico pari al 25%, condannando l'ASL convenuta al risarcimento. La Corte d'appello accoglie in parte la domanda avanzata dai danneggiati, rigettando però la richiesta di risarcimento del danno patrimoniale per la perdita della capacità lavorativa della bambina, sostenendo che il danno lamentato avrebbe determinato solo una maggiore sofferenza in casi di lavori manuali, che sarebbe stata risarcibile come ulteriore componente danno biologico.
MANCATO RISARCIMENTO DEL DANNO PATRIMONIALE I genitori ricorrono per la cassazione della sentenza di seconde cure lamentando, con unico motivo di ricorso, violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 1226 c.c. per non aver la Corte territoriale risarcito il danno patrimoniale per lesione della capacità lavorativa generica a seguito della lesione macro permanente sofferta dalla nascita, determinata in misura pari al 25%.
NECESSARIA VALUTAZIONE PROGNOSTICA La Cassazione ritiene il motivo infondato, e ricorda anzitutto che il risarcimento del danno patrimoniale futuro, in conseguenza del danno alla salute subito dal neonato durante il parto, deve essere accertato dal giudice di merito, che potrà riconoscere il danno qualora sia possibile ritenere probabile che in futuro la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe percepito in assenza del danno. Il risarcimento non è automatico e non deriva dal mero accertamento dell'invalidità permanente: dovranno essere valutate sia le condizioni socio economiche della vittima, sia le inclinazioni da lei manifestate.
LIQUIDAZIONE COME DANNO ALLA SALUTE Secondo la Corte, nella fattispecie concreta si tratta di una lesione della capacità lavorativa generica, non specifica, perché la lesione determinerà una futura diminuzione del reddito ed un certo incremento di fatica nel procurarselo. Dal momento che non era stato dedotto nulla in ordine alla situazione familiare e al contesto sociale, la Cassazione ritiene applicabile il principio secondo cui, «in tema di risarcimento del danno alla persona, sussiste la risarcibilità del danno patrimoniale soltanto qualora sia riscontrabile la eliminazione o la riduzione della capacità del danneggiato di produrre reddito, mentre il danno da lesione della cenestesi lavorativa, che consiste nella maggior usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell'attività lavorativa, non incide neanche sotto il profilo delle opportunità sul reddito della persona offesa (c.d. perdita di chance), risolvendosi in una compromissione biologica dell'essenza dell'individuo, va liquidato in modo omnicomprensivo come danno alla salute».
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