La Corte costituzionale mette un nuovo tassello nell'intricato puzzle della riscossione esattoriale

Redazione scientifica
01 Giugno 2018

La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 57, comma 1, lettera a), d.P.R. n. 602/1973 limitatamente alla parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all'avviso di cui all'art. 50 del d.P.R. n. 602/1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 615 c.p.c..

Il caso. In due giudizi promossi dinanzi al giudice dell'esecuzione del tribunale ordinario di Trieste una società, assoggettata a riscossione coattiva, dopo aver proposto al giudice tributario ricorso avverso sia l'avviso di accertamento, sia la cartella di pagamento e dopo aver chiesto la sospensione giudiziale dell'esecuzione degli atti impugnati, contesta, con atto di opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., il diritto di Equitalia Nord spa di procedere ad espropriazione forzata nella forma del pignoramento presso terzi, effettuato ai sensi dell'art. 72-bis del d.P.R. n. 602/1973, facendo valere il termine di moratoria di 120 giorni previsto dall'art. 7, comma 1, lettera m), del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, conv. con modif. nella l. 12 luglio 2011, n. 106, il quale ha previsto che, in caso di richiesta di sospensione giudiziale degli atti esecutivi, non si procede all'esecuzione fino alla decisione del giudice e comunque fino al centoventesimo giorno.

Il giudice dell'esecuzione, adito dalla società, era quindi chiamato a fare applicazione dell'art. 57 d.P.R. n. 602/1973, il quale prevede che nel procedimento di riscossione esattoriale l'opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. è inammissibile, fatta eccezione per quella concernente la pignorabilità dei beni.

Tuttavia, secondo il giudice, sussisteva l'interesse ad agire della società opponente perché, pur essendo stato il pignoramento presso terzi sospeso in autotutela da Equitalia Nord, ciò però era avvenuto «sino a nuova comunicazione» e quindi il procedimento di riscossione poteva essere riattivato in qualsiasi momento. Ciò, a parere del tribunale, costituisce una «non implausibile motivazione della ritenuta sussistenza dell'interesse della società ad ottenere una pronuncia di accertamento dell'illegittimità della procedura di riscossione perché avviata quando non era ancora spirato il suddetto termine di moratoria e pertanto era preclusa per legge».

Le questioni di illegittimità costituzionale dell'art. 57 d.P.R. n. 602/1973. Il giudice dell'esecuzione dubita, dunque, della legittimità costituzionale dell'art. 57 del d.P.R. n. 602/1973 in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 113 Cost., nella parte in cui – prevedendo l'inammissibilità sia delle opposizioni regolate dall'art. 615 c.p.c., fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni, sia delle opposizioni regolate dall'art. 617 c.p.c. relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo – costringe «il contribuente a subire in ogni caso l'esecuzione, ancorché ingiusta; con la sola possibilità di presentare ex post una richiesta di rimborso di quanto ingiustamente percetto dalla pubblica amministrazione, o suo concessionario per la riscossione, ovvero di agire per il risarcimento del danno».

I diritti violati. I Giudici della Corte costituzionale, d'accordo con le considerazioni svolte dal giudice rimettente, hanno rilevato che ‒ «laddove la censura della parte assoggettata a riscossione esattoriale non radichi una controversia devoluta alla giurisdizione del giudice tributario e quindi sussista la giurisdizione del giudice ordinario ‒ l'impossibilità di far valere innanzi al giudice dell'esecuzione l'illegittimità della riscossione mediante opposizione all'esecuzione, essendo ammessa soltanto l'opposizione con cui il contribuente contesti la mera regolarità formale del titolo esecutivo o degli atti della procedura e non anche quella con cui egli contesti il diritto di procedere alla riscossione, confligge frontalmente con il diritto alla tutela giurisdizionale riconosciuto in generale dall'art. 24 Cost. e nei confronti della pubblica amministrazione dall'art. 113 Cost., dovendo essere assicurata in ogni caso una risposta di giustizia a chi si oppone alla riscossione coattiva».

La decisione della Corte costituzionale. Per tali ragioni, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 57, comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 602/1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come sostituito dall'art. 16 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'art. 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all'avviso di cui all'art. 50 del d.P.R. n. 602/1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 615 c.p.c..

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