Controversie dei pubblici dipendenti e competenza territoriale: irrilevante l'assegnazione temporanea a sede diversa

Francesco Bartolini
04 Giugno 2018

All'attenzione della Suprema Corte i problemi applicativi che pone "il luogo di effettività delle prestazioni lavorative" nei casi in cui la detta effettività deve essere confrontata con la variegata realtà degli spostamenti di sede, delle mobilità, dei comandi, dei distacchi e degli “avvalimenti” del personale presso uffici territorialmente diversi da quelli di appartenenza.
Massima

La competenza territoriale a conoscere delle controversie concernenti il rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti spetta al giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto anche nel caso in cui nei suoi confronti sia adottato un provvedimento che ne dispone l'assegnazione temporanea ad un ufficio territorialmente diverso (fattispecie di assegnazione a località diversa da quella indicata da una insegnante, già in servizio, nella procedura di mobilità interprovinciale).

Il caso

La ricorrente aveva impugnato, per asserita incompetenza territoriale, il provvedimento che nel corso di una procedura di mobilità l'aveva assegnata ad una sede diversa e lontana da quella di prestazione delle mansioni. L'impugnazione era stata proposta al tribunale nella cui circoscrizione si trovava la sede dell'ufficio di dipendenza (tribunale di Torre Annunziata), che si era dichiarato incompetente e aveva indicato come munito di competenza il tribunale del luogo della nuova assegnazione (tribunale di Modena).

Avverso l'ordinanza del giudice adito l'interessata ha proposto regolamento di competenza, sull'assunto secondo cui della sua domanda di dichiarazione di illegittimità del provvedimento di assegnazione doveva conoscere il giudice del luogo di prestazione attuale del servizio. La Corte di cassazione ha accolto il ricorso: la competenza spetta al tribunale del luogo di prestazione effettiva del servizio.

La questione

L'art. 413 c.p.c. dispone, al quinto comma, che per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è competente il giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto (o era addetto al momento della cessazione del rapporto). La disposizione indica con chiarezza il luogo di effettività delle prestazioni lavorative come l'elemento fattuale assunto a criterio determinativo della competenza territoriale nelle controversie di lavoro tra le pubbliche amministrazioni e i loro dipendenti. La regola, tuttavia, propone problemi applicativi nei casi in cui la detta effettività deve essere confrontata con la variegata realtà degli spostamenti di sede, delle mobilità, dei comandi, dei distacchi e degli “avvalimenti” del personale presso uffici territorialmente diversi da quelli di appartenenza. In queste situazioni la diversità di luoghi che viene a verificarsi tra l'ubicazione dell'ufficio di appartenenza e il luogo di svolgimento delle mansioni diventa rilevante quando in ordine al rapporto di lavoro sorgono contestazioni da demandare alla decisione del giudice ordinario.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione ha ritenuto la competenza per territorio del tribunale (tribunale di Torre Annunziata) dinanzi al quale la ricorrente aveva proposto la sua impugnazione del provvedimento di destinazione ad altra sede. Nell'ambito della circoscrizione di questo tribunale risultava ubicato il luogo nel quale la ricorrente prestava la propria opera di insegnante, sia pure in base ad una assegnazione provvisoria. Doveva dunque applicarsi il principio secondo cui, nelle controversie relative a rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, la competenza territoriale va determinata in coerenza con la finalità legislativa di rendere più funzionale e celere il processo, attuata con il radicare la cognizione del giudice nei luoghi normalmente vicini alla residenza del dipendente, nei quali sono più agevolmente reperibili gli elementi probatori necessari al giudizio. Segue da questa scelta normativa che il giudice competente deve essere individuato in relazione al luogo in cui il lavoratore presta effettivo servizio (purchè dotato di un minimo di struttura sufficiente per la sua operatività) e non invece in relazione al luogo in cui viene effettuata la gestione amministrativa del rapporto secondo le regole interne delle singole amministrazioni. Anche nel caso di utilizzazione temporanea del dipendente presso altro ufficio appartenente alla medesima amministrazione, la competenza per territorio – ha affermato la Corte – va senz'altro determinata con riguardo al luogo in cui il lavoratore presta servizio in modo effettivo: tale accezione essendo l'unica compatibile con la ratio legis, che, del resto, l'art. 413, comma 5, condivide con quella che ispira la disciplina dei precedenti commi 2 e 4. Argomenti in contrario – ha aggiunto il Collegio – non possono desumersi dalla circostanza che l'utilizzazione del dipendente presso l'ufficio di destinazione avvenga in via temporanea perché la rilevanza della temporaneità dell'assegnazione (e la conseguente persistenza della competenza territoriale del foro nella cui circoscrizione ricade l'ufficio a quo) va circoscritta ai soli casi di comando o distacco che importino l'impiego del dipendente medesimo presso altra amministrazione o altro ente pubblico: il comando, il distacco e ogni altro tipo di utilizzazione e/o assegnazione provvisoria del pubblico dipendente non implicano alcuna cesura del rapporto di servizio dipendente e quindi non hanno rilievo ai fini dell'individuazione del foro competente per territorio. Ove si ritenesse altrimenti, si finirebbe con il contraddire il principio secondo cui il giudice competente nelle controversie dei pubblici dipendenti deve essere individuato in relazione al luogo in cui il lavoratore presta effettivo servizio e non in relazione al luogo in cui viene effettuata la gestione amministrativa del rapporto.

Osservazioni

L'ordinanza regolatrice della competenza afferma ripetutamente che la competenza territoriale nelle controversie di lavoro con le pubbliche amministrazioni spetta al giudice del luogo nel quale il dipendente “presta effettivamente servizio” e contrappone tale luogo a quello in cui viene effettuata la gestione amministrativa del rapporto secondo le regole interne delle singole amministrazioni. Per tal modo viene richiamata una nozione di “effettività” che attribuisce un senso compiuto alla scelta operata dal diritto positivo: quella di ricollegare la sede della causa al territorio nel quale sorgono le contestazioni che ad essa hanno fornito occasione. Già Cass. civ., sez. VI, n. 3111/2012 e Cass. civ., sez. VI, n. 21562/2007, nel risolvere questioni analoghe, avevano pronunciato nel medesimo senso di attribuzione della competenza al giudice del luogo di effettività delle prestazioni: e a queste decisioni l'ordinanza suddetta si è espressamente richiamata.

Enunciato nel modo suddetto, tuttavia, il principio potrebbe prestarsi ad un equivoco. Esso parrebbe fondato unicamente sul collegamento stretto tra competenza del giudice e località di espletamento delle mansioni, sulla base di una valutazione fattuale circoscritta ad apprezzare unicamente l'aspetto geografico della prestazione di quelle mansioni. Se così inteso, il principio potrebbe comportare lo spostamento della competenza territoriale ogni volta in cui è mutato il luogo di svolgimento del lavoro dipendente anche soltanto a titolo temporaneo: poiché si assume per rilevante la realtà delle prestazioni, questa realtà diviene diversa se il dipendente è trasferito o comunque si trova a fornire la sua opera in luoghi via via diversi.

Il principio in questione è inteso propriamente se sono prese in considerazione le altre affermazioni contenute nell'ordinanza e nelle decisioni richiamate. Il comando, il distacco e le altre forme di assegnazione provvisoria del dipendente ad altro ufficio non costituiscono una cesura del rapporto e lasciano persistere la competenza del giudice del luogo in cui è ubicato l'ufficio di appartenenza (almeno sino a quando si tratti di assegnazione ad una amministrazione o ad un ente diverso). Appare allora evidente che il criterio che deve reggere l'individuazione della competenza territoriale non è quello contingente del luogo in cui sono esercitate le mansioni ma quello dell'appartenenza, che resta immutato nonostante il percorso del dipendente nei vari uffici periferici dell'amministrazione, se disposto a titolo provvisorio e temporaneo. In proposito si è chiarito che anche il così detto “avvalimento”, per il quale l'ente titolare della funzione utilizza in via straordinaria un lavoratore degli uffici di un altro ente, realizza una utilizzazione temporanea che non implica, come il comando e il distacco, la cesura del rapporto di impiego: sì che il rientro presso l'ente di appartenenza non equivale a “cessazione del rapporto” presso l'ente che si è avvalso della prestazione (Cass. civ., sez. VI, n. 28519/2011). La giurisprudenza di merito è ancor più esplicita. Il tribunale di Bari, ad esempio (sez. lav., 25 maggio 2017), ha affermato che, ai fini della competenza, va fatto riferimento unicamente alla sede presso cui il dipendente è organicamente assegnato al momento della proposizione del giudizio, non rilevando l'eventuale assegnazione o spostamento temporaneo e contingente ad altri uffici. Nello stesso senso il tribunale di Roma (sez. lav., 11 dicembre 2003) aveva dichiarato che per le controversie di lavoro relative al pubblico impiego è competente il giudice del luogo in cui il dipendente è stabilmente ed organicamente assegnato, non potendo, invece, influire sull'individuazione del foro competente gli eventuali spostamenti temporanei e contingenti, come appunto il distacco o l'applicazione temporanea, presso uffici diversi da quello di ordinaria assegnazione.

La giurisprudenza ha dunque considerato inidonea a mutare la competenza per territorio la temporaneità del mutamento di luogo di espletamento delle mansioni, in palese applicazione di una regola ispirata a senso pratico. Tanto più questa regola risponde allo scopo perseguito dal legislatore, di tutela del lavoratore, nei casi in cui lo spostamento del dipendente è soltanto ordinato e non ha ancora trovato attuazione. Al riguardo, Cass. civ., sez. VI, n. 21690/2011 ebbe ad affermare che, dovendosi attribuire rilevanza al fatto dello svolgimento effettivo della prestazione di lavoro, competente a conoscere della causa concernente la legittimità del provvedimento di assegnazione del dipendente ad altra dipendenza, se ancora non concretamente attuato, non può essere il giudice del luogo ove si trova la nuova sede ma quello del luogo ove si trova la sede di lavoro di provenienza.

Rispetto a queste acquisizioni, l'ordinanza di regolamento della competenza introduce una precisazione che ne costituisce un completamento.

Nella vicenda di specie, la situazione in fatto appariva rovesciata. L'insegnante ricorrente era assegnata soltanto temporaneamente ad un istituto ubicato entro la circoscrizione del tribunale di Torre Annunziata e il provvedimento al quale si oppose ne disponeva l'assegnazione vera e propria, nel corso di una procedura di mobilità, ad un luogo distante e rientrante nella circoscrizione di un tribunale diverso. Questa volta la temporaneità dell'assegnazione riguardava la sede nella quale la dipendente prestava effettivamente le proprie mansioni: e questa circostanza, di effettività, ha prevalso, nella decisione del Supremo Collegio, sulla definitività del provvedimento di spostamento.

La Cassazione, con la pronuncia n. 20724/2012 ha risolto una fattispecie particolare. La decisione ha confermato la competenza dell'autorità amministrativa a disporre il licenziamento di un dipendente in posizione di comando nella sua circoscrizione territoriale e ciò in forza dell'espresso disposto di cui all'art. 55-bis, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che detta una regola discordante dal principio dell'irrilevanza dell'assegnazione provvisoria. Ma per l'impugnazione del provvedimento sanzionatorio ha riaffermato la competenza territoriale del tribunale del luogo di appartenenza del dipendente, in applicazione di quel principio generale. Ne è seguito che un provvedimento legittimamente emesso in Puglia (luogo del comando, come vuole l'art. 55-bis) è stato ritualmente impugnato a Milano (sede dell'ufficio di appartenenza, secondo la regola dell'irrilevanza del comando).

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