Commercialista disordinato: l’imprenditore non risponde del reato di evasione

La Redazione
11 Giugno 2018

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26236/2018, riconosce la colpevolezza del commercialista e scagiona dal reato di evasione l'imprenditore che si serviva di lui per la tenuta della contabilità.

L'imprenditore che non versa le imposte non risponde del reato di evasione, se l'errore è dovuto alla disordinata tenuta della contabilità da parte del commercialista. Lo dicono i giudici della Corte di Cassazione, con la sentenza dell'8 giugno 2018 n. 26236.

Secondo la III Sezione Penale, la decisione della Corte di Appello, che condannava un imprenditore, andava ribaltata. Il caso riguardava un amministratore delegato di una società condannato in appello perché non versava le somme dovute a titolo di imposta utilizzando, nei modelli F24 relativi agli anni di imposta 2009 e 2010, compensazioni per crediti inesistenti. Secondo la Corte di Appello, l'uomo poteva comunque essere consapevole che il commercialista non registrasse le fatture, anche se poi (una volta scoperte le inadempienze del professionista) l'incarico gli era stata revocato dallo stesso imputato.

Il reato di indebita compensazione contestato all'amministratore delegato, dal punto di vista soggettivo, richiede infatti il dolo generico, che si realizza quando l'agente ometta il versamento delle somme dovute in maniera deliberata; l'imprenditore, tuttavia, si dichiarava non a conoscenza della situazione.

La vicenda, riconosciuto che in capo al commercialista si prefigurava un atteggiamento colposo, con una disordinata tenuta della contabilità, tornerà ai giudici di Appello per una nuova sentenza emessa in diversa composizione.

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