Limiti del potere di rilevazione d'ufficio dell'incompetenza forte
12 Giugno 2018
Massima
Allorquando il convenuto proponga un'eccezione di incompetenza per materia (o per territorio inderogabile o per valore) tardivamente secondo il regime dell'art. 38 c.p.c. (applicabile anche al rito del lavoro ed assimilati) ed il giudice la reputi infondata con un'ordinanza soggetta al regime dell'art. 187, comma 3, c.p.c. (cioè non preceduta da invito a precisare le conclusioni nel rito ordinario e da invito alla discussione nel rito del lavoro e, dunque, non impugnabile ai sensi dell'art. 42 c.p.c.), senza avvedersi della sua irritualità per la tardiva proposizione, il giudice non può successivamente in sede decisoria riesaminare l'eccezione e dichiarare l'incompetenza, salvo che disattenda preliminarmente la questione della tardività, atteso che il riesame può concernere solo l'eccezione per come proposta dal convenuto e riguardo ad esso non può rilevare che la questione fosse soggetta al regime di rilevazione officiosa. Il potere di rilevazione officiosa deve, infatti, oramai ritenersi precluso per mancato esercizio all'atto della prima delibazione negativa della questione. Tale principio opera anche allorquando con l'ordinanza delibatoria della questione di competenza il giudice abbia dopo avere disatteso l'eccezione di incompetenza, disposto il cambiamento del rito processuale. Il caso
Tizio, nella qualità di comproprietario di un fondo rustico, già nella detenzione di fatto del defunto Sempronio, aveva agito dinanzi al tribunale ordinario per sentir pronunciare il difetto di legittimazione di quest'ultimo, in quanto non autorizzato, a stipulare il contratto di affitto dei terreni che aveva concluso con Caia. La convenuta Caia si costituiva alla prima udienza ed in rito chiedeva dichiararsi la competenza ratione materiae della Sezione Specializzata Agraria del tribunale adito. Nella detta prima udienza il tribunale si riservava di decidere sull'eccezione del resistente e, con ordinanza, rigettava l'eccezione sull'assunto che la controversia, inerendo a suo dire al rilascio di un fondo rustico perché detenuto senza titolo, nonostante l'eccezione di sussistenza del rapporto agrario formulata dal convenuto, spettava alla competenza del tribunale in sede ordinaria e non al giudice specializzato. Con la medesima ordinanza il tribunale disponeva il mutamento del rito ed il passaggio della controversia alla trattazione con il rito ordinario, reputando che essa non fosse soggetta al rito locativo ex art. 447-bis c.p.c.. La causa veniva rinviata per la discussione orale ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c., ed all'esito il tribunale pronunciava ordinanza con cui dichiarava la propria incompetenza e la competenza della Sezione Specializzata Agraria. Avverso tale ordinanza Tizio proponeva regolamento di competenza deducendo che il tribunale aveva dichiarato la propria incompetenza quando ormai il relativo potere era precluso. La questione
La questione esaminata dalla Cassazione afferisce ai limiti del potere di rilevazione di ufficio dell'incompetenza forte. Le soluzioni giuridiche
È noto che l'incompetenza per materia, valore e territorio inderogabile è rilevabile d'ufficio, con un preciso limite temporale costituito dalla prima udienza di trattazione (art. 38 c.p.c.). Nell'ipotesi in cui il giudice abbia pronunciato sulla competenza rilevando la questione oltre i termini di preclusione risulta esperibile il regolamento di competenza (Cass. civ., Sez. Un., 19 ottobre 2007, n. 21858). Nella pronuncia in esame i Giudici di legittimità hanno statuito che, allorquando il convenuto proponga un'eccezione di incompetenza per materia o per territorio inderogabile o per valore tardivamente secondo il regime dell'art. 38 c.p.c. (applicabile anche al rito del lavoro ed assimilati) ed il giudice la reputi infondata con un'ordinanza soggetta al regime dell'art. 187, comma 3, c.p.c. (cioè non preceduta da invito a precisare le conclusioni nel rito ordinario e da invito alla discussione nel rito del lavoro e, dunque, non impugnabile ai sensi dell'art. 42 c.p.c.), senza avvedersi della sua irritualità per la tardiva proposizione, il giudice non può successivamente in sede decisoria riesaminare l'eccezione e dichiarare l'incompetenza, salvo che disattenda preliminarmente la questione della tardività, atteso che il riesame può concernere solo l'eccezione per come proposta dal convenuto e riguardo ad esso non può rilevare che la questione fosse soggetta al regime di rilevazione officiosa. Il potere di rilevazione officiosa deve, infatti, oramai ritenersi precluso per mancato esercizio all'atto della prima delibazione negativa della questione. La Suprema Corte evidenzia in particolare che, se la nuova valutazione, sotto il pretesto che la questione di competenza è a rilievo officioso, potesse non considerare l'irritualità ed intempestività dell'eccezione formulata dalla parte, che erroneamente non era stata considerata al momento del provvedimento ordinatorio che aveva negativamente delibato l'eccezione nel "merito", si consentirebbe al giudice, in realtà, non solo di "rilevare" il convenuto dalla preclusione in cui era incorso, ma si avrebbe anche la conseguenza di una riattribuzione al giudice del potere di ufficio che non aveva esercitato all'udienza di trattazione ai sensi dell'art. 38 c.p.c.. La pronuncia in esame ha, altresì, chiarito che nell'ipotesi in cui una incompetenza a rilievo officioso non sia stata rilevata dal convenuto ed il giudice di sua iniziativa, alla prima udienza di trattazione o con provvedimento riservatosi in essa, ritenga d'ufficio di prendere posizione su un dubbio di competenza che si sia posto da solo, senza alcuna sollecitazione di parte, ed esprima una soluzione di infondatezza del dubbio, tale avviso equivale ad esercizio negativo del potere di rilevazione d'ufficio della incompetenza a regime di rilevazione officiosa. Di conseguenza il giudice anche in tal caso, se si dovesse in seguito convincere che la questione di competenza era invece fondata, non potrebbe ritornare sull'avviso espresso. Una simile possibilità non potrebbe sostenersi per il tramite dell'art. 177, comma 1, c.p.c. giacché la revocabilità della precedente ordinanza risulterebbe in manifesta contraddizione con la preclusione del potere officioso sancita dall'art. 38, comma 3, c.p.c.: l'esercizio del potere di revoca, infatti, si concreterebbe necessariamente nell'esercizio del potere di rilevazione officiosa oltre il limite di preclusione stabilito che non è disponibile dal giudice. Osservazioni
Il rilievo officioso dell'incompetenza territoriale ai sensi dell'art. 38 c.p.c. deve essere chiaro e inequivocabile, dovendo servire a stimolare il contraddittorio e l'esercizio consapevole del diritto di difesa (Cass. civ., sez. VI, 20 settembre 2016, n. 18383). Tale "rilievo", tuttavia, non implica necessariamente una contestuale "decisione" sulla competenza, essendo sufficiente che il giudice indichi alle parti la sussistenza della relativa questione in modo chiaro e preciso: è stato, invero, ritenuto corretto l'operato del tribunale che, dopo aver tempestivamente indicato alle parti la questione di competenza, abbia, poi, concesso alle stesse i termini per le memorie ex art. 183 c.p.c., invitandole a dedurre sul punto (Cass. civ., sez. VI, 7 febbraio 2017, n. 3220). Costituisce, inoltre, principio pacifico in giurisprudenza che il potere di rilevazione di ufficio dell'incompetenza forte possa esercitarsi dal giudice in sede di udienza e non già con l'ordinanza di cui al comma 7 dell'art. 183 c.p.c., emanata fuori udienza all'esito delle memorie di trattazione scritte (Cass. civ., sez. VI, 5 marzo 2014, n. 5225; Cass. civ., sez. VI, 26 giugno 2012, n. 10596). È stato altresì escluso che nel rito del lavoro, ai sensi degli artt. 38 e 428 c.p.c., il giudice possa provvedere al rilievo d'ufficio dell'incompetenza per territorio successivamente all'assunzione della prova testimoniale, in quanto mezzo istruttorio diverso dalle sommarie informazioni di cui al comma 4 del richiamato art. 38 c.p.c. (Cass. civ., sez. VI, 6 giugno 2017, n. 14061). |