Espropriazione presso terzi: i rimedi esperibili contro l'ordinanza di assegnazione
14 Giugno 2018
Massima
Il terzo pignorato può revocare la dichiarazione positiva resa per errore incolpevole sino all'emissione dell'ordinanza di assegnazione ovvero, se l'errore emerge successivamente, ha l'onere di proporre avverso tale provvedimento opposizione agli atti esecutivi, pena l'irretrattabilità dell'ordinanza di assegnazione e la facoltà, nell'esecuzione forzata iniziata sulla base di essa, di proporre contestazioni fondate solo su fatti sopravvenuti. Il caso
La società C. proponeva opposizione ex art. 615 c.p.c. nei confronti degli atti di precetto notificati nei propri confronti da G.L. sulla base di due ordinanze di assegnazione ottenute nell'ambito di una precedente espropriazione presso terzi, in cui la medesima opponente aveva rivestito il ruolo di terzo pignorato. Più in particolare, il credito del debitore esecutato sorgeva da un contratto di locazione immobiliare stipulato con la società C. L'opposizione all'esecuzione veniva accolta dal tribunale di Venezia, mentre l'appello nel frattempo proposto da G.L. nei confronti della sentenza di primo grado veniva rigettato dalla Corte d'appello. A sostegno della propria decisione, il giudice di seconde cure aveva rilevato, tra l'altro, che la società C. era legittimata ed aveva interesse a proporre opposizione all'esecuzione, in quanto essa aveva appreso dell'esistenza di un pignoramento immobiliare sul bene locato – e, quindi, dell'ordine impartitole dal giudice di tale esecuzione di versare i canoni di locazione al custode giudiziario – soltanto dopo aver reso la dichiarazione positiva di cui all'art. 547 c.p.c. nella procedure di espropriazione presso terzi e, addirittura, dopo la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione. Tali circostanze erano quindi da considerarsi “fatti sopravvenuti”, che legittimavano il terzo pignorato ad opporsi all'esecuzione per evitare di essere costretto a pagare due volte il proprio debito, l'una al creditore pignorante immobiliare, l'altra al creditore pignorante il credito. Avverso la sentenza della Corte d'appello G.L. proponeva ricorso per cassazione. La questione
Con la sentenza in commento, la Cassazione ha esaminato il regime giuridico dell'ordinanza di assegnazione delle somme pignorate di cui all'art. 553 c.p.c., nonché i rimedi giurisdizionali esperibili avverso tale provvedimento. Le soluzioni giuridiche
La Corte ha accolto parzialmente il ricorso, enucleando il principio di diritto riportato nella massima. Secondo il giudice di legittimità, la pronuncia impugnata è viziata, in quanto la Corte d'appello ha omesso di considerare che, in virtù dei principi espressi dalla Cassazione circa le forme e i termini di impugnazione del provvedimento in questione (su cui si tornerà infra), se la società C. avesse voluto impugnare l'ordinanza di assegnazione nella veste di terzo pignorato (e quindi nell'ambito dell'espropriazione presso terzi), avrebbe dovuto farlo nel termine di cinque giorni di cui al previgente art. 617 c.p.c., decorrente dalla conoscenza legale dell'ordinanza di assegnazione (avvenuta il 18 novembre 2004), atteso che essa aveva appreso dell'esistenza del pignoramento immobiliare e della richiesta di pagamento dei canoni da parte del custode giudiziario sin dall'11 maggio 2004. Per converso, se la società C. avesse voluto impugnare l'ordinanza di assegnazione nella veste di debitore esecutato, avrebbe potuto farlo solamente invocando “fatti sopravvenuti” alla formazione del titolo: l'ordinanza di assegnazione è infatti un titolo giudiziale e non è consentito far valere con l'opposizione all'esecuzione fatti che si sarebbero potuto (rectius, dovuto) dedurre nel procedimento in cui quel titolo si è formato. Nel caso di specie, però, l'esistenza di un precedente pignoramento sull'immobile concesso in locazione era un fatto anteriore al pignoramento stesso, all'ordinanza di assegnazione ed alla sua notificazione, sicché si trattava di un fatto non più deducibile nel giudizio di opposizione all'esecuzione. Ad abundatiam, la Suprema Corte ha poi rilevato che il terzo pignorato avrebbe potuto astrattamente revocare la propria dichiarazione positiva, ma ciò solamente prima della pronuncia dell'ordinanza di assegnazione e a condizione di dimostrare che l'errore nella dichiarazione fosse stato incolpevole (in senso parzialmente conforme, v. anche Cass. civ., sez. III, 25 maggio 2017, n. 13143). Osservazioni
Secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità l'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. è inidonea a passare in giudicato (ex multis, Cass. civ., sez. III, 25 febbraio 2016, n. 3712; la giurisprudenza amministrativa si è tuttavia pronunciata in senso contrario: v. in particolare Cons. St., Ad. Plen., 10 aprile 2012, n. 2), ma costituisce titolo esecutivo per l'assegnazione del credito (Cass. civ., sez. IV, 3 giugno 2015, n. 11493; Cass. civ. 18 marzo 2003, n. 3976). A tale natura si ricollega il regime impugnatorio dell'ordinanza di assegnazione, solitamente ricondotto al rimedio generale dell'opposizione ex art. 617 c.p.c.; tale mezzo è ritenuto esclusivo non soltanto per contestare i vizi formali del provvedimento, ma anche per metterne in discussione il contenuto decisorio (Cass. civ., sez. III, 20 novembre 2012, n. 20310; Cass. civ., 13 aprile 2012, n. 5895) o la validità degli atti che l'hanno preceduta (Cass. civ., 14 maggio 2013, n. 11566). È infatti sempre più frequente, dopo le modifiche apportate dalla l. 228/2012, che in sede di assegnazione il giudice dell'esecuzione non si limiti ad assegnare le somme precettate, ma eserciti un potere cognitivo su rapporti sostanziali, con riferimento all'accertamento dei presupposti dell'esecuzione e dell'an e quantum del credito precettato (Cass. civ., 8 aprile 2003, n. 5510). Il rimedio deve essere proposto dinanzi al giudice dell'esecuzione (Cass. civ., sez. IV, 8 febbraio 2016, n. 2490) entro il termine perentorio di venti giorni dalla conoscenza legale dell'ordinanza stessa (Cass. civ., 26 maggio 2016, n. 11642; Cass. civ., sez. III, 25 febbraio 2016, n. 3712), la quale, se il terzo non ha partecipato all'udienza, avviene tramite la notificazione del creditore (Cass. civ., sez. III, 19 ottobre 2015, n. 21081). La scelta della giurisprudenza a favore dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. non è volta dunque ad escludere l'eventualità che l'ordinanza di assegnazione abbia contenuto decisorio, ma conferma la tendenza del legislatore di delineare l'opposizione agli atti esecutivi quale rimedio generale di chiusura del sistema delle impugnazioni nel processo esecutivo. Si rende inoltre necessaria l'opposizione ex art. 617 c.p.c. per contestare l'ordinanza di assegnazione, ad esempio, relativamente all'entità della somma assegnata (Cass. civ., 8 aprile 2003, n. 5510) o all'inopponibilità della compensazione ex art. 2917 c.c. (in quanto oggetto «della cognizione tipica del processo esecutivo», v. Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2011, n. 5529). L'opposizione agli atti è inoltre il rimedio naturale per dedurre l'errore del giudice che abbia assegnato il credito nonostante la dichiarazione negativa resa dal terzo (Cass. civ., sez. III, 25 febbraio 2016, n. 3712; Cass. civ. 22 febbraio 2008, n. 4578; contra,nel senso che in tal caso il provvedimento “abnorme” sia soggetto a revoca, v. Cass. civ. 24 novembre 1980, n. 6245); quando il terzo assuma di avere per mero errore omesso di riferire dell'esistenza di altri pignoramenti sul medesimo credito (Cass. civ., sez. IV, 14 dicembre 2015, n. 25110, in motivazione; Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2007, n. 3958); quando il terzo assuma di avere per mero errore dichiarato un credito di importo superiore a quello effettivo (Cass. civ., sez. III, 19 ottobre 2015, n. 21081, in motivazione); infine, quando il terzo neghi tout court di avere reso una dichiarazione positiva (Cass. civ., 22 febbraio 2008, n. 4578). Nel caso in cui l'ordinanza di assegnazione si limiti a recepire il contenuto dell'atto di pignoramento per mancata partecipazione del terzo al procedimento, l'art. 548 c.p.c. prevede espressamente l'esperibilità dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. a condizione che il terzo dimostri di «non aver[ne] avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore». La giurisprudenza esclude invece che le contestazioni di merito all'ordinanza in commento siano deducibili mediante opposizione all'esecuzione, che si ritiene quindi non esperibile avverso l'atto conclusivo del processo esecutivo (Cass. civ., 24 febbraio 2011, n. 4505; Cass. civ., 20 ottobre 1997, n. 10259; contra Cass. civ., 8 ottobre 1997, n. 9782). Sono inoltre esclusi i rimedi della revoca e della modifica dell'ordinanza di assegnazione (nonostante la pretesa inidoneità al giudicato, Cass. civ., 20 febbraio 2007, n. 3958; Cass. civ., 13 giugno 1992, n. 7248; contra Cass. civ. 24 novembre 1980, n. 6245, con riferimento al provvedimento “abnorme”), del regolamento di competenza (nonostante la portata definitiva del provvedimento, Cass. civ., sez. III, 20 novembre 2012 n. 20310; Cass. civ., 4 aprile 2001, n. 4989; contra Cass. civ., 19 giugno 2002, n. 8920) e dell'opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., attualmente incompatibile con l'espressa previsione dell'opposizione agli atti esecutivi nell'art. 548 c.p.c. (contra, prima delle ultime modifiche, v. Cass. civ., 4 ottobre 2007, n. 20784). In casi eccezionali il rimedio avverso l'ordinanza di assegnazione è peraltro rappresentato dall'appello, che è ammesso quando il contenuto decisorio esorbita dal potere di accertamento riconosciuto al giudice dell'esecuzione in fase di assegnazione ed implica la risoluzione di questioni che normalmente costituiscono oggetto del rito ordinario di cognizione, come per la contestazione del diritto di procedere all'esecuzione forzata (così, in applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, si erano espresse Cass. civ., 17 gennaio 2012, n. 615; Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2011, n. 5529; Cass. civ., sez. III, 8 febbraio 2007, n. 2745, ma forse tale considerazione potrebbe essere rivista alla luce delle modifiche apportate dalla l. n. 228/2012 al giudizio di accertamento di cui all'art. 549 c.p.c.). Tale rimedio è da considerarsi però residuale, restando dunque l'opposizione agli atti il mezzo prescelto dal legislatore per censurare l'ordinanza in ogni caso in cui questa esprima l'esercizio di poteri di accertamento del giudice dell'esecuzione (motivo per cui si esclude che il provvedimento di assegnazione sia ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost.: Cass. civ., 19 gennaio 2016, n. 773; Cass. civ.,17 gennaio 2012, n. 615; Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2011, n. 4505; Cass. civ., 22 giugno 2007, n. 14574; Cass. civ., 19 maggio 2003, n. 7761) e per contestare l'impignorabilità del credito assegnato (Cass. civ., sez. III, 31 ottobre 2011, n. 17878; in senso contrario, Cass. civ., sez. I, 11 febbraio 1999, n. 1150). Per quanto riguarda i rimedi esperibili nell'esecuzione instaurata dal creditore assegnatario nei confronti del terzo inadempiente sulla base del titolo esecutivo costituito dal provvedimento ex art. 553 c.p.c., merita innanzitutto osservare che i vizi formali dell'ordinanza non possono essere fatti valere nel secondo giudizio esecutivo, atteso che l'art. 2929 c.c. inibisce la contestazione come effetto dell'assegnazione. Relativamente alle contestazioni di merito, invece, la giurisprudenza ammette l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. per dedurre fatti impeditivi, estintivi o modificativi della pretesa del creditore assegnatario sopravvenuti all'ordinanza di assegnazione (Cass. civ., sez. IV, 3 giugno 2015, n. 11493) o il venir meno del titolo esecutivo su cui si fondava l'esecuzione conclusa con l'ordinanza di assegnazione (ad esempio per l'accoglimento dell'opposizione all'esecuzione proposta anteriormente all'assegnazione, Cass. civ., sez. III, 20 novembre 2012, n. 20310; v. anche Cass. civ., 5 aprile 2016, n. 6535; Cass. civ., sez. III, 14 maggio 2013, n. 11566). È infine preclusa all'esecutato l'opposizione ex art. 615 c.p.c. per contestare i vizi dell'ordinanza di assegnazione che, nel precedente processo esecutivo, egli abbia già dedotto con l'opposizione agli atti esecutivi definitivamente respinta (Cass. civ., sez. III, 20 novembre 2011, n. 20310).
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