La natura concorsuale degli accordi di ristrutturazione e la relativa prededuzione dei crediti professionali

20 Giugno 2018

La natura concorsuale degli accordi di ristrutturazione dei debiti è oggetto di vivo dibattito in dottrina e in giurisprudenza. La Cassazione ne ha stabilito la concorsualità analizzando una serie di indicatori e ha riconosciuto la prededuzione dei crediti professionali.
Premessa

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono stati introdotti in Italia nel 2005 su sollecitazione delle associazioni maggiormente rappresentative del ceto bancario ed imprenditoriale.

La Relazione illustrativa al d.l. 35/2005 non ha analizzato la natura giuridica dell'istituto, limitandosi ad affermare: «il concordato diviene lo strumento attraverso il quale la crisi d'impresa può essere risolta anche attraverso gli accordi stragiudiziali che abbiano ad oggetto la ristrutturazione dell'impresa».

Detti accordi sono stati definiti come la versione italiana del pre-packaged americano, caratterizzati dall'ambizioso obiettivo di garantire le banche dallo spettro della revocatoria e l'imprenditore dal rischio di responsabilità di natura penale (G.B. NARDECCHIA, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Il Fallimento 6/2006).

In realtà, l'impianto originario degli accordi del 2005 ricalca un istituto di origini più lontane del pre-packaged americano: le lettres de répit (lettere di respiro) generate in Francia durante il periodo medioevale.

I mercanti insolventi, una volta ottenuta la lettera di respiro, potevano beneficiare del blocco delle esecuzioni per un determinato periodo di tempo. In origine, affinché venisse rilasciata la lettera d'intento era sufficiente il consenso dei creditori; si è quindi passati dal terreno stragiudiziale a quello giudiziale, in cui i giudici medioevali rilasciavano il documento anche in mancanza di un accordo tra i creditori, calpestando i diritti degli stessi e generando, con un sorta di effetto domino, una spirale inarrestabile di fallimenti (G. BUCARELLA, I «nuovi» accordi di ristrutturazione dei debiti, Milano, 2013, 11).

Non si può non rilevare il parallelismo intercorrente tra le lettere di respiro di epoca medievale e gli accordi di ristrutturazione dei debiti: entrambi sono stati spinti verso la concorsualità.

Gli accordi di ristrutturazione si sono rivelati presto non all'altezza del nobile intento promesso e non altrettanto glamour come il concordato preventivo: venute meno le garanzie di certezza giuridica sono stati necessari ripetuti interventi di chirurgia legislativa.

Sin dall'introduzione della procedura si sono formati due contrapposti orientamenti: il primo a sostegno dell'accordo quale istituto indipendente rispetto al concordato preventivo, il secondo, invece, ne raffigura una circoscritta autonomia al punto tale da ritenerlo una sottospecie di concordato preventivo.

Il susseguirsi di riforme ha portato a riconoscere la piena autonomia dell'accordo dal concordato preventivo, sia dal punto di vista della struttura che degli effetti.

Gli indicatori a sostegno della natura concorsuale degli accordi di ristrutturazione dei debiti e la prededuzione dei crediti dei professionisti alla luce delle sentenze gemelle della Cassazione

La scomposizione del procedimento in due stadi, di cui uno prettamente privatistico, ha portato un vivo dibattito in dottrina e in giurisprudenza in ordine alla sua natura concorsuale o meno.

La prima fase, eventuale, introdotta con la riforma del 2010, ha spostato l'asse della tutela processuale ampliando la fase pubblicistica.

Il debitore può beneficiare di una tutela anticipatoria attraverso il deposito di un'istanza di sospensione che ne anticipa gli effetti protettivi e quindi può svolgere con serenità le trattative con i creditori.

Al pari del concordato preventivo viene pretesa, ai sensi dell'art. 67, comma 3, lett. e) l.fall., la pubblicazione nel registro delle imprese; la pubblicità permette all'impresa di ripararsi grazie all'ombrello protettivo da azioni esecutive, cautelari e da acquisizione di titoli di prelazione e, nel contempo, permette ai creditori e a ogni altro interessato di scegliere se prendere parte all'accordo o se opporsi.

La procedura non prevede una fase di ammissione dei crediti, tuttavia un accordo con i creditori è già stato raggiunto in via stragiudiziale e non avrebbe senso prevedere una fase di ammissione dei crediti; per lo stesso motivo non è prevista la nomina di un commissario giudiziale né la fissazione di un'udienza di comparizione in Camera di Consiglio, altrimenti ci si troverebbe di fronte ad un'inutile doppione della disciplina del concordato preventivo (E. FRASCAROLI SANTI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Padova, 2009, 87).

In dottrina e in giurisprudenza vi è chi sostiene che«non si applica il principio maggioritario», ma per smentire tale assunto è sufficiente sottolineare che l'art. 182-bis, comma 1, l.fall. prevedeva e prevede l'omologazione dell' «accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti». Seppure non si tratta di una maggioranza richiesta come per il concordato preventivo ex art. 184 l.fall.., vi è comunque una soglia di maggioranza qualificata; il tetto del settantacinque per cento è inoltre previsto per gli accordi con gli intermediari finanziari ex art. 182-septies l.f. che contempla la possibilità di rendere obbligatorio l'accordo per i creditori non aderenti.

Dal punto di vista pratico è errato sostenere che l'art. 182-bis l.fall. permetta deroghe alla par condicio creditorum: il debitore, per giungere alla parità di trattamento, dovrebbe stipulare tanti accordi paritari quanti sono i creditori. Avvalorando questa ipotesi rimarrebbe soltanto la possibilità di un accordo «totalitario», ma ciò striderebbe con la ratio stessa dell'istituto.

Qualora un creditore non partecipasse all'accordo totalitario, ne discenderebbe in automatico il dovere di pagare per intero tutti gli altri creditori. (F. DI MARZIO, La crisi d'impresa – questioni controverse del nuovo diritto fallimentare, Padova, 2010, 302).

La dottrina ha evidenziato che l'accordo privo di maggioranza qualificata, vincolando gli aderenti, assolve comunque al delicato compito di rimuovere lo stato di insolvenza (M. FABIANI, Diritto Fallimentare – un profilo organico, Bologna, 2011, 699).

Occorre domandarsi se i «classamenti coattivi» tra impresa debitrice e tra una o più banche o intermediari finanziari vadano a svuotare il significato stesso di «par condicio creditorum».

Ad ulteriore supporto della tesi della concorsualità gioca la collocazione topografica: gli accordi sono inseriti tra le norme che regolano il concordato preventivo; del resto, nemmeno il nuovo Codice della crisi d'impresa (legge 19 ottobre 2017, n. 155) modifica detta collocazione, oltre a non chiarirne la natura.

Sul fronte sovranazionale è stata caldeggiata dalla Relazione della Commissione Europea (che l'ha presentato al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo) la proposta di modifica del Regolamento CE n. 1346/2000 per l'inserimento delle procedura di pre-insolvenza e delle procedure cd. «ibride» tra le procedure concorsuali.

In un'ottica di armonia a livello europeo delle procedure di insolvenza dei vari stati membri, il Regolamento UE n. 848/2015 ha inserito gli accordi di ristrutturazione tra le procedure concorsuali, fissando l'entrata in vigore per le procedure di insolvenza aperte successivamente al 26 giugno 2017.

L'art. 2 del Regolamento definisce procedura concorsuale: «una procedura che comprende tutti o una parte significativa dei creditori di un debitore a condizione che, nel secondo caso, la cosa non pregiudichi i crediti dei creditori non interessati alla procedura stessa» e nell'allegato A inserisce tra le procedure d'insolvenza per l'Italia gli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Il Tribunale di Milano con sentenza n. 10.11.2016 non ha ritenuto concorsuale l'accordo riguardante un fondo chiuso di investimento gestito da una s.g.r. immobiliare adducendo, tra l'altro, che il Regolamento UE n. 848/2015 «mira alla convergenza delle procedure di insolvenza e di ristrutturazione, allo scopo di favorire la tempestiva ristrutturazione di imprese vitali in difficoltà finanziarie e quindi in un'ottica che non risulta quella necessariamente concorsuale strictu sensu».

Il tribunale meneghino non ha messo in luce che al momento dell'emanazione della sentenza, il nuovo regolamento UE non era ancora entrato in vigore e quindi risultava inapplicabile.

Dottrina e giurisprudenza hanno rilevato che l'istituto in esame presenta caratteristiche di natura privatistica, ma sarebbe più corretto precisare che vi sono anche elementi privatistici: per produrre gli effetti protettivi ex art. 182-bis l.fall. l'accordo deve essere sottoposto alla disamina del tribunale in composizione collegiale che deciderà se omologarlo o meno.

La stessa dizione «ogni altro interessato» ex art. 182-bis, comma 4, l.fall. è un chiaro indicatore che non si tratta di un istituto di natura privatistica; è collocabile tra questi soggetti anche il Pubblico Ministero che non può ignorare la presenza di queste procedure, in quanto talvolta vi si celano dei veri e propri abusi di diritto.

Nulla vieta al Pubblico Ministero di chiedere alla Cancelleria del Tribunale la segnalazione dei ricorsi ex art. 182-bis l.fall. e di opporsi, e tale lodevole prassi è stata instaurata dalla Procura di Milano.

Infatti, qualora non vi siano elementi di prova sufficienti per dimostrare l'insolvenza e chiedere il fallimento, il Pubblico Ministero ha la possibilità di presentare reclamo ai sensi dell'art. 183 l.fall. (L. ORSI, Il ruolo del PM nella fase prefallimentare, cfr. www.ca.milano.giustizia.it).

Anche per quanto riguarda la disciplina del reclamo nei confronti del decreto di omologazione, l'accordo viene parificato al concordato preventivo per l'espresso rinvio all'art. 183 l.fall..

Lampanti manifestazioni del principio di concorsualità sono date dai meccanismi di protezione contemporanea individuabili nel divieto di azioni cautelari o esecutive individuali sul patrimonio del debitore da parte dei creditori per titolo o causa anteriori alla pubblicazione dell'accordo e la conseguente applicazione dell'art. 168, comma 2, l.fall..

L'accordo è parificato al concordato preventivo anche dall'art. 182-sexies l.fall., che deroga a una serie di norme del codice civile disciplinanti lo scioglimento della società di capitali in caso di perdita del capitale sociale o di riduzione sotto i limiti di legge.

Nell'originario impianto della legge fallimentare la prededuzione era riservata per «il pagamento delle spese, comprese le spese anticipate dall'erario, dei debiti contratti per l'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa, se questo è stato autorizzato»; il d. lgs. 5/2006 ha ampliato notevolmente i crediti meritevoli della prededuzione.

Sono funzionali all'omologazione dell'accordo tanto i finanziamenti e, ancor prima, l'attività prestata dai professionisti che assistono il debitore nelle trattative con i creditori per arrivare alla presentazione della domanda dell'accordo.

La cornice della prededuzione risulta ancora più problematica dopo la modifica della legge fallimentare del 2012 che ha previsto la possibilità di planare dal deposito della domanda di concordato «in bianco» al deposito di una «domanda di accordo di ristrutturazione»; di conseguenza confluisce nell'accordo uno scampolo della prededuzione del credito, anche professionale, espressamente previsto per il concordato «in bianco» (F. ROLFI – E. STANUOVO POLACCO, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti – Autonomia negoziale e concorsualità, Milano, 2013, 184).

Negli accordi è presente un dualismo della prededuzione: da un lato quella dei finanziatori e, dall'altro, quella dei professionisti, tra questi ultimi non solo dell'attestatore che, dal punto di vista cronologico, approda solo dopo i professionisti e i finanziamenti.

Fino al 2012, l'art. 182-quater, comma 4, l.fall., contemplava, in maniera poco razionale, la prededuzione soltanto per i crediti funzionali alla domanda di accordo nonché per il professionista attestatore, escludendo tutti gli altri professionisti.

Una parte della attenta dottrina ha evidenziato che la illogica restrizione dell'art. 182 quater l.f. ben può essere superata con un'interpretazione estensiva adeguatrice, poiché sarebbe contrastante con l'art. 3 Cost., così come affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 526 del 14 novembre 1990, la quale ha ritenuto applicabile l'estensione della norma a un giudizio di meritevolezza del medesimo trattamento (A. DIDONE, La prededuzione dei crediti tra nuovo art. 111 e nuovo art. 182 quater, l.f. prima e dopo la l. 134 del 2012, Giust. civ., 2013, 63).

Eliminato il comma 4 dall'art. 182 quater l.f. che prevedeva la prededuzione soltanto per il professionista attestatore, è stato dato pieno vigore al paradigma dell'art. 111 l.f., comma 2, l.f..

Il sintagma «in occasione» ex art. 111, comma 2, l.fall., sembra indicare un mero dato cronologico, ossia i debiti contratti nell'ambito della procedura concorsuale o comunque in relazione a essa; secondo una tesi, il criterio oggettivo della occasionalità va sempre integrato con il criterio funzionale (o teleologico).

L'inerenza funzionale e la funzionalità del credito professionale negli accordi viene alla luce attraverso l'omologazione che cristallizza la prededucibità in caso di fallimento, la sua mancata omologazione comporta invece il classamento del suddetto credito al rango che gli compete.

La giurisprudenza di legittimità inerente al concordato preventivo ha osservato che l'attività di assistenza e consulenza per la predisposizione della domanda rientra tra i crediti sorti in funzione di quest'ultima procedura e supera la dimostrazione della utilità per la massa, poiché una considerazione ex post della utilità dimostrerebbe l'illogicità della stessa norma e non potrebbe trovare mai applicazione in un successivo fallimento (Cass. 4.11.2015 n. 22450).

Le sentenze gemelle della Suprema Corte (n. 1182 del 18.1.2018 e n. 1896 del 25.1.2018) affrontano per la prima volta la natura degli accordi di ristrutturazione dei debiti riconoscendone la natura concorsuale.

Le pronunce riguardano lo stesso fallimento: due avvocati hanno prestato attività di consulenza giudiziale e stragiudiziale a una s.p.a., e l'accordo viene omologato; in un secondo momento i professionisti, con il supporto di un altro legale, hanno depositato un ulteriore accordo in sostituzione del precedente, e anche per l'ulteriore accordo il tribunale ha disposto l'omologazione.

Nel successivo fallimento il giudice delegato ha ammesso al grado del privilegio ex art. 2751 bis n. 2, c.c. soltanto una parte del credito vantato dai professionisti di entrambi gli accordi, le successive e separate opposizioni allo stato passivo vengono rigettate e i professionisti hanno proposto ricorso per Cassazione (commento al decreto del Tribunale di Verona, 16.2.2015: L. TADDEI, La timida molto audace spinta degli accordi di ristrutturazione verso la concorsualità. Sospiri di prededuzione per i crediti professionali, A.DI.GE., Verona, 1/2016, 70 ss.).

Prima delle due pronunce della Cassazione intercorre una transazione tra la curatela del fallimento e i professionisti, ma le parti hanno deciso di giungere comunque a sentenza.

La Prima Sezione della Cassazione, preso atto della transazione, ha accolto i due motivi che lo stesso Sostituto Procuratore ha ritenuto fondati: «l'accordo di ristrutturazione di cui all'art. 182 bis appartiene agli istituti del diritto concorsuale» e «non può escludersi la funzionalità della prestazione, per gli effetti di cui all'art. 111 l.fall., per il semplice fatto che all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione sia conseguito il fallimento», in tal modo parificando la prededuzione degli accordi a quella del concordato preventivo.

Il Relatore, prima di enucleare una serie di indici dai quali desumere la natura concorsuale, sottolinea: «la disciplina alla quale nel tempo (l'accordo) è stato assoggetto dal legislatore (..)»; da detta considerazione non si può che coglierne la consapevolezza che l'incessante susseguirsi di «riforme organiche» abbiano portato l'accordo nelle sabbie mobili della concorsualità.

Gli indicatori sostenuti dalla Suprema Corte a supporto della concorsualità (illustrati sopra) sono: a) il deposito presso il tribunale delle imprese; b) la pubblicazione nel registro delle imprese; c) la necessità dell'omologazione; d) i meccanismi di protezione contemporanea; e) l'esonero della revocabilità di atti, pagamenti e garanzie poste in essere in sua esecuzione.

In conclusione

La timida applicazione dell'istituto degli accordi di ristrutturazione ha portato il legislatore a continue riforme che lo hanno, di fatto, avvicinato alla procedura di concordato preventivo.

Sulla concorsualità degli accordi soffia il vento della legislazione sovranazionale (Regolamento UE) e le sentenze gemelle della Cassazione, con audacia, sembrano entrate in un porto sicuro .

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