Amministratore (legittimazione passiva)

Vito Amendolagine
20 Giugno 2018

La legittimazione passiva dell'amministratore di condominio è prevista dall'art. 1131. comma 2, c.c., ed ha portata generale in quanto estesa ad ogni interesse condominiale, essendo la ratio della norma diretta a evitare il gravoso onere a carico del terzo o del condomino, che intenda agire nei confronti del condominio, di evocare in giudizio tutti i condomini. Il limite della legittimazione processuale passiva dell'amministratore del condominio deve essere inteso in senso estensivo, così da comprendere...
Inquadramento

Il limite della legittimazione processuale passiva dell' amministratore del condominio, costituito, a norma dell'art. 1131 c.c., dall'inerenza delle azioni proposte alle parti comuni dell'edificio, deve essere inteso in senso estensivo, così da comprendere nel concetto di parti comuni, sia le parti materiali destinate all'uso comune dei condomini, sia i vari rapporti giuridici che sorgano dalla esistenza delle dette parti comuni, attenendo alla organizzazione, all'amministrazione del condominio ed al regime dei servizi comuni, con la conseguenza che la legittimazione passiva ad processum dell'amministratore ricorre ogni qual volta sia in gioco l'interesse comune dei partecipanti alla comunione e, cioè, un interesse che costoro possono vantare solo in quanto tali, in antitesi con l'interesse individuale di un singolo condomino, ovvero di un terzo estraneo alla comunione. Inoltre nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'art. 1130 c.c. o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore pro-tempore del condominio ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. L'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto. Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini. L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni.

La legittimazione passiva dell'amministratore

L'orientamento formatosi nella giurisprudenza di legittimità ha chiarito che per quanto riguarda in generale la figura e il ruolo di amministratore del condominio, il sistema delineato dalla normativa consiste nel separare le situazioni di carattere condominiale da quelle di carattere individuale del singolo condomino e soltanto in ordine alle prime l'amministratore è legittimato ad esercitare le funzioni di rappresentanza, pur ammissibile un intervento dell'amministratore anche per la tutela degli interessi esclusivi del singolo condomino, purché colui gli conferisca espressa procura. Si tratta di una figura del tutto speciale di rappresentanza, che si distingue dal modello di rappresentanza volontaria, in ragione della determinazione legale delle relative attribuzioni (Cass. civ., sez. II, 17 giugno 2014, n. 13777). La Suprema Corte ha avuto altresì occasione di affermare che, nell'ipotesi di un bene comune che sia a servizio di più edifici condominiali (c.d. supercondominio), vanno tenuti distinti i rapporti di proprietà comune e indivisa tra i partecipanti ai singoli edifici, dal rapporto di comunione sul bene in comproprietà a tutti i partecipanti ai singoli condomini, mancando questi ultimi di personalità giuridica (Cass. civ., sez. II, 4 maggio 1993, n. 5160) ed ha concluso nel senso che la gestione di tale bene comune spetta, pertanto, a tutti i comunisti, i quali debbono nominare un amministratore, e, non, come spesso avviene nella pratica, al collegio costituito dagli amministratori dei singoli condomini, i quali possono esercitare i poteri previsti dagli artt. 1130 e 1131 c.c. solo con riferimento all'edificio condominiale cui sono preposti (Cass. civ., sez. II, 26 agosto 2013, n. 19558).

Le controversie riguardanti il condominio

Il condominio in quanto tale non ha legittimazione a stare in giudizio per fatti e diritti che riguardano singoli condomini, e non le parti comuni.

Occorre osservare, al riguardo, che l'art. 1131, comma 2, c.c., nel prevedere la legittimazione passiva dell'amministratore in ordine ad ogni lite avente ad oggetto interessi comuni dei condomini senza distinguere tra azioni di accertamento ed azioni costitutive o di condanna, deroga alla disciplina valida per le altre ipotesi di pluralità di soggetti passivi, soccorrendo, così, all'esigenza di rendere più agevole ai terzi la chiamata in giudizio del condominio, senza la necessità di promuovere il litisconsorzio passivo nei confronti dei condomini (Cass. civ., sez. II, 26 febbraio 1996, n. 1485).

Pertanto, ai sensi dell'art. 1131, comma 2, c.c., la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio a resistere in giudizio, ha portata generale in quanto estesa ad ogni interesse condominiale e sussiste, pertanto, anche un ordine ad azioni di natura reale relative alle parti comuni dell'edificio, promosse contro il condominio, senza che sia necessaria la partecipazione al giudizio di tutti i condomini (Cass. civ., sez. II, 17 dicembre 2013, n. 28141; Cass. civ., sez. II, 10 novembre 2010, n. 22886).

Ai fini della trattazione dell'argomento di cui si discorre, viene in esame la natura giuridica dell'organo cui nel condominio è affidata la gestione amministrativa, e, cioè, dell'amministratore, e le funzioni allo stesso affidate dalla legge, con particolare riguardo alla tutela in sede giudiziaria dei diritti di cui sono rispettivamente titolari l'ente condominiale e i singoli condomini, per determinare l'estensione teleologica della legittimazione passiva dell'amministratore con riferimento ai rapporti col litisconsorzio passivo dei condomini e alla dialettica dei giudizi di rivendicazione. Partendo dal presupposto che il condominio è privo di personalità giuridica, in quanto unicamente ente di gestione delle cose comuni e che l'amministratore può agire in virtù della sola delibera assembleare, anche non totalitaria, a tutela della gestione delle stesse, occorre individuare il fondamento normativo del potere di rappresentanza ed i suoi limiti.

Le norme alle quali occorre fare riferimento sono gli artt. 1130 e 1131 c.c. che, rispettivamente, disciplinano, il primo, le attribuzioni dell'amministratore e il secondo, in forma specifica, la rappresentanza del condominio da parte dell'amministratore.

In particolare, dall'art. 1131 c.c. si deduce che il potere di rappresentanza dell'amministratore è contenuto nei limiti delle attribuzioni previste dall'art. 1130 c.c., ossia si riferisce alle parti ed ai servizi comuni, nonché alle controversie riguardanti i beni comuni.

All'amministratore del condominio compete l'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea nonché, in genere, tutta l'attività di ordinaria amministrazione giusta l'elenco analitico di attribuzioni previsto dall'art. 1130 c.c..

Nei limiti di tali attribuzioni, o dei maggiori poteri eventualmente conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, egli ha la rappresentanza dei condomini e può stare in giudizio sia per essi contro terzi sia contro alcuno di essi per tutti gli altri (art. 1131, commi 1 e 2, c.c.).

Il sistema che si delinea nel codice civile, consiste allora nel separare le situazioni di carattere condominiale da quelle di carattere individuale del singolo condomino, e, soltanto in ordine alle prime l'amministratore è legittimato ad esercitare le funzioni di rappresentanza, pur risultando ammissibile un intervento dell'amministratore anche per la tutela degli interessi esclusivi del singolo condomino, purché costui gli conferisca espressamente una procura ad hoc.

Si tratta di una figura del tutto speciale di rappresentanza, che si distingue dal modello di rappresentanza volontaria, in ragione della determinazione legale delle relative attribuzioni.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, ormai consolidata, l'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicazione, nei rapporti tra il medesimo amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato, anche se come carattere meramente sussidiario.

Ovviamente, com'è desumibile, la rappresentanza, non soltanto processuale, dell'amministratore del condominio è circoscritta alle attribuzioni, compiti e poteri, stabiliti dall'art. 1130 c.c.

Con disposizione rimasta inalterata nella riforma di cui alla legge n. 220/2012, l'art. 1131 c.c. stabilisce che l'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio (comma 2) e che egli, ove la citazione abbia un contenuto esorbitante dalle sue attribuzioni, è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini (terzo comma), pena la revoca dall'incarico e la responsabilità per danni (quarto comma).

La giurisprudenza di legittimità individua la ratio della previsione normativa circa la legittimazione passiva dell'amministratore nell'obiettivo di facilitare ai terzi l'evocazione in giudizio del condominio (cfr. Cass. civ., sez. II, 4 maggio 2005, n. 9213). Riconosce, quindi, l'illimitatezza di tale legittimazione e l'asimmetria rispetto alla legittimazione attiva, quest'ultima circoscritta entro i limiti delle attribuzioni dell'amministratore.

Si è detto in più occasioni che, ai sensi dell'art. 1131, comma 2, c.c., la legittimazione dell'amministratore, esclusiva o concorrente con quella dei singoli condomini, non incontra limiti dal lato passivo, anche rispetto alle azioni di natura reale indirizzate contro il condominio relativamente alle parti comuni dell'edificio, in tali casi gravando sull'amministratore il solo obbligo di riferirne all'assemblea - obbligo di mera rilevanza interna e non incidente sulla rappresentanza processuale - sicchè la vocatio in ius dell'amministratore esclude la necessità di promuovere il litisconsorzio passivo di tutti i condomini (cfr. Cass. civ., sez. II, 25 luglio 2005, n. 15547). Emblematicamente, la legittimazione passiva degli amministratori, in luogo del litisconsorzio necessario dei condomini, è stata riconosciuta, in modo simultaneo, nell'occasione di una lite fra condomini, tanto per la negatoria servitutis, quanto per la speculare confessoria (cfr. Cass. civ., sez. II, 6 ottobre 2005, n. 19460).

La Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che la vocazione generale della legittimazione passiva di cui all'art. 1131, comma 2, c.c., resta insensibile alla distinzione tra azioni di accertamento, azioni costitutive e azioni di condanna, in quanto vale sempre la ratio legis di agevolare i terzi nella chiamata in giudizio del condominio, ovviando alle difficoltà pratiche di promuovere e preservare il litisconsorzio passivo di tutti i condomini, sicché, riguardo alla negatoria e confessoria servitutis, la legittimazione passiva dell'amministratore sussiste anche nel caso in cui l'azione sia diretta ad ottenere la condanna alla rimozione di opere comuni (cfr. Cass. civ., sez. II, 6 ottobre 2005, n. 19460).

Infatti, si è affermato che in tema di azioni negatorie e confessorie servitutis la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio sussiste tutte le volte in cui sorga controversia sull'esistenza e sulla estensione di servitù prediali costituite a favore o a carico dello stabile condominiale nel suo complesso o di una parte di esso; invero, le servitù a vantaggio dell'intero edificio in condominio, contraddistinte dal fatto che l'utilitas da esse procurate accede allo intero stabile e non ai singoli appartamenti individualmente considerati, vengono esercitate indistintamente da tutti i condomini nel loro comune interesse, e, pertanto, pur appartenendo a costoro e non al condominio in quanto tale, posto che questo è privo di personalità giuridica, integrano un bene comune inerente alla sfera della rappresentanza processuale del suddetto amministratore, a norma dell'art. 1131, comma 2, c.c., (Cass. civ., sez. II, 28 febbraio 2014, n.4871).

La legittimazione passiva dell'amministratore del condominio convenzionale costituito ai sensi dell'art. 15 d.lgs. n. 76/1990 («Testo unico delle leggi per gli interventi nei territori della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria colpiti dagli eventi sismici del novembre 1980, del febbraio 1981 e del marzo 1982»), sussiste anche nelle controversie relative alla esecuzione dei lavori di ricostruzione o riparazione oggetto delle delibere adottate dal condominio dello stabile interessato (Cass. civ., sez. II, 13 giugno 2013, n.14899).

Muovendo dall'assunto del carattere generale della legittimazione passiva dell'amministratore, che - contenuta nei limiti delle attribuzioni previste dall'art. 1130 c.c. - è estesa a ogni interesse condominiale alle parti e ai servizi comuni, nonché alle controversie riguardanti i beni comuni, la questione sequenziale che si pone è se di fronte al chiaro disposto dell'art. 1131, comma 2, c.c., in base al quale l'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio, sia possibile escludere tale legittimazione nel caso in cui un condomino o un terzo rivendichi la proprietà esclusiva di parti dell'edificio che non siano espressamente ricomprese nell'art. 1117 c.c.

Orbene, premessa la legittimazione passiva dell'amministratore per qualunque azione abbia ad oggetto parti comuni dello stabile condominiale, l'individuazione della natura del bene controverso deve avvenire tenendo conto che l'art. 1117 c.c. contiene un'elencazione non tassativa ma solo esemplificativa delle cose comuni, essendo tali, salvo risulti diversamente dal titolo, anche quelle aventi un'oggettiva e concreta destinazione al servizio comune di tutte o di una parte soltanto delle unità immobiliari di proprietà individuale (Cass. civ., sez. II, 5 gennaio 2017, n. 133).

La legittimazione passiva concorrente dei singoli condomini

Il tema della legittimazione dei singoli condomini ad agire in giudizio a difesa degli interessi del condominio ed in particolare ad impugnare, anche in cassazione, la sentenza sfavorevole non è nuovo.

La peculiare legittimazione riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità ai singoli condomini in ragione o della loro partecipazione al diritto di proprietà sulle parti comuni dell'edificio o lato sensu tali, o del loro diritto esclusivo di proprietà sulla singola unità immobiliare, trova applicazione in ragione del principio per cui essendo il condominio un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire a difesa di diritti connessi alla detta partecipazione, né, quindi, del potere di intervenire nel giudizio per il quale tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore del condominio e di avvalersi dei mezzi d'impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunziata nei confronti dell'amministratore stesso che non l'abbia impugnata.

Come infatti più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, i singoli partecipanti sono legittimati ad impugnare personalmente, anche in cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei confronti della collettività condominiale ove non vi provveda l'amministratore, in tali casi, tuttavia, il gravame deve essere notificato anche all'amministratore, persistendo la legittimazione del condominio a stare in giudizio nella medesima veste assunta nei pregressi gradi, in rappresentanza di quei partecipanti che non hanno assunto individualmente l'iniziativa di ricorrere in cassazione (cfr., tra le varie, Cass. civ., sez. III, 18 febbraio 2010, n.3900).

È stato altresì affermato che il condomino di un edificio conserva il potere di agire a difesa non solo dei suoi diritti di proprietario esclusivo, ma anche dei suoi diritti di comproprietario pro quota delle parti comuni, con la possibilità di ricorrere all'autorità giudiziaria nel caso di inerzia dell'amministrazione del condominio, a norma dell'art. 1105 c.c., dettato in materia di comunione, ma applicabile anche al condominio degli edifici per il rinvio posto dall'art. 1139 c.c. ha inoltre il potere di intervenire nel giudizio in cui la difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni sia stata già assunta legittimamente dall'amministratore, nonché di esperire i mezzi di impugnazione necessari ad evitare gli effetti sfavorevoli della pronuncia resa nei confronti di tale organo rappresentativo unitario.

Tale principio, affermato in materia di controversie aventi ad oggetto azioni reali, incidenti sul diritto pro quota di ciascun condomino in ordine alle parti comuni o lato sensu tali, o esclusivo sulla singola unità immobiliare, o anche personali, ove incidenti in maniera immediata e diretta sui loro diritti, non trova applicazione relativamente alle controversie aventi ad oggetto non i diritti su di un servizio comune, bensì la gestione di esso, ed intese, dunque, a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunità condominiale, o l'esazione delle somme dovute in relazione a tale gestione da ciascun condomino, nelle quali non v'è correlazione immediata con l'interesse esclusivo d'uno o più partecipanti, bensì con un interesse direttamente collettivo e solo mediatamente individuale al funzionamento ed al finanziamento corretti dei servizi stessi, onde in tali controversie la legittimazione ad agire e, quindi, anche ad impugnare una determinata decisione giudiziale od amministrativa, spetta in via esclusiva all'amministratore (Cass. civ., sez. II, 4 ottobre 2016, n. 19796; Cass. civ., sez. II, 4 maggio 2005, n. 9213; Cass. civ., sez. II, 3 luglio 1998, n. 6480, Cass. civ., sez. II, 29 agosto 1997, n. 8257, Cass. civ., sez. II, 12 marzo 1994, n. 2393).

Da ultimo va precisato che in tema di condominio di edifici il lastrico solare - anche se attribuito in uso esclusivo, o di proprietà esclusiva di uno dei condomini - svolge funzione di copertura del fabbricato e, perciò, l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto a detto condomino, grava su tutti, con ripartizione delle spese secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c.. Ne consegue che il condominio, quale custode ex art. 2051 c.c. - in persona dell'amministratore, rappresentante di tutti i condomini tenuti ad effettuare la manutenzione, ivi compreso il proprietario del lastrico o colui che ne ha l'uso esclusivo - risponde dei danni che siano derivati al singolo condomino o a terzi per difetto di manutenzione del lastrico solare. A tal fine i criteri di ripartizione delle spese necessarie non incidono sulla legittimazione del condominio nella sua interezza e del suo amministratore, comunque tenuto a provvedere alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio ai sensi dell'art. 1130 c.c. (Cass. civ., sez. II, 16 dicembre 2015, n. 25288; Cass. civ., sez. III, 21 febbraio 2006, n.3676; Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 2003, n. 642).

In buona sostanza, la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio a resistere in giudizio, esclusiva o concorrente con quella dei condomini, non incontra limiti e sussiste anche in ordine alle azioni di natura reale relative alle parti comuni dell'edificio, promosse contro il condominio da terzi o anche dal singolo condominio. In tal caso, l'amministratore ha il solo obbligo, di mera rilevanza interna, non incidente sui suoi poteri rappresentativi processuali, di riferire all'assemblea; ne consegue che la sua presenza in giudizio esclude la necessità del litisconsorzio nei confronti di tutti i condomini (Cass. civ., sez.II, 4 febbraio 2014, n. 2438; Cass. civ., sez.II, 10 novembre 2010, n. 22886).

La legittimazione passiva esclusiva dell'amministratore

Nel giudizio promosso da alcuni condomini, per la revoca dell'amministratore per violazione del mandato, interessato e legittimato a contraddire è soltanto l'amministratore e non il condominio il quale non è tenuto né ad autorizzare né a ratificare la resistenza in giudizio dell'amministratore medesimo trattandosi di ipotesi estranea a quelle previste negli artt. 1130 e 1131 c.c., e ciò malgrado le ripercussioni nei confronti del condominio degli effetti della pronuncia giudiziale (Cass. civ., sez. II, 22 ottobre 2013, n. 23955; Cass. civ., sez. II, 23 agosto 1999, n. 8837; Cass. civ., sez. II, 9 dicembre 1995, n. 12636; Cass. civ., sez. II, 13 marzo 1989, n. 1274).

In materia di condominio di edifici, la legittimazione passiva nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivanti dal cedimento di strutture condominiali spetta al condominio, in persona dell'amministratore quale rappresentante di tutti i condomini obbligati (Cass. civ., sez. III, 25 agosto 2014, n. 18168).

Infatti le strutture condominiali costituiscono oggetto di una comunione di cui il condominio assume la funzione di ente ai gestione, dovendo considerarsi che la peculiare natura del condominio - quale ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini (Cass. civ., sez. VI, 24 luglio 2012, n. 12991) - comporta, per un verso, che lo stesso abbia legittimazione passiva generale (Cass. civ., sez. II, 17 dicembre 2013, n. 28141) rispetto alle azioni proposte nei confronti del condominio e, per altro verso, che il giudicato formatosi all'esito di un processo in cui sia stato parte l'amministratore fa stato anche nei confronti dei singoli condomini, pure se non intervenuti nel giudizio (Cass. civ., sez. III, 24 luglio 2012, n. 12911). Da ciò ne consegue che non può esservi spazio per una condanna congiunta del condominio e dei singoli condomini in relazione ad illeciti non imputabili specificamente a taluno di essi (Cass. civ., sez. III, 4 gennaio 2010, n. 20; Cass. civ., sez. II, 15 luglio 2002, n. 10233, hanno affermato la legittimazione passiva esclusiva del condominio per danni derivanti da strutture condominiali - in entrambi i casi, il lastrico solare, in proprietà o in uso esclusivo ad uno dei condomini - riconoscendo la legittimazione passiva del singolo condomino nei soli casi in cui questi frapponga impedimenti all'esecuzione dei lavori di manutenzione o ripristino od i danni derivino da difetto di conservazione o di manutenzione a lui imputabili in via esclusiva).

In altro ambito, va sottolineata la differenza che sussiste tra l'azione di contestazione delle tabelle millesimali e quella di impugnazione della deliberazione assembleare che approvi una modifica di tali tabelle. L'impugnazione della delibera, infatti, non trae fondamento dall'errore iniziale o dalla sopravvenuta sproporzione dei valori del prospetto, ma dai vizi concernenti l'atto assembleare e la sua formazione.

Precisato che la domanda giudiziale diretta ad impugnare la tabella millesimale configura una azione diversa rispetto alla domanda concernente l'impugnazione della delibera assembleare che modifica la tabella, diversa nelle due ipotesi è anche la legittimazione passiva.

Come già affermato dalla Cassazione (Cass. civ., sez. II, 15 aprile 1994, n. 3542), l'impugnazione della delibera che modifica la tabella va infatti proposta contro l'amministratore del condominio, perchè questi è sempre legittimato a resistere contro l'impugnazione delle deliberazioni assunte dall'assemblea (Cass. civ., sez. II, 11 luglio 2012, n. 11757).

Tuttavia la domanda finalizzata ad una modifica delle tabelle millesimali allegate ad un regolamento condominiale avente natura contrattuale, esorbita dall'ambito delle attribuzioni di competenza dell'amministratore, riguardando la modifica dei diritti dei singoli condomini come riconosciuti nello stesso regolamento, pertanto tale domanda va proposta in contraddittorio di tutti i condomini (Cass. civ., sez. II, 22 ottobre 2014, n. 22464).

Casistica

CASISTICA

Responsabilità del singolo o del condominio per danni provenienti dal lastrico

Qualora l'uso del lastrico solare (o della terrazza a livello) non sia comune a tutti i condomini, dei danni da infiltrazioni nell'appartamento sottostante rispondono sia il proprietario, o l'usuario esclusivo, quale custode del bene ai sensi dell'art. 2051 c.c., sia il condominio in forza degli obblighi inerenti l'adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull'amministratore ex art. 1130, comma 1, n. 4, c.c., nonché sull'assemblea dei condomini ex art. 1135, comma 1, n.4, c.c., tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria. (Cass. civ., sez. un., 10 maggio 2016, n. 9449)

Legittimazione ed azioni “reali”

Ai sensi dell'art. 1131, comma 2, c.c., la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio a resistere in giudizio ha portata generale in quanto estesa ad ogni interesse condominiale e sussiste, pertanto, anche un ordine ad azioni di natura reale relative alle parti comuni dell'edificio, promosse contro il condominio, senza che sia necessaria la partecipazione al giudizio di tutti i condomini. (Cass. civ., sez. II, 22 settembre 2014, n. 19909).

Azione per il risarcimento dei danni

La legittimazione passiva nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivanti dal cedimento di strutture condominiali spetta al condominio, in persona dell'amministratore quale rappresentante di tutti i condomini obbligati - e non già al singolo condomino che può essere chiamato in giudizio a titolo personale soltanto ove frapponga impedimenti all'esecuzione dei lavori di manutenzione o ripristino, ovvero allorché i danni derivino da difetto di conservazione o di manutenzione a lui imputabili in via esclusiva. (Cass. civ., sez. III, 25 agosto 2014, n. 18168).

Revoca dell'amministratore

Nel giudizio promosso da un condomino per la revoca dell'amministratore, interessato e legittimato a contraddire è soltanto l'amministratore, non anche il condominio, che, pertanto, non può intervenire in adesione all'amministratore, né beneficiare della condanna alle spese del condomino ricorrente. (Cass. civ, sez. II, 22 ottobre 2013, n.23955).

Impugnazione della deliberazione riguardante le tabelle millesimali

Quando oggetto dell'impugnazione non è la tabella millesimale, ma la delibera che modifica la tabella medesima, non sussiste la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i partecipanti, essendo l'amministratore del condominio legittimato a resistere contro l'impugnazione delle delibere assembleari. (Cass. civ., sez. II, 11 luglio 2012, n. 11757)

Legittimazione e rappresentanza dell'amministratore

L'amministratore di condominio, essendo obbligato, ex art. 1130, comma 1, n. 1, c.c., a eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini, è autonomamente legittimato a resistere nelle conseguenti controversie, ai sensi del comma 1 dell'art. 1131 c.c., che, nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo precedente o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, gli riconosce la rappresentanza dei condomini. (Cass. civ., sez. II, 11 maggio 2012, n. 7401)

Omissioni esclusive del proprietario del lastrico

La legittimazione passiva nel giudizio avente a oggetto il risarcimento dei danni da infiltrazione causati alle proprietà sottostanti spetta al proprietario del lastrico solare soltanto allorché detti danni derivino da difetto di conservazione o di manutenzione a lui imputabili in via esclusiva, spettando altrimenti al condominio in persona dell'amministratore. (Cass. civ., sez. III, 6 marzo 2012, n.3454)

Obbligo (interno) di riferire all'assemblea

Secondo l'art. 1131, comma 2, c.c., la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio a resistere in giudizio, esclusiva o concorrente con quella dei condomini, non incontra limiti e sussiste anche in ordine alle azioni di natura reale relativa alle parti comuni dell'edificio, promosse contro il condominio da terzi o anche dal singolo condomino. In tal caso, l'amministratore ha il solo obbligo di mera rilevanza interna e non incidente sui suoi poteri rappresentativi processuali, di riferire, all'assemblea, con la conseguenza che la sua presenza in giudizio esclude la necessità del litisconsorzio nei confronti di tutti i condomini. (Cass. civ,, sez. II, 27 dicembre 2011, n. 28942)

Guida all'approfondimento

Scarpa, Il condominio e i singoli condomini come parti del processo, in Corr. giur. , 2017, fasc. 11, p. 1436

De Tilla, Legittimazione dell'amministratore del condominio ed azioni di natura reale, in Arch. loc. cond., 2015, fasc. 3, p. 304

Zuccarino, L'amministratore di condominio è titolare di una rappresentanza processuale passiva illimitata? in Foro nap., 2014, fasc. 2, p. 613

Piombo, In tema di legittimazione ad agire del condominio nel giudizio di equa riparazione, in Foro it., 2013, fasc. 1, pt. 1, p. 89

Del Chicca, Ancora sulla rappresentanza nel condominio da parte dell'amministratore, in Arch. loc. cond., 2011, p. 316

Cusano, La capacità dell'amministratore di stare in giudizio, in Arch. loc. cond., 2011, p. 277

Celeste, Le sezioni unite ridimensionano la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio bilanciandola con il potere decisionale dell'assemblea, in Foro it., 2010, p. 3361

Piombo, L'incerta sorte dei poteri rappresentativi processuali dell'amministratore di condominio, dopo l'intervento delle sezioni unite della Cassazione, in Foro it., 2010, p. 3364

Izzo, L'amministratore e la difesa del condominio, in Giust. civ., 2006, p. 113

De Tilla, Sulla legittimazione passiva dell'amministratore di condominio, in Arch. Locazioni, 2000, p. 266

Cantarella; Brevi note in tema di legittimazione processuale dell'amministratore del condominio: particolarità dell'intervento del singolo condomino, in Rass. loc. e cond., 1998, p. 263

De Tilla, Attribuzioni e rappresentanza dell'amministratore del condominio, in Giust. civ., 1994, p. 133

Sommario