Condominio e locazione

Amministratore (attribuzioni)

21 Giugno 2018

L'art. 1130 c.c., nella sua nuova formulazione, ha ampliato i poteri/doveri e le funzioni dell'amministratore di condominio rispetto a quelli originariamente previsti. L'elenco delle attribuzioni non sono altro che ulteriori obblighi in capo all'amministratore: i primi quattro sono pressoché identici ai precedenti; i successivi riguardano gli adempimenti fiscali, la tenuta di vari registri, la conservazione della documentazione della gestione, l'informativa da dare al singolo condomino e la redazione del rendiconto condominiale. La figura dell'amministratore si presenta, quindi, rafforzata nei poteri a fronte di un ampliamento delle responsabilità nella gestione condominiale.
Inquadramento

Il novellato art. 1130 c.c. individua i poteri e le funzioni che per legge spettano all'amministratore di condominio, assegnando allo stesso competenze ulteriori rispetto a quelle disciplinate in precedenza.

Le attribuzioni contemplate ai primi quattro numeri dell'art. 1130 c.c. sono sostanzialmente rimaste immutate mentre i successivi prevedono gli adempimenti fiscali (n. 5), la tenuta di vari registri (nn. 6 e 7), la conservazione della documentazione della gestione (n. 8), l'informativa da dare al singolo condomino (n. 9) e la redazione del rendiconto condominiale (n. 10).

L'elencazione delle nuove attribuzioni dell'amministratore non è esaustiva ma meramente esemplificativa: sia l'assemblea che il regolamento di condominio possono privare l'amministratore di alcune sue funzioni o attribuirgliene altre, in quanto l'art. 1130 c.c. non è incluso dall'art. 1138 c.c. nel novero delle disposizioni inderogabili.

Esecuzione delle delibere assembleari

In base all'art. 1130, n. 1, c.c. l'amministratore deve, in primis, eseguire le deliberazioni assembleari e curare l'osservanza (quindi anche l'esecuzione) delle disposizioni regolamentari.

L'amministratore deve utilizzare, nell'interpretazione e nell'esecuzione delle delibere, la diligenza del buon padre di famiglia, da valutarsi con minor rigore se il mandato è a titolo gratuito.

Gli amministratori adottano spesso la prassi di attendere che sia spirato il termine di impugnazione della delibera prima di provvedere all'esecuzione.

Tuttavia tale prassi, se applicata in modo indiscriminato, si pone in contrasto con l'art. 1137 c.c., a norma del quale le delibere assembleari sono immediatamente esecutive e la loro sospensione può essere disposta solo con un provvedimento emesso dal giudice su istanza di parte.

L'amministratore dovrebbe eseguire le delibere condominiali senza indugio, a meno che non ritenga opportuno agire diversamente secondo la diligenza del mandatario.

Esiste controversia in relazione all'obbligo dell'amministratore di eseguire le delibere assembleari invalide e all'eventuale responsabilità su di esso gravante.

Secondo un orientamento giurisprudenziale risalente l'amministratore deve controllare la legittimità delle delibere assembleari o sarà ritenuto responsabile, insieme con i condomini, dei danni arrecati sia ai terzi che agli stessi condomini (App. Genova, 18 marzo 1948).

Nel medesimo ordine di idee l'obbligo di esecuzione delle delibere dell'assemblea sussiste anche nel caso in cui contro di esse sia stata proposta impugnazione, a meno che non sia intervenuto un provvedimento di sospensione da parte del giudice (Cass. civ., sez. II, 8 ottobre 1963, n. 2668).

L'amministratore non ha l'obbligo di eseguire la delibera quando i contenuti di quest'ultima eccedano i poteri dell'assemblea, incidendo, per esempio, sui diritti esclusivi dei condomini in quanto l'obbligo di esecuzione delle delibere attiene soltanto alle parti comuni dell'edificio, ma non riguarda le singole porzioni immobiliari (Cass. civ., sez. II, 14 gennaio 1997, n. 278).

Nello stesso senso la Suprema Corte ha dichiarato illegittima l'esecuzione di una delibera che aveva autorizzato l'amministratore a concludere transazioni aventi ad oggetto atti di disposizione implicanti una diminuzione del diritto di proprietà comune (nella specie la concessione in uso esclusivo a tempo indeterminato di parte del lastrico solare) (Cass. civ., sez. II, 24 febbraio 2006, n. 4258).

Nel compito di eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini si ritiene implicitamente ricompreso quello di difendere la validità delle delibere in relazione alla regolarità delle assemblee in cui le stesse furono adottate (Cass. civ., Sez. II, 23 gennaio 2014, n. 1451).

Osservanza del regolamento di condominio

Il potere-dovere di curare l'osservanza del regolamento di condominio concerne le prescrizioni del regolamento che riguardano le cose e le parti comuni a tutti i condomini.

La Suprema Corte, tuttavia, è consolidata nel ritenere che l'amministratore è tenuto a far osservare tutte le disposizioni del regolamento, nel suo complesso, anche se disciplinano l'uso delle parti del fabbricato di proprietà individuale, ma la cui applicazione incide sulla disciplina e sui rapporti relativi alle parti comuni dell'edificio, dal momento che l'art. 1130 c.c. attribuisce, senza alcuna distinzione, il potere/dovere di curare l'osservanza delle norme del regolamento di condominio (v., per tutte, Cass. civ., sez. II, 29 aprile 2005, n. 8883).

Un'ipotesi ricorrente consiste nella destinazione delle parti esclusive dell'immobile a usi non consentiti dal regolamento; frequente è la clausola contenuta nel regolamento di condominio che impone il divieto di destinare le unità immobiliari, per esempio, a discoteca, bar, circolo ricreativo, studio medico, ecc.

In questi casi l'amministratore di condominio può imporre il rispetto della disposizione del regolamento che vieta di mutare la destinazione delle porzioni esclusive. Sebbene tale disposizione presenti come oggetto le singole unità immobiliari, la sua mancata osservanza incide sull'interesse generale al decoro, alla tranquillità e all'abitabilità dell'intero edificio.

L'obbligo di osservare le clausole contenute nel regolamento di condominio vale non solo per i condomini ma anche per i conduttori con la conseguenza che l'amministratore sarà tenuto a fare osservare il regolamento di condominio anche a costoro (Cass. civ. sez. II, 27 gennaio 1997, n. 825).

Si è, però, escluso che la sanzione prevista dall'art. 70 disp. att. c.c. possa essere applicata nei confronti dei conduttori, attesa la sua natura eccezionale di c.d. “pena privata”, che ha come destinatari i condomini e non anche i conduttori delle unità immobiliari in proprietà esclusiva, i quali, benché si trovino a godere delle parti comuni dell'edificio, rimangono tuttavia estranei all'organizzazione condominiale (Cass. civ., sez. II, 17 ottobre 1995, n. 10837).

Per imporre il rispetto del regolamento, l'amministratore può agire sia in via stragiudiziale, con inviti e diffide, che hanno il fine di sollecitare i condomini a conformare la propria condotta al regolamento nonché in via giudiziale.

È da ritenersi pienamente condivisibile l'orientamento dominante secondo cui il potere/dovere di cui all'art. 1130, n. 1, c.c. consente l'esperimento di azioni giudiziarie nei riguardi dei trasgressori senza che sia necessaria alcuna delibera dell'assemblea condominiale, essendo l'amministratore tenuto ex lege a curare il rispetto del regolamento (Cass. civ., sez. II, 12 luglio 2012, n. 11841) ed, in caso di inerzia, si potrebbe configurare una sua responsabilità.

Tra gli ulteriori strumenti a disposizione dell'amministratore per impedire le violazioni del regolamento si annoverano, infine, laddove previste nel regolamento di condominio, le sanzioni di cui all'art. 70 disp. att. c.c. In proposito la giurisprudenza si era espressa precisando che il potere di irrogare sanzioni pecuniarie competesse all'amministratore, anche senza la previa autorizzazione dell'assemblea, essendo questi tenuto ex art. 1130 c.c. a curare l'osservanza del regolamento (Cass. civ., sez. II, 26 giugno 2006, n. 14735). Si badi, tuttavia, che la recente “riforma del condominio” (di cui alla legge n. 220/2012, in vigore dal 18 giugno 2013) ha modificato detto art. 70 disp. att. c.c. prescrivendo che «l'irrogazione della sanzione è deliberata dall'assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell'articolo 1136 del Codice».

Disciplina dell'uso dei beni e dei servizi comuni

L'art. 1130, n. 2, c.c. è stato “leggermente ritoccato” dalla “riforma” sotto un duplice profilo: da un lato attribuisce il potere/dovere di disciplinare la “fruizione” dei servizi comuni e, non più, come in passato, la “prestazione” dei medesimi; dall'altro si precisa che l'esercizio di tale potere/dovere deve essere svolto con modalità tali da assicurare il miglior godimento dei beni e dei servizi a “ciascuno” dei condomini, e non a “tutti i condomini”, come nella versione antecedente.

All'amministratore spetta, quindi, il compito di attivarsi affinché sia assicurato a ciascuno dei condomini il miglior godimento delle cose comuni e adoperarsi per l'efficienza dei servizi forniti: nell'espletamento di tali compiti l'amministratore deve vigilare sulla regolarità dei servizi comuni ed intervenire affinché sia mantenuta la parità di godimento dei beni comuni da parte di tutti i partecipanti al condominio.

Ci si chiede, però, cosa debba fare in concreto l'amministratore e per ottemperare a tale obbligo.

Deve ritenersi che detto potere è autonomo e il relativo esercizio è subordinato alla mancanza di disposizioni nel regolamento di condominio, ove esistente, e non può comunque essere in contrasto con eventuali deliberazioni adottate sul punto dalla assemblea.

Pertanto il contenuto concreto dei compiti che, in materia di disciplina dell'uso della cosa comune, l'amministratore sarà tenuto a svolgere dovrà essere individuato caso per caso proprio in rapporto alle eventuali previsioni specifiche in argomento del regolamento e alle eventuali delibere che fossero adottate dall'assemblea del condominio.

In ogni caso i poteri/doveri dell'amministratore devono rimanere nell'ambito dell'ordinaria amministrazione.

La variegata casistica giurisprudenziale conferma il ruolo super partes dell'amministratore e l'obiettivo verso cui si deve orientare l'azione amministrativa, cioè l'interesse comune e non quello dei singoli condomini.

L'amministratore potrà stabilire il criterio di utilizzazione interna delle cose e degli impianti comuni, distinguendo il godimento nel tempo e nello spazio, pur nell'ambito del miglior uso possibile, in condizioni di parità, da parte di tutti i condomini.

Questo potere comporta la possibilità di vigilare la regolarità dei servizi comuni anche dinanzi alle interferenze con i singoli appartamenti, nonché di effettuare verifiche, anche all'interno delle proprietà dei singoli condomini, ed impartire le disposizioni necessarie a mantenere integra la parità di godimento dei beni e servizi comuni (Cass. civ., sez. II, 19 novembre 1996, n. 10144; precisa, però, Cass. civ., sez. II, 23 marzo 2006, n. 6567 che il potere dell'amministratore non comprende anche la possibilità di vietare del tutto l'uso di beni comuni), in modo che ne sia assicurato l'uso da parte dei singoli condomini in condizioni di parità.

In questi termini si è ritenuto che il dovere dell'amministratore di controllare e disciplinare il godimento dei locali comuni (nella specie, quelli destinati ad alloggio del portiere dopo la soppressione del servizio di portierato) implica, in mancanza di diverse disposizioni dell'assemblea, il diritto di detenere le relative chiavi (Cass. civ., sez. II, 23 luglio 1983, n. 5076)

Mentre il potere in questione non comprende la possibilità di apportare, di propria iniziativa, modifiche strutturali all'edificio condominiale (Cass. civ., sez. II, 25 luglio 1967, n. 1945) o stipulare di sua iniziativa una transazione (Cass. civ., sez. II, 20 aprile 1995, n. 4468) o stipulare contratti relativi alle parti comuni (Cass. civ., sez. II, 24 marzo 1972, n. 899 con riferimento alla locazione di locali già destinati a portineria).

Riscossione dei contributi

L'art. 1130, n. 3, c. c. attribuisce all'amministratore il potere/dovere di provvedere alla riscossione dei contributi dai condomini.

L'amministratore non è tenuto ad anticipare per il condominio gli importi necessari all'erogazione delle spese perché, ai sensi dell'art. 1719 c.c., il mandante deve somministrare al mandatario i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato.

La Corte Suprema già prima della riforma aveva precisato che l'amministratore può agire nei confronti dei condomini inadempienti senza necessità di una specifica autorizzazione, trattandosi di controversia che rientra nelle sue normali attribuzioni (Cass. civ., sez. II, 5 gennaio 2000, n. 29) e che il decreto ingiuntivo è utilizzabile anche per la riscossione coattiva dei contributi relativi a spese straordinarie (Cass. civ., sez. II, 12 maggio 1967, n. 993).

È stato tuttavia precisato che l'amministratore non possa agire in via monitoria per la riscossione dei contributi dovuti dai singoli condomini ai fini dell'esecuzione di lavori straordinari di ripristino dello stabile in difetto del relativo piano di riparto approvato dall'assemblea, salvo che esso sia stato delegato dall'assemblea stessa a calcolare le singole quote secondo criteri prefissati (Trib. Monza, 11 settembre 1992).

Pertanto l'amministratore avrà il dovere di attivarsi, anche attraverso lo speciale procedimento monitorio, per riscuotere i contributi dal condomino moroso anche alla luce di quanto si è affermato, nella giurisprudenza di merito, secondo cui l'amministratore rimosso dall'incarico, che lasci debiti da penalità ed interessi moratori conseguenti a ritardati e/o omessi pagamenti, deve rimborsarli al condominio perché riscuotere i contributi ed erogare le spese gli compete per legge, senza poter allegare la mancata riscossione, posto che, a tal fine, l'ordinamento gli permette di ottenere dal giudice il decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo (App. Roma, 18 aprile 2007).

L'azione giudiziale per il recupero della quota di spese condominiali di spettanza di un'unità immobiliare di proprietà esclusiva deve essere promossa contro il proprietario effettivo di detta unità e non contro chi possa apparire tale (Cass. civ., sez. II, 22 ottobre 2007, n. 22089; Cass. civ., sez. un., 8 aprile 2002, n. 5035).

Erogazione delle spese

Rientra nei poteri dell'amministratore provvedere all'erogazione delle spese occorrenti per la gestione ordinaria del condominio e per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni, in base al preventivo e allo stato di ripartizione approvati dall'assemblea.

L'erogazione delle spese non costituisce solo un potere dell'amministratore, ma anche uno dei suoi più importanti doveri, la cui omissione integra un'ipotesi di violazione dell'obbligo di adempiere al mandato con l'ordinaria diligenza.

Il potere di provvedere all'erogazione di spese necessarie all'esercizio dei servizi comuni è normalmente riconosciuto tra le attribuzioni proprie dell'amministratore, senza che si renda indispensabile alcuna deliberazione assembleare (Cass. civ., sez. II, 11 gennaio 2017, n. 454).

Nell'esercizio di questo potere l'amministratore può stipulare ogni genere di contratto, sempre nei limiti della spesa approvata dall'assemblea.

In questa materia le difficoltà sorgono in relazione al confine esistente tra ordinaria e straordinaria manutenzione.

Per l'ordinaria amministrazione non sarà necessaria una preventiva delibera, salva l'approvazione di spese di tal genere in sede di consuntivo, mentre per le spese eccedenti l'ordinaria amministrazione è necessaria una preventiva approvazione assembleare.

Per quanto concerne i lavori di manutenzione straordinaria l'art. 1135, comma 2, c.c. consente all'amministratore di effettuare tali lavori a condizione che siano urgenti, con il solo obbligo di riferirne alla prima assemblea.

Atti conservativi relativi alle parti comuni

Il testo novellato dell'art. 1130, comma 1, n. 4, c.c. si riferisce ad “atti conservativi relativi alle parti comuni” in luogo dell'originaria formulazione relativa ad “atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio”.

Al di là della diversa formulazione occorre rilevare che, attraverso l'espletamento di tale potere/dovere, l'amministratore tutela il diritto di proprietà dei condomini sui beni e gli impianti comuni, da atti o fatti compiuti da terzi (ad es. estranei al condominio) o dai condomini stessi, che possono pregiudicare o mettere in pericolo il diritto stesso.

L'amministratore, pertanto, in forza dei poteri di azione e rappresentanza processuale conferitigli dal successivo art. 1131 c.c., può agire nei confronti di chi utilizzi in proprio il bene comune e ne faccia un uso non consentito; di chi compia atti idonei a compromettere l'integrità del bene; di chi imbratti o deteriori la cosa comune; di chi turbi o minacci il pacifico godimento comune dei beni e servizi, ecc.

La giurisprudenza ante riforma era orientata nel senso di riconoscere alla dizione “atti conservativi dei diritti…” il significato di atti pratici e giudiziali finalizzati alla conservazione delle parti comuni dell'edificio.

In questo senso si era affermato che l'amministratore del condominio non è legittimato a concludere il contratto d'assicurazione del fabbricato se non abbia ricevuto l'autorizzazione da una deliberazione dell'assemblea dei partecipanti alla comunione (Cass. civ., sez. II, 3 aprile 2007, n. 8233).

Analogamente la giurisprudenza di legittimità ha escluso che rientrino nel novero degli atti conservativi le azioni a carattere reale.

Al riguardo la Cassazione se, da un lato, è costante nel ritenere che l'amministratore non è legittimato all'esperimento di azioni reali contro i singoli condomini o contro terzi dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela di diritti reali dei condomini su cose o parti dell'edificio condominiale che esulino dal novero degli atti meramente conservativi (Cass. civ., sez, II, 6 febbraio 2009, n. 3044; Cass. civ., sez. II, 24 novembre 2005, n. 24764), dall'altro lato, ha, più volte, ribadito la piena libertà di azione dell'amministratore, a prescindere da qualsiasi preventiva autorizzazione assembleare, in tutte le ipotesi in cui occorra tutelare le ragioni dei condomini inerenti alle parti comuni, riconoscendo che l'amministratore è abilitato non solo a chiedere i provvedimenti cautelari (Cass. civ., sez. II, 1 ottobre 2008, n. 24391) o ad esperire le azioni a difesa del possesso (Cass. civ., sez. II, 15 maggio 2002, n. 7063 con riferimento all'azione di reintegrazione relativa a parti comuni dell'edificio; Cass. civ., sez. II, 27 luglio 2007, n. 16631), ma anche a promuovere le azioni giudiziali ordinarie nei confronti di chi pretenda di acquistare diritti spettanti ai condomini o contro il condomino che abusi della cosa comune (Cass. civ., sez. II, 11 novembre 1986, n. 6593).

La tutela dei diritti dei condomini si esplica anche sul piano penale e consente all'amministratore di promuovere le relative azioni anche nei confronti di coloro che si rendano responsabili di danneggiamento o imbrattamento dei beni condominiali (Cass. pen., 26 gennaio 2001, n. 19678; Cass. civ., sez. III, 21 giugno 2002, n. 9055).

In particolare con riguardo alle azioni contro l'appaltatore per gravi difetti dell'immobile si è rilevato che costituisce principio pacifico che l'amministratore del condominio, anche se privo della preventiva autorizzazione dell'assemblea, è legittimato a proporre l'azione di cui all'art. 1669 c.c., relativa ai gravi difetti di costruzione che possono pregiudicare le parti comuni dell'edificio (Cass. civ., sez, II, 1 agosto 2006, n. 17484).

Casistica

CASISTICA

Riscossione contributi

L'amministratore di condominio, per ottenere il pagamento dei contributi condominiali non necessita di una specifica autorizzazione ad agire da parte dell'assemblea di condominio, potendo egli liberamente avviare un giudizio nei confronti dei singoli condomini. (Cass. civ., sez. II, 13 aprile 2017, n. 9583)

Rilascio di immobile condominiale

L'amministratore di condominio è pienamente legittimato ad agire per ottenere il rilascio di un immobile condominiale, attesa la natura personale dell'azione, essendo il recupero del bene essenziale per l'ulteriore fruizione dello stesso bene da parte di tutti i condomini. (Cass. civ., sez. II, 8 febbraio 2012, n. 1768)

Sulla modifica delle attribuzioni dell'amministratore

Le attribuzioni dell'amministratore previste dall'art. 1130 c.c. possono essere modificate dal regolamento di condominio o dalle deliberazioni dell'assemblea, nel senso che quest'ultima, per ragioni di opportunità, può riservarsi l'amministrazione delle cose, degli impianti e dei servizi comuni in via diretta o tramite l'autorizzazione da concedere di volta in volta allamministratore, dal momento che l'art. 1138 c.c. non dichiara inderogabile l'art. 1130 c.c. (Cass. civ., sez. II, 8 settembre 1997, n. 8719)

Guida all'approfondimento

Celeste-Scarpa, Il condominio negli edifici, Milano, Giuffrè, 2017

Luminoso, Il rapporto di amministrazione condominiale, in Riv. giur. ed., 2017, fasc. 4, parte 2, p. 221

Pignatelli, Gli atti conservativi relativi alle parti comuni, in Arch. loc. cond. imm., 2017, fasc. 5, p. 533

Redivo, La riscossione dei contributi nel condominio, in Arch. loc. cond. imm., 2016, fasc. 6, p. 614

Bregoli, L'amministratore di condominio: un nuovo professionista al servizio (anche) della collettività, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2014, p. 9

Mirabile, La responsabilità dell'amministratore di condominio dopo la legge n. 220/2012, in Resp. civ. e prev., 2014, p. 1482

Cirla, L'amministratore: un mandatario che deve gestire il condominio nel rispetto della legge, in Immobili & proprietà, 2013, p. 143

Gomitobni, Riscossione delle spese condominiali ed eredità giacente, in Immobili & proprietà, 2013, p. 1

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