La competenza nell'espropriazione presso terzi a carico della P.A. quando il terzo pignorato è l'ente tesoriere

Valentina Baroncini
25 Giugno 2018

La Suprema Corte, nella pronuncia in esame, è stata chiamata ad esprimersi su quale sia, alla luce del nuovo art. 26-bis c.p.c., il foro dell'espropriazione presso terzi di crediti, nel caso in cui il debitore esecutato sia una pubblica amministrazione e il terzo pignorato sia un ente incaricato delle funzioni di tesoreria a vantaggio di detta pubblica amministrazione.
Massima

L'art. 26-bis, comma 1, c.p.c., quando allude alla disciplina di leggi speciali come idonea a stabilire il foro dell'esecuzione forzata per espropriazione di crediti in danno delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell'art. 413 c.p.c., attribuisce alla regola desumibile dalla legge speciale il valore di regola esclusiva rispetto a quella fissata dallo stesso primo comma con riferimento al luogo in cui il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

Il caso

Il provvedimento in commento scaturisce all'esito di un regolamento di competenza proposto dal creditore procedente nell'ambito di una espropriazione presso terzi promossa avverso la ASL di Foggia.

Nel dettaglio, il creditore introduceva la procedura esecutiva pignorando i crediti vantati da detta ASL presso la Banca Popolare di Milano e Poste Italiane. L'adito giudice dell'esecuzione di Milano dichiarava con ordinanza la propria incompetenza territoriale, rilevando come il foro dell'esecuzione si dovesse individuare in Foggia, in quanto l'invocato art. 26-bis c.p.c. – che avrebbe dovuto implicare l'individuazione del foro competente in quello della sede del terzo debitore – concernerebbe soltanto l'ipotesi in cui i crediti azionati nei confronti della pubblica amministrazione derivano da rapporti di lavoro.

Avverso tale ordinanza il creditore proponeva opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., opposizione che veniva rigettata dal tribunale di Milano sulla base dell'interpretazione sistematica tra l'invocato art. 26-bis c.p.c. e l'art. 1-bis della l. n. 720/1984, istitutiva del sistema di tesoreria unica per enti e organismi pubblici, in virtù della quale il foro dell'esecuzione doveva, appunto, individuarsi in Foggia, luogo della filiale della Banca Popolare di Milano svolgente il servizio di tesoreria per conto della ASL di Foggia.

Nei confronti di tale sentenza, il creditore procedente proponeva regolamento necessario di competenza.

La questione

La Suprema Corte viene così sollecitata al fine di esprimersi su quale sia, alla luce del nuovo art. 26-bis c.p.c., introdotto dal d.l. 12 settembre 2014, n. 132, conv. in l. 10 novembre 2014, n. 162, il foro dell'espropriazione presso terzi di crediti, nel caso in cui il debitore esecutato sia una pubblica amministrazione e il terzo pignorato, debitor debitoris, sia un ente incaricato delle funzioni di tesoreria a vantaggio di detta pubblica amministrazione, ai sensi dell'art. 1-bis della l. n. 720/1984.

Le soluzioni giuridiche

In via preliminare, il Collegio affronta e risolve ex officio una questione reputata pregiudiziale, non sollevata né da parte ricorrente né dal pubblico ministero.

Si tratta dell'ammissibilità stessa del proposto regolamento necessario di competenza, questione innescata dall'interrogativo se la pronuncia resa all'esito dell'opposizione agli atti ex art. 617 c.p.c. possa essere effettivamente considerata quale decisione sulla sola competenza, in quanto tale impugnabile, appunto, mediante il regolamento necessario, ovvero se debba considerarsi come pronuncia di merito, nella misura in cui esprimente una valutazione attorno alla decisione assunta dal giudice dell'esecuzione in ordine alla propria competenza. Sul punto, la Corte sceglie di aderire all'orientamento già espresso da Cass. civ., n. 17462/2010, la quale, dopo aver ricordato come l'art. 187 disp. att. c.p.c., a fronte dell'inimpugnabilità delle sentenze rese all'esito del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, faccia salva l'esperibilità, avverso le stesse, del regolamento di competenza, ha affermato come pure il provvedimento di cui si discute rappresenti pronuncia resa su questione di competenza, in quanto tale riconducibile al rimedio di cui all'art. 42 c.p.c.. In definitiva, la pronuncia in epigrafe si esprime per l'ammissibilità del ricorso, precisando che: a) la competenza in materia esecutiva esige la garanzia del controllo immediato tramite il regolamento di competenza; b) tale controllo non si esprime, in prima battuta, direttamente sul provvedimento assunto dal giudice dell'esecuzione affermativo o negativo della propria competenza, essendo tale provvedimento impugnabile mediante l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.; c) il regolamento di competenza necessario diviene allora, in sintonia con quanto previsto dall'art. 187 disp. att. c.p.c., il rimedio utilizzabile avverso la pronuncia del giudice dell'opposizione agli atti esecutivi che si esprima sulla valutazione compiuta dal giudice dell'esecuzione attorno alla propria competenza.

Passando al merito del ricorso, e dunque all'individuazione della competenza sull'espropriazione presso terzi promossa avverso una pubblica amministrazione e avente, quale terzo debitor debitoris, l'ente svolgente servizio di tesoreria per conto della medesima, la Suprema Corte ritiene di dover affrontare e risolvere due questioni distinte.

In primo luogo si provvede, assai opportunamente, a chiarire il senso del rinvio che l'art. 26-bis c.p.c. compie nei confronti delle «pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 413, quinto comma, c.p.c.». Recependo in ciò le conclusioni del pubblico ministero, il Collegio chiarisce come tale rinvio operi soltanto quale criterio identificativo della qualità soggettiva del debitore esecutato, da individuarsi, appunto, nella pubblica amministrazione, e senza che, all'opposto, tale riferimento implichi altresì una delimitazione relativa alla natura del credito azionato, nel senso di richiedere una necessaria correlazione con un rapporto di lavoro.

In seconda battuta, la Corte trascorre alla risoluzione del quesito postole in via principale, muovendo dall'esegesi dell'art. 26-bis c.p.c.. Tale disposizione, in particolare, recherebbe una norma generale – cristallizzata al suo secondo comma – che incardina la competenza in materia di espropriazione forzata di crediti presso il giudice del luogo dove il debitore esecutato ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede; e una norma speciale, applicabile laddove il debitore esecutato sia una pubblica amministrazione – da identificarsi a norma dell'art. 1 del d.lgs. n. 165/2001 –, che tale competenza incardina presso il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. Tale regola speciale, a sua volta sarebbe suscettibile di deroga nei casi in cui una legge speciale provveda essa stessa a dettare la competenza in materia: ed è il caso dell'art. 1-bis della l. n. 720/1984 – applicabile anche alle ASL –, secondo la quale i pignoramenti a carico della pubblica amministrazione si eseguono presso l'istituto cassiere o tesoriere di tale ente, che assume la veste di terzo nella relativa procedura esecutiva. Ai sensi di tale norma, dunque, la competenza risulterebbe incardinata presso il giudice del luogo in cui ha sede l'articolazione che concretamente svolge il servizio di tesoreria per la pubblica amministrazione debitrice. Prima dell'entrata in vigore dell'art. 26-bis c.p.c., peraltro – e, dunque, nel vigore del precedente art. 26 –, tale criterio operava in via alternativa e concorrente rispetto a quello individuato tramite l'appena citato art. 26 che, interpretato alla luce del complessivo sistema degli artt. 18 e 19 c.p.c., consentiva di individuare la competenza per l'espropriazione di crediti presso terzi, con riferimento al caso in cui il debitor debitoris fosse una persona giuridica, a scelta del creditore procedente o nel luogo della sede della persona giuridica stessa, ovvero in quello in cui essa avesse uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l'oggetto della domanda (in tali termini, ad esempio, Cass. civ., n. 11758/2002): con evidente inutilità della lex specialis, essendo la sede dell'articolazione svolgente il servizio di tesoreria evidentemente coincidente con la seconda alternativa appena menzionata. Il nuovo art. 26-bis c.p.c., e in particolare il rilievo alle leggi speciali in esso racchiuso, spingono il Collegio a una interpretazione che valorizza tale dato testuale, nel senso di individuare una sola competenza – quella, appunto, sancita dalla lex specialis –, con esclusione di altri criteri concorrenti: la competenza in materia di espropriazione presso terzi, per il caso in cui l'esecuzione concerna crediti di una pubblica amministrazione che si avvalga del sistema di tesoreria di cui all'art. 1-bis della l. n. 720/1984, viene allora individuata, in via esclusiva, nel luogo in cui il cassiere o tesoriere svolge in concreto la sua funzione. Conseguentemente, la Corte dichiara la competenza di tribunale di Foggia, quale sede della filiale della Banca Popolare di Milano esercitante in concreto il servizio di tesoreria per la ASL di Foggia.

Osservazioni

La pronuncia in commento interviene sull'interpretazione di una norma – l'art. 26-bis c.p.c. –, riguardo alla quale, sino ad ora, alcuni aspetti non erano stati chiariti.

Anzitutto, con una decisione assolutamente condivisibile, si precisa come il rinvio effettuato all'art. 413, comma 5, c.p.c., sia finalizzato esclusivamente a identificare, dal punto di vista soggettivo, le pubbliche amministrazioni coinvolte dall'applicazione della norma racchiusa nel primo comma, senza richiedere, al contempo, che la pretesa per cui si agisce in executivis sia un credito scaturito da un rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione: una soluzione, questa, senz'altro apprezzabile, in quanto implicante una maggiore latitudine applicativa della norma, e che appare suggerita anche dalla lettera stessa dell'art. 26-bis, comma 1, c.p.c..

La soluzione data alla specifica questione di competenza posta nel caso di specie, poi, si lascia particolarmente apprezzare anche per la sua coerenza con la ratio ispiratrice della riforma che, nel 2014, aveva spinto il legislatore a introdurre tale disciplina. L'art. 26-bis c.p.c. infatti, come noto, persegue lo scopo di evitare che i tribunali di alcune grandi città siano gravati da un eccessivo numero di espropriazioni presso terzi: obiettivo di decongestionamento che, per l'appunto, appare perfettamente perseguito da una soluzione che evita di incardinare la competenza presso le sedi legali degli istituti di credito, solitamente accentrati presso centri urbani di rilievo. La stabilita prevalenza della lex specialis racchiusa nella l. n. 720/184, con tutta evidenza, rappresenta una scelta che consente di evitare l'applicazione dell'art. 26-bis, comma 1, c.p.c., che, per il suo generico riferimento alla sede del terzo debitore (persona giuridica) potrebbe portare alla vigenza di un criterio di competenza concorrente, idoneo a radicare la procedura espropriativa, assai presumibilmente, presso il tribunale di una grande città.

Guida all'approfondimento
  • Longo, Foro relativo all'espropriazione forzata di crediti, in Dalfino (a cura di), Misure urgenti per la funzionalità e l'efficienza della giustizia civile, Torino, 2015;
  • Recchioni, sub art. 618 c.p.c., in Consolo (diretto da), Codice di procedura civile, II, Milano, 2013, 2720 ss.;
  • Saletti, Competenza e giurisdizione nell'espropriazione di crediti, in www.judicium.it.
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