Il terzo danneggiato può agire direttamente nei confronti dell’ amministratore?

27 Giugno 2018

Ci si pone il problema se il terzo (o il condominio, che in questi casi è perfettamente equiparato al terzo) possa agire direttamente verso l'amministratore di condominio, con una richiesta di risarcimento danni, per un comportamento (omissivo o commissivo) a questi imputabile nella sua predetta qualità.
Il quadro normativo

L'art. 2051 c.c. prevede che ciascuno sia responsabile per le cose che ha in custodia fatto salvo il caso fortuito.

Il rapporto che lega l'amministratore di condominio ai suoi amministrati si ritiene normalmente, per quanto manchi una disposizione legislativa in tal senso, riconducibile al contratto di mandato, definito dall'art. 1703 c.c. come «il contratto con il quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell'altra». Sui limiti di una tale collocazione, e sulla opportunità di riferirsi piuttosto ad uno specifico contratto di amministratore di condominio vedi la guida all'approfondimento.

La richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato

Non vi è dubbio che il terzo danneggiato, poniamo il caso - peraltro, risolto recentemente con esiti sorprendenti da Trib. Gorizia, 13 giugno 2017, n. 217) - di una banale caduta dalle scale condominiali a causa di una insidia presente sulle stesse, possa richiedere il risarcimento dei danni allo stabile convenendolo in giudizio in persona dell'amministratore: ma può viceversa, il terzo, richiedere la condanna in solido anche dell'amministratore o persino esclusiva di quest'ultimo?

Lasciamo stare per un momento la poca convenienza di una tale (eventuale) azione, dato che difficilmente il terzo - ricordo che per le obbligazioni extra contrattuali non si debbono seguire i sentieri tortuosi individuati dal nostro legislatore con la l. 220/2012 per ottenere il risarcimento passando prima dai condomini morosi - troverà più conveniente esperire il patrimonio dell'amministratore che quello (non essendovi nemmeno in questo caso il vincolo della parziarietà) di un singolo condominio scelto ad hoc.

Può pero succedere, in determinate situazioni, che il terzo preferisca agire direttamente o in via solidale contro l'amministratore per poi aggredire il patrimonio di quest'ultimo: lo può fare?

Per rispondere partiamo da un dato certo: esistono due rapporti, l'uno contrattuale che lega il condominio al suo amministratore in forza di un mandato, l'altro, extracontrattuale che sorge nel caso di danno tra danneggiato e condominio.

Fatta tale premessa, la risposta che ne deriva é che il terzo può agire contro un solo soggetto, il condominio, e non contro l'amministratore: questo poiché non avendo il condominio (se non a tutto riconoscere in forma attenuata) personalità giuridica - com'è noto dopo infinite discussioni e “passaggi” da una camera all'altra del testo di legge la l. n. 220/2012 non ha inteso riconoscerla - esso è soggetto distinto dall'amministratore, e quindi in un certo qual modo il danneggiato potrebbe ottenere una ingiusta duplicazione dei soggetti contro i quali agire se gli venisse concesso di farlo, in proprio, anche contro l'amministratore.

L'amministratore, inoltre, è coperto e protetto dal rapporto contrattuale che - come detto - lo lega al condominio: quindi, se si muove correttamente all'interno dello stesso, nulla dovrebbe temere né dal condominio da lui amministrato, e tantomeno dal terzo.

La procedura, allora, dovrebbe essere la seguente: dopo essere caduto dalle scale il condomino-terzo farà causa al condominio, il quale risponderà nei suoi confronti per responsabilità ex art. 2051 c.c. per cose in custodia, e poi a sua volta valuterà se rivalersi contro l'amministratore che si sia reso responsabile, ad esempio, di aver colpevolmente (lasciamo perdere per non complicare le cose l'eventualità di mancanza fondi condominiali) ignorato la delibera che gli imponeva di affidare ad un impresa la messa in sicurezza delle scale pericolanti.

L'azione penale del terzo contro l'amministratore

Cosa succede, tuttavia, se il terzo agisca penalmente (anche) contro l'amministratore e questi venga condannato in proprio?

È il caso preso in esame recentemente dalla Suprema corte (Cass. pen., sez. IV, 30 giugno 2017, n. 43500), che ha confermato la condanna di un improvvido amministratore, per aver mandato sul tetto condominiale un perfetto incapace che non munito (evidentemente) delle necessarie conoscenze tecniche aveva incendiato l'intero palazzo.

All'amministratore, in particolare, i giudici del merito avevano contestato di aver conferito l'incarico senza verificare l'idoneità tecnico professionale dell'incaricato, in violazione dell'art. 90, comma 9, lett. a) e all. XVII del d.lgs. n. 81/2008, non avendo acquisito documentazione relativa alla conformità alla normativa antinfortunistica delle attrezzature usate e dei dispositivi di protezione in dotazione, né attestai inerenti la formazione e neppure il documento di regolarità contributiva.

Ma quindi in questo caso cosa succede: il terzo danneggiato dall'incendio che ha ottenuto la condanna dell'amministratore dal giudice penale, potrà perseguirlo anche in sede civile per il risarcimento dei danni o no?

Se la risposta è positiva, verrebbe a cadere l'impianto al quale fa riferimento la Cassazione con la sentenza (Cass. civ., sez. III, 14 agosto 2014, n. 17983) una delle poche rinvenute sull'argomento, che pochi anni fa si è espressa con notevole chiarezza sul tema trattato in questo breve lavoro.

Nel caso esaminato, si trattava di una azione proposta da due signori i quali «allorché, essendosi recati a visionare l'edificio condominiale insieme ad alcuni cointeressati all'acquisto di un appartamento, erano caduti in una scarpata a seguito del cedimento del parapetto in legno che correva lungo il ponticello di accesso al condominio».

La causa perveniva in sede di legittimità - per quello che qui interessa - nel decidere sulla ipotetica responsabilità in proprio dell'amministratore così disponeva « …quanto al secondo profilo, dato atto che questa Corte ha affermato che l'amministratore è custode dei beni condominiali (Cass. civ. n. 25251/2005 "l'amministratore di condominio ha il compito d provvedere non solo alla gestione delle cose comuni ma anche alla custodia di essa, col conseguente obbligo di vigilare affinché non rechino danno a terzi ed agli stessi condomini") deve tuttavia precisarci che la responsabilità extracontrattuale verso i terzi risulta predicabile - ex art. 2051 c.c. - esclusivamente a carico del condominio, residuando per l'amministratore esclusivamente la possibilità di incorrere in responsabilità contrattuale nel rapporto interno che lo lega al condomino».

Eccola allora la questione come perfettamente fotografata dalla sentenza della Cassazione ora citata: il terzo danneggiato agisca solo e soltanto contro il condominio con la sua azione extracontrattuale; quest'ultimo valuterà se l'amministratore ha bene amministrato, se si è attenuto o meno agli obblighi contrattualmente a suo carico, e nel caso di risposta negativa lo perseguirà in forza di azione contrattuale.

Ma, appunto, se il terzo chiede ed ottiene la condanna in proprio dell'amministratore, anche in questo caso gli sarà preclusa una domanda diretta di risarcimento danni nei suoi confronti, magari attraverso una costituzione di parte civile?

A me verrebbe da dire di no, in quanto non avrebbe alcun senso una condanna penale privata della sua efficacia in sede civile: ci si troverebbe, in altre parole, di fonte ad un soggetto, l'amministratore, che può essere condannato penalmente ma non perseguito civilmente (dal terzo) per la stessa fattispecie. E a nulla vale obbiettare che potrebbe essere il condominio in sede di rivalsa ad agire contro l'amministratore, sia perché non è detto, per varie ragioni, ciò accada, e sia perché è il terzo danneggiato ad aver prima di tutti, diritto a dar seguito nelle modalità che ritiene opportune alla condanna da lui ottenuta nei confronti dei responsabili del danno da lui subito.

In conclusione

A parere di chi scrive, si deve ritenere che un conto sia l'azione civile per il risarcimento del danno proposta dal terzo nei confronti del condominio, che può essere effettivamente diretta contro il solo condominio e non contro l'amministratore in proprio

Altra cosa, viceversa, si ha quando, sussistendo gli estremi per una condanna penale, il terzo danneggiato si trovi con una sentenza di condanna emessa nei confronti dell'amministratore.

In questo caso, ritengo, non si può negare al terzo danneggiato la possibilità di agire direttamente contro l'amministratore.

Del resto, è ben possibile - come effettivamente accaduto nel caso poi discusso dalla Cassazione con la decisione n. 43500/2017 poc'anzi ricordata - che il giudice di primo grado riconosca in favore del danneggiato una provvisionale posta a carico di vari soggetti, tra i quali appunto lo stesso amministratore di condominio.

Pare evidente, quindi, che almeno in questi casi non si possa diminuire le aspettative del terzo di ottenere il risarcimento negandogli l'azione diretta contro uno dei responsabili.

Guida all'approfondimento

Cirla, Compravendita condominio locazioni, Milano, 2017, 578;

Nasini, L'amministratore, in Il nuovo condominio a cura di Triola, 2013, 754;

Tagliolini, Prove di personalità giuridica del condominio, in Norme e tributi, 20 dicembre 2014.

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