Nomina di un nuovo difensore per il giudizio di cassazione e legittimazione a redigere l’attestazione di conformità
27 Giugno 2018
Massima
In tema di ricorso per cassazione, ai fini dell'osservanza di quanto imposto, a pena di improcedibilità, dall'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., nel caso in cui la sentenza impugnata sia stata redatta in formato digitale, l'attestazione di conformità della copia analogica predisposta per la Corte di cassazione (fintantochè innanzi alla stessa non sia attivato il processo civile telematico) può essere redatta, ai sensi dei commi 1-bis e 1-ter dell'art. 9 della l. n. 53/1994, dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio, i cui poteri processuali e di rappresentanza permangono, anche nel caso in cui allo stesso fosse stata conferita una procura speciale per quel singolo grado, sino a quando il cliente non conferisca il mandato alle liti per il giudizio di legittimità ad un altro difensore. Il caso
La sentenza di appello fu redatta in forma telematica e la sua notifica alla parte soccombente, ai fini della decorrenza del termine breve per l'eventuale impugnazione con ricorso per cassazione, fu eseguita con modalità informatiche. In osservanza del disposto dell'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., il difensore destinatario della notificazione depositò nella cancelleria della Corte una copia cartacea della pronuncia accompagnata dall'attestazione, da lui stesso redatta, di conformità di tale copia all'originale. Il ricorso per il giudizio di legittimità fu poi proposto da un altro professionista, nominato per tale specifico scopo. Nel costituirsi con controricorso, fu da controparte eccepito che l'asseverazione di conformità avrebbe dovuto pervenire dal difensore nominato per il grado successivo del processo e non già da colui che aveva assunto la rappresentanza in precedenza, in quanto l'avvenuta sostituzione l'aveva privato del mandato difensivo.
La questione
La questione decisa dalla Corte ha tratto argomento dal coordinamento applicativo del dettato dell'art. 369 c.p.c. con le disposizioni che hanno introdotto nell'ordinamento processuale l'utilizzo degli strumenti di comunicazione informatica. La norma codicistica impone al ricorrente per cassazione di depositare tempestivamente, a pena di improcedibilità, una copia autentica del provvedimento impugnato e la relazione di sua notifica, se questa è stata eseguita per far decorrere nei suoi confronti il termine breve di gravame. Il sistema così predisposto presuppone che esistano atti redatti in forma di documento cartaceo, idonei di per se ad essere consegnati alla cancelleria; ove siano adoperate modalità informatiche manca, di quegli atti, il supporto materiale e deve farsi ricorso ad adempimenti che consentano di osservare comunque il disposto della norma codicistica. In proposito soccorre il dettato dell'art. 9, commi 1-bis e 1-ter (che richiama il precedente art. 3-bis) della legge 21 gennaio 1994, n. 53, nel testo vigente per effetto del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. in l. 17 dicembre 2012, n. 221, e della l. 24 dicembre 2012, n. 228. Quando, più precisamente, la pronuncia è stesa con modalità telematiche, il suo deposito e il deposito della relazione di notifica, effettuata con formalità analoghe, devono essere eseguiti nei modi indicati da queste disposizioni: l'avvocato ricevente estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati, della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte. Ferma questa premessa, il quesito esaminato concerne la legittimazione del difensore del pregresso grado di giudizio ad effettuare l'attestazione di conformità tra la copia cartacea e l'originale digitale (con i documenti allegati e la relata di notifica della decisione) ove quel grado di giudizio sia esaurito e si proceda oltre con la nomina di un difensore nuovo, che assista la parte nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione. Le soluzioni giuridiche
La Corte ha ritenuto rituale l'attestazione di conformità della copia analogica della decisione impugnata all'originale informatico redatta dal difensore che aveva assistito gli appellanti, rimasti soccombenti e poi ricorrenti per cassazione. In proposito ha osservato come l'art. 9 della l. n. 53/1994 non prescriva che l'attestazione di conformità debba essere sottoscritta dal medesimo difensore che rappresenta le parti nel giudizio in cui la copia cartacea del documento viene prodotta (vale a dire, nel giudizio di legittimità). Il potere di certificare la conformità della stampa cartacea all'originale informatico va ravvisato in capo al difensore che è munito di procura alle liti nel momento stesso in cui l'attestazione viene redatta. Deve in proposito distinguersi a seconda che il difensore sia munito di procura generale o di procura speciale. Nel primo caso lo ius postulandi viene meno soltanto per effetto di una espressa revoca del mandato difensivo. Nel secondo caso, ai sensi dell'art. 83, ultimo comma, c.p.c., la procura speciale si presume conferita unicamente per un determinato grado del processo, quando nell'atto non è espressa una volontà diversa, sicchè i poteri rappresentativi del difensore si esauriscono nel momento in cui viene introdotto il grado successivo di giudizio con l'assistenza legale di un diverso avvocato. Consegue, ha concluso la Corte, che nell'uno quanto nell'altro caso, il difensore che ha assistito la parte nel grado di giudizio appena conclusosi conserva il potere di estrarre copie analogiche dagli originali digitali presenti nei registri telematici di cancelleria, giacchè pure nell'ipotesi più restrittiva (cioè che egli sia munito di una procura speciale valevole solo per quel grado di giudizio) egli conserva la rappresentanza processuale della parte (ad esempio, anche ai fini dell'eventuale notificazione dell'impugnazione proposta da controparte) fintanto che il cliente conferisca, per il grado successivo, il mandato alle liti ad altro difensore. Osservazioni
La decisione della Corte di cassazione completa un principio che risultava più volte enucleato in tema di applicazione degli artt. 3-bis e 9 della l. n. 53/1994, sulle notificazioni civili eseguite dagli avvocati, a proposito del deposito di documenti previsto per la procedibilità del ricorso di legittimità. Già Cass. civ., sez. VI, ad esempio, aveva affermato con ordinanza 22 dicembre 2017, n. 30765, che per la proposizione del ricorso per cassazione, qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, per soddisfare l'onere di deposito della copia autentica della decisione con la relazione di notificazione, il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, deve estrarre copia cartacea del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e dei suoi allegati (relazione di notifica e provvedimento impugnato), attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali della copia formata su supporto analogico, ai sensi dell'art. 9, commi 1-bis e 1-ter, l. n. 53/1994, e depositare nei termini quest'ultima presso la cancelleria della Corte. Nello stesso senso si era pronunciata Cass. civ., sez. III, ord., 14 luglio 2017, n. 17450, e nell'occasione si era precisato non esser necessario provvedere anche al deposito di copia autenticata della sentenza estratta dal fascicolo informatico. A queste affermazioni è stata aggiunta la notazione innovativa concernente l'individuazione del difensore legittimato ad effettuare l'attestazione di conformità quando colui che ha rappresentato e assistito la parte nel grado di giudizio precedente (di merito) viene sostituito da altro avvocato, nominato per il giudizio di gravame. Il dato al quale occorre fare riferimento è costituito dalla esistenza di una procura nel momento preciso in cui l'attestazione è effettuata: il difensore legittimato è chi risulta essere procuratore in tale occasione temporale. La regola così enunciata non risponde soltanto ad esigenze pragmatiche e di ovvietà. Essa costituisce applicazione del criterio dettato dagli artt. 84 e 85 c.p.c., per i quali la revoca e la rinuncia (che sono implicite nella nomina di un difensore in luogo di quello precedente, se il processo prosegue) non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finchè non sia avvenuta la sostituzione del difensore; e sino alla sostituzione il difensore compie e riceve, nell'interesse della parte assistita, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati. Ormai delucidate dalle decisioni giurisprudenziali le modalità attuative del deposito della pronuncia impugnata e della relazione di sua notifica alla parte soccombente quando la pronuncia e la notifica rispondono alle modalità informatiche, viene chiarito che il compito relativo all'asseverazione di conformità tra gli originali digitali e le copie analogiche spetta al difensore munito di procura al tempo in cui occorre eseguire ed è eseguita l'asseverazione stessa. Non assume rilievo alcuno la successiva nomina di un diverso professionista che assista la parte nel giudizio di gravame. Nel respingere l'eccezione formulata dai resistenti, la Corte ha poi dichiarato inammissibile il ricorso per una ragione che attiene pur sempre alla medesima questione concernente il deposito dei documenti informatici richiesto per la proposizione del ricorso per cassazione. Essa ha ricordato che l'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., prescrive, a pena di improcedibilità, la produzione e il deposito anche della relata di notificazione del provvedimento impugnato. Ed ha affermato che, in applicazione di questa disposizione, qualora la sentenza d'appello venga notificata a mezzo PEC, l'attestazione di conformità prevista dall'art. 9, commi 1-bis e 1-ter, l. n. 53/1994 deve riguardare anche il messaggio di posta elettronica certificata ricevuto nonché la relazione di notifica del provvedimento impugnato allegato al messaggio. Nella vicenda di specie il requisito non era stato soddisfatto, non essendo reperibile in atti l'attestazione di conformità della relata di notifica. Né, a parere della Corte, poteva ritenersi succedaneo dell'attestazione di conformità (che avrebbe dovuto redigere l'avvocato destinatario della PEC) l'attestazione contenuta nella relata di notificazione predisposta dal notificante: quest'ultima, infatti, non riguardava i messaggi di posta elettronica certificata (che alla stessa erano ovviamente successivi) bensì il documento (la sentenza) che veniva inviato in allegato. La conseguenza dell'omissione ha penalizzato la parte inosservante. Non potendosi stabilire quale fosse stata la data dell'avvenuta notifica della sentenza impugnata (per la mancanza di una formale attestazione in proposito), il termine per proporre il ricorso doveva essere computato a decorrere dalla pubblicazione della pronuncia, da ciò derivando la tardività del ricorso (per tal modo risultato proposto dopo la scadenza del termine di 60 giorni, tenuto conto della sospensione feriale).
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