Nuovi documenti in appello: la Suprema Corte si pronuncia sulla nozione di non imputabilità

Redazione scientifica
27 Giugno 2018

A seguito della modifica dell'art. 345, comma 3, c.p.c, è consentito dare ingresso in appello solo alle prove che la parte dimostri di non aver tempestivamente prodotto per «causa a se non imputabile».

Il caso. La vicenda trae origine dalla decisione del giudice del gravame di respingere, in riforma della sentenza di primo grado, la domanda attorea di risarcimento del danno per responsabilità da colpa medica e per la violazione del diritto all'autedeterminazione, non avendo - a parere di parte attrice - prestato preventivamente il suo consenso informato.

Il soccombente ricorre in Cassazione deducendo la nullità della sentenza e la violazione dell'art. 345, comma 3, c.p.c., in quanto la Corte territoriale aveva ammesso la produzione della dichiarazione contenente il consenso informato, ritenendo che il rinvenimento tardivo di essa in altra cartella clinica costituisse causa idonea a superare le preclusioni sancite dalla norma in esame.

Nuovi documenti in appello. Il Collegio ricorda anzitutto che nel giudizio d'appello, a seguito della modifica dell'art. 345, comma 3, c.p.c., quale risulta dalla novella di cui al d.l. n. 83/2012 conv. con modif. nella l. n. 134/2012, eliminata la possibilità di produrre tardivamente i documenti ritenuti “indispensabili” ai fini della decisione, «è consentito dare ingresso in appello solo alle prove che la parte dimostri di non aver tempestivamente prodotto per “causa a se non imputabile”» (cfr. Cass. civ., n. 26522/2017).

La valutazione di tale giustificazione, rileva la Corte, rientra nei compiti del giudice di merito che «deve darne logica e coerente motivazione», altrimenti può ricorrere il vizio di nullità della sentenza, ex art. 360, n. 4, c.p.c..

Il concetto di “causa a se non imputabile”. I Supremi Giudici colgono l'occasione per tornare sul concetto di “causa a se non imputabile”, il quale deve essere ricondotto a «ragioni ascrivibili a circostanze estranee alla sfera di controllo dell'interessato e non può essere dilatato sino a ricomprendere fatti dipendenti dalla negligenza organizzativa della parte», soprattutto se si tratta di struttura sanitaria e medico in essa operante, «in cui la “buona organizzazione” dovrebbe essere uno dei tratti caratterizzanti della professionalità in discussione». Nel caso in esame, conseguentemente, la ragione allegata a sostegno della tardiva produzione (l'aver rinvenuto il documento in altra cartella clinica) non può configurare un impedimento “non imputabile alla parte onerata”, ma deve al contrario essere ascritto ad una negligente conservazione della documentazione clinica che, «in assenza di specifiche e peculiari ragioni rinvenibili in cause di forza maggiore o in fatti estranei al loro operato, non può che essere imputata alla struttura sanitaria ed al medico interessato».

Alla luce di tali considerazioni, la Cassazione ha accolto il ricorso con rinvio alla Corte d'appello per il riesame della controversia.

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