Corte costituzionale: ammissibile l'opposizione all'esecuzione per crediti di natura tributaria
28 Giugno 2018
Massima
L'art. 57, comma 1, lett. a), del d.P.R.n. 602/1973 è incostituzionale nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all'avviso di cui all'art. 50 del d.P.R.n. 602/1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 615 c.p.c. qualora il motivo di censura inerente la riscossione esattoriale non radichi una controversia devoluta alla giurisdizione del giudice tributario e quindi non sussista la giurisdizione del giudice ordinario. L'impossibilità di far valere innanzi al giudice dell'esecuzione l'illegittimità della riscossione mediante opposizione all'esecuzione, essendo ammessa soltanto l'opposizione con cui il contribuente contesti la mera regolarità formale del titolo esecutivo o degli atti della procedura e non anche quella con cui egli contesti il diritto di procedere alla riscossione, confligge frontalmente con il diritto alla tutela giurisdizionale riconosciuto in generale dall'art. 24 Cost. e nei confronti della pubblica amministrazione dall'art. 113 Cost., dovendo essere assicurata in ogni caso una risposta di giustizia a chi si oppone alla riscossione coattiva. Il caso
Con la sentenza in commento, la Corte esamina quattro distinte ordinanze di rimessione, solamente due delle quali (tribunale di Trieste) verranno qui trattate, in quanto fondate (mentre le restanti due – tribunale di Sulmona – vengono dichiarate inammissibili). La società G., esecutata opponente, proponeva con due distinti ricorsi, ciascuno per un'annualità di imposta non versata all'Ente impositore, opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., avverso i pignoramenti presso terzi avviati, ex art. 72-bis del d.P.R. n. 602/1973, da Equitalia Nord spa, per i crediti relativi all'imposta comunale sugli immobili (ICI). Impugnati sia gli avvisi di accertamento, sia le successive cartelle di pagamento, la società domandava ed otteneva la sospensione dell'esecuzione degli atti impugnati, a seguito della quale Equitalia sospendeva in autotutela, «sino a nuova comunicazione», i pignoramenti. In entrambi i giudizi di opposizione all'esecuzione la società deduceva l'avvenuta violazione dell'art. 7 d.l. n. 70/2011, conv. in l. n. 106/2011, che ha introdotto la sospensione ex lege degli atti esecutivi esattoriali per la durata di 120 giorni. In violazione di tale disposizione Equitalia aveva avviato l'esecuzione prima che fosse decorso il detto termine dalla proposizione del ricorso, corredato dell'istanza cautelare, contro la cartella di pagamento, e comunque, prima che fosse intervenuta la decisione del giudice tributario su tale istanza. Il vizio dedotto non era spendibile innanzi al giudice tributario e non poteva neanche esser fatto valere innanzi al G.E. per la preclusione stabilita dall'art. 57, lett. a) d.P.R.n. 602/73. La circostanza, che di fatto comportava una tutela solamente ex post di natura risarcitoria, palesava il contrasto secondo il giudice rimettente con gli artt. 24 e 113 Cost., impedendo in modo indiscriminato ed ingiustificato ogni difesa contro tutti gli atti dell'esecuzione. La Corte costituzionale, nel ritenere ammissibile, rilevante e fondata la questione, ha sottolineato come «Viene così tracciata una linea di demarcazione della giurisdizione, posta dalla cartella di pagamento e dall'eventuale successivo avviso recante l'intimazione ad adempiere: fino a questo limite la cognizione degli atti dell'amministrazione, espressione del potere di imposizione fiscale, è devoluta alla giurisdizione del giudice tributario; a valle, la giurisdizione spetta al giudice ordinario e segnatamente al giudice dell'esecuzione. È questo un criterio di riparto della giurisdizione; ma la sommatoria della tutela innanzi al giudice tributario e di quella innanzi al giudice (ordinario) dell'esecuzione deve realizzare per il contribuente una garanzia giurisdizionale a tutto tondo: in ogni caso deve esserci una risposta di giustizia perché siano rispettati gli artt. 24 e 113 Cost.». La questione
La questione in esame è la seguente: una volta accertato che l'opposizione all'esecuzione avverso pignoramento esattoriale ex art. 72-bis d.P.R. n. 602/73, per problematiche inerenti debiti di natura tributaria e successive alla notifica della cartella o del preavviso ex art. 50 d.P.R. n. 602/73, non è proponibile avanti al giudice tributario, è costituzionalmente legittima la preclusione dell'art. 57, lett. a) d.P.R. n. 602/73 laddove l'unica tutela riconosciuta al privato consisterebbe allora nella possibilità di richiedere un rimborso o il risarcimento del danno? Le soluzioni giuridiche
Nell'esaminare la sentenza della Corte costituzionale è necessario inizialmente mettere in evidenza la differenza che si pone fra i motivi di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. e i motivi di opposizione all'esecuzione, ex art. 615 c.p.c.. I confini relativi ai primi sono stati chiaramente delineati tanto dall'art. 57, lett. b), d.P.R.n. 602/73, quanto dalla stessa Corte cost.n. 114/2018, con la conseguenza che tutti i motivi di opposizione agli atti esecutivi che attengono alla notifica del titolo esecutivo e del precetto devono essere conosciuti unicamente dal giudice tributario, rimanendo di competenza del G.E. tutti gli altri residuali motivi che riguardano vizi formali (si veda Corte cost. in commento, laddove specifica che le opposizioni agli atti esecutivi relative alla regolarità formale degli atti della procedura di riscossione sono tutte ammesse con la sola eccezione delle opposizioni che riguardano la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo, per le quali, comunque, non c'è un vuoto di tutela, in quanto queste ultime sono attratte alla giurisdizione del giudice tributario – e ciò anche alla luce di quanto stabilito dalle Sezioni Unite Cass. civ., n. 13913/2017 e Cass. civ., n. 13916/2017) Per quanto viceversa attiene ai motivi di opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. è necessario distinguere fra: a) le cause estintive o modificative della pretesa tributaria che sono sorte prima – ovvero in costanza – della notifica della cartella o dell'avviso di intimazione ex art. 50 d.P.R. n. 602/73, per i quali gli artt. 2 e 19 d.lgs. n. 546/1992 stabiliscono la competenza del giudice tributario ed un termine perentorio (di 60 giorni) per l'impugnazione dell'atto (cartella o avviso di intimazione) avanti la CTP; b) le cause estintive o modificative sorte dopo il termine indicato, per le quali la Corte costituzionale stabilisce la competenza del giudice dell'esecuzione. La delineata demarcazione temporale risponde alla intuitiva finalità di ovviare agli eventuali intenti elusivi del termine perentorio previsto dall'art. 21 d.lgs.n. 546/92, consentendo quindi il ricorso al G.E. unicamente per le cause estintive e modificative del credito tributario sorte successivamente alla notifica della cartella e dell'eventuale avviso di intimazione. La chiara ratio della dichiarata incostituzionalità dell'art. 57 lett. a) d.P.R. n. 602/73 è costituita quindi dalla rintracciata violazione degli artt. 24 e 113 Cost. laddove, non riconoscendo se non una tutela successiva e meramente recuperatoria delle ragioni del contribuente, viola il diritto di difesa “a tutto tondo”, fortemente affermato dalla Corte costituzionale. Osservazioni
Nel caso di proposizione del ricorso avanti il G.E., quest'ultimo di fronte alla formulazione di motivi ex art. 617 c.p.c. attinenti alla notifica del titolo o del precetto, dichiarerà quindi il proprio difetto di giurisdizione, senza assegnare un termine per la riassunzione avanti il giudice tributario competente, trattandosi nella specie di effettiva translatio judicii per la quale la legge stessa stabilisce un termine di riassunzione ad hoc (art. 59, l. n. 69/2009). Tale soluzione è valida anche per il caso di opposizione all'esecuzione per fatti estintivi/modificativi della pretesa tributaria antecedenti la notifica della cartella o dell'avviso ex art. 50 d.P.R. n. 602/73, in quanto per tali casi il G.E. non ha giurisdizione (artt. 2 e 19 d.lgs. n. 546/92) cosicché pur andando incontro il ricorrente ad una pronuncia di inammissibilità per inutile decorso del termine perentorio ex art. 21 d.lgs. n. 546/92, la relativa decisione è appannaggio esclusivo del G.T. e non del G.E., il quale dovrà pertanto limitarsi a dichiarare il proprio difetto di giurisdizione in parte qua (in relazione a tali casi varrebbero le medesime considerazioni in punto di non necessità di assegnazione di un termine per la riassunzione). La sentenza della Corte costituzionale, nell'affermare l'illegittimità costituzionale del cit. art. 57, nella parte in cui esclude la tutela per i motivi di opposizione all'esecuzione “a valle” della cartella e dell'avviso ex art. 50, riconosce la giurisdizione del giudice ordinario e quindi il potere al giudice della cautela di sospendere l'esecuzione e al giudice della cognizione nel successivo giudizio di merito, il potere di decidere se il diritto di agire esecutivamente da parte dell'agente della riscossione sussista o meno. Tuttavia fra le cause estintive o modificative della pretesa tributaria si possono annoverare, a titolo meramente esemplificativo, l'ipotesi analizzata dalla Corte cost. (violazione dell'art. 7, comma 1, lett. m), d.l.n. 70/2011, conv. con modif. in l. n.106/2011), ma altresì le ipotesi di intervenuto pagamento, di annullamento da parte della CTP, di rateizzazione, di compensazione con un credito restitutorio, di prescrizione. Analizzando la casistica così enucleata, è allora necessario operare un'ulteriore distinzionefra: a) le questioni che il GE può esaminare attraverso un mero apprezzamento oggettivo della ricorrenza dei presupposti della causa estintiva ovvero modificativa del credito tributario; b) quei diversi casi che richiedono da parte del giudice un apprezzamento, di fatto valutativo in materia tributaria. Il problema nasce fondamentalmente per questi ultimi in ragione del riparto di giurisdizione, costituzionalmente garantito, tra giudice ordinario e giudice tributario (art. 103 Cost.); il G.E. nel valutare le opposizioni ex art. 615 c.p.c. per circostanze verificatesi successivamente alla notifica della cartella e dell'avviso di intimazione, si troverà ad accertare la ricorrenza oggettiva delle cause estintive o modificative che non richiedono un apprezzamento in materia tributaria (ad es. prescrizione maturata post cartella o post avviso ex art. 50, annullamento avanti la CTP, decorso del termine ex art. 7, comma 1, lett. m), d.l. n. 70/2011), ma altresì la sussistenza delle cause estintive o modificative “valutative”. Il G.E. pertanto, dichiarato competente dalla sentenza in commento per i casi di opposizione ex art. 615 c.p.c. per motivi “a valle”, ossia successivi alla notifica della cartella e dell'avviso ex art. 50d.P.R. n. 602/73, valuterà il fumus di fondatezza degli stessi e deciderà con ordinanza sulla sospensione, assegnando un termine perentorio per la riassunzione del giudizio di merito. Ciò nonostante, non può non evidenziarsi come tale giudizio, pur avendo ad oggetto la decisione sulla legittimità dell'azione esecutiva intrapresa, involgerebbe necessariamente valutazioni sulla sussistenza, consistenza e legittimità della pretesa tributaria sottesa alla fattispecie estintiva o modificativa del credito e la sentenza del G.E. che conclude la fase di merito e che ha, pertanto, attitudine al giudicato, potrebbe porsi in contrasto con la riserva di giurisdizione univocamente stabilita dall'art. 103 Cost..
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