Mobbing: il giudice deve valutare ogni singolo comportamento vessatorio

La Redazione
28 Giugno 2018

In tema di mobbing il giudice del merito è tenuto a valutare se i comportamenti denunciati, pur non accomunati dal medesimo fine persecutorio, possano essere considerati vessatori e mortificanti per il lavoratore e, come tali, ascrivibili a responsabilità del datore di lavoro.

Il caso. La Corte di cassazione decide sul ricorso presentato dal lavoratore dopo che il Tribunale di primo grado e la Corte d'appello avevano respinto la domanda di risarcimento del danno cagionato dall'adozione di alcuni comportamenti vessatori da parte del datore di lavoro, considerando tali comportamenti come dei semplici momenti di confronto e tensione tra datore e lavoratore.

La valutazione dei comportamenti mortificanti per il lavoratore. La Corte di cassazione ha affermato che nell'ipotesi in cui il lavoratore chieda il risarcimento del danno patito alla propria integrità psico-fisica in conseguenza di una pluralità di comportamenti del datore di lavoro e dei colleghi di lavoro di natura asseritamente vessatoria, il giudice del merito, pur nella accertata insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare tutti gli episodi addotti dall'interessato e quindi della configurabilità di una condotta di mobbing, è tenuto a valutare se alcuni dei comportamenti denunciati – esaminati singolarmente, ma sempre in sequenza causale – pur non essendo accomunati dal medesimo fine persecutorio, possano essere considerati vessatori e mortificanti per il lavoratore e, come tali, siano ascrivibili a responsabilità del datore di lavoro, che possa esserne chiamato a risponderne, nei limiti dei danni a lui imputabili.

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