La responsabilità degli amministratori non esecutivi di società di diritto comune e di società bancarie

Antonio Franchi
29 Giugno 2018

Per quanto specificatamente attiene ai consiglieri non esecutivi di società bancaria, l'art. 53, lett. b) e d) T.U.B., prevede che la Banca d'Italia emani disposizioni di carattere generale aventi ad oggetto, tra l'altro, il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni e il governo societario, l'organizzazione amministrativa e contabile, nonchè i controlli interni e i sistemi di remunerazione e di incentivazione. Le disposizioni attuative sono state quindi dettate con le Istruzioni di vigilanza per le banche, mediante la circolare 21 aprile 1999 n. 229, e le successive modificazioni e integrazioni, le quali sanciscono doveri di particolare pregnanza in capo all'intero consiglio di amministrazione di azienda bancaria (e quindi anche dei consiglieri non esecutivi), che si incentrano, per l'intero organo collegiale, proprio in quel compito di monitoraggio e valutazione della struttura operativa.
Massima

Il dovere di agire informati dei consiglieri non esecutivi delle società bancarie, sancito dall'art. 2381 c.c., commi 3 e 6 e art. 2392 c.c., non va rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dai rapporti degli amministratori delegati, giacchè anche i primi devono possedere ed esprimere costante e adeguata conoscenza del business bancario e, essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall'intero consiglio, hanno l'obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi di tutte le aree della banca e di attivarsi in modo da poter efficacemente esercitare una funzione di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi, non solo in vista della valutazione delle relazioni degli amministratori delegati, ma anche ai fini dell'esercizio dei poteri, spettanti al consiglio di amministrazione, di direttiva o avocazione concernenti operazioni rientranti nella delega.

Questa interpretazione non vale ad accollare una responsabilità oggettiva agli amministratori non esecutivi, essendo gli stessi perseguibili ove ricorrano comunque sia la condotta d'inerzia, sia il fatto pregiudizievole antidoveroso, sia il nesso causale tra i medesimi, sia, appunto, la colpa, consistente nel non aver rilevato colposamente i segnali dell'altrui illecita gestione, pur percepibili con la diligenza della carica (anche indipendentemente dalle informazioni doverose ex art. 2381 c.c.), e nel non essersi utilmente attivati al fine di evitare l'evento. Sotto il profilo probatorio, ciò comporta che spetta al soggetto il quale afferma la responsabilità allegare e provare, a fronte dell'inerzia dei consiglieri non delegati, l'esistenza di segnali d'allarme (anche impliciti nelle anomale condotte gestorie) che avrebbero dovuto indurli ad esigere un supplemento di informazioni o ad attivarsi in altro modo; assolto tale onere è, per contro, onere degli amministratori provare di avere tenuto la condotta attiva dovuta o la causa esterna, che abbia reso non percepibili quei segnali o impossibile qualsiasi condotta attiva mirante a scongiurare il danno.

Per quanto specificatamente attiene ai consiglieri non esecutivi di società bancaria, l'art. 53, lett. b) e d) T.U.B., prevede che la Banca d'Italia emani disposizioni di carattere generale aventi ad oggetto, tra l'altro, il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni e il governo societario, l'organizzazione amministrativa e contabile, nonchè i controlli interni e i sistemi di remunerazione e di incentivazione. Le disposizioni attuative sono state quindi dettate con le Istruzioni di vigilanza per le banche, mediante la circolare 21 aprile 1999 n. 229, e le successive modificazioni e integrazioni, le quali sanciscono doveri di particolare pregnanza in capo all'intero consiglio di amministrazione di azienda bancaria (e quindi anche dei consiglieri non esecutivi), che si incentrano, per l'intero organo collegiale, proprio in quel compito di monitoraggio e valutazione della struttura operativa.

Il caso

Un ex consigliere di una società creditizia proponeva ricorso ai sensi dell'art. 145 D. Lgs. n. 385/1993 avverso il provvedimento mediante il quale Banca d'Italia aveva contestato all'ex amministratore carenze nell'organizzazione e nei controlli di tale società creditizia (con particolare riferimento al processo del credito) ed aveva irrogato nei confronti dello stesso ex amministratore una conseguente sanzione amministrativa.

La Corte d'Appello di Roma adita negava rilievo, in particolare, alla deduzione del ricorrente di aver rivestito il ruolo di consigliere privo di deleghe, poiché ciò non ne avrebbe comunque escluso l'obbligo di vigilanza. Dunque, l'ex consigliere proponeva ricorso per la cassazione di tale sentenza, eccependo l'errore della Corte d'Appello nell'aver ritenuto la sussistenza, in capo all'ex consigliere di “un autonomo dovere di controllo” ovvero di un “obbligo di vigilare sulla corretta gestione della società”.

Le questioni

La responsabilità degli amministratori non esecutivi di società di capitali di diritto comune

L'art. 2392, comma 2 c.c., nel testo precedente alla riforma del 2003, prevedeva che “gli amministratori sono solidalmente responsabili se non hanno vigilato sul generale andamento della gestione o se, essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose”.

Tale norma, dunque, poneva a carico degli amministratori l'obbligo di attivarsi allo scopo di esercitare un controllo effettivo sull'operato degli altri, senza che l'affidamento di specifici compiti ad alcuni amministratori escludesse la responsabilità dei deleganti; con la conseguenza che il consigliere chiamato a rispondere come coobbligato per omissione di vigilanza non poteva sottrarsi alla responsabilità adducendo che le operazioni illegittime fossero state compiute autonomamente da un altro soggetto.

L'art. 2392, comma 2 c.c. vigente, invece, non prevede più un generale obbligo di vigilanza a carico del singolo amministratore, stabilendo che “in ogni caso gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma terzo dell'art. 2381, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose”

Dunque, con la riforma, in luogo dell'obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione, sono stati previsti specifici obblighi di valutazione circa l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, sulla base delle informazioni ricevute; di esame di piani strategici, industriali e finanziari della società, quando elaborati; di valutazione del generale andamento della gestione, sulla base della relazione degli organi delegati (si veda l'art. 2381, comma 3 c.c.).

Né, poi, può tacersi del generale dovere di tutti gli amministratori di “agire in modo informato”, inserito con la riforma nel sesto comma dello stesso art. 2381 c.c., al quale deve necessariamente intendersi esteso il rinvio disposto dall'art. 2392 c.c.

Pertanto, nel sistema attuale, la responsabilità degli amministratori privi di deleghe non può discendere da una generica condotta di omessa vigilanza, cosicché si assista ad una trasformazione in una sostanziale responsabilità oggettiva, ma essa deve riconnettersi alla violazione del dovere di agire informati, sia sulla base delle informazioni che a tali amministratori devono essere fornite, sia sulla base di quelle che essi possono (devono) acquisire di propria iniziativa (si veda Cass. Civ., 31 agosto 2016, n. 17441, in questo portale, con nota di Cengia-Mascia, La responsabilità degli amministratori non esecutivi di s.p.a. tra potere e dovere di informazione; Trib. Milano, 31 ottobre 2016, in Soc., 2017, 7, 881; G. Terranova, La responsabilità degli amministratori di s.p.a. nei confronti della società (art. 2392 c.c.), in La responsabilità degli amministratori nelle società di capitali, a cura di C. Marchetti, Torino, 2015, 18 ss.; F. Bonelli, Presidente del consiglio di amministrazione di S.p.A.: poteri e responsabilità, in Giur. Comm., 2013, II, 215 ss.).

In altri termini, gli amministratori non esecutivi rispondono delle conseguenze dannose dei fatti pregiudizievoli compiuti dagli amministratori delegati qualora siano rimasti inerti dopo aver acquisito conoscenza, sulla base della relazione degli organi delegati, di fatti che avrebbero richiesto il loro intervento, ovvero non si siano attivati per ottenere le informazioni necessarie ad agire informati laddove sussistessero elementi di allerta che richiedessero un supplemento di informazione; sicché la facoltà di chiedere agli organi delegati che siano fornite informazioni relativamente alla gestione della società viene a costituire un obbligo positivo di condotta degli amministratori non esecutivi in presenza di specifici indicatori che impongano agli amministratori di acquisire ulteriori informazioni, in applicazione dei criteri di diligenza richiesti dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze. Naturalmente, nel caso in cui emergano profili di responsabilità o comunque circostanze pregiudizievoli, non è sufficiente il solo adempimento dell'obbligo di “agire in modo informato” acquisendo ulteriori informazioni, ma occorre che gli amministratori (non esecutivi) si attivino per scongiurare l'insorgere del danno (si veda la sentenza in commento; Cass. Civ., 31 agosto 2016, n. 17441, cit.; Cass civ., 9 novembre 2015, n. 22848, in questo portale, con nota di Caruso, Responsabilità degli amministratori privi di deleghe; O. Cagnasso e F. Riganti, Responsabilità degli amministratori deleganti – l'obbligo di agire in modo informato a carico degli amministratori deleganti, in Giur. It., 2017, 2, 386; P. Montalenti e F. Riganti, La responsabilità degli amministratori di società per azioni, in Giur. comm., 2017, 5, 775; P. Piazza, La Cassazione torna sulla responsabilità degli amministratori senza deleghe: problemi risolti e questioni ancora aperte, in Giur. Comm., 2017, 5, 842).

La responsabilità degli amministratori non esecutivi di società bancarie

La sentenza in commento, allineandosi con la posizione assunta dalla giurisprudenza di legittimità sul punto (si veda Cass. Civ., 5 agosto 2016, n. 16587; Cass Civ., 9 novembre 2015, n. 22848, cit.; Cass. Civ., 5 febbraio 2013, n. 2737) individua un sistema caratterizzato da un aggravamento dei doveri e dei poteri (e, dunque, delle correlate responsabilità) degli amministratori non esecutivi di società bancarie, in funzione delle prescrizioni contenute nella normativa secondaria di settore. In effetti, in base a tale normativa i consiglieri non esecutivi “sono compartecipi delle decisioni assunte dall'intero consiglio e chiamati a svolgere un'importante funzione dialettica e di monitoraggio sulle scelte compiute dagli esponenti esecutivi. L'autorevolezza e la professionalità dei consiglieri non esecutivi devono essere adeguate all'efficace esercizio di queste funzioni, determinanti per la sana e prudente gestione della banca: è quindi fondamentale che anche la compagine dei consiglieri non esecutivi possegga ed esprima adeguata conoscenza del business bancario, delle dinamiche del sistema economico-finanziario, della regolamentazione bancaria e finanziaria e, soprattutto delle metodologie di gestione e controllo dei rischi. Si tratta di conoscenze essenziali per l'efficace svolgimento dei compiti loro richiesti” (si veda la Parte Prima, Titolo IV, Capitolo 1, Sezione IV delle Disposizioni di Vigilanza per le Banche emanate da Banca d'Italia con la Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, inserita con l'aggiornamento del 6 maggio 2014).

Dunque, nella sentenza in commento viene sottolineato che il dovere di agire informati dei consiglieri non esecutivi non deve essere rimesso alle segnalazioni degli amministratori delegati, poiché i primi devono possedere una costante e adeguata conoscenza del business bancario e devono esercitare una continua funzione di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi, sia in vista della valutazione delle relazioni degli amministratori, sia ai fini dell'esercizio dei poteri, spettanti al plenum del consiglio di amministrazione, di direttiva o avocazione concernenti operazioni rientranti nella delega.

Ricostruzione questa che - seppure individuata dagli stessi giudici di legittimità come insuscettibile di accollare una responsabilità oggettiva agli amministratori non esecutivi, essendo questi perseguibili ove ricorra una condotta d'inerzia ed il nesso causale tra questa e il fatto pregiudizievole - appare certamente realizzare un significativo innalzamento del canone di diligenza specifica e una correlativa dilatazione della responsabilità dei deleganti (sul punto, si veda P. Montalenti e F. Riganti, La responsabilità degli amministratori di società per azioni, cit.; O. Cagnasso e F. Riganti, Responsabilità degli amministratori deleganti – l'obbligo di agire in modo informato a carico degli amministratori deleganti, cit.).

Osservazioni

La sentenza in esame chiarisce che gli amministratori non esecutivi di società bancarie ottemperano al proprio dovere di agire in modo informato con modalità più rigorose rispetto a quanto prescritto dal codice civile, giacché essi, essendo destinatari di un compito di vigilanza maggiormente ampio e incisivo sull'agire dei delegati, sono tenuti a (com)partecipare attivamente alla gestione dell'ente creditizio, procurandosi i dati informativi necessari al corretto adempimento del loro incarico, “quali quelli che derivano dal fruire delle specifiche procedure organizzative e degli uffici interni, la cui opera è appunto al servizio di una migliore circolazione dei flussi informativi” (A. Minto, La speciale natura dell'incarico amministrativo in banca tra limitazioni alla discrezionalità organizzativa e vincoli sull'agire in modo informato, in Giur. Comm., 2015, 1, 27 ss.).

Conclusioni

Se, in funzione della rilevanza pubblicistica dell'impresa bancaria, deve ritenersi condivisibile che gli amministratori non esecutivi di società bancarie siano assoggettati ad oneri informativi e di supervisione più rigorosi rispetto a quelli applicati con riguardo alle società di diritto comune, non pare inutile sottolineare che occorre che tale maggior rigore sia adeguatamente soppesato di volta in volta, in maniera tale da non uniformare la responsabilità dei deleganti a quella dei delegati o rendere tale responsabilità “senza colpa” alla stregua della cd. responsabilità oggettiva.

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