Escluse dal voto sulla proposta di concordato fallimentare le società correlate alla proponente
29 Giugno 2018
Sono escluse dal voto sulla proposta di concordato fallimentare e dal calcolo delle maggioranze le società che controllano la società proponente o sono da essa controllate o sono sottoposte a comune controllo. È il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite della Cassazione, nella sentenza n. 17186 del 28 giugno. Il caso. Due società proponevano un concordato fallimentare, a chiusura del fallimento di una s.p.a., che veniva approvato a maggioranza con il voto favorevole di due società che facevano parte del medesimo gruppo societario delle proponenti. Alcuni creditori si opponevano all'omologazione, ritenendo che la proposta fosse stata approvata da una maggioranza illegittima, alla luce della partecipazione al voto di due società in conflitto di interessi. La Corte d'appello negava, però, che nel concordato fallimentare fosse ravvisabile un conflitto di interessi. La vicenda giungeva in Cassazione e, con ordinanza n. 9411/2017 (su cui si veda la news, in questo portale), la Prima Sezione disponeva la rimessione al Primo Presidente per l'assegnazione alle Sezioni Unite. Il conflitto di interessi nel concordato fallimentare. Questione preliminare che viene esaminata dalle S.U. è se in materia di concordato fallimentare possa configurarsi un conflitto di interessi: prima di esaminare l'ipotesi dell'eventuale esclusione dal voto delle società correlate alla proponente, la Cassazione esamina quella in cui lo stesso proponente sia anche creditore. La proposta di concordato da parte di un creditore. Mentre in tema di voto dell'assemblea di società di capitali vengono dettate norme di carattere generale sul conflitto di interessi (art. 2373 c.c. per le s.p.a. e art. 2479-ter c.c. per le s.r.l.), in tema di voto nel concordato fallimentare l'art. 127, commi 5 e 6, l. fall. prevede solo alcune ipotesi specifiche di conflitto di interessi. Ma, contrariamente a quanto affermato dal giudice di merito, ciò non esclude che possano rilevare ipotesi di conflitto di interessi non espressamente positivizzate dal legislatore. L'esigenza di neutralizzare conflitti di interesse, secondo le S.U., è imposta dal fondamentale principio di autonomia privata, in cui anche il concordato fallimentare si iscrive, visti i suoi profili privatistici. È innegabile che tra il soggetto che formuli una proposta concordataria e i creditori che devono votarla vi sia “un contrasto di interessi di carattere immanente, coessenziale alle loro stesse qualità”. Appare, quindi, difficile sostenere che il silenzio del legislatore sul punto sia da intende come una implicita ammissione del voto del creditore proponente: è, piuttosto, da preferire un'interpretazione estensiva della norma di cui all'art. 127, comma 6, l. fall., che ne consenta l'applicazione non solo alle ipotesi di conflitto di interessi ivi menzionate, ma anche a tutte le ipotesi di esclusione dal voto per conflitto di interessi. Conflitto di interessi anche per le società correlate alla proponente. Se questa è la regola generale, allora può trovare applicazione anche alle società che fanno parte del medesimo gruppo della proponente, alle società controllate o correlate, per la considerazione che “la loro volontà (voto) è efficacemente condizionata o condizionabile dai soggetti che direttamente versano in situazione di conflitto”. |