Il valore probatorio della mail

Caterina Costabile
04 Luglio 2018

La questione esaminata dalla Cassazione nella pronuncia in commento afferisce al valore probatorio della mail priva di firma elettronica.
Massima

In tema di efficacia probatoria dei documenti informatici, il messaggio di posta elettronica (cd. e-mail) costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime.

Il caso

La società Alfa otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti della società Beta per il pagamento di strumentazioni di navi da diporto ordinate da quest'ultima. Il tribunale, preso atto dell'avvenuto pagamento in corso di causa di una parte della somma oggetto dell'ingiunzione, revocava il decreto ingiuntivo e condannava la società Beta al pagamento dell'importo residuo.

La Corte d'appello riteneva che il credito azionato, e quindi il rapporto commerciale intercorso fra le parti, erano stati provati dallo scambio di mail in cui veniva proposto un piano di rientro per i crediti scaduti accettato dalla società Beta. La documentazione acquisita, ad avviso dei giudici di secondo grado, rendeva superflue le ulteriori deduzioni istruttorie per prova testimoniale della debitrice opponente a decreto ingiuntivo.

La società Beta proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza di secondo deducendo, tra l'altro, l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.).

La questione

La questione esaminata dalla Cassazione afferisce al valore probatorio della e-mail priva di firma elettronica.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, con la pronuncia in esame ha ritenuto che la e-mail, seppur priva di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche, ovvero fra le rappresentazioni meccaniche indicate, con elencazione non tassativa, dall'art. 2712 c.c. e dunque forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime.

Osservazioni

L'art. 1, comma 1, lett. p) del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 1, comma 1, lett. p), (Codice dell'amministrazione digitale) definisce il documento informatico come «la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti». L'e-mail, pertanto, nel momento in cui rappresenti al suo interno atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti, deve essere qualificata documento informatico: la norma, infatti, nulla più che questo richiede al fine di ritenere esistente un documento informatico.

La giurisprudenza di merito maggioritaria espressasi sul tema aveva già evidenziato che la semplice mail non costituisce documento informatico sottoscritto con firma elettronica, seppure leggera, poiché non sussiste alcun collegamento logico tra l'immissione di userid e password nella fase iniziale di accesso al server e gli altri dati elettronici che costituiscono il messaggio mail (Trib. Roma, 27 maggio 2010). L'accesso ad un servizio di posta elettronica richiede, difatti, l'inserimento di userid e password da parte dell'utente, ma tale procedura è finalizzata esclusivamente ad escludere terzi dall'utilizzo del servizio senza comportare alcuna attestazione circa l'identità dell'autore del documento informatico.

La fattispecie veniva, conseguentemente, ricondotta alla previsione normativa dell'art. 2712 c.c. che regola le riproduzioni meccaniche di fatti o cose, poiché la stampa di una pagina web altro non è che una riproduzione di un documento informatico (Trib. Torino, 23 dicembre 2016; Trib. Milano, sez. spec. imp., 4 novembre 2015, n. 12287; Trib. Foggia, 27 novembre 2014).

Va all'uopo sottolineato che l'art. 20 CAD (ai sensi del quale l'idoneità del documento informatico privo di firma a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio «sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità») concerne il documento informatico originario, quale rappresentazione primigenia di un certo contenuto: invero, l'originale della e-mail può dirsi essere solo quella sequenza di bit transitata in un certo momento dal terminale del mittente, poi attraverso la rete e il provider, fino al terminale del ricevente. Quanto conservato nei terminali e prodotto in giudizio non è, invece, che una copia, una riproduzione informatica dell'“originalissimo”, assennatamente riconducibile all'art. 2712 c.c., quale norma di chiusura.

Non pare tuttavia inopportuno ricordare che in una recente pronuncia di merito (Trib. Milano, 18 ottobre 2016, n. 11402) l'e-mail è stata, invece, qualificata come documento informatico munito di firma elettronica semplice (anziché privo di sottoscrizione come nella sentenza della Suprema Corte in commento), equiparato al documento redatto in forma scritta ai sensi dell'art. 21 CAD e liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità.

Com'è noto, l'efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche è subordinata al mancato disconoscimento, da parte di colui contro il quale esse vengono prodotte, della conformità delle stesse ai fatti ed alle cose rappresentate.

Il disconoscimento delle riproduzioni meccaniche pur non essendo soggetto ai limiti e alle modalità di cui all'art. 214 c.p.c., deve, tuttavia, essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendo concretizzarsi nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (Cass. civ., sez. lav., 17 maggio 2015, n. 3122; Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2013, n. 1033).

Il disconoscimento delle riproduzioni meccaniche non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall'art. 215, comma 2, c.p.c., perché mentre questo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l'utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all'originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass. civ., sez. lav., 17 febbraio 2015, n. 3122; Cass. civ., sez. lav., 6 settembre 2001, n. 11445). La riproduzione così disconosciuta perde dunque il suo valore probatorio pieno, ma conserva quello minore di semplice argomento di prova liberamente apprezzabile, idoneo da solo od unitamente ad altri elementi a fondare la decisione.

Va in ultimo evidenziato che la Suprema Corte ha recentemente statuito che l'art. 21 del d.lgs. n. 82/2005, nelle diverse formulazioni, ratione temporis vigenti, attribuisce l'efficacia prevista dall'art. 2702 c.c. solo al documento sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, mentre è liberamente valutabile dal giudice, ai sensi dell'art. 20d.lgs. n. 82/2005, l'idoneità di ogni diverso documento informatico (come l'e-mail tradizionale) a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità (Cass. civ., sez. lav., 8 marzo 2018, n. 5523).

Guida all'approfondimento
  • M. Nardelli, La valenza probatoria della e-mail priva di firma elettronica, in Ilprocessotelematico.it, 11 aprile 2018;
  • M. Scarpa, Riflessioni sull'e-mail come possibile prova scritta ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo, in Nuove Leggi Civ. Comm., 2011, 1 ss.;
  • C. Sgobbo, Il valore probatorio dell'email, in Corriere Merito, 2011, 8-9;
  • F. Testa, Valore probatorio e disconoscimento del messaggio di posta elettronica, in Ilprocessotelematico.it, 3 febbraio 2017.

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