“Riapertura” del fallimento: il parere delle Entrate sugli adempimenti ai fini IVA e IRES
04 Luglio 2018
Premessa
Il fallimento “riaperto” comporta la riviviscenza della posizione fiscale della procedura ma, nel caso in cui dopo la chiusura del fallimento il soggetto fallito si era anche estinto per avvenuta cancellazione dal registro delle imprese, non comporta la sussistenza di un “periodo pre-fallimentare”. Ciò non tanto per effetto della precedente “chiusura” del fallimento, quanto per effetto dell'estinzione fattuale e giuridica del fallito, da cui consegue che non “esistendo” alcun soggetto giuridico, non sarà nemmeno possibile che sussistano attività da questo svolte prima della riapertura del fallimento e quindi un “periodo pre-fallimentare” fiscalmente rilevante. Tale interpretazione si evince dalla risposta all'interpello n. 904-1212/2017 promosso dal curatore di un fallimento “riaperto”, ove l'Agenzia delle Entrate ha anche chiarito quale debba essere, nel caso di specie, il “periodo fallimentare” di riferimento per gli adempimenti dichiarativi ai fini IVA e IRES. Il caso sottoposto all'esame dell'Amministrazione Finanziaria mediante l'interpello n. 904-1212/2017 è il seguente: una società di capitali veniva dichiarata fallita nel 1993. In seguito alla ripartizione finale dell'attivo, il fallimento veniva poi chiuso a marzo del 2013 e, sempre nello stesso anno, la società veniva cancellata dal registro delle imprese. Alcuni anni dopo, a gennaio del 2017, il Tribunale disponeva la riapertura del fallimento a causa di una sopraggiunta somma da ripartire tra i creditori privilegiati. Così il curatore richiedeva tempestivamente all'Agenzia delle Entrate il ripristino della posizione fiscale del fallimento e l'Ufficio competente riscontrava la richiesta “riassegnando” al fallimento il medesimo codice fiscale/partita IVA che aveva in precedenza (dal punto di vista operativo, l'Ufficio annullava la precedente cessazione del codice fiscale). In relazione a tale procedura, la competente Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate comunicava altresì al curatore che la pretesa erariale insinuata illo tempore al passivo risultava soddisfatta (per avvenuta compensazione con un rimborso IVA) e pertanto non vi erano pretese erariali pendenti. La curatela, ritenendo sussistenti alcune incertezze sulle dichiarazioni da trasmettere ai fini IVA e IRES con riferimento al periodo compreso tra l'inizio del periodo d'imposta e la data di riapertura del fallimento (che nello specifico, era il periodo compreso tra il 1° gennaio 2017 e il 13 gennaio 2017), interpellava l'Agenzia delle Entrate, chiedendo se, a seguito della riapertura del fallimento e in relazione al periodo pre-fallimentare, avrebbe dovuto
In seno all'interpello, la curatela prospettava all'Amministrazione Finanziaria anche la propria soluzione interpretativa, secondo cui, considerato che la società si era estinta per cancellazione dal registro delle imprese (sia formalmente che sostanzialmente) già dal 2013, non poteva ritenersi sussistente, sia in fatto che in diritto, un periodo di attività pre-fallimentare.
Mancando quindi un soggetto capace di svolgere attività d'impresa, la curatela riteneva - di non dover procedere alla trasmissione delle dichiarazioni ai fini IVA (ex art. 8 D.P.R. n. 322/98) e ai fini IRES (ex art. 5 D.P.R. n. 322/98) inerenti l'attività svolta nel periodo pre-fallimentare, non essendo neppure necessario trasmetterle “a zero” in quanto, sia in fatto che in diritto, non sarebbe stata configurabile la sussistenza di un'attività d'impresa riferibile alla società fallita. Peraltro, la dichiarazione ex art. 8, comma 4, ultimo periodo, del D.P.R. n. 322/1998 (in precedenza prevista dall'art. 74-bis del D.P.R. n. 633/1972), ha l'unica finalità di consentire al competente Ufficio dell'Agenzia delle Entrate di procedere all'eventuale insinuazione al passivo della procedura concorsuale, insinuazione di cui lo scrivente Curatore aveva, in ogni caso, la certezza che non avrebbe avuto luogo in quanto la Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate aveva comunicato l'assenza di pretese erariali insoddisfatte; - di non dover redigere il bilancio previsto dall'art. 183, comma 1, T.U.I.R. in quanto non sussisteva alcuna attività d'impresa nel periodo pre-fallimentare riferibile alla società fallita; - di dover regolarmente evadere tutti gli adempimenti fiscali, inclusi quelli dichiarativi, inerenti il solo periodo fallimentare e cioè il periodo decorrente dalla dichiarazione di riapertura del fallimento (13/01/2017) alla data di chiusura dello stesso e in particolare
Convalidando quasi in toto la soluzione interpretativa dell'instante, l'Amministrazione Finanziaria ha confermato che, nel caso di specie, nel periodo compreso tra la data di chiusura del fallimento (marzo 2013) e la riapertura dello stesso (gennaio 2017), la società fallita era da ritenersi, sia in fatto che in diritto, inesistente. Pertanto, anche in riferimento al periodo compreso tra l'inizio del periodo d'imposta (01/01/2017) e la data di riapertura del fallimento (13/01/2017), nessun adempimento può essere richiesto a un soggetto giuridico che era illo tempore inesistente, sia in fatto che in diritto. Di conseguenza, nel caso di “riapertura” di un fallimento, la curatela ha l'onere di porre in essere solamente gli adempimenti fiscali (incluso quelli dichiarativi) relativi al periodo fallimentare; periodo da intendersi intercorrente tra la data di riapertura del fallimento e la (nuova) chiusura della procedura. Secondo l'Agenzia delle Entrate, nel caso esaminato, il curatore dovrà pertanto trasmettere, nei tempi ordinari,
In particolare, tale conclusione è l'unica interpretazione dell'Amministrazione Finanziaria che differisce dalla soluzione interpretativa dell'instante. Quest'ultimo, infatti, ipotizzava di dover considerare, ai fini della dichiarazione del risultato finale e solamente dal punto di vista temporale (dal punto di vista patrimoniale, il precedente periodo fallimentare era stato infatti chiuso per compiuta ripartizione dell'attivo), il periodo fallimentare complessivo, sommando il “nuovo” periodo fallimentare a quello precedente (che andava dal 1993 al 2013).
Infine, l'Agenzia delle Entrate sottolinea come nel caso di specie, ai sensi dell'art. 183, comma 2, T.U.I.R. (norma che prevede che il reddito d'impresa relativo al periodo compreso tra l'inizio e la chiusura del fallimento è dato dalla differenza tra il residuo attivo e il patrimonio netto esistente all'inizio del procedimento concorsuale, in base ai valori fiscalmente riconosciuti), il reddito imponibile sarà dato dalla differenza tra l'eventuale residuo attivo e l'ammontare della somma sopraggiunta. In conclusione
Da quanto precede, può trarsi la conclusione che, a parere dell'Agenzia delle Entrate, in caso di riapertura di fallimento (con caratteristiche uguali o similari alla superiore fattispecie):
Il quadro normativo
Il contesto normativo di riferimento è composto dalle norme in materia di adempimenti dichiarativi ai fini IVA e IRES in caso di fallimento del soggetto passivo d'imposta.
Nello specifico, ai fini IVA, sono rilevanti:
ai fini IRES, deve farsi invece riferimento
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