Ordinanza ingiuntiva

04 Luglio 2018

L'art. 186-ter c.p.c. consente al creditore o all'avente diritto di una cosa mobile di ottenere, nel corso del giudizio di primo grado e fino al momento della precisazione delle conclusioni, in presenza dei presupposti di cui all'art. 633, comma 1, n. 1 e comma 2, e di cui all'art. 634 c.p.c., un provvedimento per molti versi omologo ad un decreto ingiuntivo.
Inquadramento

L'art. 186-ter c.p.c. (che si applica ai giudizi pendenti alla data del 1° gennaio 1993), consente al creditore o all'avente diritto di una cosa mobile di ottenere, nel corso del giudizio di primo grado e fino al momento della precisazione delle conclusioni, in presenza dei presupposti di cui all'art. 633, comma 1, n. 1 e comma 2, e di cui all'art. 634 c.p.c., un provvedimento per molti versi omologo ad un decreto ingiuntivo. La norma si applica a tutti i giudizi di primo grado, mentre è discussa la possibilità che l'ordinanza de qua sia pronunciata nelle fasi di impugnazione. Oggetto dell'ingiunzione è il pagamento di una somma di denaro liquida ed esigibile o di una determinata quantità di cose fungibili, o ancora la consegna di una cosa mobile determinata. Il presupposto fondamentale è l'esistenza di una prova scritta, nel senso ampio in cui è inteso dall'art. 634 c.p.c. tanto che si afferma che, con la disposizione in esame, il legislatore ha inteso trapiantare nel giudizio ordinario di cognizione la disciplina del procedimento di ingiunzione ex artt. 633 c.p.c..

Premessa

Con la riforma del processo ordinario di cognizione (l. 26 novembre 1990, n. 353) il nostro sistema processuale si è arricchito di alcuni strumenti di tutela anticipatoria del credito.

Il legislatore, infatti, conservando inalterata la numerazione del codice, ha fatto seguire all'art. 186 c.p.c. (avente ad oggetto la "pronuncia dei provvedimenti" a carattere meramente ordinatorio), gli artt. 186-bis e 186-ter c.p.c., mediante i quali ha attribuito il potere di emanare – su istanza di parte e con la forma dell'ordinanza (e, dunque, solo a contraddittorio instaurato) – provvedimenti a carattere condannatorio volti, ad un tempo, ad ottenere un più sollecito soddisfacimento del diritto di credito vantato dall'attore e ad impedire eventuali condotte dilatorie del debitore.

L'intervento legislativo ricordato è stato ampliato e reso più incisivo con l'introduzione (v. art. 7 d.l. 21 giugno 1995, n. 238, poi reiterato nel d.l. 8 agosto 1995, n. 345 e infine nel d.l. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito in l. 20 dicembre 1995, n. 534) dell'art. 186-quater c.p.c. che prevede un'ordinanza da pronunciarsi dopo la chiusura dell'istruttoria e con la quale il giudice può disporre il pagamento ovvero la consegna o il rilascio di beni nei limiti in cui ritiene già raggiunta la prova.

Pertanto e con particolare riferimento all'art. 186-terc.p.c. può dirsi che lo stesso si colloca all'interno di un più ampio disegno legislativo che tende a fornire alle parti processuali un ampio ventaglio di rimedi processuali che garantiscano una celere tutela dei diritti in contesa.

Ambito di applicazione

L'ordinanza di ingiunzione ex art. 186-terc.p.c. può essere richiesta nei procedimenti di primo grado, siano essi di competenza del tribunale o del giudice di pace (infatti malgrado l'art. 186-ter c.p.c. non dica nulla in proposito, la dottrina è concorde nel ritenere applicabile la norma in esame anche nei procedimenti innanzi al giudice di pace), mentre è da escludere che possa trovare spazio in un giudizio di impugnazione. A fondamento di tale preclusione vi sono due dati: il primo è fornito dall'espresso richiamo nell'art. 186-terc.p.c. alla figura del giudice istruttore, non prevista nella fase di impugnazione, nonché dal dato letterale del primo comma dell'art. 186-terc.p.c. il quale espressamente sancisce che la parte può chiedere l'emissione dell'ordinanza in ogni stato del processo, e non anche in ogni grado (le considerazioni riportate nel testo sono state sviluppate in giurisprudenza da App. Bologna, ord., 15 maggio 2007); il secondo dato, invece, è rappresentato dal carattere anticipatorio dell'ordinanza de qua, visto che la funzione anticipatoria della tutela a cognizione piena non è assolutamente attuabile in secondo grado.

Dibattuta tra gli operatori giuridici è la possibilità di ammettere l'emissione di un'ordinanza ingiuntiva ex art. 186-ter c.p.c. nell'ambito dei riti speciali, modellati su quello del lavoro, quali ad esempio il rito locatizio. La dottrina prevalente, avallata dalla giurisprudenza di merito, è di opinione favorevole, attesa la non incompatibilità tra la stessa ordinanza ed i principi e la disciplina cui soggiacciono detti riti (Cirulli; cfr. Pret. Milano, 14 marzo 1996 e Trib. Modena, 17 gennaio 2007 n. 8750).

Più travagliato è stato il dibattito sulla possibilità di ottenere un'ordinanza di ingiunzione all'interno di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo. Infatti, una parte della giurisprudenza di merito (Trib. Bologna, 2 luglio 1996; Trib. Como, 17 aprile 1996; cfr. anche Trib. Padova, 3 ottobre 1996) tende a negarne l'ammissibilità a causa del possibile rischio di una duplicazione dei titoli esecutivi in mano al creditore procedente e richiedente l'ordinanza ex art. 186-terc.p.c.. Un altro orientamento giurisprudenziale (Pret. Verona, 22 gennaio 1998 e Trib. Taranto, 19 ottobre 1994) invece, è restio nel ritenere incondizionatamente inammissibile l'ordinanza ingiuntiva nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, tuttavia, con la precisazione che il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo può emettere un'ordinanza ex art.186-terc.p.c. (ovviamente in relazione al medesimo credito per il quale è stata ottenuta la condanna monitoria) solo dopo che si sia pronunciato sulle eventuali istanze di cui agli artt. 648 o 649 c.p.c. e purché, ovviamente, il decreto ingiuntivo opposto non sia già esecutivo ai sensi degli artt. 642 e 648 c.p.c.. Inoltre, per i sostenitori di tale tesi il rischio di duplicazione di titoli esecutivi in caso di estinzione del giudizio di opposizione sarebbe comunque facilmente superabile in sede di opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c..

In evidenza

Trib. Napoli, sez. II, 6 dicembre 2013

Qualora, nel corso di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, non risulti ammissibile la concessione dell'esecuzione provvisoria del decreto opposto di cui all'art. 648 c.p.c., il convenuto-opposto, sussistendo contestazione della parte opponente, potrà chiedere l'emanazione di un'ordinanza ingiuntiva in corso di causa ex art. 186-ter c.p.c. per un importo inferiore rispetto a quello oggetto di ingiunzione ante causam, dal momento che il rischio di duplicazione dei titoli esecutivi per il medesimo credito dipenderebbe da inerzia e negligenza del debitore e sarebbe comunque ovviabile in sede di esecuzione.

Infine, va rilevato che l'ordinanza ingiuntiva è ammessa anche nei giudizi innanzi al Tar. Infatti, l'art. 8, comma 2, della l. 21 luglio 2000, n. 205 ha previsto la possibilità di emettere un'ordinanza ingiuntiva anche nelle controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale e devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Tar Lazio, 10 dicembre 1998).

Oggetto e presupposti

L'ordinanza de qua trova il proprio paradigma normativo nel procedimento per ingiunzione, stante la comune natura anticipatoria nonché il richiamo a talune norme disciplinanti il procedimento per ingiunzione operato dall'art. 186-ter c.p.c.. Infatti la norma in esame al primo comma rinvia agli artt. 633 e 634 c.p.c. per individuare i presupposti in presenza dei quali può essere emanata un'ordinanza ingiuntiva. Pertanto, oggetto dell'ingiunzione di cui all'art. 186-ter c.p.c. può essere, giusta il rinvio all'art. 633 comma 1 n. 1 c.p.c., un credito di una somma di denaro liquida ed esigibile o di una quantità di cose fungibili oppure la consegna di una cosa determinata; per il richiamo al secondo comma dell'art. 633 c.p.c., il diritto in relazione al quale si propone l'istanza può essere subordinato ad una controprestazione o ad una condizione, ma in tal caso il creditore deve fornire almeno elementi indiziari atti a far presumere l'adempimento della controprestazione o l'avveramento della condizione.

Deve ritenersi che, se la domanda riguarda la consegna di una determinata quantità di cose fungibili, può trovare applicazione, l'art. 639 c.p.c. che obbliga l'istante a dichiarare la somma che è disposto ad accettare in mancanza delle prestazioni in natura, a definitiva liberazione dell'altra parte, salva comunque la possibilità, per il giudice che ritenga eccessiva la somma indicata, di disporre la produzione di un certificato della Camera di commercio attestante il prezzo di mercato delle cose richieste.

Occorre rilevare come l'art. 186-ter c.p.c. richiami solo in parte l'art. 633 c.p.c., ragion per cui si ritengono escluse le ipotesi di procedimento monitorio puro di cui agli artt. 633 n. 2, 635 e 636 c.p.c.. L'istanza per essere accolta deve essere assistita rispettivamente dai presupposti di cui agli artt. 633 comma 1 n. 1 e 634 c.p.c., essendo, quindi, necessario che essa sia assistita dalla prova scritta del credito nella sua più ampia accezione (per il quale si rinvia a V. Di Cristofano, Decreto ingiuntivo (procedimento per l'emanazione del), in www.ilProcessoCivile.it).

Da quanto detto emerge, quindi, una prima diversità rispetto al paradigma monitorio di cui agli artt. 633 ss. c.p.c., non essendo possibile ricorrere all'ordinanza ingiuntiva nei casi di cui agli artt. 635 (prova scritta per i crediti dello Stato o degli enti pubblici) e 638 c.p.c. (parcella delle spese e prestazioni eseguite da avvocati, notai e professionisti in genere), dato il mancato richiamo dei n. 2 e 3 del comma 1 dell'art. 633 c.p.c. (cfr. Corte cost., 4 dicembre 2000, n. 545).

L'istanza

L'ingiunzione è concessa su istanza di parte e, stante la genericità della norma, deve ritenersi che la legittimazione a proporre detta istanza spetti sia all'attore sia al convenuto. Dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere che, in assenza di apposita previsione legislativa, deve optarsi per la libertà di forma di detta istanza, che, pertanto, potrà essere avanzata sia con l'atto introduttivo (atto di citazione o comparsa di risposta con domanda riconvenzionale), sia verbalmente in udienza mediante dichiarazione a verbale e sia, infine, con apposita istanza scritta depositata in cancelleria fuori udienza. Tale ultima opzione, che non era prevista dall'art. 186-ter c.p.c. nella sua formulazione originaria, è stata resa possibile a seguito della novella di cui alla l. 28 dicembre 2005, n. 263 che ha aggiunto al primo comma della norma in esame un ulteriore periodo in cui è sancito che «Se l'istanza è proposta fuori dall'udienza il giudice dispone la comparizione delle parti ed assegna il termine per la notificazione».

L'art. 186-ter c.p.c. nulla dice sul momento iniziale a partire dal quale è possibile pronunciare l'ordinanza di ingiunzione, limitandosi a prevedere esplicitamente che il giudice può emanare detta ordinanza sino al «momento di precisazione delle conclusioni».

A tal riguardo, occorre considerare che il quinto comma dell'art. 186-ter c.p.c. prevede che, nel caso in cui la parte ingiunta sia rimasta contumace, dovrà procedersi alla notificazione dell'ordinanza ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 644 c.p.c.. Detta circostanza ha indotto gli interpreti a ritenere che il provvedimento in esame può essere emesso dal giudice solo dopo che lo stesso avrà verificato la regolare costituzione o meno della parte ingiunta (cfr. Trib. Bari 22 maggio 1993). Pertanto, si è ritenuto che il giudice possa emettere l'ordinanza de qua in tutto il lasso temporale intercorrente tra l'udienza di comparizione e trattazione della causa e l'udienza di precisazione delle conclusioni compresa.

È poi espressamente previsto nel comma 1 dell'art. 186-ter c.p.c., a differenza dell'art. 186-bis c.p.c., che l'istanza può essere proposta in ogni stato e grado del processo e, quindi, senza alcun dubbio anche durante l'interruzione o la sospensione dello stesso.

Competente a decidere sull'istanza ex art. 186-bis c.p.c. è, per espressa previsione normativa, il giudice istruttore.

Il provvedimento del giudice

Ricorrendo i presupposti previsti dalla norma, il giudice “deve” emettere l'ingiunzione di pagamento (a differenza di quanto accade per l'art. 186-bis c.p.c.). Il provvedimento di ingiunzione emanato in contraddittorio, assume la veste di ordinanza e deve essere succintamente motivato (art. 134 c.p.c.). Nel provvedimento, a differenza di quanto disposto dall'art. 641 commi 1 e 2 c.p.c., non deve essere assegnato un termine per l'adempimento e per la proposizione dell'opposizione (ciò è logica conseguenza del fatto che è già in corso l'ordinario giudizio di cognizione). È invece espressamente previsto, con il richiamo all'ultimo comma dell'art. 641 c.p.c., che l'ordinanza deve contenere la liquidazione delle spese e delle competenze di causa e l'ingiunzione del loro pagamento. Tale previsione ben può spiegarsi con l'astratta idoneità del provvedimento a costituire definitivo titolo per l'attuazione della pretesa se dopo l'emissione dell'ordinanza il giudizio si estingue. L'ordinanza è destinata ad essere assorbita dalla sentenza che definisce il giudizio a cognizione piena, sia essa di accoglimento ovvero di rigetto, anche in relazione alla operata liquidazione delle spese, salvo che non si verifichi l'estinzione del giudizio, perché in tal caso l'ordinanza è invece destinata a consolidarsi anche per quanto attiene alle spese.

Efficacia esecutiva

A differenza dell'art. 186-bis c.p.c. l'ordinanza di ingiunzione non ha efficacia esecutiva ex lege poiché la norma prevede che l'ordinanza di ingiunzione può essere «dichiarata provvisoriamente esecutiva ove ricorrano i presupposti di all'art. 642, nonché, ove la parte non sia rimasta contumace, quelli di cui all'art. 648, primo comma».

Da una lettura della norma in esame si evince che, nell'eventualità in cui la parte intimata sia rimasta contumace, la provvisoria esecutività della stessa ordinanza potrà essere dichiarata al semplice ricorrere dei presupposti indicati dall'art. 642 c.p.c. (se il credito è fondato su cambiali, assegno bancario o circolare, certificato di liquidazione di borsa o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale ovvero se il giudice ritiene che vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo).

Oggetto di dibattito è, invece, l'interpretazione del secondo comma dell'art. 186-ter c.p.c. che contempla l'ipotesi in cui la controparte sia regolarmente costituita in giudizio. Le diverse soluzioni interpretative ruotano tutte attorno al senso da attribuire alla congiunzione “nonché” e possono essere ricondotte essenzialmente a tre orientamenti: (i) un primo orientamento subordina la concessione della provvisoria esecutività dell'ordinanza ingiuntiva alla ricorrenza cumulativa dei requisiti previsti dagli artt. 642 e 648 c.p.c.; (ii) un secondo orientamento opta per l'alternatività dei requisiti richiesti dagli artt. 642 e 648 c.p.c. nel senso che il giudice può concedere la provvisoria esecuzione se ricorrono i requisiti previsti dall'art. 642 c.p.c. o, in alternativa, i requisiti di cui all'art. 648 c.p.c.; (iii) secondo una terza prospettazione, si ritiene che, ove la parte intimata sia costituita, il giudice, al fine di concedere la provvisoria esecutività dell'ordinanza, deve valutare solo la ricorrenza dei presupposti previsti dal primo comma dell'art. 648 c.p.c., mentre, dovrà procedersi alla verifica sulla sussistenza dei requisiti di cui all'art. 642 c.p.c. solo nei casi in cui la parte ingiunta sia rimasta contumace.

La giurisprudenza prevalente sembra propendere per la seconda interpretazione.

In ogni caso, per espressa previsione normativa, la provvisoria esecuzione non può essere mai disposta se la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta contro di lei o abbia proposto querela di falso contro l'atto pubblico.

L'ordinanza, pur se non ne sia già munita, acquista automaticamente efficacia esecutiva nel caso in cui l'ingiunto contumace non si costituisca in giudizio entro il termine di venti giorni dalla notifica dell'ingiunzione e, comunque, in ogni caso di estinzione del processo.

L'ultimo comma dell'art. 186-ter c.p.c. prevede che l'ordinanza dichiarata esecutiva costituisce, a differenza dell'art. 186-bis c.p.c., titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.

L'eventuale revoca dell'ordinanza consente la cancellazione dell'ipoteca giudiziale eventualmente iscritta senza che si debba attendere il passaggio in giudicato della sentenza che dichiari l'inesistenza del diritto azionato.

L'ordinanza nei confronti del contumace

Ai sensi del quinto comma dell'art. 186-ter c.p.c. se la parte contro cui è pronunciata l'ingiunzione è contumace (art. 290 c.p.c.), l'ordinanza deve essere notificata ai sensi e per gli effetti dell'art. 644 c.p.c. e, quindi, nel termine di sessanta giorni dalla pronuncia se la notifica deve avvenire nel territorio della Repubblica e di novanta giorni negli altri casi a pena di inefficacia. Per pronuncia si intende il momento in cui il provvedimento è depositato in cancelleria. Nel caso in cui l'ordinanza non sia stata notificata tempestivamente il debitore ingiunto potrà far ricorso al procedimento di cui all'art. 188 disp. att. c.p.c. per farne dichiarare l'inefficacia. Nel caso in cui, invece, l'ordinanza sia stata notificata tardivamente ma prima che l'intimato ne abbia fatto dichiarare l'inefficacia questi avrà l'onere di costituirsi nel termine di venti giorni, in mancanza l'inefficacia del decreto resta assorbita dalla cosa giudicata che si forma in merito al diritto del ricorrente. Poiché il quinto comma dell'art. 186-ter c.p.c. richiama l'art. 647 c.p.c nella sua interezza il giudice dovrà disporre la rinnovazione della notifica tutte le volte che risulti o appaia probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza dell'ordinanza. Inoltre si ritiene applicabile l'art. 650 c.p.c., per cui deve ammettersi una costituzione tardiva del debitore intimato quando provi di non aver avuto tempestiva conoscenza dell'ordinanza per irregolarità della notifica o per caso fortuito o forza maggiore.

Regime dell'ordinanza d'ingiunzione

La disciplina contenuta nell'art. 186-ter c.p.c. non prevede l'apertura di una fase autonoma di opposizione svincolata dal giudizio di merito pendente nel quale è stata emessa, né la sua definitività con gli effetti del giudicato in caso di omessa opposizione, prevedendo piuttosto che il processo debba proseguire regolarmente affinché la condanna provvisoria venga revocata, modificata o confermata dalla sentenza conclusiva, dalla quale è necessariamente destinata ad essere sostituita o assorbita (Cass. civ., Sez.Un., 24 gennaio 2017, n. 1820). Infatti, per espressa previsione del terzo comma dell'art. 186-ter c.p.c, l'ordinanza ingiuntiva è soggetta alla «disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177 e 178, primo comma».

Al fine di ottenere la revoca o la modifica dell'ordinanza di ingiunzione non è necessario che ricorrano particolari presupposti, essendo sufficiente che il giudice pervenga a tale decisione sulla base di una diversa valutazione dei presupposti, in fatto e in diritto, che lo hanno indotto in precedenza ad emetterla.

Dottrina e giurisprudenza (Cass. civ., Sez.Un., 17 maggio 2002, n. 7292) concordano nel ritenere l'ordinanza ex art. 186-ter c.p.c. non sia reclamabile né tantomeno impugnabile con ricorso straordinario in Cassazione ex art. 111 Cost., atteso che il potere del giudice di poterla revocare in ogni momento esclude che possa essere qualificata come provvedimento decisorio. Come ha puntualmente rilevato la Cassazione (Cass. civ., Sez.Un., 29 gennaio 2007, n. 1820), infatti, «gli eventuali vizi di tale ordinanza devono essere fatti valere nel giudizio di merito nel corso del quale viene adottata». Cosicché nell'ipotesi in cui il debitore ingiunto abbia già provveduto a corrispondere al creditore istante le somme oggetto dell'ordinanza di ingiunzione, il debitore potrà far valere le proprie pretese solo all'interno dello stesso procedimento (Cass. civ., sez. I, 4 giugno 2003, n. 8917). Invece nell'ipotesi in cui l'ordinanza sia divenuta esecutiva in seguito all'estinzione del processo la dottrina, ritiene ammissibile il ricorso ai mezzi straordinari di impugnazione.

Stante la natura ordinatoria dell'ordinanza di ingiunzione, confermata dall'espresso richiamo agli artt. 177 e 178 c.p.c., va rilevata l'inidoneità del provvedimento de quo a pregiudicare il merito della causa. Da ciò discende la possibilità che il giudice rigetti la domanda anticipatamente e sommariamente accolta con l'ordinanza di ingiunzione. Naturalmente, a seguito della sentenza di rigetto, l'ordinanza perderà immediatamente efficacia e tutti gli atti esecutivi precedentemente compiuti verranno caducati con conseguente insorgenza dell'obbligo di procedere alla restituzione di quanto già ottenuto con l'esecuzione dell'ordinanza ingiuntiva.

Pertanto, fatta salva l'ipotesi di estinzione del processo, l'ordinanza 186-ter c.p.c. è destinata a produrre effetti solo finché dura il processo in cui è stata emanata ed è sempre assorbita dalla sentenza che definisce il giudizio, sia che abbia contenuto conforme sia che ribalti il precedente giudizio sommario.

Riferimenti
  • Carratta, Ordinanze anticipatorie di condanna, in EG, XXII, Roma, 1995;
  • Cecchella, in Il processo civile dopo le riforme, a cura di Vaccarella-Capponi-Cecchella, Torino, 1992;
  • Cirulli, Le condanne anticipate nel processo civile di cognizione, in Basilico, Cirulli, Lezioni di diritto processuale civile, Padova, 1999;
  • Comoglio, I procedimenti anticipatori, in Le riforme della giustizia civile, a cura di Taruffo, Torino, 2000;
  • Mandrioli, Corso di Diritto processuale civile, II, Milano, 2003;
  • Mandrioli, Diritto processuale civile, II, Torino, 2009.

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