L’opzione put non costituisce elusione del divieto di patto leonino

La Redazione
05 Luglio 2018

Non viola il patto leonino, e non è pertanto nulla ex art. 2265 c.c., l'accordo parasociale con cui un socio si obblighi a manlevare l'altro dalle eventuali conseguenze negative del conferimento effettuato in società, mediante l'attribuzione di un diritto di vendita, l'opzione put, con il corrispondente obbligo di acquisto delle partecipazioni a prezzo predeterminato, con interessi idonei a neutralizzare la perdita di valore medio tempore avvenuta.

Non viola il patto leonino, e non è pertanto nulla ex art. 2265 c.c., l'accordo parasociale con cui un socio si obblighi a manlevare l'altro dalle eventuali conseguenze negative del conferimento effettuato in società, mediante l'attribuzione di un diritto di vendita, l'opzione put, con il corrispondente obbligo di acquisto delle partecipazioni a prezzo predeterminato, con interessi idonei a neutralizzare la perdita di valore medio tempore avvenuta. Lo afferma la Cassazione, nell'ordinanza n. 17498 del 4 luglio.

Il caso. Nell'ambito di una cordata per un'acquisizione societaria, una società stipulava con il socio investitore un accordo parasociale con cui si prevedeva, a favore di quest'ultimo, un'opzione put a prezzo predefinito; al socio finanziatore veniva riconosciuta la facoltà di uscire dall'investimento in qualsiasi momento, grazie all'impegno del primo socio di acquistare la partecipazione al prezzo di acquisto, maggiorato degli interessi. In primo e secondo grado questo accordo veniva dichiarato nullo perché elusivo del divieto di patto leonino, in quanto sarebbe stata pattuita l'esclusione del socio da qualsiasi perdita (per un approfondimento sulla sentenza della Corte d'Appello di veda: Caruso, Clausole put a prezzo predefinito e divieto di patto leonino, in questo portale).

La ratio del divieto di patto leonino. La Cassazione richiama, in particolare, la ratio del divieto del patto leonino: l'art. 2265 c.c. sanziona con la nullità ogni patto avente ad oggetto l'esclusione da ogni partecipazione agli utili o alle perdite maturati dalla società; tale norma, dettata in tema di società semplice, deve ritenersi applicabile anche alle società azionarie.

Tuttavia, perché l'accordo sia nullo deve porsi in contrasto con la ratio del divieto del patto leonino, che risiede nel preservare la purezza della causa societatis: come già affermato in passato, “perché il limite all'autonomia statutaria dell'art. 2265 cod. civ. sussista è necessario che l'esclusione dalle perdite o dagli utili costituisca una situazione assoluta e costante” (Cass. n. 8927/1994).

Il giudice è, poi, tenuto a valutare se la causa societatis del rapporto partecipativo del socio permanga invariata nei confronti dell'ente collettivo: la ratio del divieto va ricondotta ad una necessaria suddivisione dei risultati dell'impresa, mediante la distribuzione degli utili e delle perdite tra i soci, con rilievo reale nei confronti dell'ente, mentre non assume alcun rilievo il trasferimento del rischio puramente interno tra un socio e un altro socio o un terzo, allorchè non produca effetti nei confronti della società.

La causa concreta dell'accordo parasociale e l'autonomia privata. L'indagine della S.C. si concentra, quindi, sulla causa concreta dell'opzione put a prezzo predefinito, per valutare se esista, sia lecita e meritevole di tutela, al fine di stabilire che tale patto non ricada nel divieto di cui all'art. 2265. Ebbene, la ragione pratica dell'accordo in esame è quella di finanziare l'impresa, mediante il finanziamento ad altro socio, nell'ambito di operazioni di alleanza strategica finalizzata ad acquisizioni. Sul punto, il legislatore ha ormai inteso favorire la pluralità delle tecniche di reperimento presso terzi delle risorse, anche atipiche, in alcune delle quali si registra una scissione tra rischio d'impresa e potere sull'impresa.

Nel caso dell'opzione put, lo schema causale dell'operazione complessiva non reca “neppure insiti in sé i rischi che sono tradizionalmente ricondotti al divieto di patto leonino”: il socio finanziatore assume tutti i diritti e gli obblighi del suo stato, ponendosi il meccanismo complessivo sul piano della circolazione delle azioni piuttosto che su quello della ripartizione degli utili e delle perdite.

Il principio di diritto. La S.C. enuncia, infine, il seguente principio di diritto: “E' lecito e meritevole di tutela l'accordo negoziale concluso tra i soci di società azionaria, con il quale l'uno, in occasione del finanziamento partecipativo così operato, si obblighi a manlevare l'altro dalle eventuali conseguenze negative del conferimento effettuato in società, mediante l'attribuzione del diritto di vendita (c.d. put) entro un termine dato ed il corrispondente obbligo di acquisto della partecipazione sociale a prezzo predeterminato, pari a quello dell'acquisto, con l'aggiunta di interessi sull'importo dovuto e del rimborso dei versamenti operati nelle more in favore della società”.

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