IL CASO Un'azienda ospedaliera di Milano è stata convenuta in giudizio dai genitori di una bambina a suo tempo ricoverata presso la struttura al fine di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali connessi alla emiparesi destra sofferta dalla figlia, causalmente ricondotta dagli attori a un episodio di cianosi verificatosi il terzo giorno di vita durante la degenza post-natale presso il nosocomio.
Espletata la CTU collegiale, della quale era stata anche disposta la rinnovazione con incarico attribuito ad altro collegio di periti, il Tribunale di Milano ha rigettato la domanda attorea ritenendo non dimostrato il nesso causale tra l'episodio predetto e il danno sofferto dalla minore.
Tale decisione è stata confermata anche dalla Corte di Appello di Milano.
I Giudici del gravame, infatti, hanno ritenuto giustificato il rigetto della domanda alla luce delle conclusioni esposte nelle tre relazioni peritali, depositate da due diversi collegi di ausiliari.
Sulla base delle relazioni tecniche, infatti, la Corte di Appello, condividendo le valutazioni del primo Giudice, ha osservato che la mancanza di specifici elementi relativi a ulteriori segni clinici nel periodo trascorso prime dell'accertamento della lesione cerebrale, depone per l'insussistenza di nesso causale tra l'episodio di cianosi il danno, essendo detta mancanza poco coerente rispetto alla gravità dell'insulto e di conseguenza agli effetti esteriori che esso avrebbe dovuto provocare anche durante quei sei mesi.
È ONERE DELL'ATTORE ANCHE LA DIMOSTRAZIONE DELL'EZIOLOGIA DEL DANNO I genitori della bambina hanno impugnato avanti alla Corte di Cassazione la decisione della Corte di Appello di Milano, proponendo cinque motivi di ricorso.
Per quanto qui di interesse, i ricorrenti hanno lamentato il rigetto del gravame in punto di mancato riconoscimento del danno biologico permanente patito dalla vittima e della responsabilità dell'azienda ospedaliera, in punto di rigetto della domanda tendente al risarcimento del danno morale subìto dai genitori e ancora in punto di mancato riconoscimento del danno esistenziale, del danno da perdita di chances e del danno patrimoniale sofferti dalla minore.
Secondo i ricorrenti, infatti, in ambito di responsabilità contrattuale, una volta che il creditore-danneggiato dia prova della fonte negoziale o legale del proprio diritto e alleghi l'inadempimento della controparte spetti a quest'ultima dimostrare la non imputabilità dell'inadempimento.
La Cassazione, dichiarando infondato il motivo, richiama il proprio costante orientamento secondo il quale ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l'inesatto adempimento della prestazione sanitaria, il danneggiato deve fornire la prova del contratto e dell'aggravamento della situazione patologica (o dell'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento) e del relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari, restando a carico dell'obbligato la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile.
Secondo la Corte di Cassazione, non solo il danno, ma anche la sua eziologia è parte del fatto costitutivo che incombe all'attore di provare. Ne consegue che, se al termine dell'istruttoria resti incerta la reale causa del danno, le conseguenze sfavorevoli in termine di onere della prova spettano all'attore.
(Fonte: dirittoegiustizia)